Notiziario Antiproibizionista - Radio Radicale

Notiziario Antiproibizionista - Radio Radicale La pagina ufficiale della storica rubrica di Radio Radicale in onda il lunedì alle 13. I vostri com

Il dibattito politico, la ricerca scientifica, il mercato criminale, le iniziative antiproibizioniste per una nuova politica sulle sostanze piscoattive legali e illegali. La trasmissione va in onda sulle frequenze di Radio Radicale il lunedì alle 13. Le registrazioni sono disponibili su www.radioradicale.it nella sezione delle Rubriche.

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA di Roberto Spagnoli26 agosto 2024Parliamo ancora una volta di carcere e parliamo ancora una v...
26/08/2024

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
26 agosto 2024

Parliamo ancora una volta di carcere e parliamo ancora una volta di una politica che sembra non avere altro orizzonte che quello del carcere.

Al 31 dicembre 2023 i detenuti erano 60.166. Al 31 luglio scorso 61.133: mille in più in sette mesi, 4.000 in più in un anno. Il tasso di affollamento medio è di oltre il 130 per cento. In oltre un quarto degli istituti supera il 150 per cento con punte di oltre il 200 per cento. Il numero ufficiale dei posti indicato dal ministero della Giustizia è di 51.207: quindi ci sono esattamente 10.000 detenuti in più, ma i posti realmente disponibili sono molti meno.

Oltre un terzo del totale dei detenuti è in carcere a causa del Testo unico sugli stupefacenti: quasi il doppio delle media europea e molto di più di quella mondiale. Un quinto lo sono a causa del solo art. 73 del Testo unico (cioè per detenzione a fini di spaccio). Altri 7.000 circa in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito). Meno di mille, invece, sono in carcere esclusivamente per l’art. 74. Un quarto degli ingressi in carcere è causato dall’art. 73 del Testo unico.

Il 30 per cento circa dei detenuti sono registrati come tossicodipendenti. Una presenza record, in termini assoluti, dal 2006 ad oggi, da quando cioè entrò in vigore la legge Fini-Giovanardi (poi abrogata dalla Corte costituzionale). Gli ingressi di detenuti registrati come tossicodipendenti sfiora il 40 per cento del totale. Gli ingressi hanno ripreso a crescere dopo i due anni di pandemia con un aumento di oltre il 18 per cento rispetto al 2021.

Al numero dei detenuti si aggiungono circa 84.000 persone soggette a misure alternative e alla messa alla prova. Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti, a causa degli articoli 73 e 74 del Testo unico, sono centinaia di migliaia.

Dare i numeri per radio è sempre noioso, me ne rendo conto, ma sono importanti per comprendere la realtà. Sempre che la si voglia comprendere: certi politici e commentatori li mischiano e li manipolano per nascondere la realtà e raccontarne un’altra secondo convenienza. O semplicemente non li conoscono e non vogliono conoscerli. Ma parlano e scrivono e fanno e approvano leggi e decreti,

Il sovraccarico della giustizia e del sistema carcerario è causato da una sola legge: quella sulle droghe. Una legge che però non scoraggia il consumo, non impedisce il commercio e non riesce a contrastare la criminalità che prospera proprio sul mercato illegale. Invece di prendere atto delle evidenze e di cambiare norme che non funzionano come altri paesi stanno facendo si insiste su una strada fallimentare e senza alcuna via d’uscita.

In nome di una pretesa “sicurezza” per dimostrare la “fermezza dello Stato” il Governo ha aumentato le pene per i reati di “lieve entità” in materia di droghe disponendo la custodia cautelare. Ma non solo: in tanti ammonivano che con il decreto Caivano sarebbe stato più facile per i minorenni finire in galera. E così è puntualmente avvenuto. Il furto è il reato più commesso dai minori, seguito dalla violazione dell’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti. Gli ingressi negli Istituti penali minorili per reati legati alle droghe sono aumentati di oltre il 37 per cento.

La VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, che si tenne a Genova alla fine di novembre del 2021 fu preceduta da una serie di tavoli preparatori il primo dei quali dedicato proprio al tema della giustizia penale e delle misure alternative. Tra le questioni affrontate la necessità di riformare l’attuale legge sulle droghe. Nelle relazione conclusiva si indicava come la riduzione delle fattispecie incriminatorie e un più esteso e qualificato ricorso alle misure alternative alla detenzione produrrebbero una notevole diminuzione delle presenze in carcere.

Il tavolo tecnico proponeva di sottrarre alcune condotte all’azione penale, di escludere in alcuni casi l’arresto obbligatorio anche in flagranza, di favorire il ricorso alle misure alternative al carcere, la sospensione del processo e la “messa alla prova”, di rivedere i criteri per determinare il limite dell’uso personale, di inserire i lavori di pubblica utilità al posto della reclusione per alcune fattispecie di reato.

Il comma 15 dell’art. 1 del Testo unico sulle droghe stabilisce che le conclusioni delle conferenze nazionali «sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa». Le conclusioni della conferenza di Genova sulla giustizia penale e le misure alternative sono invece rimaste lettera morta (come d’altra parte tutto quanto è emerso dalla conferenza nazionale).

La legge sulle droghe è la dimostrazione evidente di una politica che fa del diritto penale lo strumento con cui affrontare ai problemi sociali e vere o presunte emergenze. Il punto di caduta è il carcere inteso come l’unico luogo e mezzo per neutralizzare chi è o è considerato socialmente pericoloso. Il risultato è il sovraffollamento e le condizioni invivibili che porteranno ad altri suicidi, a sommosse e a proteste violente. A cui si risponderà con nuovi reati e nuovi inasprimenti delle pene in un circolo infernale senza via d’uscita.

Va bene tutto: amnistia, indulto, liberazione anticipata, misure alternative, nuove carceri, assunzione di nuovo personale. Ma se si inventano nuovo reati e si aggravano le pene di quelli già esistenti (riuscendo a creare sovraffollamento anche negli istituti penali per i minori), se la soluzione è quella di costringere i tossicodipendenti in comunità chiuse e si vuole far rientrare nella legge sulle droghe anche una sostanza che droga non è (la cannabis light), se non si agisce alla radice, se non si cambiano le norme che hanno provocato questo disastro, sarà tutto inutile.

Martin Luther King ha detto: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla».


Il sovraccarico della giustizia e del sistema carcerario è causato dalla legge sulle droghe. E' la dimostrazione di una politica che fa del diritto penale lo strumento con cui affrontare ai problemi sociali e del carcere l'unico mezzo per neutralizzare chi è considerato socialmente pericoloso. Il ...

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA di Roberto Spagnoli19 agosto 2024“Guerra alla cannabis light”: non si può definire in altro m...
19/08/2024

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
19 agosto 2024

“Guerra alla cannabis light”: non si può definire in altro modo l’offensiva scatenata dall’attuale Governo. Senza aspettare la decisione del Tar del Lazio sul ricorso presentato contro il decreto emesso ad agosto dell’anno scorso, attesa per il prossimo 16 settembre, il ministero della Salute ha emanato un nuovo provvedimento che inserisce le “composizioni per uso orale di cannabidiolo” (Cbd) tra le sostanze stupefacenti.

Il decreto ministeriale stabilisce che l’acquisto dei prodotti per uso orale contenenti Cbd è possibile solo in farmacia dietro presentazione di una ricetta medica non ripetibile che richiede determinati adempimenti da parte del farmacista. Ciò significa rendere molto difficoltoso l’accesso a questo tipo di preparazioni con un conseguente danno per produttori e commercianti che, di contro, si traduce in un regalo all’industria farmaceutica.

Il Governo fa così dell’Italia l’unico Paese europeo che ha deciso di considerare come droga un composto che droga non è, ma anzi è conosciuto per i suoi effetti ansiolitici, rilassanti, antidolorifici e antinfiammatori. Una decisione che va contro l’Organizzazione mondiale della sanità, il cui Comitato di esperti sulle dipendenze (Ecdd), già nel 2017, aveva concluso che “il cannabidiolo non sembra avere un potenziale di abuso o causare danni“ e pertanto la sua classificazione tra le sostanze stupefacenti non è giustificata.

