Scienza & Pace Magazine

Scienza & Pace Magazine "Scienza & Pace Magazine" è un sito di informazione e di analisi curato dal Centro Interdisciplinare "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa.

Il suo scopo è fornire strumenti utili a comprendere criticamente il presente e agire sui conflitti. Vogliamo comprendere criticamente il presente e agire sui conflitti in una prospettiva di "pace positiva", avendo di mira la costruzione di una società giusta, fondata sulla pari dignità e sull'accesso di tutte e tutti ai diritti fondamentali. Tale obiettivo richiede la collaborazione di tutte le s

cienze e di tutte le professionalità, in una prospettiva realmente interdisciplinare. A questo scopo, la redazione è organizzata intorno alle seguenti marco-aree tematiche: ambiente, cibo, comunicazione, cultura, diritti, economia, geopolitica, prospettive di genere, salute. Il Magazine ospita quattro tipi di contributi: articoli originali; video-interviste a esperti; articoli già pubblicati, ritenuti meritevoli di ulteriore diffusione; immagini significative, accompagnate da commenti. Mette, inoltre, a disposizione nella sezione Risorse indicazioni utili per approfondire i temi oggetto degli articoli. Proposte di articoli possono essere inviate alla redazione ovvero ai referenti delle macro-aree tematiche, seguendo le istruzioni nella pagina dedicata ai collaboratori. La redazione del Magazine è composta da: Chiara Angiolini, Valentina Bartolucci, Mauro Capocci, Marilù Chiofalo, Simone D'Alessandro, Pompeo della Posta, Caterina di Pasquale, Giorgio Gallo, Francesco Lenci, Tommaso Luzzati, Chiara Magneschi, Valentina Mangano (coordinatrice), Federico Oliveri (coordinatore), Sonia Paone, Luigi Pellizzoni, Daniel Ruiz, Eleonora Sirsi, Mauro Stampacchia, Elettra Stradella, Fabio Tarini, Tiziano Telleschi, Matteo Villa, Francesca Zampagni.

“Disarmiamo il patriarcato”: questo il messaggio di apertura della manifestazione lanciata dal movimento transfemminista...
26/11/2024

“Disarmiamo il patriarcato”: questo il messaggio di apertura della manifestazione lanciata dal movimento transfemminista “Non Una di Meno” (NUDM), che ha attraversato Roma sabato 23 novembre. Il corteo, a cui hanno preso parte almeno 150.000 persone, ha denunciato la violenza di genere come un problema strutturale, segnalando l’inadeguatezza delle politiche pubbliche nel prevenire e contrastare il fenomeno e rivendicando l’autodeterminazione femminile come fattore di libertà collettiva.

Legata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e di genere del 25 novembre, la manifestazione è caduta in concomitanza con due eventi strettamente connessi alla violenza maschile: l’anniversario del femminicidio di Giulia Cecchettin e l’avvio in Francia del processo contro Dominique Pelicot, accusato di aver fatto violentare da numerosi uomini l’ex moglie Gisèle, dopo averla narcotizzata.

Nel corso della manifestazione sono stati esposti striscioni coi nomi delle 106 donne che, secondo l’osservatorio di NUDM, sono state uccise dall’inizio del 2024: una cifra superiore rispetto a quella dell’anno precedente. Per la maggior parte, gli autori dei femminicidi sono partner o ex partner: a questo hanno alluso le manifestanti quando hanno esposto le proprie chiavi di casa.

Fonti: Città Nuova, il Post.

26/11/2024
La scelta di tenere in Azerbaigian la COP29, il vertice annuale mondiale per il clima, è molto problematica: il paese de...
20/11/2024

La scelta di tenere in Azerbaigian la COP29, il vertice annuale mondiale per il clima, è molto problematica: il paese del Caucaso fonda la propria economia sull’estrazione e la vendita di combustibili fossili, reprime il dissenso, è accusato di crimini di guerra e di atti di pulizia etnica ai danni degli armeni, vende il proprio petrolio a Israele alimentando la macchina del genocidio in corso a Gaza.

Come si è arrivati a questa scelta? Qual è il ruolo e l'impatto delle COP rispetto alla necessità indifferibile di ridurre le emissioni responsabili del cambiamento climatico? Cosa è possibile fare per promuovere, insieme alla giustizia climatica, ogni altra forma di giustizia?

Ne ha parlato su The Guardian Greta Thunberg, la notissima attivista svedese promotrice degli scioperi per il clima, che hanno dato vita al movimento globale Fridays For Future.

Ripercorrendo gli ultimi effetti del cambiamento climatico in corso (questo sarà il primo anno in cui si supererà il limite di 1,5°C nell’innalzamento delle temperature medie), l’attivista mette l’accento sui forti interessi dell’Azerbaigian nell’industria fossile (finanziata anche dall’UE) e sulle sue sistematiche violazioni dei diritti umani da parte del governo di Baku.

