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auguri!
25/12/2023

auguri!

I fogli delle «Très Riches Heures» di Chantilly miniati dai fratelli Limbourg si caratterizzano per una preziosità incre...
24/12/2023

I fogli delle «Très Riches Heures» di Chantilly miniati dai fratelli Limbourg si caratterizzano per una preziosità incredibile, come se il libro fosse uno scrigno di gioielli, tanto scintillano gli ornati d’oro e i colori scelti fra le tonalità più vivide e primaverili di azzurri lapislazzuli, di rosa, di verdi, di violetti. Tutto è grazioso e pittoresco insieme.
Qualcuno potrà considerare sacrilego guardare al Calendario delle «Très Riches Heures» di Chantilly come a un documento della moda e del costume; eppure non c’è dubbio che una parte del fascino straordinario di fogli come quelli di Gennaio, Aprile, Maggio o Agosto si deve anche alla moda. Una moda che è del resto in stretta simbiosi con gli ideali figurativi del momento: si pensi a quanto il gusto per la calligrafia, così diffuso negli anni del gotico estremo, si esalti in quelle vesti lunghe, leggere e ridondanti di pieghe o nella silhouette di una figura in profilo che indossi l’abito con l’alto colletto a campanula. (Dallo scritto di Luciano Bellosi)

«“Un crocifisso romanico non era in origine una scultura né la Madonna di Duccio un dipinto...”, osservava André Malraux...
23/12/2023

«“Un crocifisso romanico non era in origine una scultura né la Madonna di Duccio un dipinto...”, osservava André Malraux. Ci proponiamo di capire cosa fossero, prima di divenire “dipinti”, i pannelli assemblati nei polittici dell’Europa meridionale, e più precisamente italiani, del Quattrocento e degli inizi del Cinquecento, cui può convenire il termine generico di “pala”.
Quel che ci attrae è la qualità essenziale della pittura, quel che ci affascina sono l’autorevolezza dei grandi stili, il prestigio dei grandi nomi. Un’interpretazione puramente formale non basta tuttavia a soddisfare le nostre attese. Ci si trova dinanzi a continui interrogativi: a cosa corrisponde la distribuzione dei pannelli? Cosa si cela dietro la rappresentazione? Cambiamenti spettacolari scandiscono la storia del Quattrocento, ma chi ne è l’artefice? A quali esigenze rispondono dunque tali e tante peculiarità? È a questi quesiti che cercheremo di rispondere. Sono la filigrana del nostro lavoro».

Fra gli ultimi anni dell’Ottocento e la fine della prima decade del Novecento gli interessi di Roger Fry si concentraron...
22/12/2023

Fra gli ultimi anni dell’Ottocento e la fine della prima decade del Novecento gli interessi di Roger Fry si concentrarono principalmente sull’arte italiana, e gli scritti su Mantegna da ascrivere al periodo che precedette la scoperta del postimpressionismo. Rivelano le qualità di Fry come critico, conoscitore e storico dell’arte: l’abilità sia nella generalizzazione sia nell’acuta osservazione del dettaglio, la ricerca indefessa delle qualità estetiche essenziali, l’attenzione alla tecnica, e al suo significato, derivata dalla convinzione che «L’eccellenza nella tecnica consiste sempre nella sua capacità di adattarsi perfettamente all’espressione dell’idea». Fry era anche restauratore di quadri, conosceva per esperienza personale le possibilità e i limiti del mezzo, e sapeva parlarne in termini appropriati. È proprio questa capacità di giudicare il quadro da un duplice punto di vista – come pittore, affrontando problemi attuali di colore e di composizione, e come spettatore, con atteggiamento estetico, poetico e filosofico – a conferire profondità e allo stesso tempo freschezza ai suoi scritti. (Dallo scritto di Caroline Elam)

A determinare il fascino dell’«Officina ferrarese» è il senso, da cogliere tra le righe, di drammatico sbigottimento per...
21/12/2023

