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𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽, 𝗶𝗹 𝗕𝘂𝗹𝗹𝗼 𝗴𝗹𝗼𝗯𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗥𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝗼𝗻𝗱𝗼Mettetevi comodi, ci metterete 7 minuti per leggerlo......
24/01/2025

𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽, 𝗶𝗹 𝗕𝘂𝗹𝗹𝗼 𝗴𝗹𝗼𝗯𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗥𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝗼𝗻𝗱𝗼
Mettetevi comodi, ci metterete 7 minuti per leggerlo...

𝗗𝗼𝗻𝗮𝗹𝗱 𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽 è tornato alla Casa Bianca con la sua solita retorica aggressiva, minacciando dazi, sanzioni e ricatti economici contro chiunque non si pieghi alla sua visione di un’America egemonica. Ma la vera domanda è: gli Stati Uniti possono davvero permettersi di fare i bulli con il mondo intero?

Vi accendo qualche dato...

𝟭. 𝗜𝗹 𝗽𝗲𝘀𝗼 𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗨𝗦𝗔 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼

Analizziamo il Prodotto Interno Lordo (PIL) degli Stati Uniti rispetto ai suoi principali "avversari" economici:

Stati Uniti: $27.360 miliardi (2023)

Cina: $17.963 miliardi (2022)

Unione Europea: Circa $18.000 miliardi (2023)

Sommando i PIL di Cina e Unione Europea, il loro peso economico supera nettamente quello degli Stati Uniti. Se queste due potenze, quindi, decidessero di collaborare più strettamente, potrebbero contenere efficacemente le pressioni economiche americane.

𝟮. 𝗟𝗮 𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗿𝗲𝗰𝗶𝗽𝗿𝗼𝗰𝗮: 𝗰𝗵𝗶 𝗵𝗮 𝗱𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝗹𝘁𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗮𝗻𝗶𝗰𝗼?

Gli Stati Uniti sono ancora il fulcro dell'economia globale, vero, ma le economie emergenti stanno acquisendo sempre più peso. Nel 2022, il commercio tra UE e Cina ha raggiunto gli 856 miliardi di euro, quasi al pari di quello con gli USA. Questo dimostra che la supremazia americana non è più assoluta.

Se UE, Cina e altri paesi emergenti collaborassero più attivamente, potrebbero mettere seriamente in difficoltà il modello economico americano, basato sulla dipendenza dal dollaro e sulla forza militare per sostenere la propria influenza.

𝟯. 𝗟'𝗮𝗹𝘁𝗲𝗿𝗻𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗲𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲 𝗴𝗶𝗮̀: 𝗶 𝗕𝗥𝗜𝗖𝗦

Mentre gli Stati Uniti impongono dazi e minacce, un altro blocco economico sta crescendo: i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Ecco i loro interessanti PIL:

Brasile: $1.609 miliardi

Russia: $2.240 miliardi

India: $3.385 miliardi

Cina: $17.963 miliardi

Sudafrica: $405 miliardi

Complessivamente, nel 2022 i BRICS hanno rappresentato il 26% del PIL globale, ma se consideriamo il PIL a parità di potere d'acquisto, la loro quota sale al 35%, superando quella dell'intero G7 (30%).
Con la recente espansione del blocco a nuovi paesi (Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti), e l'ancora più recente proposta di Putin di adottare una loro moneta per gli scambi interni ed internazionali, il peso economico dei BRICS è destinato a crescere ulteriormente, iniziando ad offrire una reale alternativa alla dominazione economica statunitense.

𝟰. 𝗟𝗮 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗮: 𝘂𝗻 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗹𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗲𝗰𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲

Se la NATO giustifica la guerra in Ucraina come difesa della democrazia, i numeri dicono altro. Il conflitto è diventato un terreno di scontro economico tra USA e Russia, con la Cina che ne sta approfittando per rafforzare il proprio ruolo di mediatore globale.

Le sanzioni occidentali contro la Russia hanno spinto Mosca ad aumentare la cooperazione con Cina, India e gli altri membri BRICS, accelerando il processo di de-dollarizzazione e minando alla base il monopolio economico degli Stati Uniti.
Non è un caso che gli USA siano sempre più nervosi: se il blocco BRICS diventa una vera alternativa economica mondiale, Trump si ritroverà con molte meno leve di pressione per fare il bulletto con il resto del globo.

𝗖𝗼𝗻𝗰𝗹𝘂𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲: 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 𝘂𝗻𝗶𝘁𝗼 𝗽𝘂𝗼̀ 𝗳𝗲𝗿𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗕𝘂𝗹𝗹𝗼

Trump conta sulla paura e sulla divisione degli altri Paesi, giocando al vecchio gioco del "Divide et Impera". Ma se finalmente UE, Cina e BRICS decidessero di collaborare strettamente potrebbero mettere gli Stati Uniti in una posizione di decisa minoranza economica.
La guerra in Ucraina ha già dimostrato che il dominio economico USA non è più assoluto. La domanda con cui vi lascio in conclusione, quindi, è: il resto del mondo avrà il coraggio di sfidare Trump, o continuerà a piegarsi alle sue minacce da vero bulletto?

