07/05/2023
Riproponiamo uno scritto pubblicato su questa pagina ad Agosto 2022.
EQUALIZZATORI E DEFICIT UDITIVI
di Angelo Jasparro e Luca Lini
Ogni tanto, anzi abbastanza spesso, capita che qualche audiofilo si faccia fare un esame audiometrico, e da lì partono le fantasie più sfrenate. La premessa è, ovviamente, che l'esito non sia perfetto, come tutti desideremmo. Il fatto è che il nostro orecchio, a differenza di altri organi che soffrono meno il deterioramento con l'uso, tende a perdere le sue caratteristiche col passare del tempo, per mille motivi. Motivi dei quali vi parlerà nella seconda parte di questo breve articolo, Luca Lini, esperto audiometrista, che ringrazio per aver accettato di intervenire, per il solo piacere di divulgare.
Troverete alcuni argomenti in comune ai due interventi, dovuti al fatto che abbiamo scritto i nostri interventi separatamente e contemporaneamente. Li ho mantenuti così, perché trattati da punti di vista diversi.
Io mi limiterò ad un ragionamento "logico". Esempio concreto: abbiamo un bel calo di 8 dB a 2000 Hz, magari da un solo orecchio, come spesso accade. Inizialmente ci prende il panico: "ma come, proprio ad un espertone appassionato come me, doveva accadere?" E si cominciano a cercare inesistenti soluzioni, fino a che, il lampo di genio: "mi mancano 8 dB? Presto fatto, un bell'equalizzatore, così li tiro su e vado a pari. Orecchio come nuovo!"
Grossa sciocchezza, e che nessuno si offenda. Vediamo subito il perché.
Se andate ad un concerto di musica, possibilmente acustica (non è una parolaccia, esistono, se vi vergognate non raccontatelo a nessuno) ascolterete l'orchestra con lo stesso "buco" di 8 dB. Mettiamo, per eliminare ogni variabile, che questo concerto sia stato registrato da un vostro amico, con 2 microfoni e nessun intervento di equalizzazione. Vi portate a casa il file, e lo ascolterete uguale a quello vero, col vostro buco di 8 dB nell'orecchio destro, e vi sembrerà uguale all'originale. Se invece equalizzate, sentirete una cosa diversa. La sentirete anche "flat", ma sarà diversa. A voi interessa ascoltare come dal vivo, o un altra cosa? Mettetevi in testa che ogni cosa che ascoltiamo, compresa la voce dei nostri cari, la ascoltiamo con quella deviazione, e allo stesso modo dobbiamo riascoltarla col nostro impianto. Perché la verità non è il nostro impianto, la verità è quella del mondo che ci circonda.
Un ultimo esempio, e si passa a qualcosa di più scientifico.
Facciamo finta che io sia daltonico, e magari veda il colore rosso come se fosse verde.
Fate una foto ad un semaforo e la trattate con Photoshop (assumendo che sia possibile) in modo che io veda il rosso come davvero rosso. Secondo voi riterrei quella foto credibile, avendo sempre visto il rosso come verde?
Gli equalizzatori sono utili se bene impiegati, divertenti per fare "unz, unz" o "boom boom", ma inutili per fare "duemil, duemil, duemil".
A breve vi racconterò magari cosa davvero potete fare di utile per le vostre orecchie.
Angelo Jasparro
Come da buona educazione mi presento: il mio nome è Luca Lini, 61 anni di cui 50 per e con la musica.
Per 12 anni mi sono occupato professionalmente di Audiometrie, Protesi Acustiche e fenomeni audiologici vari compresa la progettazione e costruzione di auricolari protettivi con filtro passabanda selettivo.
Le vostre orecchie non sono microfoni di misura
Da sempre nelle comunità ”reali” di audiofili e ancor di più nella rete sociale capita di affrontare l’argomento capacità uditiva e ascolto della musica. Crescendo da appassionati con l’ostentazione a cura del marketing di risposte in frequenza degli apparecchi sempre più estese e più lineari il nostro appassionato entra letteralmente in crisi quando scopre di avere un udito “non perfetto”.
