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LA FOTOGRAFIA DI REPORTAGE, IL RACCONTO DI UN’ EPOCAPer chiunque non sia un nativo digitale,  l’immagine del fotografo è...
21/09/2022

LA FOTOGRAFIA DI REPORTAGE, IL RACCONTO DI UN’ EPOCA

Per chiunque non sia un nativo digitale, l’immagine del fotografo è stata rappresentata per decenni dalla figura del fotoreporter.

Questo genere fotografico ha affascinato intere generazioni, contribuendo alla diffusione della fotografia come fenomeno di costume.

Bastava una leggera attrezzatura fotografica, relativamente poco costosa, per esplorare luoghi lontani ed inesplorati, o catturare un istante di felicità del proprio bambino nel giardino vicino casa.

Nella frazione di secondo in cui il reporter spinge il pulsante dello scatto, lo specchietto della reflex si alza, quello dello scatto è l’unico istante che il fotografo non può vedere:

In quel preciso istante, si crea la magia di un’immagine unica ed irripetibile, questa magia era alla portata di tutti.

Il reporter portava alla luce storie sempre nuove e diverse, contribuiva alla conoscenza di un mondo che diventava sempre più piccolo.

Guerre, luoghi inaccessibili, etnie sconosciute o ritratti intensi, raccontavano storie mai viste. Dal 1930 in poi grandi fotografi rappresentavano la realtà di ciò che vedevano attraverso il loro sguardo.

Diventavano famosi come lo erano stati pittori e scultori, fotografi come Robert Capa, Henry Cartier-Bresson e Robert Doisenau e molti altri. Nascevano i generi fotografici, la composizione delle immagini, diventava molto più rigorosa e la fotografia si contaminava con varie altre arti. La fotografia era matura per una una diffusione mondiale, i tempi erano pronti per la nascita del reportage.



La fotografia moderna nasceva grazie alla facilità di trasporto della macchine fotografiche di piccolo formato, che sfruttavano la pellicola 35mm, nata per il cinema, permettendo a piccole macchina fotografiche come la Leica o alle reflex giapponesi di essere trasportate con facilità.

I fotografi grazie alla mobilità, che questo nuovo formato permetteva, uscivano dagli studi per raccontare il mondo. Il nuovo modo di concepire la fotografia, ne permise la sua veloce diffusione. Non ci volevano più studi fotografici attrezzati, ì il mondo era diventato un gigantesco set. La capacità di vedere e di trasformare attimi in immagini uniche, permise alla fotografia di diventare un linguaggio universale.

I fotografi dopo essersi sostituiti ai pittori ed aver fatto diventare la fotografia arte, assumevano una nuova funzione sociale. Non ritraevano più un’idea di realtà, come era avvenuto dalla nascita della fotografia, ma rappresentavano il mondo come gli scrittori. La società cambiava velocemente, e la fotografia era l’arte più adatta a rappresentare il nuovo corso della seconda metà del novecento.

Un aspetto fondamentale di questo cambiamento e dato dalla facilità di diffusione della fotografia grazie alla sua facile riproducibilità.

Bisognava organizzarsi per permettere una distribuzione migliore della fotografia, nascevano le prime agenzie come MagnumPhoto.

Per 50 anni a cavallo di due guerre “Un’ immagine valeva più di mille parole “

Le riviste mensili e settimanali, finanziavano grazie alla larga diffusione delle loro tirature campagne nei luoghi meno esplorati del mondo.

La società occidentale, uscita dalla grande guerra era desiderosa di guardare al di la dei proprio confini, culturali etici e di costume, un nuovo sguardo critico nasceva e la fotografia di reportage era pronta rappresentarlo.

Questo periodo della nostra storia è durata circa 50 anni , dal 1945 al 1995, ed è stata l’epoca d’oro della fotografia.

In questi 50 anni il reportage, ha esercitato il massimo impatto sulla società nella storia della fotografia.

Durante questo mezzo secolo, a cavallo di due guerre, la società ha subito numerose evoluzioni. Ogni generazione abbatteva i tabù che avevano resistito ai decenni precedenti. Questo enorme e veloce numero di cambiamenti utilizzava sempre di più la fotografia, come salvifico strumento di liberazione.

Sono consapevole che non si può certo esaurire un secolo di storia della fotografia in poche righe, ma cercherò di proporre un modo diverso di guardare alla fotografia, non guardando alle opere dei singoli autori, ma proponendo un percorso strettamente connesso ai cambiamenti della società.