Occhio però… alla fine, sotto a tutto questo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, c’è sempre il vero nodo: 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝘁𝗿𝗼𝗱𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗼. Il pagamento di tutte le energie del mondo in dollari. Ed è lì che si gioca la partita più grande.
Ma di questo, ne riparleremo, nel frattempo ripassatevi i perché della fine di 𝗚𝗵𝗲𝗱𝗱𝗮𝗳𝗶 𝗲 𝗦𝗮𝗱𝗱𝗮𝗺 𝗛𝘂𝘀𝘀𝗲𝗶𝗻…
Un Articolo di Alberto Marolda

𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽 𝘁𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗶𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 𝘁𝗼𝘀𝘀𝗶𝗰𝗼: 𝗹𝗼 𝘀𝗵𝗼𝘄 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮𝗜𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽 𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼, ...
20/01/2025

𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽 𝘁𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗶𝗿𝗶 𝗱𝗶 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 𝘁𝗼𝘀𝘀𝗶𝗰𝗼: 𝗹𝗼 𝘀𝗵𝗼𝘄 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮

𝗜𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽 𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗼𝗽𝘂𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼, 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗺𝗲𝘀𝘀𝗲 𝗿𝗼𝗯𝗼𝗮𝗻𝘁𝗶, 𝗶𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼 𝘀𝘁𝗶𝗹𝗲 𝘁𝗿𝘂𝗺𝗽𝗶𝗮𝗻𝗼. 𝗖𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗶 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗶 𝗰𝗵𝗶𝗮𝘃𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗮𝗹𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗮𝗹𝗹'𝗼𝗰𝗰𝗵𝗶𝗼, 𝘃𝗲 𝗹𝗶 𝗿𝗶𝗲𝗽𝗶𝗹𝗼𝗴𝗼:

Toni estremi e militarizzazione – Dichiarare un'emergenza nazionale per fermare "l'invasione" dal Messico e designare i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche sono misure che parlano direttamente alla pancia del suo elettorato più conservatore e xenofobo. Ma l’idea di usare l’esercito sul confine e dare pieni poteri alle forze di polizia per eliminare le gang sembra più una dichiarazione di guerra interna che una politica strutturata.

Nazionalismo economico e isolazionismo – Il ritorno alla trivellazione del petrolio, la reindustrializzazione, l’imposizione di dazi invece di tassare i cittadini sono tutti elementi del classico protezionismo economico trumpiano. L’idea è quella di riportare il lavoro in America, ma senza spiegare come questo si concili con un’economia globalizzata e con le realtà del mercato.

Guerra alla “cultura gender” – Il passaggio sulla cancellazione di ogni aspetto culturale e legale legato al gender è il classico cavallo di battaglia della nuova destra americana. Affermare che "ci sono solo due sessi" e che la società deve essere cieca ai colori è un modo diretto per dire che qualsiasi discorso su diritti LGBTQ+ o diversità etnica verrà soffocato. È un ritorno al tradizionalismo più estremo.

Promesse irrealizzabili o surreali – "Ci riprenderemo Panama" suona come una dichiarazione di guerra contro un Paese alleato. Il cambio del nome del Golfo del Messico in "Golfo dell’America" è propaganda pura, senza alcuna conseguenza reale. E il sogno di mettere la bandiera americana su Marte è un colpo di teatro perfetto per chi cerca un messaggio di grandezza, ma senza un piano concreto.

Il mito del “Pacificatore” con l’esercito più forte – Tipico ossimoro trumpiano: ricostruire il più grande esercito al mondo per essere ricordato come il leader che non fa guerre. È una strategia retorica che mira a dipingerlo come un uomo di pace pur facendo leva su un’immagine di potenza militare.

Slogan e patriottismo spinto all’estremo – "In America l'impossibile è la cosa che sappiamo fare meglio." Questo tipo di frasi sono pane per i suoi comizi: evocative, iperboliche, perfette per un pubblico che cerca un leader forte e un’identità nazionale granitica.

In sintesi? È un discorso post elettorale aggressivo, che punta su paura, nostalgia e sogni di grandezza. Perfetto per galvanizzare la sua base, ma privo di dettagli su come intenda realizzare queste promesse... che, francamente, ci conviene NON realizzi...