Dopo di ciò, negli ultimi giorni di luglio, le commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera hanno approvato l’emendamento del Governo al Ddl sicurezza che mette la bando la commercializzazione delle infiorescenze di canapa per usi diversi da quelli indicati dalla legge 242 del 2016 relativa alla coltivazione di canapa con un livello di Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo, il principale principio attivo responsabile degli effetti psicotropi) inferiore allo 0,6 per cento, considerata la soglia del cosiddetto “effetto drogante”.

La legge, purtroppo, non contempla precisamente la commercializzazione delle infiorescenze di canapa. In un sistema liberale ciò che non è espressamente proibito è lecito (purché non metta a rischio la sicurezza e la salute pubblica) ed è applicando questo principio che è stata messa in vendita la cosiddetta “cannabis light”, cioè con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2 per cento e, al contempo, ricca di Cbd.

Le infiorescenze e gli estratti di Cbd, rappresentano buona parte dei prodotti attualmente in vendita. Se sarà approvato l’emendamento del Governo colpirà quindi tutta la filiera agroindustriale della canapa, mettendo fuorilegge attività perfettamente legali. Parliamo di una realtà in espansione che tra coltivazione, trasformazione, commercializzazione e logistica registra numeri importanti in termini di volume d’affari, di occupazione e di imprenditoria, anche giovanile.

Oltre a questo, l’emendamento del Governo va contro le decisioni del Tar del Lazio e della Corte di giustizia europea che ha stabilito la liceità dell’intera pianta di canapa. Inoltre, già nel 2019 la Corte di Cassazione aveva affermato che i derivati della canapa privi di “effetto drogante” possono essere commercializzati. L’anno seguente, la Commissione dell’ONU sugli stupefacenti, prendendo in considerazione una serie di raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha approvato la rimozione della cannabis dalla tabella delle sostanze stupefacenti pericolose della Convenzione unica del 1961. Lo stesso ministero degli Interni, quando era guidato da Matteo Salvini, emise una circolare secondo la quale sotto lo 0,5 per cento di Thc non c’è nessun “effetto drogante”. Se l’emendamento del Governo sarà approvato si aprirà la strada, quindi, a numerosi contenziosi e potrebbe anche esporre l’Italia a procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea.

Che il settore canapicolo vada meglio regolato sanando le lacune della legge del 2016 è quanto mai necessario, ma senza alcun confronto con gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria il Governo ha deciso sic et simpliciter di mettere fuorilegge migliaia di aziende agricole e commerciali e far perdere il posto di lavoro a migliaia e migliaia di lavoratori stabili e stagionali sulla base di presunte “alterazioni dello stato psicofisico” che metterebbero a rischio “la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale”.

Va anche detto che se da una parte il Governo è animato da un tale pregiudizio nei confronti della cannabis da essere disposto, in nome della “guerra alla droga”, a sacrificare un intero comparto produttivo e commerciale in continua crescita, di contro è imbarazzante il perdurante silenzio dell'opposizione che in tutti questi anni, anche quando è stata al governo, non ha mai avuto il coraggio di avviare politiche innovative e non ha mai preso iniziative concrete per contrastare provvedimenti infondati dal punto di vista giuridico e scientifico, contraddetti dalle evidenze, inutilmente repressivi e punitivi per i cittadini.

L'assenza di regolamentazione è una minaccia alla salute dei consumatori e favorisce l’espansione del mercato illegale. Non servono proclami e propaganda ma politiche serie per affrontare in maniera efficace una questione complessa che diventa sempre più ingovernabile lasciando spazio al malaffare e alla criminalità senza alcune tutela per i cittadini. L'orizzonte resta sempre lo stesso: divieti, repressione, punizione, carcere.