Possiamo sintetizzare questi 50 anni di storia in tre grandi blocchi temporali, il dopoguerra aveva risvegliato uno spirito critico ed un desiderio di rinascita. Dopo la ricostruzione è seguito da un periodo di gradi tensioni sociali e da scontri politici, un periodo dominato dall’ Ideologia. Ideologie di sinistra e destra in forte contrapposizione generarono la guerre fredda, e terminarono in Italia con gli anni di piombo. L’ultimo periodo caratterizzato dall’espansione del Capitalismo, spinge in avanti l’occidente, in un’ invasione non militare ma culturale su scala globale, questo periodo parte negli anni ottanta e termina nel 1995 con una piccola guerra dimenticata dal mondo.

L’ epoca della rinascita

Caratterizzata dall’impulso di riscatto che seguiva la fine della seconda guerra mondiale, tra il 45 ed i primi anni 60, la società guardava al futuro. La nuova generazione di giovani metta in discussione i paradigmi fin ora accettati. Una nuova era di ricostruzione, squarciava le vecchie regole fin ora radicate nella cultura occidentale e nuove immagini di grande potenza visiva prendevano il posto alle vecchie rassicuranti idee. Nasce il reportage moderno, non più rappresentazione della realtà, ma costruzione di immagini cariche di un valore etico e simbolico, realizzate per raccontare una nuova visione del mondo. Così i fotografi iniziavano a raccontare storie che mettevano in discussione le vecchie regole sociali, contribuendo ad abbattere i vecchi pregiudizi di razza e di genere. Proponendo un possibile cambiamento, con immagini che diventeranno iconiche come quelle di condanne per il razzismo scattata da Elliot Erwitt o quella che mostrava il maschilismo nella famosa foto di Mario De Biasi.

L’epoca delle ideologie

Le ideologie di conservatore e progressisti si contrappongono in maniera sempre più radicale e creavano barricate. Le contrapposizioni si sarebbero manifestate in forma di lotta nei movimento del 1968. Queste posizioni non erano solo politiche tra modi di concepire il mondo di setra o di sinistra, ma attraversavano tutti gli stati della società.

Per la prima volta immagini molto violente gridano contro le atrocità delle guerre. Icone di questo tempo sono le foto di Nick Ut. Il terrore del na**lm nella guerra del Vietnam o l’evasione di Praga testimoniata da Joseph Kudelka. I fotografi in prima linea raccontano un mondo che vogliono combattere, prendono posizioni nette esprimendo anche una propria visione politica del mondo.

L’epoca economica

Gli anni ottanta sono dominati dal fenomeno dell’edonismo. La fotografia di moda esplode nella sua potenza e l’economia galoppa spingendo il valore dell’estetica a rivaleggiare con quello morale. I margini tra i generi si sfumano, ed i fotografi di moda scattano finte foto di reportage come nel caso di Oliviero Toscani per le campagne di Benetton, mentre i fotografi di reportage come Steve McCurry conquistano la copertina del national geografic con la foto di una bellissima bambina afgana trovata in un campo profughi.

Nonostante l’economia del benessere inizi ad erodere il potere di comunicazione del fotoreporter, questi ultimi quindici anni della storia di questo genere fotografico hanno segnato il più alto livello di qualità nella produzione di foto dello scorso secolo.

In questi 50 anni le Riviste sono state il motore della distribuzione della fotografia contemporanea

Stern in Germania il Time negli Usa anche nelle nostra piccola Italia L’Europeo aveva fatto la sua parte nella diffusione di magnifici reportage

La fotografia era fatta da grandi fotografi, capaci di trasformare in immagini straordinari momenti di esistenza e che avrebbero influenzato in maniera potentissima l’immaginario di intere generazioni.

Grandissimi fotografi raccontavano storie sensazionali, la loro diffusione era permessa dalle capacità di editor fotografici di grande capacità e competenza che sapevano leggere le fotografie oltre l’aspetto estetico e sensazionalistico e permettevano solo alle immagini migliori e meno banali di arrivare al pubblico. Il loro ruolo è stato essenziale, così come è accaduto per la letteratura, solo i migliori reporterraggiungevano il grande pubblico permettendogli di fruire di foto eccezionali.

Il reporter doveva essere dotato oltre che di una tecnica eccellente ed una capacità di visione fuori dal comune, di uno spessore morale ed una sensibilità culturale oltre che di una straordinaria motivazione che lo guidava nella sua missione. In questi ultimi quindici anni, si erano delineate due grandi famiglie di reporter rappresentati magnificamente da due sublimi fotografi :

Il fotografo sociale, il cui obbiettivo era quello di raccontare la storia di intere comunità di persone: Il loro obbiettivo era di quello far conoscere la storia di interi sistemi sociali, degli ultimi lavoratori sfruttati, del terzo mondo, delle popolazioni dei continenti meno civilizzati.

Sebastiano Salgado: ne è il più noto e famoso rappresentante.

