26/10/2023
"L’anno Culturale Dimitrie Cantemir"
350 anni fa, il 26 ottobre 1673, nasceva Dimitrie Cantemir, letterato, filosofo, storico, compositore, musicologo, linguista, etnografo e geografo moldavo. È uno dei più importanti rappresentanti della storia e della cultura romena. "Il nostro Lorenzo dei Medici", G. Călinescu
"Tra reale e ideale: Dimitrie Cantemir, sul ruolo dei romeni in Europa", di Ioan Aurel Pop, Presidente, Academia Română
Dimitrie Cantemir (1673-1723), letterato, filosofo, storico, compositore, musicologo, linguista, etnografo e geografo moldavo. È uno dei più importanti rappresentanti della storia e della cultura romena
(...) Le idee di Cantemir sullo statuto, sul ruolo e sul posto del suo popolo nei confronti degli altri popoli vengono illustrate meglio nelle opere Descriptio Moldaviae (1716) e Hronicul vechimei a romano-moldo-vlahilor (1716-1722) con varianti in latino e in romeno – ma anche nelle opere di storia universale e di filosofia della storia (Monarchiarum phisica examinatio e Incrementorum et decrementorum Aulae Othomannicae sive Aliothmannicae Historiae).
La sua visione s’inserisce nella corrente pre-illuminista, annunciando l’enfasi sulla cultura, sulla scuola, sull’insegnamento e l’erudizione, sulla conoscenza di luoghi esotici, della lingua e della storia, sulla guida autoritaria del principe illuminato, sui diritti storici dei popoli, i quali venivano considerati soggetti collettivi della storia ecc. Originariamente, scrisse sul suo popolo in latino, su richiesta degli stranieri: “Spinti e invitati da alcuni amici stranieri, soprattutto dopo la nostra collaborazione presso l’Accademia delle Scienze di Berlino, non solo una volta o due volte, ma più volte siamo stati incoraggiati e pregati di far conoscere a loro – anche brevemente – l’inizio, l’origine etnica e da quando esistono i moldavi”.
Pertanto, ha dovuto rispondere ad alcune domande che gli stranieri della fine dei secoli XVII e XVIII avrebbero potuto farsi, come ad esempio quelle relative all’identità dei romeni e dei loro paesi. Alla domanda “chi sono i romeni?” risponde senza esitazione dicendo che sono discendenti dei romani, mentre a quella che riguarda l’origine dei paesi risponde dicendo che “sono stati formati molto tempo fa, sul territorio della vecchia Dacia”.
Secondo lui, il Paese dei Romeni era unico e indivisibile, sin dai tempi più antichi, immemorabili, come risulta dal primo dei tre “libri” del Hronic, intitolato “Prolegomeni”, “libro” nel quale fa una presentazione storico-geografica dell’intero Paese dei Romeni (diviso ulteriormente in Moldavia, Valacchia e Transilvania) dalle origini traiane. Per Cantemir i Paesi romeni si chiamano “Daco-Romania”, cioè la Romania nata sul territorio dell’antica Dacia, dai coloni romani chiamati anche romeni. Quindi i romeni non erano altro per Cantemir se non i romani che vivevano da circa 1600 anni nella nuova Romania, costruita sul territorio della Dacia.
“La Dacia, a partire dall’imperatore Traiano, fu popolata con vecchi cittadini e servi romani e, per questo, gli stessi romani sono gli antenati dei romeni che vivono tuttora nelle parti della Dacia, cioè moldavi, valacchi, romeni del Maramureș, romeni che vivono oltre il Danubio e Cuzzo-valacchi del Paese dei Greci, perché tutti questi popoli discendono dagli stessi romani di Traiano, non solo la lingua e il modo di parlare…”. “Quindi, tutti questi, ricordati sopra da noi ma anche in tutto il mondo con nome eterno, i famosi romani… sono i nostri antenati, dei moldavi, dei valacchi, dei transilvani, come lo dice anche il nome (ci chiamiamo romeni) e la lingua ereditata dai genitori (la quale deriva dal romeno o dal latino) è la prova che non si può confutare”.