La realtà è che di tutto questo importa ben poco, a parte i diretti interessati e pochi altri. La lotta alla “droga” è un argomento sempre pronto all’uso per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi ai quali non si sa o non si vuole opporre una soluzione valida. L’ideologia per coprire l’assenza di politica.


"Guerra alla cannabis light": non c’è altro modo per definire l’offensiva del Governo contro la canapa a bassissimo contenuto di Thc e ricca di Cbd di cui sono noti gli effetti positivi ansiolitici, rilassanti, antidolorifici e antinfiammatori. Sanare le lacune della legge 242 del 2016 è neces...

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA di Roberto Spagnoli12 agosto 2024Il sovraffollamento delle carceri italiane ha ormai superato...
12/08/2024

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
12 agosto 2024

Il sovraffollamento delle carceri italiane ha ormai superato il livello di guardia. In soli 12 mesi i detenuti in più sono 4.000. Il tasso di affollamento è di oltre il 130 per cento rispetto al numero ufficiale dei posti fornito dal Ministero della Giustizia, ma quelli realmente disponibili sono molti meno. Questo è il dato medio: in 56 istituti (vale a dire oltre un quarto del totale) il tasso di affollamento supera il 150 per cento con punte di oltre il 200 per cento a Milano San Vittore maschile e a Brescia “Canton Mombello”.

Queste cifre sono tratte dal dossier “Le carceri scoppiano” pubblicato il 23 luglio scorso dall’Associazione Antigone dopo le visite compiute in 88 istituti di pena negli ultimi 12 mesi. E per la prima volta il sovraffollamento riguarda anche gli istituti penali per minorenni.

Il 5 agosto, alla Camera, nel corso della discussione generale sul “Decreto carceri” del ministro della Giustizia Carlo Nordio, una deputata di Fratelli d’Italia ha sostenuto che «se ci sono migliaia di detenuti in più rispetto all’ottobre 2022 non è perché qualcuno in Italia esegue arresti di massa», ma perché «da una parte, le Forze dell’ordine e, dall’altra, la magistratura hanno arrestato, in questo periodo, tutti coloro che non hanno rispettato la legge. E lo hanno fatto anche a garanzia di chi la legge, invece, la rispetta».

Per suffragare questa posizione la deputata ha affermato che chi sostiene che l’aumento dei detenuti è colpa della destra che ha aumentato i reati per cui si va in galera non sa cosa dice o è in malafede perché mente sapendo di mentire. Non cito il nome della deputata perché non è una questione personale. Essendo intervenuta in sede di discussione generale sul decreto carceri (non avendo parlato a titolo personale) ne deduco che abbia espresso la posizione dell’intero gruppo di Fratelli d’Italia. Mi dispiace però contraddirla, sarò in malafede, non saprò di cosa parlo, ma è proprio l’attuale Governo che da quando è in carica ha introdotto nuovi reati e ha inasprito le pene per molte fattispecie già esistenti. Basta leggere gli atti parlamentari e la Gazzetta Ufficiale.

La deputata ha ragione quando afferma che se ci sono migliaia di detenuti in più è perché le Forze dell’ordine e la magistratura hanno arrestato coloro che non hanno rispettato la legge. Solo che la legge in questione è quella sulle droghe. Dopo 34 anni di applicazione i dati sono sempre gli stessi e confermano che il Testo Unico rappresenta una macchina repressiva e punitiva che continua ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri. Gli ultimi anni hanno registrato un costante aumento degli ingressi in carcere e del numero di detenuti tossicodipendenti spesso affetti anche da altre patologie. E se le carceri sono sovraffollate è solo a causa della legge sulle droghe: senza di questa il sovraffollamento non esisterebbe. Va avanti così dal 1990. Basta leggere i dati ufficiali.

D’altra parte non è vero, come ha affermato la deputata di Fratelli d’Italia, che le Forze dell’ordine e la magistratura arrestano tutti quelli che non rispettano la legge. Le carceri sono piene di piccoli e piccolissimi spacciatori, subito rimpiazzati sul mercato illegale che prolifera proprio grazie al proibizionismo, ma di condannati per narcotraffico dietro le sbarre ce ne sono pochissimi, meno di mille su oltre 60.000 detenuti.