Il fotografo testimone. Raccontava la storia in un uomo, faceva conoscere la sua umanità, dando dignità alla propria condizione. Il testimone racconta con delle immagini storie e tragedie affinché non si debbano più ripetere.

James Nachtwey è il massimo esponente di questa interpretazione della fotografia. Le sue immagini meravigliose e potentissime, avvicinano chi le guarda agli inferni delle guerre e ai dolori più profondi. Fotografie straordinarie capaci con fermezza di testimoniare orrori, senza fare sconti ai mandanti con un infinito rispetto per le vittime. Cariche di un’immensa umanità, non indietreggia di un passo davanti al dolore.

L’intento di entrambi era di quello di dare dignità agli ultimi ì, sviluppare una coscienza collettiva che rendesse la società migliore ed incapace di ripetere gli errori.

“La fotografia può aprire un varco nelle astrazioni e nella retorica ed aiutarci a comprendere problemi umanamente complessi. La fotografia è essenziale soprattutto nei momenti di crisi. Essere testimoni della sofferenza delle persone è difficile. Fotografare quella sofferenza è ancora più difficile. La sfida è quella di restare aperti a queste emozioni tremende e, piuttosto che cercare di sopprimerle, incanalarle nelle immagini. E’ fondamentale avere uno sguardo capace di compassione ed essere consapevoli che solo perché le persone soffrono non significa che manchino di dignità.” James Nachtwey

Il destino di questi due giganti della fotografia che non si erano mai incontrati, trovarono il proprio apice in una piccola guerra dimenticata dal mondo.

Nel 1994 i destini di questi due grandi fotografi si sarebbero incontrati, in un minuscolo paese nel cuore dell’Africa grande quanto la Sicilia .

Il Ruanda era un paese di scarso interesse per le ricche società occidentali, come molti stati cuscinetto era ricaduto sotto il controllo del Belgio. Per facilitarne il controllo, senza una vera motivazione etnica, decisero seguendo la regola del dividi ed impera, di separare un popolo che parlava la stessa lingua in due etnie diverse la minoranza Tuzzy, prevalentemente composta da allevatori di bestiame, e gli Hutu per lo più agricoltori. Per essere Tuzzy dovevi avere almeno dieci capi di bestiame, se ne perdevi alcuni diventavi Hutu. Alla minoranza Tuzzy venne attribuito il potere politico, ma in breve tempo vennero scaricati politicamnte ,dai Belgi, a vantaggio degli Hutu facendoli diventare il come capro espiatorio della crescente miseria. Con il dilagare della miseria, le nazioni Unite intervennero elargendo prestiti alla nazione, questo flusso di denaro trasformo una tranquilla nazione di agricoltori in uno dei primi importatori di armi dell’intera africa, rendendo la popolazione ancora più povera. A questo banchetto parteciparono in primo luogo la Francia, ma tutte le nazioni occidentali non furono da meno: l’Olanda comprò dalla Cina 500.000 maceti per poi rivenderli con un forte guadagno al Ruanda. Si era trovato il modo di rendere profittevole un paese poverissimo. Mentre la povertà dilagava l’odio razziale montava, ed il capro espiatorio di tanta miseria si faceva sempre più chiaro. La guerra civile si faceva sempre più concreta, veniva alimentato l’odio con sistematica costanza. Le informative dei caschi blu che comunicarono alle Nazoni Unite il giorno dell’inizio della presa delle armi, vennero ignorate, non c’era interesse nell’intervenire. Il genocidio era pronto, oltre 800.000 Ruandesi furono uccisi, i colpi delle armi da fuoco valevano più di una vita umana e si preferiva usare i maceti. La violenza sessuale era la regola, si violentava per ore e solo quando si era veramente sfiniti si dava alle vittime finalmente la morte.

Citando la tempesta di Shakespeare un missionario cattolico provato da tanta ferocia disse :“non ci sono più demoni in cielo sono tutti in Ruanda”

Nachtway scese all’inferno e testimonio la ferocia che gli uomini possono esprimere. Non c’era ombra di umanità ne di speranza. Dopo aver testimoniato ed affrontato le guerra introno al mondo. Quello aveva raggiunto il girone più profondo dell’inferno. In quella guerra insensata c’erano solo reitti che si ammazzavano senza motovo, spinti solo dall’odio, non c’era più nessuna umanità da difendere.

Un incubo cha anche il più grande fotoreporter del mondo non sarebbe stato capace di sanare.

Quello che non fecero le armi lo fecero le malattie. Si crearono dei popolosissimi campi profughi nelle foreste ed attorno a confini del Ruanda.

Senza servizi igienici ed acqua potabile, scacciati da tutti i popoli confinanti, i sopravvissuti morirono di malaria e di fame. Salgado, visito qui campi e per settimana ne testimonio l’atrocità delle condizioni. Non c’era più speranza per il genere umano.