La lingua dei romeni è puramente romana e non è mai stata “contaminata” dall’effettiva interferenza con quella dei “barbari”. Cantemir invoca gli scrittori che considerano la lingua moldava come “un latino mutilato” e coloro che pensano che le sue origini siano nella lingua italiana. Fa notare le argomentazioni di entrambe le parti, concentrandosi sul primo parere (“il latino sarebbe la madre giusta e vera della lingua moldava”): 1) le colonie romane sono state portate in Dacia prima che la lingua dei romani venisse modificata in Italia; 2) “I moldavi non si sono mai chiamati italiani – nome dato successivamente ai romani vissuti in diverse regioni – ma hanno mantenuto sempre il nome di romani, come gli abitanti dell’Italia nei tempi in cui Roma era la città più importante del mondo”. Gli ungheresi e i polacchi chiamano i romeni e i moldavi valacchi; 3) Esistono tante parole latine nella lingua moldava, che non esistono in italiano. Il dialetto moldavo ha delle parole provenienti dal greco, turco, polacco, ungherese, tartaro, italiano (per via dei genovesi del Mar Nero) e persino dal daco (dagli schiavi Daci, dalle donne diventate mogli dei Romani). “I valacchi e i transilvani hanno la stessa lingua dei moldavi” e si definiscono tutti romeni, dagli antichi romani.
Nicolae Iorga distingue un’evoluzione della concezione di Dimitrie Cantemir, dalla Descrizione della Moldavia a Hronic. Mentre si documentava per scrivere le due opere, le idee dell’autore si sono chiarite, cristallizzate e persino modificate. Nella Descrizione, l’autore, difendendo l’origine puramente romana dei romeni, scrive che i romani colonizzati nella nuova Romania (Dacia) hanno potuto prendersi anche donne dacie. Altre idee espresse qui: i romeni si sono ritirati a Maramureș spinti dalle popolazioni migratorie, mentre la Moldavia è rimasta temporaneamente spopolata; era vera la caccia del bisonte, da cui proveniva anche lo stemma del paese; la città Roman fu fondata dai romeni; i romeni sono un popolo pigro, instabile, viziato, coraggioso all’inizio della lotta ma briccone alla fine; solo la bontà di Dio ci ha tenuti insieme come popolo; i turchi non hanno dato ai nostri capi il diritto alla guerra o alla pace, né di inviare messaggeri ai popoli stranieri; il commercio basato sull’oro, praticato dai turchi, era una cosa intelligente, simile a quella praticata dai mercanti di Venezia; la nostra classe contadina era costituita da “vicini” di origine straniera ecc.
Nell’opera Hronic, molte di queste idee cambiano e non si accetta più nulla che possa essere considerato umiliante. La storia dei romeni diventa dignitosa e pura, quasi immacolata. I vecchi abitanti furono chiamati ora Geti, ora Daci, ma sotto il dominio dei Romani fu scelto il nome di Daci. “Dopo che questo popolo p***e il re Decebalo, sconfitto dal coraggioso Nerva Traiano, e fu parzialmente distrutto e parzialmente sparso qua e là, l’intero paese in cui viveva fu trasformato in provincia romana, la terra essendo divisa tra i cittadini romani...”. Poi, dopo il ritiro della dominazione romana, “i coloni fuggirono sulle montagne per cercarsi un rifugio di fronte alla crudeltà” dei barbari (Goti, Unni, Avari). Per Cantemir, i romeni sono ora puri romani, non mescolati con i Daci o con altri “barbari”.
Essendo dei veri romani, originari dalle famiglie patrizie, la storia dei romeni non inizia soltanto nel 106, ma già nell’era della repubblica e della monarchia romana e, ancora di più, dai miti greci di Enea e T***a (i Romani essendo discendenti degli “elleni di T***a”). Così, i romeni, come altri europei, erano per lui figli di Roma e nipoti dell’antica Grecia. Combatte con veemenza tutti coloro che non accettavano la pura origine romana, o che parlavano dei ladri di Roma portati in Dacia ecc. e li presenta come denigratori, bugiardi, autori di fiabe. Cantemir sviluppa anche l’idea della persistenza di questi romani e romeni sulla terra degli antichi Daci (“vita ininterrotta”). I romeni non hanno mai lasciato il loro territorio nazionale, poiché il potere dei Romani non è mai stato completamente e definitivamente ritirato. I romeni hanno avuto una storia statale permanente e forte e la civiltà latina è sopravvissuta qui in forme politiche solide. I romeni rimasero quindi l’icona più pura di Roma, “gli organi più interni e più virtuosi dell’Impero Romano”, i più simili ai genitori di tutti i figli dei Romani, il popolo più antico e più nobile d’Europa! (…)
Testo tratto dal volume "L’identità romena", di Ioan Aurel Pop,
edizioni Rediviva, 2019