A determinare il fascino dell’«Officina ferrarese» è il senso, da cogliere tra le righe, di drammatico sbigottimento per un patrimonio artistico straordinario che la fine del ducato estense (1598) aveva portato irrimediabilmente a distruggere o a disperdere e di cui la mostra della «Pittura ferrarese del Rinascimento» – allestita nel 1933-1934 nelle sale del palazzo dei Diamanti a Ferrara – non aveva potuto fornire che un pallido riflesso. Questo aspetto si coglie anche laddove la scrittura acquista un tono volutamente ridondante e visionario. Certo, per il frequente ricorso a metafore di tipo minerale – a proposito di Tura: «una natura stalagmitica; un’umanità di smalto e di avorio con giunture di cristallo» –, Longhi si mostra debitore nei confronti degli «Italian Painters of the Renaissance» di Bernard Berenson, che da ragazzo si era persino offerto di tradurre. Ora però un tale linguaggio non si risolve in un ricalco né in un virtuosismo fine a sé stesso, ma diviene lo strumento per restituire un mondo unico e irripetibile nella sua sontuosità. Per usare parole che la nostra epoca ha ridotto a slogan, la conoscenza del fatto artistico è alla base, per Longhi, della sua tutela e della sua valorizzazione. (Dallo scritto di Daniele Benati)

«Lotto mi parla con una immediatezza assai maggiore di quanto mi accada con qualsiasi altro artista in qualsiasi altra f...
20/12/2023

«Lotto mi parla con una immediatezza assai maggiore di quanto mi accada con qualsiasi altro artista in qualsiasi altra forma d’arte visiva... un critico capisce sempre meglio l’artista che gli è più affine per temperamento... se fossi un artista, somiglierei molto a Lotto».

«Fu mia intenzione abbozzare in questo volume una teoria delle arti; specialmente delle arti della figura, ed in quanto ...
19/12/2023

«Fu mia intenzione abbozzare in questo volume una teoria delle arti; specialmente delle arti della figura, ed in quanto si manifestano in forme pittoriche. Prescelsi esempi italiani, non soltanto perché mi trovo ad avere più intima conoscenza dell’arte italiana, ma perché l’Italia è il solo paese dove le arti della figura siano passate per tutte le fasi: dall’inetto al sublime, da forme semibarbare agli estremi fastigi della bellezza intellettuale; per ricadere in condizioni barbariche a malapena dissimulate sotto gli spogli logori e stinti dell’età superba. Trattai di ciò che costituisce le arti del disegno, e, più precisamente, le arti della figura».

«Questo libro è nato da una sorpresa, quella di scoprire un giorno, in un corridoio del convento di San Marco, a Firenze...
18/12/2023

«Questo libro è nato da una sorpresa, quella di scoprire un giorno, in un corridoio del convento di San Marco, a Firenze, due o tre cose sconcertanti dipinte nel Quattrocento. Esse non corrispondevano a quanto l’occhio di uno storico dell’arte può generalmente aspettarsi di vedere in un’opera eseguita in quel periodo; non assomigliavano in nulla a quanto si vede solitamente riprodotto nelle opere sull’arte del Rinascimento. Queste due o tre cose sconcertanti, ardue da descrivere, estremamente singolari nell’assoluto candore del convento, erano delle macchie, delle vaste macchie multicolori rispetto alle quali le nostre consuete categorie di “soggetto”, di imitazione o di figura sembravano realmente dover naufragare. Sembravano infatti prive di qualsiasi soggetto, sembravano non imitare nulla di preciso, e infine tutto in loro sembrava stranamente, per quell’epoca, “non figurativo” evocavano un dripping di Jackson Pollock».
Da questa scoperta prende avvio l’affascinante indagine di Georges Didi-Huberman – uno dei più noti filosofi e critici d’arte contemporanei –, in cui la storia delle idee, gli strumenti dell’estetica, della semiologia e della psicoanalisi convergono per delineare un’interpretazione originale e approfondita di un artista mirabile le cui opere, come scrisse Vasari, sono «tanto belle, che paiono veramente di paradiso». E per questo è universalmente noto come Beato Angelico.

Nel 1921, mentre tutta l’Europa ridiscute i principi dell’arte moderna e dà vita a quell’intensa stagione espressiva che...
17/12/2023