Salgado si ammalò di depressione e decise di abbandonare la sua vocazione di fotografo.

Nel 1995 iniziava una nuova era quella della Tecnica. L’economia cedeva lo scettro alla tecnica, in quest’era l’uomo non conta più , la dignità non è più un valore da difendere, l’umanità è sconfitta. Nell’era della tecnica non c’è rammarico e non c’è rimorso perché non c’è morale.

In questa nuova era non c’è più spazio per la figura del reporter .

Salgado decise di abbandonare la fotografia, entro in una profonda crisi depressiva.

Solo dieci anni grazie all’aiuto della moglie sposò una nuova visione della vita. Decisero di ripopolare la tenuta che aveva ereditato in Brasile piantando migliaia di alberi, i terreni desertificate dall’allevamento intensivo ricominciarono a rivivere.

Grazie alla forza di una donna straordinaria, Salgado riuscì a sovvertire il concetto di mondo Platonico su cui si era basata la sua vita di fotografo e di pensatore. Il mondo della tecnica può essere solo sovvertito da un modo di concepire la realtà, diametralmente opposto che metta al centro le antiche leggi di natura. Sconfessando il concetto di progresso e di controllo da parte dell’uomo rigenerandosi in un mondo nuovo.

La natura deve riprendere il posto che gli spetta. Una nuova concezione del mondo si sotituisce all’illusione di onniponza del genere umano, la natura assume un valore ontologicamnete superiore a quello della tecnica . L’uomo può vivere in armonia con la natura solo se è sottomesso alle sue regole.

Una nuova Genesi permetterà all’uomo di ripartire e di correggere i suoi errori

La nostra pagina è al servizio dei clienti, per questo non postiamo i nostri lavori per farci pubblicità, ma cerchiamo d...
17/06/2022

La nostra pagina è al servizio dei clienti, per questo non postiamo i nostri lavori per farci pubblicità, ma cerchiamo di offrire un punto di vista diverso e speriamo utile, sul mondo della comunicazione. Vogliamo fare un eccezione per la fondazione tuono pettinato per cui abbiamo realizzato il sito.
Un fumettista che prende il nome da una citazione di Borges, chiamandosi come un libro custodito nell’immaginaria biblioteca di Babele non poteva che meritare tutto il nostro rispetto.
https://www.fondazionetuonopettinato.it

NEL MONDO DELL’ IMMAGINE LA FOTOGRAFIA STA SCOMPARENDONegli ultimi dieci anni il mercato della vendita di apparecchi fot...
15/06/2022