Il Governo Meloni non intende cambiare strada e la situazione è destinata ad aggravarsi se sarà approvato il ddl sicurezza, attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, che contiene al suo interno numerose norme di carattere penale. Tra queste quella che vieta le infiorescenze di canapa a prescindere dal contenuto o meno di Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo), il principio psicoattivo della cannabis. A fronte di un basso contenuto di Thc le infiorescenze contengono, invece, principi attivi come il Cbd (cannabidiolo), che non hanno effetti psicotropi e nessun effetto collaterale significativo, ma anzi hanno diversi effetti benefici, come certificato dall’Organizzazione mondiale della sanità a seguito di una revisione scientifica durata 2 anni.

Il fatto è che stiamo parlando di quella che è stata chiamata “cannabis light” che ha un contenuto di Thc insignificante, inferiore allo 0,6 per cento. Ma parliamo di cannabis e tanto basta per scatenare il furore ideologico contro la “droga”.

Che il settore canapicolo vada meglio regolato sanando le lacune della legge 246 del 2016 è quanto mai necessario, ma che la soluzione sia quella di mettere fuorilegge migliaia di aziende agricole e commerciali che occupano diecimila lavoratori stabili a cui se me aggiungono cinquemila stagionali, sulla base di presunte “alterazioni dello stato psicofisico” che metterebbero a rischio “la sicurezza o l’incolumità pubblica o la sicurezza stradale”, è frutto di un furore ideologico che offende il buon senso e la scienza.

Un furore ideologico che fa un ennesimo favore alle mafie: diversi studi, infatti, indicano che la cannabis light ha avuto in questi anni un forte effetto sostitutivo della cannabis illegale. Contro ogni evidenza ancora una volta il furore proibizionista provocherà, dunque, più danni di quelli che si illude di prevenire.

Le Convenzioni internazionali sulle droghe lasciano un ampio margine di discrezionalità sulla regolamentazione del consumo personale. Le stesse Convenzioni e la stragrande maggioranza delle leggi nazionali, Italia compresa, consentono la possibilità di sperimentare nuove politiche. Il dibattito è aperto anche in sede di Nazioni Unite. Nel frattempo continua ad aumentare il numero degli Stati che hanno deciso di riformare le loro normative sulla cannabis. In Italia, invece, tutto questo è precluso. Contro ogni ragionevolezza, contro il buon senso, contro ogni evidenza l’Italia ha deciso di continuare sulla strada opposta. E continuare a riempire le carceri.

Il sovraffollamento delle carceri ha ormai superato il livello di guardia La causa è la legge sulle droghe: senza di questa non esisterebbe. E’ una macchina repressiva e punitiva che continua ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri. Va avanti così ...

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA di Roberto Spagnoli1 luglio 2024Al 31 dicembre 2023 i detenuti in carcere erano più di 60mila...
04/07/2024

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
1 luglio 2024

Al 31 dicembre 2023 i detenuti in carcere erano più di 60mila (60.166). Più di un terzo del totale (34,1 per cento) erano in carcere a causa del Testo unico sugli stupefacenti: quasi il doppio delle media europea (18 per cento) e molto di più di quella mondiale (22 per cento). Oltre un quinto di questi (12.946) lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (cioè per detenzione a fini di spaccio). Altri 6.575 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito). Solo 994 erano in carcere esclusivamente per l’art. 74. Nel 2023 gli ingressi in carcere sono stati 40.661: di questi 10.697 sono stati causati dall’art. 73 del Testo unico, oltre un quarto del totale (26,3 per cento).