Nel 1921, mentre tutta l’Europa ridiscute i principi dell’arte moderna e dà vita a quell’intensa stagione espressiva che sarà chiamata «Ritorno all’ordine», Adolfo Wildt pubblica uno dei testi più significativi del momento, per magistero tecnico e consapevolezza di dottrina: uno scritto luminoso e implacabile sull’arte di lavorare il marmo.
Non è un trattato sulla scultura, ma su una materia: quella materia «viva, sonora e splendida» che aveva amato sin da ragazzo di un amore febbrile e disperato. «Fin da fanciullo ebbi un’adorazione pel marmo, ch’io non mi sono mai spiegata. Ricordo che, giovinetto, abbracciavo i blocchi di marmo e dicevo, forse senza comprenderne il significato, ch’io avrei dovuto domarli. Non amai il divertimento perché soffrii giovanissimo e forse per questo adorai il marmo» dirà lui stesso.
Non ci sono nel libro astrazioni e divagazioni: si sente che è l’opera di un artefice, a cui preme trasmettere agli allievi la sua dura esperienza. Tuttavia si insinua in ogni pagina una luce metafisica. Come un alchimista medioevale, come un maestro scalpellino dell’anno Mille, Wildt conosce tutti i segreti della sua arte. Ma nulla è più lontano da lui di un formalismo compiaciuto. L’«ansietà di interminabile perfezione» che si esprime nel mestiere ha un significato non solo estetico, ma etico. Perché il compimento dell’opera è la rivelazione della verità. (Dallo scritto di Elena Pontiggia)

«Le grandi anime sono come le alte cime. Battute dal vento, avvolte nelle nubi; ma vi si respira meglio e più forte che ...
16/12/2023

«Le grandi anime sono come le alte cime. Battute dal vento, avvolte nelle nubi; ma vi si respira meglio e più forte che in altri luoghi. L’aria, lassù, ha una purità che netta il cuore dalle immondezze: e quando le nubi s’allontanano, si domina il genere umano.
Tale fu Michelangelo, questa colossale cima, che dominava l’Italia del Rinascimento e di cui vediamo da lontano perdersi nel cielo il profilo tormentato.
Non pretendo che gli uomini comuni possano vivere su tali vette. Ma che, un giorno all’anno, vi salgano in pellegrinaggio. Lassù, si sentiranno più vicini all’Eterno. Poi, ridiscenderanno verso la pianura della vita, col cuore temprato per la lotta quotidiana».

Quello che Ruskin chiama propriamente la «Bibbia d’Amiens» è il Portico Occidentale. Il portico d’Amiens non è soltanto ...
15/12/2023

Quello che Ruskin chiama propriamente la «Bibbia d’Amiens» è il Portico Occidentale. Il portico d’Amiens non è soltanto un libro di pietra nel senso vago in cui l’avrebbe inteso Victor Hugo: è «La Bibbia» di pietra. Senza dubbio, prima di saperlo, quando vedete per la prima volta la facciata occidentale d’Amiens azzurra nella nebbia, splendente al mattino, e intensamente dorata nel pomeriggio per il sole assorbito, rosata e già fresca e notturna al tramonto, o non importa in quale di queste ore le sue campane suonino nel cielo, allora liberandola dai colori mutevoli, con i quali la natura la fascia, voi sentite davanti a questa facciata un’impressione confusa ma profonda. Vedendo levarsi verso il cielo questo monumentale formicolìo, dentellato di personaggi di proporzioni umane nella loro statura di pietra, che tengono nella mano la croce o il filatterio o lo scettro, questo mondo di santi, queste generazioni di profeti, queste processioni di apostoli, questo popolo di re, questa sfilata di pescatori, quest’assemblea di giudici, questo stormo di angeli, gli uni di fianco agli altri, gli uni al di sopra degli altri, diritti presso la porta, mentre guardano la città dall’alto delle nicchie, dalle estremità delle gallerie, più in alto ancora, così da non ricevere più che vaghi e meravigliati gli sguardi degli uomini ai piedi della torre, nel suono delle campane, senza dubbio, al calore della vostra commozione, voi sentite che questa gigantesca, immobile ed appassionata ascensione è realmente una grande cosa. Ma una cattedrale non è soltanto una bellezza da sentire. Se pure non è più per voi un insegnamento da seguire è tuttavia un libro da comprendere. Il portale di una cattedrale gotica, e specialmente quello di Amiens, la cattedrale gotica per eccellenza, è la Bibbia. (Dallo scritto di Marcel Proust)

«È difficile resistere alla tentazione di affermare che Giotto fu il più grande artista che sia mai vissuto, frase quest...
14/12/2023

«È difficile resistere alla tentazione di affermare che Giotto fu il più grande artista che sia mai vissuto, frase questa usata a proposito di troppi maestri per conservare il suo pieno significato enfatico. Ma egli rappresenta, perlomeno, il più prodigioso fenomeno in tutta la storia dell’arte a noi nota. L’aver creato quasi dal nulla, il crudo realismo di Cimabue temperato dall’esausta compiutezza dei bizantini, un’arte in grado di esprimere tutta la gamma delle emozioni umane; l’aver trovato quasi senza guida il modo di trattare il materiale grezzo della vita stessa in uno stile così diretto, così duttile all’idea, e al tempo stesso così essenzialmente grandioso ed eroico; l’aver colto intuitivamente quasi tutti i princìpi rappresentativi, per stabilire i quali, scientificamente, occorsero due secoli di continue ricerche; l’aver compiuto tutto questo è, senza dubbio, una prova meravigliosa, superiore a quella che un qualsiasi altro artista abbia mai dato».