NEL MONDO DELL’ IMMAGINE LA FOTOGRAFIA STA SCOMPARENDO
Negli ultimi dieci anni il mercato della vendita di apparecchi fotografici si è ridotto dello 80%
Contestualmente il numero di immagini scattate e distribuite sul web e condivise per via digitale, si è moltiplicato migliaia di volte.
Appare evidente che l’uso di strumenti nuovi come gli smartphone ha cambiato il comportamento, e l'approccio verso il mondo delle immagini modificando le abitudini.
Il cambio di strumento però è solo il mezzo con cui questo fenomeno si è propagato non ne è la causa. Per spiegare questo concetto c’è bisogno di una riflessione più profonda che ci porterà a comprendere meglio la differenza sostanziale che c’è tra una fotografia ed un’immagine ed il perché è importante definirne i confini.
IL MONDO DELLA TECNICA
Quando si parla di fotografia nella quasi la totalità delle volte si parla di tecnica, riviste digitali e cartacee blog e canali YouTube, parlano di attrezzature, di tecnica di ripresa e di post produzione. Rispondono solo a due domande: Come e Con che Cosa !
Raramente si può trovare qualche approfondimento di storia della fotografia, generalmente concentrata su monografie di autori famosi. Praticamente mai si parla di cosa sia la fotografia. Ritengo che chiedersi il perchè sia sempre un buon punto di partenza, per questo motivo i rari testi che trattano l’ argomento sono diventate dei libri di culto. I due esempi più famosi sono rappresentati da saggio di Susan Sontang “Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società” e da “la Camera Chiara” di Roland Barth. Questi due testi sono tra i pochi libri che hanno affrontato il concetto di cosa sia la fotografia e hanno cercato di spiegarne o per lo meno di analizzarne la magia e la funzione sociale e personale.
Il limite di questi testi è dato dal fatto che questi saggi venivano scritti in un epoca analogica, dove la fascinazione della stampa faceva concentrare l’autore sull’atto della produzione dell’unicum della stampa. Il passo nell'era digitale ha reso necessaria una visione più olistica, che metta al centro il concetto stesso di fotografia come prodotto del pensiero occidentale e non solo come analisi semantica o sociale del fenomeno. Se nell’era analogica lo sforzo per produrre una fotografia poteva generare poche buone fotografie e molte fotografie scadenti che potevano entrare a buon diritto nel mondo delle immagini, oggi nell’era digitale, la distanza che c’è tra un immagine ed una fotografia è molto più marcato. Questo è avvenuto sicuramente per la facilità con sui si può scattare un’immagine ma anche perché nell’era della tecnica l'approccio strumentale, rispetto a quello ideativo è molto più marcato rispetto a qualche decennio fa. La funzione ha soppiantato quasi completamente il motivo per cui si compie un’azione. Questa analisi è un presupposto che prevarica il mondo delle immagini e pervade ogni aspetto della società contemporanea. Si conosce sempre meglio come si fa una cosa, ma ci si domanda sempre meno del perché, quella tal cosa, venga fatta. Questo avviene perché viviamo nel mondo della tecnica: dove è accettabile leggere centinaia di pagine di manuali tecnici, ma diventa insopportabilmente noioso chiedersi il perché noi siamo spinti a fare quella cosa. Questo atteggiamento tecnicistico, ha spinto alla produzioni massiva di immagini, ed ha allontanato i fotografi dal mondo delle idee. Se pur vero che vivendo in un mondo post ideologico, non si può attribuire un valore di sovrastruttura alla fotografia, è altrettanto vero che la disumanizzazione della cultura occidentale ha sortito pesanti effetti nella fotografia, ha portato alla creazione disimpegnata di immagini, che hanno valore solo per la funzione per cui sono realizzate.
IL MONDO DELLE IDEE
La fotografia è un idea! Nasce con la cultura occidentale 2500 anni fa.
Il significato del suo nome deriva dal greco scrivere con la luce.
Platone espresse il concetto della fotografia per la prima volta attraverso “ il mito della caverna “
In una grotta imprigionati dietro un muro, degli schiavi ( Spectator) guardano delle ombre che sono le proiezioni di sagome illuminate da un fuoco ( Spectrum ) queste rappresentazioni sono realizzate da degli uomini che le mettono in scena (Operator)
(tra parentesi ho inserito i tre agenti che permettono la realizzazione di una fotografia come postulato da Roland Barthes, per rendere più chiaro il fatto che si sta parlando di fotografia)
La realtà coincide per gli spettatori, con la rappresentazione che gli uomini al di là del muro, vogliono dare loro del mondo.
Solo uno schiavo riuscendo a liberarsi dalle catene riuscirà ad accorgersi che la realtà è più complessa e diversa. Tornato nella grotta dopo aver esplorato il mondo, per raccontare la realtà che ha avuto modo di conoscere, perirà nel tentativo di liberare i prigionieri
I prigionieri preferiranno scegliere di difendere la realtà che conoscono uccidendo il liberatore.
Per la prima volta la realtà coincide con uno stato di percezione, nasce la civiltà moderna sulle basi di un idea immaginifica di una nuova consapevolezza .
Si definisce la realtà come non una ed immutabile, la si distingue in mondo delle idee, metafisica, e il mondo della fenomenologia terrena, fisica.
L'uomo inizia un percorso evolutivo grazie alla capacità di concepire delle idee in forma di immagini.
Questa capacità si rinnova da millenni nell'atto creativo di un fotografo, diversemente le immagini non sono che materia senza sogni e senza idee.
Esiste un valore profondamente diverso sotto il piano ontologico tra una fotografia ed un'immagine. Questa capacità di trascendere la materia, ha permesso all'occidente di evolversi fino ad oggi. La fotografia come atto metafisico ha attraversato i millenni raccontando e rappresentando i sogni ed il genio dei più grandi artisti dell'umanità, giungendo a noi sotto varie forme espressive, le varie arti figurative, la pittura, la fotografia analogica per arrivare a noi in forma di pixel.
La forma che essa ha assunto nei secoli è solo frutto della tecnica disponibile per l'espressione dell'idea. La tecnica è, dal mio punto di vista, ben poca cosa rispetto all’invenzione dell’idea di fotografia.
Per dimostrare come il potere dell'idea sia immensamente superiore a quello della tecnica, mettiamo a confronto il film Matrix con il mito Platonico: L'evoluzione sul piano concettuale è minima. Solo la tecnica con cui la storia viene rappresentata si è evoluta adeguandosi agli strumenti offerti dai tempi.
Rileggiamo la sagra di Matrix:
Uno schiavo riesce a liberarsi e comprende che il mondo che ha vissuto è solo una messa in scena, decide di scoprire cosa c’è al di fuori dal suo guscio (grotta) e sceglie di lottare per liberare gli altri schiavi. Perisce a causa di un'altro schiavo che preferisce non rinunziare alle sue certezze confortanti.
Un idea può vivere millenni e spingere la società ad evolversi ed a crescere la tecnica può solo rappresentare la stessa realtà in maniera più articolata ed adeguata ai tempi per essere soppiantata da una nuova tecnica più attuale.
L’immagine è il tavolo su cui mangiamo, la fotografia è l’idea che lo ha pensato.
La fotografia può definire un identità, può dare uno spunto per vedere il mondo con occhi nuovi può insegnare a essere migliori
La fotografia non è un immagine! La fotografia è un atto metafisico.
La fotografia è un atto rivoluzionario e salvifico, che permette al genere umano di definire la realtà, di inventare un linguaggio che permetterà di sopravvivere e di evolversi.
Per questo motivo il malessere della fotografia, mi preoccupa, perché è il termometro della nostra società.
Se ci si appiattisce sul mondo delle immagini e sull'uso tecnicistico delle immagini si viene sconfitti come esseri umani. Se la funzione si impadronisce totalmente del mercato della fotografia trasformano tutto in immagine, gli elementi irrazionali di cui è fatto l’uomo: l’amore, la bellezza, il dolore, la fantasia l’ideazione il sogno scompariranno con lei.
Per questo vi esorto a coltivare la fotografia perché se è vero come dichiarava Heidegger, che la storia dell'uomo è finita ed è iniziata la storia della tecnica, solo la Fotografia e la Poesia hanno la capacità di proporre un pensiero alternativo al pensiero che sa far solo di conto.