E, detto ciò, voi che ne pensate?
Un ragionamento di Alberto Marolda

𝗘𝗰𝗰𝗼 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽: 𝗗𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗲𝗿𝗼̀ 𝗶𝗺𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹'𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 nel confine meridionale, invierò l...
20/01/2025

𝗘𝗰𝗰𝗼 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝘂𝗺𝗽:

𝗗𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗲𝗿𝗼̀ 𝗶𝗺𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹'𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 nel confine meridionale, invierò l'esercito per fermare l'invasione disastrosa del nostro paese da parte dei Messicani.
𝗗𝗲𝘀𝗶𝗴𝗻𝗲𝗿𝗼̀ i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche, ed invocando l'atto del 1798 forzerò tutte le nostre Polizie ad eliminare con forza tutte le gang negli USA, tutte quelle che tormentano le nostre città.
𝗧𝗼𝗿𝗻𝗲𝗿𝗲𝗺𝗼 alla trivellazione del petrolio dappertutto, l'America tornerà ad essere una nazione manufatturiera, abbatteremo i prezzi dell'energia esportandola in tutto il mondo, saremo di nuovo una nazione ricca grazie all'oro liquido che è sotto i nostri piedi, che utilizzeremo prima di tutto per noi ma che poi venderemo a tutto il mondo abbattendo i prezzi.
𝗦𝗮𝗹𝘃𝗲𝗿𝗼̀ il settore automobilistico, potrete scegliere ed acquistare l'Automobile, e sarà costruita in America, perché costruiremo di nuovo noi le auto.
𝗧𝗮𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲𝗺𝗼 i paesi esteri con dazi invece di tassare i nostri cittadini, oggi stabilisco il Dipartimento dell'Emergenza e dell'Efficienza Governativa.
𝗥𝗶𝗽𝗿𝗶𝘀𝘁𝗶𝗻𝗲𝗿𝗼̀ la libertà di parola in America, e ripristinerò una giustizia imparziale ed equa.
Questa settimana 𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗲𝗿𝗼̀ ogni aspetto culturale e legale che forzi il gender, la cultura gender deve terminare, forzeremo una società cieca ai colori, ci sono solo due sessi, maschio e femmina, ed avremo una cultura basata sul merito.
𝗥𝗲𝘀𝘁𝗶𝘁𝘂𝗶𝗿𝗼̀ il lavoro a tutti quelli espulsi per il mancato vaccino del Covid, con la restituzione dell'intero stipendio perduto.
𝗟𝗲 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗲 𝗮𝗿𝗺𝗮𝘁𝗲 faranno una sola cosa: sconfiggere i nemici dell'America.
Come nel 2017 ricostruiremo 𝗶𝗹 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝗲𝘀𝗲𝗿𝗰𝗶𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼, ma saremo famosi per le guerre che non faremo mai. Io sarò il Pacificatore mondiale.
𝗖𝗮𝗺𝗯𝗶𝗲𝗿𝗲𝗺𝗼 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝗺𝗲 del Golfo del Messico in Golfo dell'America.
Ritorneremo alla politica del più grande Presidente degli Stati Uniti, McKinley, sotto il quale gli Stati Uniti sono stati la Nazione più forte del mondo.
Panama non ha mantenuto la promessa al paese che ha costruito il canale, con tanti soldi e vite p***e per costruirlo: 38.000 i morti per costruirlo. 𝗖𝗶 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗲𝗺𝗼 𝗣𝗮𝗻𝗮𝗺𝗮, liberando la nostra Nazione.
Svetteremo verso vette mai raggiunte.
Metteremo la bandiera a stelle e strisce 𝘀𝘂𝗹 𝗽𝗶𝗮𝗻𝗲𝘁𝗮 𝗠𝗮𝗿𝘁𝗲.
𝗔𝗺𝗯𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗮𝗺𝗯𝗶𝘇𝗶𝗼𝘀𝗶 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗱𝗶 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼.
Se saremo uniti, non ci sarà nulla che potrà fermarci e tutti gli obiettivi potranno essere raggiunti.
𝗜𝗻 𝗔𝗺𝗲𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗹'𝗶𝗺𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗲̀ 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗮𝗽𝗽𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗺𝗲𝗴𝗹𝗶𝗼.
Un ascolto esterrefatto di .marolda

𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗹𝗲 𝘀𝘂𝗲 𝗜𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗠𝗮𝗿𝘇𝗼: 𝗶𝗹 𝘁𝗿𝗲𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗯𝗼𝗶𝗰𝗼𝘁𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗲̀ 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗼?Si, il signore a sinistra si chiama...
17/01/2025

𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗹𝗲 𝘀𝘂𝗲 𝗜𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗠𝗮𝗿𝘇𝗼: 𝗶𝗹 𝘁𝗿𝗲𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗯𝗼𝗶𝗰𝗼𝘁𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗲̀ 𝗴𝗶𝗮̀ 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗼?