Al 31 dicembre 2023 erano presenti 17.405 detenuti “certificati” come tossicodipendenti (il 28,9 per cento del totale). In termini assoluti è una presenza record dal 2006 ad oggi, da quando entrò in vigore la legge Fini-Giovanardi (poi abrogata dalla Corte costituzionale). Una presenza alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”, che dopo i due anni della pandemia ha ripreso ad crescere con un aumento del 18,4 per cento rispetto al 2021. I dati sugli ingressi e le presenze di detenuti registrati come “tossicodipendenti” restano molto elevati: 38,1 per cento del totale di coloro che entrano in carcere.

In aggiunta agli oltre 60.000 detenuti al 31 dicembre 2023 erano soggetti a misure alternative e alla messa alla prova altre 83.703 persone. Dal 2006 le misure alternative sono cresciute in maniera impressionante (+1.037,7 per cento), ma invece che una reale alternativa alla detenzione sono diventate un’alternativa alla libertà, un ulteriore strumento di controllo. Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti, a causa degli articoli 73 e 74 del Testo unico, sono centinaia di migliaia. Tutti questi numeri mostrano che il sovraccarico della giustizia e del sistema carcerario è causato da una sola legge: quella sulle droghe.

C’è poi tutto il capitolo delle sanzioni amministrative che colpiscono i semplici consumatori al di fuori del controllo giurisdizionale. Ogni anno le persone segnalate ai prefetti sono circa 40.000. Il 38 per cento delle segnalazioni finisce con una sanzione amministrativa: le più comuni sono la sospensione della patente (o il divieto di conseguirla) e del passaporto. Questo anche in assenza di un qualsiasi comportamento pericoloso. La repressione colpisce principalmente le persone che usano cannabis (76 per cento), seguono a molta distanza cocaina (16,7 per cento), eroina (3,7 per cento) e, in maniera irrisoria, le altre sostanze. Dal 1990 oltre un milione di persone sono state segnalate per possesso di derivati della cannabis.

Del tutto irrilevante la vocazione “terapeutica” della segnalazione al prefetto, sostenuta dai paladini della legge: l’anno scorso solo 327 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario: 327 su 40.000. Nel 2007 erano 3.008. Anche gli inviti a presentarsi ai Serd sono in diminuzione. Altro dato da tenere in seria considerazione è che la repressione continua colpire in particolare i minori che entrano così in un percorso punitivo che non si capisce quale risultato “risocializzante” dovrebbe ottenere. Il 97,3 per cento dei minori (cioè quasi tutti) è segnalato per cannabis. Sono cifre inquietanti che mostrano tutta la ferocia della legge attuale.

Dopo 34 anni di applicazione del Testo Unico i dati sono sempre gli stessi e confermano come la normativa sulle droghe rappresenti una macchina repressiva e punitiva e continui ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri. Carceri sovraffollate solo a causa della legge sulle droghe: senza di questa il sovraffollamento non esisterebbe. Va avanti così dal 1990. Gli effetti della legge sulle droghe, quindi, non possono più essere considerati come “collaterali”, ma come una conseguenza diretta: forse non voluta all’inizio, ma di certo continuata consapevolmente in questi decenni perpetuando e inasprendo la normativa contro ogni evidenza.

I dati che ho citato sono tratti dalla quindicesima edizione del “Libro bianco sulle droghe”, il rapporto indipendente sugli effetti del Testo unico sugli stupefacenti sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sull’insieme della società promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Associazione Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di varie organizzazioni, comunità e associazioni di persone che usano droghe.

Il Libro bianco è stato presentato il 24 giugno alla Camera dei Deputati in occasione del 26 giugno, giornata internazionale istituita dalle Nazioni Unite nel 1987 contro l'abuso di droghe ed il traffico illecito. Si celebra ogni anno il 26 giugno: “International day against drug abuse and illicit trafficking”, questa è la dizione ufficiale. “Abuso” e “traffico illecito” significa che il semplice uso e il commercio lecito, cioè legale e regolamentato, possono essere ammessi. In Italia, invece, questa definizione è stata tradotta in modo diverso: sul sito del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio essa è diventata non da oggi la “Giornata mondiale contro le droghe” e tale è rimasta con il Governo Meloni.