Elisabetta Franchi e l'etica nella moda.Ho aspettato che il fuoco della polemica si quietasse, per riuscire ad esprimere...
17/05/2022

Elisabetta Franchi e l'etica nella moda.
Ho aspettato che il fuoco della polemica si quietasse, per riuscire ad esprimere un concetto più ragionato e ampio rispetto al giudizio sommario sulla persona.
Nel sistema di mercato contemporaneo, il principio è di portare le cose al nulla nel tempo più rapido possibile. In questo contesto la moda cerca di accelerare questo processo al suo massimo. Per questo la macchina della moda è nichilista per eccellenza.
Di contro il fascino della moda si regge sull'immagine e sul sogno che riesce a produrre, grazie alla sua capacità di vendere la sua immagine patinata, e all’aderenza ad un modello di adeguatezza sociale.
Per valutare i comportamenti nel mondo della moda bisogna seguire le regole del mercato non dell’etica sociale, altrimenti si costruisce un ragionamento su basi completamente forvianti.
In ultima analisi c’è da comprendere che a capo di tutte le aziende, non c’è una figura che domina la piramide aziendale, ma anche lui ha un capo occulto che è “Il mercato”
Il comportamento antisociale trova un capro espiatorio, bisogna rispondere a “lui” e quindi per rispondere all’esigenza del mercato tutto diventa lecito.
L’etica nel mondo della moda è talmente annichilita da assumere una etimologia differente anche nel significato.
Se si cerca azienda etica nella moda, Google per la maggior parte delle risposte, ti proporrà aziende che utilizzano tessuti ecologi che riducono l’impatto inquinante sul pianeta. Nella moda quindi etica assume il significato di poco inquinante. L’etica appartiene quindi solo al lato esteriore, quella della sua immagine pubblica, nella sua doppiezza non c’è accenno alla dimensione interna.
Ricordo che una decina di anni fa, le maggiori aziende di moda donna, per combattere il fenomeno dei disturbi alimentari, avevano stipulato un accordo per portare le taglie minime alla taglia 42/44. Quell’anno non si trovava una modella 38 perché erano state tutte prenotate dalle aziende che avevano stipulato l’accordo. Nessuno delle decine di imprenditori sottoscrittori dell’accordo utilizzo una modella di taglia maggiore della 40.
Il mondo della moda è distotico, vive di un dualismo ontologicamente inconciliabile. L’errore della Franchi è di aver squarciato il velo di ipocrisia che separa il mondo degli addetti ai lavori da quello dell’opinione pubblica, ed aver fatto affermazioni inopportune in relazione al contesto in cui sono espresse.

IL POTERE EFFIMERO DEI SOCIALI dati della comunicazione globale mostrano uno spostamento verso l’utilizzo sempre più mas...
02/04/2022

IL POTERE EFFIMERO DEI SOCIAL

I dati della comunicazione globale mostrano uno spostamento verso l’utilizzo sempre più massivo di social network, a scapito dei media tradizionali.

I social media sono da considerarsi come principale strumento di veicolazione delle informazioni. Si può affermare che la società occidentale nel 2022, sia iper-connessa, con una media di oltre tre, profili social attivi per ogni persona.

Mentre si consolida questa tendenza, due grandi eventi di interesse mondiale, hanno reso indispensabile l’utilizzo di una massiccia comunicazione sociale.

