04/06/2022
Il mondo della musica è bello perché è vario: contaminazione e sottogeneri sempre più settoriali alimentano un’industria che, con alti e bassi, è in costante evoluzione sin dalla sua nascita. A volte, la velocità del mercato musicale può portare a un’ansia da innovazione. Se non si hanno basi solide, si rischia di ridursi a rincorrere trend e suoni di passaggio, soprattutto in un’era in cui la fruizione della musica è spesso ridotta all’osso, e il risultato finisce per suonare vuoto, depersonalizzato.
Ketama126 è l’esempio perfetto di chi, in questa trappola, non ci vuole proprio cadere. Il suo sound lo conosciamo dal 2015, dai tempi di ‘10 pezzi’ e ‘Ketam-City’, e pur avendo ovviamente attraversato momenti di definizione e perfezionamento, è sempre rimasto riconoscibile e speciale. E oggi abbiamo la conferma definitiva che non c’è pericolo che cambi: ‘Armageddon’, un disco per cui abbiamo perso il conto dei mesi d’attesa, è classic Ketama.
C’è il suo immaginario-culto della droga, della notte, del sesso e della religione, c’è la ricerca musicale finissima che l’ha sempre contraddistinto—“Open Up Your Love” dei The Whispers in “ANIMALE”, ad esempio—, c’è il flow gorgogliato, il timbro chiuso, il sax di “SOTTO LA LUNA” e la chitarra elettrica di “STOP”, che si sposa perfettamente con le vocal pitchate: non manca niente e niente stona. E poi ci sono Noyz Narcos, che per Kety è come un padre spirituale, e gli immancabili Franco126, Carl Brave e Pretty Solero, compagni di vita, strada e carriera. È un progetto che si fonda sulla sua stessa tradizione, un credo iconico: pezzi come “SU E GIÙ” ti catapultano direttamente al periodo di ‘Oh Madonna’.
‘Armageddon’ è la dimostrazione che quando un artista ha una sua voce e, soprattutto, la tratta con consapevolezza e rispetto, può solo avere successo—e non si parla di successo mediatico o economico, ma di successo artistico, quello che non ha prezzo, che ti fa capire di avere vinto. Ketama è nato per fare questa roba.