Si, il signore a sinistra si chiama Salvini, sapete benissimo chi è, l'uomo che invece di fare il *Ministro dei Trasporti* si dedica a fare l’influencer su X, oggi, ad esempio, ha pubblicato due post, Giustizia e Trump, niente sui trasporti, sullo sfacelo dei trasporti italiani, ma non è solo di questo che voglio parlarvi, c'è altro…

Il signore a destra invece, non lo conoscete, si chiama * 𝗚𝗶𝗮𝗻𝗽𝗶𝗲𝗿𝗼 𝗦𝘁𝗿𝗶𝘀𝗰𝗶𝘂𝗴𝗹𝗶𝗼*, ed ora vi spiego cosa c’entra con mastro Salvini e con il ragionamento che leggerete...

*Sicurezza ferroviaria nel caos*, treni che deragliano, guasti continui… e di chi è la *colpa?*
Ovviamente di 𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶, 𝗶𝗹 𝗠𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗧𝗿𝗮𝘀𝗽𝗼𝗿𝘁𝗶.
Ma, aspetta un attimo: 𝗰𝗵𝗶 𝗴𝗲𝘀𝘁𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝘁𝗲 𝗳𝗲𝗿𝗿𝗼𝘃𝗶𝗮𝗿𝗶𝗮? 𝗥𝗙𝗜. E chi è l’AD? Eccolo il Gianpiero *Strisciuglio*, un manager legato a filo stretto al *PD* pugliese, vi ricordate di Emiliano e di Boccia?
Sinistra? E perché occupa ancora quel posto apicale? Magari solo perché è bravo, ma magari anche no…
Ci ragioni, e ti torna tutto, il governo di 𝗠𝗲𝗹𝗼𝗻𝗶 𝗲 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶 pensava di aver blindato * 𝗙𝗲𝗿𝗿𝗼𝘃𝗶𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼* con la nomina a capo di Stefano Donnarumma, ma poi stranamente *NON* ha rimosso *tutti* gli uomini chiave come viene fatto d’abitudine.
Il risultato? La rete ferroviaria NON funziona, il meccanismo ad orologeria si attiva ed il bersaglio perfetto diventa Salvini, che guarda caso è anche *il grande ostacolo* alle ambizioni di comando di Giorgetti nella 𝗟𝗲𝗴𝗮. 𝗖𝗼𝗶𝗻𝗰𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗲? Chissà, ma intanto il sistema funziona sempre allo stesso modo: se qualcosa non va, qualcuno *deve* cadere. E indovinate chi?
Poi dice che a pensare male...
Una nota di Alberto Marolda


più attivi

𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲, 𝗢𝗹𝗶𝘃𝗶𝗲𝗿𝗼, 𝘂𝗻’𝗼𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗲, 𝗲 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗿𝗶𝗳𝗹𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗰𝗶E' morto Oliviero Toscani, lo saprete già. Se n'è parla...
14/01/2025

𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲, 𝗢𝗹𝗶𝘃𝗶𝗲𝗿𝗼, 𝘂𝗻’𝗼𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗲, 𝗲 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗿𝗶𝗳𝗹𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗰𝗶
E' morto Oliviero Toscani, lo saprete già. Se n'è parlato tanto, quasi alla noia, insieme alle altre notizie che riempiono i palinsesti, fino a scivolare però, già a metà giornata, nelle retrovie del Tg, pronta per essere travolta e dimenticata. Già, perché il rutilante mondo delle News e della Pubblicità riesce a divorare tutto, anche chi lo ha saputo reinventare di sana pianta.

Però, però io ho un ricordo vero di lui: un contatto, una voce, una bella storia. Ora ve la racconto, veloce, come il suo stile...
Per uno come me, Oliviero Toscani è nell’empireo: un gigante della fotografia e della comunicazione. Non ho mai amato particolarmente le sue foto – troppo 'pulite e perfette' per i miei gusti – ma c’era qualcosa di innegabile: ogni scatto era perfettamente calibrato per il messaggio che voleva veicolare, perfetto. In questo, andava rispettato, profondamente.