La pandemia globale determinata dalla diffusione del covid 19 e successivamente la guerra in Ucraina, hanno reso indispensabile attivare una massiccia compagna di comunicazione, senza precedenti nell’era moderna.

Improvvisamente, c’è stata la necessità di informare ed influenzare in maniera univoca, l’intera popolazione mondiale.

Nel caso della guerra l’esigenza di utilizzare l’informazione per serrare i ranghi, e contrapporre due visioni del mondo, quella occidentale e quella Asiatica ha messo alla prova le capacità di controllo dei media di entrambi gli schieramenti.

In via teorica, ci si sarebbe potuto aspettare un massivo utilizzo dei social, per veicolare velocemente delle informazioni.

La società era pronta, ed i social avrebbero potuto, in una sorta di eco Orwelliano, diffondere le direttive e le informazioni dei governi e degli enti in maniera veloce ed efficace.

Diversamente tutto ciò non è avvenuto, sovvertendo queste previsioni, di fatto si è assistito ad un uso intensivo di media tradizionali, tv e giornali.

L’idea che teorizzava lo strapotere nella comunicazione attraverso i social media, in contrapposizione al declino dei media tradizionali, si è sciolta come neve al sole.

Questa scelta potrebbe sorprendere gli esperti di media, che hanno negli ultimi anni professato, la comunicazione sociale come la strada più efficace per raggiungere le masse, diversamente ha evidenziato la debolezza del sistema della comunicazione basata sull’utilizzo dei social media.

La scelta dell’utilizzo dei media tradizionali in queste due particolari condizioni, è stata una scelta strategica vincente, ed ha dimostrato tutto il suo potere, mostrandosi estremamente viva ed efficace.

L’analisi di questi due casi risulta molto utile per comprendere lo stato dell’arte della comunicazione sociale oggi nel 2022.

In un articolo sulla comunicazione sociale mettevo in evidenza come la pubblicazione di una sequenza di nomi di vittime diventava un manifesto iconografico di un martirio subito dall’occidente.

Quel genere di messaggio pubblicato sul NYT non avrebbe assunto la stessa forza se fosse stato pubblicato su un social network.

La sua forza non si sarebbe potuta esprimere, per un problema di attitudine del pubblico ad approcciarci al messaggio, in funzione del media utilizzato.

Un media qualsiasi forma assuma, grafica, testo video o social network ha di per se un target audience. Se si perde di vista questo elemento fondante, e si ritiene che qualsiasi strumento di comunicazione venga valutato in termini quantitativi e non qualitativi si commette l’errore fondamentale che porta a sbagliare qualsiasi strategia di comunicazione.

Per fare una strategia di comunicazione sociale, bisogna tenere in considerazione due aspetti fondanti, il pubblico di destinazione, e la condizione culturale, intesa come capacità ed attitudine ad elaborare l’informazione, in un determinato momento storico.”Un esempio può essere questo stesso articolo, che incontrerà nella sua vita poche centinaia di lettori, e che qualora fosse pubblicato su una piattaforma editoriale diversa troverebbe un pubblico più predisposto ad una lettura di approfondimento”.

Per analizzare il pubblico di destinazione, bisogna comprendere che gli ultimi quaranta anni, dell’occidente, sono stati post ideologici. Non esiste una vera tensione sociale, ne a livello ideologico, ne a livello politico. Questo appiattimento su posizioni convenzionali, ha portato la società ad accettare valori qualunquistici con grande facilità. L’assenza di pensiero critico e contraddittorio ha portato alla semplificazione del linguaggio e dei messaggi da veicolare. Questo ha agevolato notevolmente la comunicazione sui media tradizionali come TV e giornali, su temi sensibili di interesse globale.

Questo aspetto non significa che i social media non abbiano un potere polarizzante o divisorio, ma che non godono della capacità di veicolare informazioni complesse e di reggere il confronto con i media tradizionali in termini qualitativi. Se si analizzano le elezioni negli Stai Uniti del 2016, influenzate da quello che potremmo considerare advertising da parte del governo Russo in favore di un candidato come Trump, e si considera la popolarità dei personaggi politici populisti in Italia ed in Europa si potrebbe pensare al contrario. Ma se si guarda con attenzione sia Trump che altre figure politiche che sono state divisive in Europa, ci si rende conto che si tratta di figure che devono la loro forza, non alle loro idee, ma al loro atteggiamento ed alla loro popolarità. Questi politici, sono degli Influenzer, devono il loro seguito alla loro popolarità. La loro forza è effimera perché strettamente legata alla loro esposizione mediatica. Interrotta l’esposizione mediatica interrompono il loro potere persuasivo.