«Il titolo del libro allude, naturalmente, al popolare aneddoto illustrato anche su certe scatole di matite colorate che...
13/12/2023

«Il titolo del libro allude, naturalmente, al popolare aneddoto illustrato anche su certe scatole di matite colorate che accompagnano tanti ricordi della nostra infanzia. La popolarità di questo aneddoto è dovuta al fatto che lo racconta il Vasari: un fatto che è anche la causa della sua mancata considerazione da parte della critica. Ma il Vasari non fa che parafrasare un succinto passo del secondo Commentario del Ghiberti: “Nacque uno fanciullo di mirabile ingegno il quale si ritraeva del naturale una pecora; in su passando Cimabue pictore per la strada a Bologna vide el fanciullo sedente in terra et disegnava in su una lastra una pecora Cimabue menò seco Giotto e fu discepolo di Cimabue”. Ora, un aneddoto raccontato dal Ghiberti non può essere liquidato come uno dei tanti aneddoti raccontati dal Vasari, per il quale essi avevano la funzione di artifici retorici utili a dare compiutezza al racconto storico, secondo una concezione della storia che egli condivideva con i contemporanei. Lo scritto del Ghiberti appartiene a un genere letterario diverso e non ha le preoccupazioni del Vasari. Del secondo Commentario, le cui notizie che si possono controllare risultano sostanzialmente attendibili, va preso sul serio tutto e io credo che anche il raccontino della pecora di Giotto, al di là del suo significato letterale, alluda almeno a due aspetti reali. Uno è il rapporto da maestro ad allievo tra Cimabue e Giotto: rapporto che è venuto in luce con molta chiarezza lungo il cammino a ritroso condotto in questa ricerca, partendo dalla enucleazione di quei dati arcaici che costituiscono l’elemento diversificatore più profondo degli affreschi di Assisi da quelli di Padova, ma che giustificano anche questa diversità in ragione di un prima e di un dopo, nella prospettiva naturale dello sviluppo di una grande personalità artistica, al di là del confronto meramente sincronico operato dai “separatisti”. Ma l’aneddoto raccontato dal Ghiberti vuole anche alludere alla portata innovatrice della pittura di Giotto di rivalutazione degli aspetti reali e mondani del visibile, con un totale ribaltamento del significato del cosiddetto “realismo” medievale. È l’aspetto per cui i contemporanei – tra i quali si incontrano personaggi del calibro di un Petrarca e di un Boccaccio – ammiravano incondizionatamente Giotto».

«Dai suoi scritti, vediamo come il temperamento dolce e tranquillo del nostro Leonardo fosse incline ad accogliere in sé...
12/12/2023

«Dai suoi scritti, vediamo come il temperamento dolce e tranquillo del nostro Leonardo fosse incline ad accogliere in sé le manifestazioni più diverse e più turbolente. La sua dottrina insiste dapprima su forme generalmente belle, ma poi al contempo anche sulla precisa attenzione a ogni anomalia, fino all’orribile.
Si consideri l’Ultima Cena, dove Leonardo ha raffigurato tredici personaggi, dall’adolescente al vegliardo: uno pacatamente rassegnato, uno spaventato, undici eccitati e turbati dal pensiero di un tradimento in seno alla famiglia. Qui si osserva l’atteggiamento più mite e più composto fino alla esternazione delle più violente passioni. Se tutto questo doveva essere preso dalla natura, quale fu l’attenzione alle occasioni, quale il tempo richiesto per scovare tanti particolari e rielaborarli nell’insieme! Perciò non è affatto inverosimile che Leonardo abbia atteso all’opera per sedici anni, senza giungere a conclusione né col traditore né col Dio fatto uomo, e proprio perché entrambi sono soltanto concetti, che non si vedono con gli occhi».