Due anni fa, lo contattai direttamente, e con mia grande sorpresa mi disse: 'Apri una stanza su Clubhouse, ci sei no? Dai che magari a qualcuno interessa quello che ci diciamo.' Fu così, e in pochi minuti almeno un migliaio di persone entrarono ad ascoltarci parlare di storia della fotografia. Poi non le contai più, era più importante ascoltare la Storia della fotografia raccontata da uno che c'era stato davvero, da uno che se ti parlava di David Bailey o di Jagger, era perché li aveva conosciuti davvero, ci aveva lavorato, ci aveva giocato, s'era preso una birra o chissà cosa. È stato un momento eccezionale, che non scorderò. Non ho alcun ricordo tangibile di quel momento, se non la mia memoria, solo audio – perché Clubhouse è solo audio, ed allora non registrava e come un imbecille non lo feci io– ma una cosa che mi disse, fra le tante, mi colpì davvero, e quella non la dimenticherò mai: 'Ci devi credere, se non ci credi, lascia perdere. La fotografia è un linguaggio universale, ma non è detto che tutti debbano per forza parlarlo bene'

Molti lo avevano giudicato arrogante e intrattabile, ma in quell’occasione fu come se parlasse con affetto a dei bambini desiderosi di ascoltarlo. Mi chiedo ancora se in quel momento sapesse già di essere malato. Non era solo un provocatore, era un appassionato artigiano delle idee, capace di usare l’immagine per scuotere coscienze e spingere riflessioni ed in fondo, alla sua maniera, anche di fare Politica.
Basta guardare le due foto di copertina che vi ho messo...

La sua morte mi da anche un altro grande insegnamento, mai perdere tempo, mai. Mi dissi, prima o poi lo vado a trovare, e la rifaccio questa magica intervista, magari in video, che nessuno ci crederà che ho parlato un'ora in libertà con Oliviero Toscani… ed invece... Alla fine mi disse: 'Va bene, Alberto, però ora sono stanco, lasciami andare, ne riparliamo, dai, è stata una bella chiacchierata, grazie a tutti,' e spense. Ed ora non c'è più.

Grazie a te, Oliviero… Grazie, e scatta delle belle foto dove sei, e, chissà, magari apri una nuova 'Fabrica'... e prima o poi vengo anch'io.... finalmente...
Articolo di Alberto Marolda

09/01/2025

Lui si chiama Emilio Stella, e no, non lo so se lo conoscete, ma dovreste... Una volta tanto non vi racconto di peste, fame, morte, corruzione e viltà, un po' di riposo... vi presento invece un uomo che ci racconta la vita vera della periferia di ogni giorno, con la semplicità di chi sa osservare il mondo da vicino nonostante il fango. Tra Torvaianica e Pomezia, le sue canzoni nascono dal mare e dali margini, intrecciando storie che sentiamo autentiche e profonde con un sentire che, solo la lontananza dalla pazza folla della maledetta città eterna, rende possibile... Emilio Stella è in Tour in questi giorni, trovate tutte le info sulla sua pagina, qui è invece ripreso al recente concerto al Quid di Roma.















07/01/2025

𝙀𝙢𝙞𝙡𝙞𝙤 𝙎𝙩𝙚𝙡𝙡𝙖: 𝙡𝙖 𝙫𝙤𝙘𝙚 𝙖𝙪𝙩𝙚𝙣𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙙𝙞 𝙘𝙝𝙞 𝙫𝙞𝙫𝙚 𝙖𝙞 𝙈𝙖𝙧𝙜𝙞𝙣𝙞

𝗔𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼, 𝗜𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗔𝗹𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗠𝗮𝗿𝗼𝗹𝗱𝗮
L'intervista dura 37 minuti, ma ci sono i pezzi interi di Emilio, tanti... per cui, fate così, avviatela, poi leggetevi questo articolo con calma e, magari, bevetevi anche un caffè, quello che volete per essere tranquilli... nsomma, per sentirvi .... liberi... e magari anche un follow sulla pagina, dopo, sempre con calma, grazie...

𝗧𝗼𝗿𝘃𝗮𝗶𝗮𝗻𝗶𝗰𝗮, 𝘂𝗻𝗮 𝗺𝗮𝘁𝘁𝗶𝗻𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗹𝘂𝗻𝗾𝘂𝗲.
Il mare respira piano, con quel ritmo eterno che sembra essere l’unico in grado di sfidare il tempo. Le onde scorrono leggere, portando con sé frammenti di un mondo dimenticato dai milioni di formiche cittadine, restituendoli poi, però, trasformati in una sostanza più reale, più vicina. È qui, davanti a questo spettacolo di libertà senza confini, che ho incontrato Emilio Stella. Un cantautore che, come il mare, raccoglie storie e le restituisce sotto forma di musica, con una sincerità che tocca il cuore.

𝗧𝗼𝗿𝘃𝗮𝗶𝗮𝗻𝗶𝗰𝗮, Pomezia, la periferia romana: sono luoghi in cui la vita sembra muoversi al ritmo delle maree. Non più la corsa f***e ed asfissiante della città, ma un respiro più lento, naturale. “Il mare è libertà,” mi dice Emilio, osservando l’orizzonte. “Non ha muri, non ha strade obbligate. È questo che mi ispira. Qui, guardando l’acqua, le storie sembrano arrivarmi da sole.”