Premettendo che per motivi di costume e inquinamento acustico le nuove generazioni perdono questa facoltà (in vario modo e per varia gravità) molto presto e lasciando da parte patologie gravi a carico di orecchio esterno e medio occupiamoci in queste righe delle due situazioni più comuni: ipoacusia selettiva a carico delle frequenze acute e presbiacusia. La prima può avvenire per quello che viene assai genericamente definito “trauma acustico” o meglio l'esposizione ad una veramente alta emissione sonora per tempi brevissimi oppure una esposizione a livelli comunque alti ma che si rendono traumatici per il ripetersi con intollerabile breve distanza di tempo tra loro. Questo tipo
di ipoacusia ha una caratteristica grafica audiometrica con una diminuzione della sensibilità dell’udito centrata a picco tra i 2khz ed i 4khz. Sembrerebbe ormai accertato che il danno ipoacusico in questa “finestra” sia motivato dalla corrispondenza della maggiore sensibilità dell’udito umano in tale intervallo di frequenze (vedi curve di Fletcher & Munson ). Il danno avviene sia nell’organo cigliato del corti che nella funzione neuorologica del nervo ottavo detto appunto nervo acustico. Nel caso della presbiacusia (perdita di udito a carico di persone nella terza età)
questa si presenterà prematuramente ed in forma più grave per quelle persone che in età giovanile hanno, appunto, subito traumi acustici. Con la terza età, per una serie di motivi di contorno come difficoltosa circolazione periferica, arteriosclerosi e degenerazione generale delle cellule, questa perdita lenta, graduale ma inesorabile accompagnerà la persona per il resto della vita.
Nota Bene (per ovvi motivi in questo scritto ometto volutamente descrizioni complesse e userò semplificazioni a titolo divulgativo. Chi vuole approfondire saprà come fare)
Dopo questo triste panorama a cui prima di procedere oltre devo accennare brevemente alle ipoacusie indotte da farmaci ototossici (farmaci con effetti collaterali acclamati di tossicità a carico della parte media ed interna dell’orecchio) andiamo ad affrontare la relazione tra capacità uditiva e ascolto della musica.
I più perspicaci già dal titolo hanno capito la "buona notizia": il nostro sistema uditivo NON ha compiti di misurazione quantitativa assoluta ma è bensì uno straordinario sistema sensoriale affinato nella nostra evoluzione genetica per motivi di conservazione della specie ma che ci permette anche di entrare in contatto con l’universo di suoni compresi quelli della musica nelle sue varie forme. La sua sensibilità e linearità è una caratteristica relativa di cui eventuali lacune NON impediscono in modo assoluto la corretta fruizione e godimento dell’ascolto della musica.
Chi costruisce le apparecchiature HiFi oggi utilizza strumentazione che hanno precisione ed affidabilità di vari ordini superiori ad un buon udito. Nella costruzione e taratura di apparecchi hifi si usano, per esempio, microfoni specifici che hanno una estrema linearità e larghezza di banda. Questa caratteristica, che si presuppone condivisa da ogni set di attrezzatura professionale, si rende necessaria in quanto il costruttore X del prodotto Z che dichiara certi valori di risposta dei propri apparecchi deve poter mettere in condizione il collega dell’altra parte del mondo di poter ripetere certe misure e confermare o confutare quanto dichiarato.
Le vostre orecchie non hanno questo scopo, le vostre orecchie servono (oltre a tante cose molto importanti come salvarvi la vita) ad ascoltare la musica e, attenti bene , anche se presentano lacune come quelle descritte sopra questo non inficia il vostro godimento.
Intanto a dimostrazione parziale di questo per tutti i casi non gravi non avete neppure avuto modo di accorgervene fino a quando non vi siete sottoposti ad una audiometria, ma il punto essenziale di questo discorso è che le vostre orecchie, il vostro “modo” di ascoltare è evidentemente lo stesso sia per una chiacchierata tra amici, per un concerto di musica dal vivo e, guarda caso, anche per l’apprezzamento di musica riprodotta.
La stessa “impronta uditiva” accompagna la vostra vita in tutte le situazione e il vostro giudizio critico userà lo stesso udito sia per il test di A che il test di B, per cui anche voi (affetti da qualche tipo di deficit) sarete in grado di cogliere quelle differenze che a volte con eccessivo accanimento l’appassionato si sforza di identificare.