Nel documentario di social dilemmaNetflix si teorizza una disumanizzazione ed un controllo ed un indicizzazione delle nostre menti, attraverso un complesso sistema di algoritmi che controllano e pilotano le nostre scelte. Ma questo demone nasconde il suo limite nell’obiettivo per i quale l’AI è stata programmata. Il fine è vendere un bene o un prodotto! L’intelligenza artificiale anche se immensamente più potente della mente umana ha per sua natura un solo fine, l’intelligenza umana diversamente è eclettica si adatta si modifica, muta!

L’unico interesse che accomuna tutti i social media è quello di mantenere il maggior tempo in contatto l’utente con la piattaforma, per renderlo il più proficuo possibile. Se pensiamo alla impari battaglia tra il gigante Golia e Davide e vediamo l’uomo soccombente nei riguardi dello strapotere dell’intelligenza artificiale e da bilioni di dollari spesi per condizionarci, dobbiamo anche comprendere che il gigante ha i piedi di argilla, perché l’intento è quello di vendere e di guadagnare. Davanti a questo approccio appare chiaro che il paradigma si può facilmente invertire, chi ha sviluppato la capacità di analisi userà in maniera consapevole la tecnologia per cavalcarla a proprio vantaggio, diversamente da chi sarà più fragile, un semplice strumento da influenzare. I soggetti più deboli come gli adolescenti sono sicuramente soggetti a rischio di influenza, perché non trovano argini nella limitazione di quantità di contenuti che le piattaforme propongono, ma nel mondo del lavoro come questo fenomeno è già fortemente ridotto. Le aziende si sono rese conto che un manager o un dipendente iper-connesso ha un livello altissimo di distrazione e questo li rende altamente improduttivi. Brunello Cuccinelli nel suo modello di presentazione di modello di fabbrica contemporanea dichiarava nel 2017 l’esigenza di controllare il media disconnettendosi per essere lavoratori produttivi.

I social svuotati del concetto del valore e del concetto di vero e falso hanno solo un potere divisivo, possono esprimere fake news ed indirizzare l’acquisto di beni e servizi utili a chi li vende, destabilizzare, ma senza mai penetrare. Sono come le onde del mare, che possono impressionare il navigatore, se guardate da fuori, per poi rendersi conto di quanto siano inoffensive se solo ci si immerge di qualche centimetro sotto la superficie. I social sono degli strumenti ambigui perché nel consenso popolare trovano forza, ma è il consenso a nutrirli. Assumono un potere enorme se il vento del costume sociale li spinge in alto, ma fragili perché basta che il vento cambi ed il loro potere si vanifichi a vantaggio di altre piattaforme o di nuove realtà tecnologiche. I Social sono per propria natura un terreno effimero, dove la ricerca di analisi e di comprensione di un mondo estremante complesso, non trova facile terreno. Il tempo di attenzione e di discussione è limitato a pochi secondi o frazioni. di secondo L’infinite scroll, che accomuna i social è di per se l’antitesi dell’approfondimento. Impedisce di fermerai e pensare!

Questo elemento determina che la contro informazione non troverà mai nei social un terreno fertile per radicarsi. Qualsiasi opinione divergente, sfuma nella frazione di un like, basta aspettare e qualsiasi convinzione lascia spazio ad una nuova.

Analizzando i social approcciando con un pensiero analitico, si comprendere contemporaneamente target e attitudini. I social cosi appaiono per quelli che sono in realtà, dei grandi network che coniviolgono gli interessi dell’utente in specifici campi.

I social soddifano le esigenze del pubblico così da permettere, di proiettare se stessi in una dimensione digitale assimilabile a quella quotidiana. Permettono di incontrare i propri amici e conoscenti andando sulla piazza su Facebook, fare acquisti comodamente su Amazon, soddisfare la propria vanità su Instagram, trovare risposte su YouTube, dare sfogo a pulsioni sessuali su YouPorn, cercare lavoro sul Linkedin, esprimere opinioni su Twitter o interessarsi agli hobby su Pinterest.

L’utente sui social può scrollare all’infinito le informazioni senza mai essere inchiodato ad una presa di coscienza. Il vantaggio di utilizzare il social da all’utente e la percezione di usare un proprio avatar, e di non dovere assumere la responsabilità dell’azione o del gesto o dell’affermazione che si posta. I social network sono degli strumenti complessi, perché raccontano ad ognuno una realtà differente, calibrata sulle proprie scelte personali, ma anche fragili perché fondano la propria forza sul consenso della massa, e la massa è come uno stormo di uccelli in volo, si muove all’unisono finche un improvviso un cambio di direzione dovuto ad un improvviso cambio di percezione impone all’intero stormo di modificare la traiettoria. Basta imparare guardare le cose dalla giusta distanza, per ridimensionare i social a quello che sono delle macchine per fare soldi, da usare senza esserne usati.

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