E in effetti, l’atmosfera è contagiosa. La brezza marina accarezza i nostri volti come un richiamo alla semplicità, all’essenziale. È il simbolo di una libertà che non si può comprare, ma che si può vivere, ogni giorno, in luoghi come questo. Emilio, con il suo modo di vivere e raccontare, sembra incarnare tutto questo.

“Quando cammini sulla spiaggia o semplicemente ascolti il mare,” continua, “è come se ti ricordasse chi sei davvero. Qui trovi finalmente il tempo per ascoltare te stesso, per scoprire le storie che hai dentro. E' per questo che sono venuto qui.”

E le sue canzoni sono proprio questo: frammenti di mare trasformati in note. Brani come "Capocotta non è Kingston" o "Cose Piccolissime" sembrano impregnati di salsedine, portando con sé quella freschezza che solo la brezza marina sa dare e che la Città, la Grande e smisurata Roma, ha ormai completamente dimenticato. Non è solo musica quella di Stella, è un pezzo di mare che ti si infila dentro e ti lascia con la voglia di restare lì, su quella riva, un po’ più a lungo a sognare.

Il mare della sua Torvaianica, non è solo un paesaggio per Emilio; è una metafora della vita stessa. Come le onde che vengono e vanno, raccogliendo storie e portandole lontano, così le sue canzoni viaggiano, incontrando anime che forse non hanno mai visto il mare ma che riescono comunque a sentirlo.

Guardando quell’orizzonte infinito, mi viene da pensare che la periferia di cui Emilio parla non sia solo un luogo fisico. È uno stato mentale, un rifugio dalla frenesia, dalla follia, un ritorno a qualcosa di più vero e umano. Forse è per questo che sempre più persone si lasciano spingere verso il mare della Capitale, come se fosse la risacca della vita stessa a portarcele.

Mentre la brezza marina continua a soffiare, penso che forse Emilio ha trovato la sua verità, e che, forse, attraverso le sue canzoni, può aiutarci a trovare la nostra, facendoci ricordare che c’è ancora un posto dove possiamo sentirci liberi, dove possiamo ascoltare il ritmo del mare e, per un attimo, smettere di correre.

Grazie...
stella
https://www.instagram.com/emiliostella_official/

















𝗣𝗿𝗶𝗴𝗶𝗼𝗻𝗶𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗴𝗲𝗼𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗮: 𝗱𝗮 𝗗𝗮𝗻𝗶𝗹𝗼𝗳𝗳 𝗮 𝗖𝗲𝗰𝗶𝗹𝗶𝗮 𝗦𝗮𝗹𝗮, 𝗶𝗹 𝗴𝗶𝗼𝗰𝗼 𝗲𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗼𝘀𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶 𝗱𝗶 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼 Cari lettori,da giorna...
02/01/2025

𝗣𝗿𝗶𝗴𝗶𝗼𝗻𝗶𝗲𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗴𝗲𝗼𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗮: 𝗱𝗮 𝗗𝗮𝗻𝗶𝗹𝗼𝗳𝗳 𝗮 𝗖𝗲𝗰𝗶𝗹𝗶𝗮 𝗦𝗮𝗹𝗮, 𝗶𝗹 𝗴𝗶𝗼𝗰𝗼 𝗲𝘁𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗼𝘀𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶 𝗱𝗶 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼
Cari lettori,
da giornalista, e non solo, sento il dovere di parlare del caso Cecilia Sala. Guardandomi intorno, però, mi rendo conto che il rischio di annoiare è diventato alto. Come sempre, ci siamo divisi in due fazioni: da una parte, i giornali di destra, che sembrano voler minimizzare il caso, quasi suggerendo di lasciarla lì, dimenticando comodamente che fino a qualche anno fa erano pronti a mandare a quel paese gli accordi atlantici e gli Stati Uniti. Dall’altra, l’informazione di sinistra, a ranghi uniti commentatori ed intellettuali in squadra, che riempie le bacheche social con un instancabile “Come è brava Cecilia! Liberate Cecilia!”.

Ora, sia chiaro: anche io, senza esitazione, mi schiero per un liberate Cecilia al massimo grado. Ma mi chiedo: quanto sappiamo davvero di ciò che sta dietro a casi come questo? Quanti ricordano, ad esempio, la vicenda di Andy Rocchelli, giornalista italiano ucciso in Ucraina, che sembra ormai sparito dal radar mediatico? E quanti sanno che la diplomazia degli scambi di ostaggi, spesso riguardanti proprio noi giornalisti, è una pratica vecchia, consolidata, e tristemente ciclica?

Forse, invece di meravigliarci ogni volta, dovremmo iniziare a discutere di come affrontare realmente questo sistema, per quanto complesso e stratificato sia. Non ho la risposta, ma credo sia arrivato il momento di porsi la domanda giusta.