Gli slogan contro la “droga” proiettati sulla facciata di Palazzo Chigi il 26 giugno, le passerelle con ragazzi delle comunità terapeutiche, genitori, operatori e preti sono solo propaganda, il tentativo maldestro di nascondere il fallimento del proibizionismo, l’incapacità di controllare il mercato illegale, contrastare le narcomafie, tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini, proteggere i minori, ridurre i rischi e i danni. Indicano, al contrario, la vocazione repressiva di questo Governo come dimostrano i provvedimenti approvati finora e quelli in discussione, dal “Ddl sicurezza” al nuovo Codice della strada.

Ha detto qualcuno che le parole sono importanti e che chi parla male, pensa male. Possiamo aggiungere che chi pensa e parla male agisce peggio. La politica delle droghe in Italia ne è l’evidente dimostrazione e quella di questo Governo non fa eccezione.

Il XV Libro bianco sulle droghe indica che il Testo Unico sugli stupefacenti da 34 anni è una macchina repressiva e punitiva che costituisce il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e causa il sovraffollamento delle carceri. I numeri dimostrano il fallimento dell'attuale politi...

NOTIZIARIO ANTIPROIBIZIONISTA17 giugno 2024Nella prima parte della puntata si parla dello "European drug report 2024" de...
24/06/2024

NOTIZIARIO ANTIPROIBIZIONISTA
17 giugno 2024

Nella prima parte della puntata si parla dello "European drug report 2024" dell'Osservatorio europeo sulle droghe e le dipendenza pubblicato l'11 giugno.
La seconda parte, dedicata al tema della "riduzione del danno", propone la parte introduttiva del convegno "Quanto vale la riduzione del danno: Il Cnca presenta la valutazione di impatto sociale dei suoi servizi di riduzione del danno e limitazione del rischio" che si è tenuto a Roma il 31 maggio.

Con gli interventi di Caterina Pozzi (presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza), Matteo Ghibelli (Open Impact), Andrea Albino (componente del consiglio nazionale del Cnca).

Nella prima parte della puntata si parla dello "European drug report 2024" dell'Osservatorio europeo sulle droghe e le dipendenza pubblicato l'11 giugno. La seconda parte, dedicata al tema della "riduzione del danno", propone la parte introduttiva del convegno "Quanto vale la riduzione del danno: Il...

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA di Roberto Spagnoli24 giugno 2024Siamo arrivati a 44 suicidi nelle carceri. 44 in 6 mesi, uno...
24/06/2024

LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
24 giugno 2024

Siamo arrivati a 44 suicidi nelle carceri. 44 in 6 mesi, uno ogni tre giorni. Talmente tanti che non fanno nemmeno più notizia. Fa più notizia il caldo. Che caldo qualche giorno fa, vero? Provate a pensare di stare senza aria condizionata, pochi ventilatori, le finestre schermate che impediscono il passaggio dell’aria, l'accesso al frigorifero limitato perché le porte restano chiuse per gran parte della giornata (e quindi anche bere acqua fresca non è così scontato), l'acqua che a volte manca, l'accesso alle docce limitato a pochi momenti e non tutti i giorni.

Provate a pensarci. Insopportabile, vero? Eppure questa è la condizione delle nostre carceri. Non in tutte e non tutte con questi problemi tutti insieme, ma questi problemi ci sono e si acuiscono in questa stagione insieme agli altri che affliggono il nostro sistema carcerario. I sindacati della polizia penitenziaria chiedono al Governo un piano straordinario per fronteggiare l'emergenza suicidi. Le associazioni chiedono misure per alleviare le condizioni di detenzione già di per sé difficili rese ancora più problematiche dal numero di persone detenute ben maggiore rispetto ai posti effettivi che sono meno di quelli regolamentari.