«Ogni maestro di pittura crea un’atmosfera particolare nei suoi quadri: l’atmosfera di Beato Angelico, quella di Bottice...
11/12/2023

«Ogni maestro di pittura crea un’atmosfera particolare nei suoi quadri: l’atmosfera di Beato Angelico, quella di Botticelli, quella di Tiziano, quella del Greco, di Velázquez, di Goya, di Solana.
Non è una forma letteraria che va ad aggiungersi alla pittura, bensì qualcosa che scaturisce dalla superstizione dei colori, da quella tecnica che non s’impara nelle accademie e che dà luogo all’atmosfera come fosse una conseguenza spontanea.
L’atmosfera del Greco odora d’umidità, di locali chiusi, di suffumigi in stanze da letto con moribondi, di pazzia collettiva delle rinunce, di morte d’amore, di malefici pupazzi di cera, di focolari pestilenti di crudeltà, di aspro timor di Dio, un timor di Dio grande come un delitto, tremendo come lo stare anni e anni in attesa dell’esecuzione senza che il boia si decida a giungere.
Quasi tutte le visioni sono intraviste dal purgatorio, quel gran purgatorio che era l’epoca sua, e questa è la ragione di quel giallo splendore che emerge dal fondo dei suoi quadri.
El Greco vide il Signore, continua a guardarlo».

«Si rese conto Suger che chiamando, come egli fece, artisti “da tutte le parti del regno” veniva a inaugurare nell’Île d...
10/12/2023

«Si rese conto Suger che chiamando, come egli fece, artisti “da tutte le parti del regno” veniva a inaugurare nell’Île de France, fino allora rimasta relativamente chiusa, quella grande sintesi selettiva di tutti gli stili regionali della Francia che noi chiamiamo gotico? Ebbe il sospetto che il rosone nella facciata occidentale di Saint-Denis (per quel che ne sappiamo, la prima apparizione di tale motivo in questo punto dell’edificio) era una delle grandi innovazioni della storia architettonica, destinata a stimolare l’inventività di innumerevoli maestri giù giù fino a Bernard de Soissons e Hugues Libergier? Sapeva, o sentiva, che il suo istintivo entusiasmo per la metafisica della luce dello Pseudo-Areopagita e di Giovanni Scoto lo portava nell’ambito di un movimento intellettuale che doveva sboccare da un lato nelle teorie protoscientifiche di Roberto Grossatesta e Ruggero Bacone e dall’altro in quella sorta di platonismo cristiano che va da Guglielmo d’Alvernia, Enrico di Gand, Ulrico di Strasburgo fino a Marsilio Ficino e Pico della Mirandola?».

«Da un punto di vista iconografico le Nozze di Cana è il dipinto più enigmatico tra quanti vennero creati da Bosch secon...
09/12/2023

«Da un punto di vista iconografico le Nozze di Cana è il dipinto più enigmatico tra quanti vennero creati da Bosch secondo un tema biblico ben definito. Se il punto di vista di Bosch, che si discosta così singolarmente dal testo evangelico, è da considerare eretico nel senso in cui il concetto di eresia sia inteso soltanto come una opinione particolare in contrasto con il comune modo di pensare, allora ogni tentativo di interpretare il quadro secondo l’iconografia tradizionale si arena in soluzioni insoddisfacenti, in connessioni lacunose e in contraddizioni insolubili. Al contrario, la lettura in chiave ereticale rende possibile una concatenazione di significati per molti versi convincente».
Partendo da questa rivoluzionaria proposta interpretativa di un pittore a cui dedicò decenni di studio e alcuni saggi ormai celebri, Wilhelm Fraenger ci offre con questo testo un alto esempio di rigore esegetico e di sapienza pedagogica. Introducendoci progressivamente alla lettura dei contenuti biografici, gnostici e storici di un capolavoro dell’arte, e sempre abbracciando nella sua analisi l’intera opera di Bosch, Fraenger ci fa da guida nella riscoperta e nella comprensione di questo mirabile pittore.