E ora, mettetevi comodi: vi accendo qualche ricordo…

“Ma che ci meravigliamo a fare?” verrebbe da dire. Il sequestro di Cecilia Sala in Iran, ormai come appare chiaro è in risposta all’arresto di un cittadino iraniano a Malpensa accusato di traffico di armi dagli Stati Uniti, e questa non è affatto una novità nella geopolitica internazionale.
Dai tempi della Guerra Fredda, passando per le tensioni con il Medio Oriente e persino i casi più controversi che hanno coinvolto l’Italia, il gioco degli ostaggi e delle estradizioni ha sempre avuto regole non scritte ma ben chiare: chi tiene qualcuno in pugno, tiene aperti i negoziati tentando di influenzarli.

𝙐𝙣 𝙜𝙞𝙤𝙘𝙤 𝙫𝙚𝙘𝙘𝙝𝙞𝙤 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙡𝙖 𝙂𝙪𝙚𝙧𝙧𝙖 𝙁𝙧𝙚𝙙𝙙𝙖

Prendiamo il caso di Nicholas Daniloff. Siamo nel 1986, nel pieno della Guerra Fredda. Un giornalista americano viene arrestato a Mosca con accuse di spionaggio poco credibili, ma utilissime al KGB per esercitare pressione sugli Stati Uniti, che avevano appena arrestato Gennadi Zakharov a New York per le stesse accuse. Il risultato? Uno scambio orchestrato con precisione chirurgica: Zakharov torna in URSS, Daniloff vola a casa, e, come bonus, un dissidente sovietico ottiene il permesso di emigrare in Occidente. Il tutto condito da intense negoziazioni tra Reagan e Gorbaciov, con il Ponte di Glienicke come sfondo simbolico.

La lezione? Non importa chi sei – giornalista, spia o attivista – se il tuo arresto serve a mandare un messaggio politico. Ed è qui che la storia di Cecilia Sala sembra allinearsi con quel passato: un ostaggio, questa volta italiano, usato per mettere pressione all’Occidente.

𝘾𝙧𝙖𝙭𝙞, 𝙎𝙞𝙜𝙤𝙣𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙚 𝙡𝙖 𝙥𝙤𝙡𝙞𝙩𝙞𝙘𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙚𝙨𝙩𝙧𝙖𝙙𝙞𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙖𝙡𝙡’𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖𝙣𝙖
Quando ancora esercitavamo la nostra volontà

La storia si fa più interessante se guardiamo alla nostra stessa storia recente. Durante la crisi di Sigonella nel 1985, Bettino Craxi si trovò in una posizione unica. Gli Stati Uniti premevano per ottenere Abu Abbas, il leader del gruppo che aveva dirottato la nave Achille Lauro, e avevano inviato i marines per prelevarlo. Ma Craxi resistette, ordinando ai carabinieri di difendere il territorio italiano. Alla fine, Abbas fu lasciato andare, causando una frattura temporanea nei rapporti con Reagan, ma anche mostrando al mondo una certa indipendenza dell’Italia.

Questo episodio si collega perfettamente al tema delle estradizioni e degli scambi di prigionieri. Quando conviene, si resiste. Quando è necessario, si cede. Ma, occhio, cosa succede quando sono gli altri a dover estradare qualcuno verso di noi?

𝙡𝙡 𝙘𝙖𝙨𝙤 𝙙𝙚𝙡 𝘾𝙚𝙧𝙢𝙞𝙨: 𝙜𝙞𝙪𝙨𝙩𝙞𝙯𝙞𝙖 𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙧𝙤𝙫𝙚𝙨𝙘𝙞𝙖

È qui che la storia si tinge di amaro. Nel 1998, un aereo americano decollato dalla base di Aviano tranciò i cavi della funivia del Cermis, in Trentino, causando la morte di 20 persone. I due piloti responsabili furono processati negli Stati Uniti, nonostante i fatti fossero avvenuti in Italia. La sentenza? Assoluzione per uno e una condanna leggera per l’altro, che comunque evitò il carcere. Gli italiani si videro negare un processo sul proprio territorio, dimostrando che la politica delle estradizioni non funziona sempre in maniera reciproca

𝙇𝙖 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙖 𝙨𝙞 𝙧𝙞𝙥𝙚𝙩𝙚, 𝙢𝙖 𝙨𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙥𝙧𝙤𝙣𝙩𝙞 𝙖 𝙧𝙚𝙨𝙞𝙨𝙩𝙚𝙧𝙚?

In conclusione: la vicenda di Cecilia Sala si inserisce in questa lunga tradizione di ostaggi geopolitici e negoziati di alto livello. Ma ci insegna anche che, nonostante il passare del tempo, certe dinamiche restano immutabili. Forse è il momento di chiederci: siamo davvero pronti a difendere i nostri interessi, come fece Craxi a Sigonella? E soprattutto, quanto vale davvero il diritto internazionale se è sempre piegato alle necessità del più forte?

