26/08/2024
LA NOTA ANTIPROIBIZIONISTA
di Roberto Spagnoli
26 agosto 2024
Parliamo ancora una volta di carcere e parliamo ancora una volta di una politica che sembra non avere altro orizzonte che quello del carcere.
Al 31 dicembre 2023 i detenuti erano 60.166. Al 31 luglio scorso 61.133: mille in più in sette mesi, 4.000 in più in un anno. Il tasso di affollamento medio è di oltre il 130 per cento. In oltre un quarto degli istituti supera il 150 per cento con punte di oltre il 200 per cento. Il numero ufficiale dei posti indicato dal ministero della Giustizia è di 51.207: quindi ci sono esattamente 10.000 detenuti in più, ma i posti realmente disponibili sono molti meno.
Oltre un terzo del totale dei detenuti è in carcere a causa del Testo unico sugli stupefacenti: quasi il doppio delle media europea e molto di più di quella mondiale. Un quinto lo sono a causa del solo art. 73 del Testo unico (cioè per detenzione a fini di spaccio). Altri 7.000 circa in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito). Meno di mille, invece, sono in carcere esclusivamente per l’art. 74. Un quarto degli ingressi in carcere è causato dall’art. 73 del Testo unico.
Il 30 per cento circa dei detenuti sono registrati come tossicodipendenti. Una presenza record, in termini assoluti, dal 2006 ad oggi, da quando cioè entrò in vigore la legge Fini-Giovanardi (poi abrogata dalla Corte costituzionale). Gli ingressi di detenuti registrati come tossicodipendenti sfiora il 40 per cento del totale. Gli ingressi hanno ripreso a crescere dopo i due anni di pandemia con un aumento di oltre il 18 per cento rispetto al 2021.
Al numero dei detenuti si aggiungono circa 84.000 persone soggette a misure alternative e alla messa alla prova. Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti, a causa degli articoli 73 e 74 del Testo unico, sono centinaia di migliaia.
Dare i numeri per radio è sempre noioso, me ne rendo conto, ma sono importanti per comprendere la realtà. Sempre che la si voglia comprendere: certi politici e commentatori li mischiano e li manipolano per nascondere la realtà e raccontarne un’altra secondo convenienza. O semplicemente non li conoscono e non vogliono conoscerli. Ma parlano e scrivono e fanno e approvano leggi e decreti,
Il sovraccarico della giustizia e del sistema carcerario è causato da una sola legge: quella sulle droghe. Una legge che però non scoraggia il consumo, non impedisce il commercio e non riesce a contrastare la criminalità che prospera proprio sul mercato illegale. Invece di prendere atto delle evidenze e di cambiare norme che non funzionano come altri paesi stanno facendo si insiste su una strada fallimentare e senza alcuna via d’uscita.
In nome di una pretesa “sicurezza” per dimostrare la “fermezza dello Stato” il Governo ha aumentato le pene per i reati di “lieve entità” in materia di droghe disponendo la custodia cautelare. Ma non solo: in tanti ammonivano che con il decreto Caivano sarebbe stato più facile per i minorenni finire in galera. E così è puntualmente avvenuto. Il furto è il reato più commesso dai minori, seguito dalla violazione dell’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti. Gli ingressi negli Istituti penali minorili per reati legati alle droghe sono aumentati di oltre il 37 per cento.
La VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, che si tenne a Genova alla fine di novembre del 2021 fu preceduta da una serie di tavoli preparatori il primo dei quali dedicato proprio al tema della giustizia penale e delle misure alternative. Tra le questioni affrontate la necessità di riformare l’attuale legge sulle droghe. Nelle relazione conclusiva si indicava come la riduzione delle fattispecie incriminatorie e un più esteso e qualificato ricorso alle misure alternative alla detenzione produrrebbero una notevole diminuzione delle presenze in carcere.
Il tavolo tecnico proponeva di sottrarre alcune condotte all’azione penale, di escludere in alcuni casi l’arresto obbligatorio anche in flagranza, di favorire il ricorso alle misure alternative al carcere, la sospensione del processo e la “messa alla prova”, di rivedere i criteri per determinare il limite dell’uso personale, di inserire i lavori di pubblica utilità al posto della reclusione per alcune fattispecie di reato.
Il comma 15 dell’art. 1 del Testo unico sulle droghe stabilisce che le conclusioni delle conferenze nazionali «sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall'esperienza applicativa». Le conclusioni della conferenza di Genova sulla giustizia penale e le misure alternative sono invece rimaste lettera morta (come d’altra parte tutto quanto è emerso dalla conferenza nazionale).
La legge sulle droghe è la dimostrazione evidente di una politica che fa del diritto penale lo strumento con cui affrontare ai problemi sociali e vere o presunte emergenze. Il punto di caduta è il carcere inteso come l’unico luogo e mezzo per neutralizzare chi è o è considerato socialmente pericoloso. Il risultato è il sovraffollamento e le condizioni invivibili che porteranno ad altri suicidi, a sommosse e a proteste violente. A cui si risponderà con nuovi reati e nuovi inasprimenti delle pene in un circolo infernale senza via d’uscita.
Va bene tutto: amnistia, indulto, liberazione anticipata, misure alternative, nuove carceri, assunzione di nuovo personale. Ma se si inventano nuovo reati e si aggravano le pene di quelli già esistenti (riuscendo a creare sovraffollamento anche negli istituti penali per i minori), se la soluzione è quella di costringere i tossicodipendenti in comunità chiuse e si vuole far rientrare nella legge sulle droghe anche una sostanza che droga non è (la cannabis light), se non si agisce alla radice, se non si cambiano le norme che hanno provocato questo disastro, sarà tutto inutile.
Martin Luther King ha detto: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla».
Il sovraccarico della giustizia e del sistema carcerario è causato dalla legge sulle droghe. E' la dimostrazione di una politica che fa del diritto penale lo strumento con cui affrontare ai problemi sociali e del carcere l'unico mezzo per neutralizzare chi è considerato socialmente pericoloso. Il ...