«In Giovanni Bellini la resa delle emozioni non è quella di un drammaturgo in grado di dar corpo con l’immaginazione all...
08/12/2023

«In Giovanni Bellini la resa delle emozioni non è quella di un drammaturgo in grado di dar corpo con l’immaginazione all’intero spettro delle passioni umane; né, d’altra parte, egli manifesta alcun interesse per l’evento. Ciascuno dei suoi dipinti rende un singolo stato emozionale; e nelle prime opere si tratta quasi sempre di sentimenti di pietà e di amore. In tutte le versioni della Madonna con il Bambino la sfumatura e la varietà del sentimento sono perfettamente chiare e quasi sempre distinte; inoltre, la ricchezza della capacità inventiva di Bellini è dimostrata dalla perfetta armonia tra il sentimento particolare manifestato dalla madre, e la posa e l’espressione del bambino.
Nelle prime opere il pathos è l’emozione dominante; e anche negli ultimi dipinti, nonostante l’amabile serenità, fluisce nel profondo una vena dello stesso sentimento. Ma il pathos delle figure non è mai melenso o sentimentale; è piuttosto, per come Bellini lo sente, l’approdo inevitabile della loro condizione di esseri uma­ni; e se ci sono parole in grado di definire quello che Giovanni Bellini più intimamente di ogni altro artista ha saputo esprimere, sono le seguenti, di Virgilio: “Sunt lachrymae rerum et mentem mortalia tangunt”».

«L’acqua della folla è indispensabile alla facciata di San Marco quanto l’acqua dei canali a quelle dei palazzi. Mentre ...
07/12/2023

«L’acqua della folla è indispensabile alla facciata di San Marco quanto l’acqua dei canali a quelle dei palazzi. Mentre tanti altri monumenti antichi sono così profondamente snaturati dal turista che, quando vi si avventa, sembrano esser profanati, e perfino da noi stessi, certo, se non li accostiamo con lo spirito di uno studio rigoroso, la basilica, al contrario, con la città che la circonda, non ha nulla da temere da questa fauna, e dalla nostra stessa frivolezza; lei, la basilica, è nata, è sorta sotto il costante sguardo del visitatore, i suoi artisti hanno lavorato in mezzo alle conversazioni di marinai e mercanti. Dall’inizio del XIII secolo, questa facciata è una vetrina, una mostra di antichità. I negozi sotto le arcate sono il suo prolungamento.
Questo non è di impedimento al segreto. Persino i negozi hanno un retro, dei ripostigli. La piazza fa già parte della basilica. Sapienti passaggi condurranno coloro che lo vorranno fino al suo cuore».

«La filosofia che non ha umiliato la vita ha umiliato se stessa, ha umiliato la verità. Come ridurre la distanza, come f...
06/12/2023

«La filosofia che non ha umiliato la vita ha umiliato se stessa, ha umiliato la verità. Come ridurre la distanza, come fare in modo che vita e verità s’intendano, la vita lasciando lo spazio per la verità e la verità entrando nella vita, trasformandola fin dove è necessario senza umiliarla? Quello strano genere letterario chiamato confessione si è sforzato di mostrare quel cammino attraverso cui la vita s’avvicina alla verità “uscendo da sé senza essere notata”. Il genere letterario che ai nostri giorni ha osato riempire il vuoto, l’abisso terribile, già aperto, dell’inimicizia tra la ragione e la vita. La confessione sarebbe in tal senso un genere di crisi non necessario quando la vita e la verità si sono accordate. Ma non appena sorge la distanza, la minima divergenza, esso si rende nuovamente necessario. Per questo sant’Agostino inaugurò il genere con tanto splendore; perché è l’uomo “vecchio”, abbandonato e offeso, così come può esserlo l’uomo moderno, che alla fine fa amicizia con la verità».

«All’epoca del “Diario” il Pontormo ha passato la sessantina e sta affrescando il coro in San Lorenzo a Firenze, andato ...
05/12/2023

«All’epoca del “Diario” il Pontormo ha passato la sessantina e sta affrescando il coro in San Lorenzo a Firenze, andato distrutto attorno al 1738. È la fatica suprema della sua vita; stanco e mezzo infermo la porta innanzi da solo. I giorni in cui può lavorare registra nel diario d’aver compiuto questa o quella parte d’una o d’altra figura, e a maggior chiarezza ne schizza qualche tratto.
Nel “Diario” Pontormo annota anche i cambiamenti del tempo in rapporto ai propri malanni, che descrive con cinico compiacimento verbale, e vi stila inoltre i bollettini ossessivi e meticolosi di ciò di cui in quel determinato giorno si è nutrito (quando non è costretto a digiunare).
Nella sua segregazione popolata di gigantesche forme in disfacimento, agitata di gesti che paiono brancolamenti sovrumani, i suoi amici vanno a cercarlo, quasi con uno sgomento di saperlo là solo, con un senso di ca**tà ma importuna ed inutile: come se lo volessero riportare indietro, dove egli non ha più ragione di stare, dove rifiuta di stare».