Articolo di Alberto Marolda











09/12/2024

𝗣𝗮𝘀𝗾𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗧𝗿𝗶𝗱𝗶𝗰𝗼: 𝗟𝗮 𝗳𝘂𝗴𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗲 𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝗳𝗶𝗱𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗿𝗺𝗼𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗳𝗶𝘀𝗰𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗘𝘂𝗿𝗼𝗽𝗮

In un’intervista esclusiva, Pasquale Tridico affronta il tema cruciale della disparità di tassazione tra i Paesi europei. Una situazione che ha spinto molte aziende italiane, come Fiat, Campari e Ariston, a trasferirsi all’estero. L’ex presidente dell’INPS, oggi in prima linea con il gruppo del Movimento Cinque Stelle in Europa, discute gli sforzi per promuovere un’armonizzazione fiscale a livello continentale. Un progetto ambizioso ma necessario per fermare l’emorragia di imprese italiane e garantire equità e competitività in tutti gli Stati membri dell’UE.

Nella seconda votazione del Movimento 5 Stelle, chiusa il 8 dicembre 2024, hanno partecipato 58.029 iscritti, corrispond...
08/12/2024

Nella seconda votazione del Movimento 5 Stelle, chiusa il 8 dicembre 2024, hanno partecipato 58.029 iscritti, corrispondenti al 64,90% degli aventi diritto. L’80,56% ha votato per l’eliminazione del ruolo del Garante, mentre il 16,09% ha espresso un voto contrario. Inoltre, sono state proposte modifiche riguardanti il simbolo e la semplificazione delle procedure di modifica dello Statuto. Queste decisioni segnano un ulteriore passo verso la riorganizzazione del partito sotto la leadership di Giuseppe Conte

𝗩𝗶𝗻𝗰𝗲 𝗚𝗿𝗶𝗹𝗹𝗼, 𝘃𝗶𝗻𝗰𝗲 𝗖𝗼𝗻𝘁𝗲...Vi ricordiamo i risultati delle votazioni del M5S tenutesi nella precedente tornata contesta...
08/12/2024

𝗩𝗶𝗻𝗰𝗲 𝗚𝗿𝗶𝗹𝗹𝗼, 𝘃𝗶𝗻𝗰𝗲 𝗖𝗼𝗻𝘁𝗲...

Vi ricordiamo i risultati delle votazioni del M5S tenutesi nella precedente tornata contestata da Grillo, evidenziano approvazioni significative su diversi fronti.
Tra le principali proposte approvate:

Limite dei Mandati:

La modifica del limite dei mandati elettivi è stata accolta positivamente. Ad esempio, è stata approvata la possibilità di elevare il limite da due a tre mandati con 32.329 voti favorevoli.
È stata consentita la deroga per candidature a presidenti di Regione o sindaci (38.146 voti favorevoli) e introdotta la possibilità di ricandidarsi dopo una pausa minima di 5 anni.
Rappresentatività Territoriale:

È stata introdotta una norma per garantire equilibrio territoriale nella composizione del Comitato di Garanzia, con 47.453 voti favorevoli.

𝗣𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗣𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼:

𝗨𝗻𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗼𝘀𝘁𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗲𝗳𝗶𝗻𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗶𝗹 𝗠𝗼𝘃𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗲 “𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶” 𝗵𝗮 𝗼𝘁𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗼 𝟭𝟳.𝟲𝟱𝟱 𝘃𝗼𝘁𝗶, 𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘂𝗻𝗮 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝟱𝗦.

Ma... oggi hai votato? Esercizio di Democrazia, mica tutti lo fanno...
08/12/2024

Ma... oggi hai votato? Esercizio di Democrazia, mica tutti lo fanno...

06/12/2024

Un’altra risposta al Garante Grillo, ora è Mariolina Castellone a farlo: il dialogo con la base è il cuore dell’M5S

Mariolina Castellone, deputata del Movimento Cinque Stelle, risponde con fermezza e chiarezza: “Il nostro movimento ha sempre fatto del dialogo con la base un valore fondante. Se dovessimo scegliere un motto, potrebbe essere semplicemente ‘ascoltare’.

Un concetto forte e diretto che sottolinea l’impegno del M5S a coinvolgere la propria comunità in ogni fase decisionale, restando unico nel panorama politico italiano.
Ed intanto, le votazioni sono partite, chi vincerà, Conte ed il nuovo corso, o Beppe Grillo con il suo Carro Funebre ed il Requiem per il Movimento?

Indirizzo

Largo Gaetano La Loggia
Rome
00149

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