E torniamo alla madre di tutte le questioni che riguardano la carceri italiane: il sovraffollamento. Gli ultimi anni hanno segnato un costante aumento degli ingressi. Il 2023 è finito con 10.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare. Il peggioramento è proseguito costante: nella prima metà di quest’anno siamo già a 14.000 in più rispetto alla capienza. Ci stiamo avvicinando ai numeri che costarono all’Italia la severa condanna della Cedu e nulla indica un’inversione di tendenza. Al contrario. Il Governo Meloni nel solo primo anno di vita ha introdotto nell’ordinamento 15 nuovi reati e prosegue deciso su questa strada: nuovi reati, più repressione, più carcere. Ne è un esempio il cosiddetto “Ddl sicurezza” in discussione alla Camera.

Il sovraffollamento è colpa unicamente della legge sulle droghe. Un terzo dei detenuti è in carcere a causa di questa legge: una percentuale quasi doppia rispetto alla media dell’UE e molto superiore a quella mondiale. Oltre un quarto dei detenuti entra in carcere per detenzione di sostanze vietate. Più del 40 per cento di chi entra usa droghe, una cifra record. I detenuti “certificati” come tossicodipendenti sono circa il 30 per cento del totale, altro record. Il sovraffollamento è cominciato nel 1990, trentaquattro anni fa, con la legge Jervolino-Vassalli. Basta leggere i dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia. Quante volte mi avete sentito in questi anni ripetere queste cose da questi microfoni?

Si discute molto di riforma della giustizia, ma si elude il fatto che la giustizia non potrà mai davvero essere riformata se non si risolve la questione carceraria. Dibattiti, dichiarazioni, analisi, commenti, polemiche: si gira intorno al problema ma non lo si affronta fino in fondo. Nelle carceri mancano i direttori, il personale, gli agenti, gli educatori, le possibilità di lavoro e di studio. Mancano l’igiene, le docce calde nelle celle e a volte anche l’acqua corrente, il riscaldamento in inverno e l’aria fresca d’estate. Manca un’adeguata assistenza sanitaria e psicologica. Manca lo spazio. Nemmeno 44 suicidi di detenuti riescono a suscitare una qualche attenzione.

Il 3 febbraio 2022, nel discorso tenuto davanti al Parlamento in seduta comune il giorno del giuramento per il suo secondo mandato da presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha detto: «Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza». Lo scorso 18 marzo, ricevendo al Quirinale una delegazione del Corpo della Polizia penitenziaria in occasione dell’anniversario della sua costituzione, il presidente ha ammonito che sovraffollamento, carenza di organico e assistenza sanitaria sono i problemi più urgenti delle carceri che le istituzioni devono risolvere. Deputati e senatori, ministri e sottosegretari, editorialisti, giuristi, operatori del diritto, magistrati, leader di partito, parlate di giustizia e di riforme, ma la domanda che dovreste porvi è: di cosa state parlando?

Chiudo con una citazione: «I disgraziati che frequento io, piccoli spacciatori, tossicodipendenti, clandestini o l’aristocrazia carceraria degli ex “politici” ed ex rapinatori anni Settanta e Ottanta, in prigione mi sembra ci stiano solo a soffrire, far soffrire le loro famiglie e pesare sull’economia dello Stato. E mi sembra sia questa la maggioranza della popolazione carceraria, mentre quelli davvero importanti in galera o non ci vanno o non sono tra coloro che rischiano il suicidio o le botte e nemmeno la redenzione. E quindi mi pare che nella maggior parte dei casi la detenzione serva solo da vendetta sociale e non da reinserimento come prescrive la Costituzione».

A scriverlo è daria bignardi nel suo libro “Ogni prigione è un’isola” uscito a marzo quest’anno. Non è un romanzo, non è un saggio. Con leggerezza aiuta a capire cosa è la realtà del carcere, chi sono le persone detenute e quelle che ci lavorano. Leggetelo. Poi guarderete a quella realtà con occhi diversi. Quelli che dovrebbe avere la politica che invece guarda da un’altra parte.

Deputati, senatori, ministri, sottosegretari, editorialisti, giuristi, operatori del diritto, magistrati, leader di partito, parlate di riforma della giustizia, ma la domanda è: di cosa state parlando? La giustizia non si riforma se non si risolve la questione carceraria. La madre di tutte le quest...

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