Dell'opera vastissima di Roberto Longhi, «Piero della Francesca» – pubblicato nel 1927, tradotto lo stesso anno in franc...
04/12/2023

Dell'opera vastissima di Roberto Longhi, «Piero della Francesca» – pubblicato nel 1927, tradotto lo stesso anno in francese e nel 1931 in inglese – è il primo testo apparso in forma di volume, e fu oggetto di un’accoglienza straordinaria, sia per le tesi rivoluzionarie in esso contenute, che modificarono profondamente la ricezione e le attribuzioni del grande artista fiorentino, sia per il suo magistrale stile letterario. È corredato da un vasto apparato iconografico e da ricchissimi sussidi biografici, storico-critici, bibliografici.
È riproposto in questa nostra edizione nella sua forma definitiva, con l’aggiunta di Piero in Arezzo, scritto nel 1950 e pubblicato su «Paragone» nel novembre dello stesso anno, testo in cui Longhi riespone le proprie teorie con l’intento di renderle più comprensibile e augurandosi che vi si possa ritrovare «più chiarezza e semplicità che nella vecchia analisi del 1927, un po’ troppo come io stesso lo definii, “collet monté”».

Nei nove saggi raccolti in questo volume Ananda Kentish Coomaraswamy formula le sue idee su temi e argomenti che spazian...
03/12/2023

Nei nove saggi raccolti in questo volume Ananda Kentish Coomaraswamy formula le sue idee su temi e argomenti che spaziano dalla filosofia alla sociologia, dal folclore alla concezione indiana del ritratto ideale, ribadendo che quelle che espone non sono opinioni «personali» ma le «logiche deduzioni di una vita intera spesa a maneggiare opere d’arte» e a interpretare significati trasparenti solo a una mente temprata sull’esemplarismo delle Scritture, le uniche «autorità» in grado di guidare l’uomo a cogliere il significato simbolico delle forme e dei suoni espressi con l’arte.
Per lo scultore di pietre dell’Europa medioevale, per il pittore di icone della Russia contadina, per il paesaggista giapponese seguace dello Zen, o per il miniatore persiano collegato a una confraternita sufi, il «capolavoro» non è la vistosa espressione di un parto creativo, ma l’esito finale di una lunga disciplina spirituale, che l’apprendista sottopone al vaglio dei maestri iniziati, e solo qualora la prova venga superata egli avrà diritto a esercitare in proprio la sua arte con la qualifica di «maestro». Inoltre il «genio», nella accezione greca del termine, non è un individuo dalla personalità eccezionale, ma quel nume che lo invade, risvegliandolo nell’azione alla contemplazione e mutando l’opera in preghiera.
Perciò alle due domande dell’uomo comune: «A che cosa serve?» e «Di che tratta l’arte?», Coomaraswamy risponde: «Nella misura in cui fu un modo di vita, essa tratta di Dio, ma nella misura in cui è diventata una superstizione inutile, il suo effimero e tragico soggetto è l’animale-uomo».

«Se mai vi fu artista ad uscire già armato e deciso dal cervello della pittura, questi fu Masaccio. Per tanto una preist...
02/12/2023

«Se mai vi fu artista ad uscire già armato e deciso dal cervello della pittura, questi fu Masaccio. Per tanto una preistoria pittorica masaccesca non ha senso, ed è tempo di dire che, infatti, non ha senso addebitare a Masaccio il disgraziato affresco di Montemarciano. Ma hanno sen­so invece, e quanto, i precedenti mentali dello spazio brunelleschiano e di una certa vitale crescenza donatellesca. “Ancora che l’arte fusse diversa”, soggiungerebbe subito il Vasari; proprio perché era la stessa, si può oggi pianamente rettificare.
Dal primo all’ultimo tempo degli affreschi del Carmine lo spirito di Masaccio cresce insomma e matura tremendamente solo sopra sé stesso, “senza armature”, come soltanto cresceva lì accanto la cupola del Brunelleschi; sia pure col più grande stupore dei babelici operai del Duomo di Firenze, e degli operai poco meno babelici della storia dell’arte».