Voi non dovete rendere conto a nessuno della vostra capacità uditiva in quanto, se mi permettete, una delle cose più belle della nostra passione e quel rito di “immersione e a volte isolamento “dal resto del mondo che l’ascolto della musica in ambiente domestico, un pò egoisticamente, ci procura.
Sento in sottofondo un brusio da parte degli scettici che giustamente non mancano mai. Andiamo avanti.
Anche io come voi da giovane operatore mi chiedevo e meravigliavo di come professionisti della musica che basavano tutto sul buon uso dell’ascolto potessero ovviare alle lacune che le audiometrie inesorabilmente mettevano, è proprio il caso di dirlo, nero su bianco. Non voglio asserire che queste lacune non “preoccupassero” gli interessati, ma proprio per le motivazioni sopra descritte queste non impedivano al professionista di fare il suo lavoro dove, manco a dirlo, l’esperienza, la passione, la dedizione e la caratteristica di “compensazione adattiva” che il sistema uditivo gli garantiva gli permetteva di convivere con le proprie lacune.
Sappiate che una grande maggioranza dei musicisti professionisti entro i 40 anni presentano mediamente alterazioni uditive non trascurabili e che gli altri di età superiore hanno quadri (complice la presbiacusia) ancora peggiori. Semplificando molto, se amate la loro musica scritta ed eseguita con le LORO carenze uditive per quale motivo dovreste assillarvi per le vostre? A tal proposito, tra le reazioni di vario tipo che alcuni audiofili hanno allo scoprire di eventuali lacune uditive, esiste un comportamento, sbagliato e diffuso in modo virale in rete che consiglierebbe di effettuare equalizzazioni complementari in modo matematico alla entità e frequenza della lacuna stessa. Errore e lasciatemi dire orrore.
Tanto per iniziare in ambito audiopretesico NON si compensa mai le perdita per intero ma per frazione in base a vari aspetti della specifica perdita….ma non possiamo addentrarci in questo. Per i motivi sopra indicati se andiamo ad alterare la “nostra personale linearità” in una sola delle varie occasioni di ascolto non faremo altro che innescare un meccanismo di alterazione specifica che oltre a non servire a niente avrà anche effetti secondari come saturazione per avvicinamento a soglia limite ….e disgraziatamente questo varrà sia per le vostre orecchie che per i vostri altoparlanti. Immaginiamo di avere una audiometria con perdita di 25db a 3khz (molto più comune di quanto si possa pensare).
Compensare per intero questa perdita, anche solo in uno spettro limitato che replica quello della perdita stessa, risulterà dannoso, fastidioso e con seri rischi di danneggiare l’altoparlante delle vie superiori. Lascio a voi la matematica.
Concludo con alcune considerazioni che vi lascio come ulteriore riflessione.
Il godimento della musica è un esercizio complesso dove la componente puramente fisiologica (percezione per via aerea e per via ossea) potremmo definirla al massimo complementare e adattata alla nostra percezione generale. Questa è composta dalla parte cognitiva, emozionale ed è estremamente variabile nel tempo in base a cambiamenti sia fisici che psicologici. Per quanto ci possa apparire vero e naturale asserire “ogni volta che ascolto quel brano…..” dobbiamo sapere ed accettare che ogni ascolto è una esperienza unica…e questo (con buona pace di Benjamin e i suoi scritti sull’arte nel periodo della sua riproducibilità) vale anche per diverse sessioni di ascolto che potete fare a distanza di poco tempo a casa vostra. Lo stato d’animo, “il caldo, il freddo, la fame, la sete” la presenza di qualcuno o meno al momento dell’ascolto possono condizionare enormemente l’esperienza pur fatta con il vostro udito, il vostro impianto ed il vostro disco.
Il nostro udito ci segue in modo mutevole in un oltremodo mutevole panorama di variabili dove l’unica regola che dovrebbe valere è il piacere di ascoltare musica, senza rinnegare o mortificare la comprensibile ambizione ad ottenere una riproduzione ”migliore” …dove però per migliore si intenda godibilità PERSONALE e quindi scevra da il perseguire verità assolute che semplicemente non esistono. Ma questa potrebbe essere un’altra storia.
Buona musica.
Luca Lukas Lini
Ringrazio Angelo Jasparro per l'opportunità di contribuire.