In «Architettura gotica e filosofia scolastica», Erwin Panofsky stabilisce in modo chiaro dove, quando e perché va posta...
01/12/2023

In «Architettura gotica e filosofia scolastica», Erwin Panofsky stabilisce in modo chiaro dove, quando e perché va posta la frattura tra l’architettura romanica e quella gotica: in Francia, la cattedrale di Saint-Denis; al tempo dell’abate Suger (1137-1151); per il nuovo modo di pensare elaborato dai filosofi scolastici (Pietro Abelardo, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino) e applicato da alcuni architetti gotici. A tali conclusioni l’autore giunge attraverso una vasta esperienza culturale: nel suo pensiero confluiscono non solo motivi derivati dalla tradizione degli storici dell’arte tedeschi, austriaci e francesi, ma anche la speculazione estetico-filosofica occidentale espressa nell’Ottocento e all’inizio del secolo successivo, nonché alcuni risultati raggiunti dai movimenti d’avanguardia nel campo delle arti visive e dell’architettura.

Sulla pagina di Electa editore venite a scoprire le nostre novità di prossima uscita ⤵️
28/11/2023

Sulla pagina di Electa editore venite a scoprire le nostre novità di prossima uscita ⤵️

📚 novità per

«Ho appreso quanto so sull’architettura dalle radici, dai viaggi per tutto il mondo e dall’incessante sperimentazione ed esperienza nello studio della natura. E in ogni esperimento nato da questa sensibilità, e sempre basato su esperimenti preliminari, mai ho avuto il coraggio di mentire».

Con queste parole (1867-1959), l’architetto forse più grande della modernità – certamente il più visionario, il più utopico, il più radicale, il più appassionato –, conclude il suo Testamento, dopo aver ripercorso la sua vita e la sua lotta per affermare i princìpi in cui crede.

📲 In libreria dal 31 ottobre 2023.

🟢 Per un approfondimento consigliamo, dello stesso Wright, "Architettura organica. L'architettura della democrazia".

13/11/2023
Francisco GoyaLettere a Martín Zapater (1777-1799)traduzione di Paolo ScarlataLa grandezza di Goya come artista, la vert...
03/10/2023

Francisco Goya
Lettere a Martín Zapater (1777-1799)
traduzione di Paolo Scarlata

La grandezza di Goya come artista, la vertiginosa profondità del suo mondo spirituale, e – soprattutto nel suo ultimo periodo – la potenza visionaria e la tragicità che gli furono proprie e che lo rendono uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, conferiscono un’importanza decisiva a ogni testimonianza, diretta o indiretta, su di lui. Ma non si cerchino in questa preziosissima corrispondenza con il suo amico di un’intera vita, il commerciante di Saragozza Martín Zapater, rivelazioni sui segreti, sulle motivazioni profonde della sua mirabile arte, sulla soprannaturale ricchezza del suo mondo interiore. Su tutto questo Goya tace. Quello che mostra è invece la normalità della sua esistenza: la famiglia, i lutti per i tanti figli morti ancora fanciulli, l’amore per la caccia, i suoi amati cani, le gioie, le passioni, le preoccupazioni economiche, le debolezze. Era dunque un uomo come noi? Come ha potuto raggiungere tali altezze, come ha potuto compiere un’opera che ci sembra soprannaturale, che ci sconvolge, che ci trascende e che resterà per sempre?

William MorrisLe arti decorativetraduzione di Caterina MediciWilliam Morris (1834-1896) fu tra i principali fondatori di...
03/10/2023

William Morris
Le arti decorative
traduzione di Caterina Medici

William Morris (1834-1896) fu tra i principali fondatori di Arts and Crafts, movimento artistico per la riforma delle arti applicate, ed è considerato antesignano dei moderni designer: lo studio da lui creato – in collaborazione, tra gli altri, con Edward Burne-Jones, Dante Gabriel Rossetti, la figlia May – ha rivoluzionato gli interni tardo-vittoriani e ha contribuito a trasformare il nostro stesso modo di concepire gli oggetti destinati all’uso quotidiano.
Morris ebbe una vita dagli interessi vastissimi: fu socialista militante, scrittore prolifico, pioniere dell’ambientalismo, imprenditore, ma soprattutto designer magistrale. Le due conferenze qui raccolte (“The Decorative Arts”, tenuta nel 1877, e “The Aims of Art”, del 1881) costituiscono un’appassionata sintesi del suo pensiero: «L’arte applicata è un’arte per tutti,» scrive «è il mezzo per liberare la società dalle catene del materialismo e dell’utilitarismo. Essa crea una coscienza di libertà, dà agli uomini gioia nel lavoro e nella vita. Non voglio l’arte per pochi, come non voglio l’educazione per pochi, o la liberà per pochi».

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