Thunberg ricorda che “la crisi climatica riguarda tanto la tutela dei diritti umani quanto la protezione del clima e della biodiversità” e che “giustizia climatica significa giustizia, sicurezza e libertà per tutte e tutti”, compresi i popoli oppressi e colonizzati di oggi.


Greta Thunberg, promotrice degli scioperi per il clima che hanno dato vita al movimento mondiale del Fridays For Future, è intervenuta su The Guardian per far riflettere su quanto sia problematica …

Le migrazioni attraverso il Mar Mediterraneo vengono sempre più spesso sorvegliate dai droni di Frontex, l'Agenzia dell'...
15/11/2024

Le migrazioni attraverso il Mar Mediterraneo vengono sempre più spesso sorvegliate dai droni di Frontex, l'Agenzia dell'Unione Europea per il controllo delle frontiere esterne, piuttosto che da imbarcazioni obbligate a prestare soccorso in caso di difficoltà.

Si tratta di droni di fabbricazione israeliana, testati per anni sulla Striscia di Gaza.

A quali scopi risponde la scelta strategica di Frontex, di sostituire le imbarcazioni coi droni? Quali conseguenza ha tale scelta sul rispetto dei diritti umani delle persone in viaggio? E quali sono le implicazioni etiche di impiegare droni israeliani testati su Gaza, nel momento in cui la popolazione palestinese è a rischio genocidio?

Ne parla sull’Irish Times Sally Hayden, corrispondente dall’Africa per la testata e autrice del fortunato libro “My Fourth Time, We Drowned. Seeking Refuge on the World's Deadliest Migration Route”.

Attraverso la cronaca di un pattugliamento a bordo della nave "Geo Barents" di Medici Senza Frontiere, Hayden spiega come l’impiego di tecnologia militare per i controlli di frontiera sollevi rilevanti criticità giuridiche ed etiche. La giornalista riporta e analizza le critiche provenienti dalle ONG che salvano vite in mare e che denunciano, da tempo, abusi e violazioni a scapito dei potenziali richiedenti asilo, respinti collettivamente e trattenuti in condizioni disumane in Libia.

Associazione Studi Giuridici Immigrazione Médecins Sans Frontières / MSF

Il Mediterraneo è, da più di due decenni, scenario di viaggi pericolosi e mortali dalle coste del Nord Africa verso l’Europa. Non esistono al momento missioni di ricerca e soccorso promosse dagli S…

Come si definisce un genocidio? E come si accerta, in concreto, un intento genocidario?Mai, nella storia recente, queste...
09/11/2024

Come si definisce un genocidio? E come si accerta, in concreto, un intento genocidario?

Mai, nella storia recente, queste domande sono state poste con tanta urgenza. Né sono state liquidate in modo strumentale, dai governi e dai media mainstream occidentali, per "normalizzare" l'operato dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

Per alimentare una riflessione critica sul tema, fondata su solide argomentazioni giuridiche e storiche, abbiamo tradotto la terza sezione dell'ultimo rapporto realizzato da Francesca Albanese Relatrice Speciale ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati (TPO).

Intitolato significativamente “Il genocidio come cancellazione coloniale”, il rapporto si articola in quattro sezioni.

La prima sezione presenta il quadro giuridico applicabile (comprese le recenti e importanti pronunce della Corte Internazionale di Giustizia, sulla plausibilità di un genocidio in atto e sull’illegalità dell’occupazione israeliana) e gli sviluppi più recenti nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

La seconda sezione evidenzia gli elementi di fatto che concorrono a definire quello in corso come un genocidio ai danni del popolo palestinese, finalizzato alla pulizia etnica di parti dei Territori occupati.

La terza sezione ricostruisce la complessità giuridica della nozione di “intento genocidario” e le vie per dimostrarne l’esistenza.

La quarta sezione invita a collocare gli eventi e l’interpretazione delle norme nel quadro del progetto coloniale del “grande Israele”, accompagnato dall’ampliamento delle pratiche di pulizia etnica da Gaza alla Cisgiordania, e dal tentativo di “razionalizzare” il genocidio come atto di legittima difesa.

La tesi centrale del rapporto è che la questione del genocidio vada contestualizzata all’interno di un processo pluridecennale di espansione territoriale e pulizia etnica portato avanti da Israele, volto a liquidare la presenza palestinese nell'area.

In conclusione, la Relatrice speciale avanza agli stati membri delle Nazioni Unite varie raccomandazioni, a partire dall'embargo all'invio di armi a Israele.

Il primo ottobre 2024 è stato reso pubblico e trasmesso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il nuovo rapporto di Francesca Albanese, Relatrice speciale sulla situazione dei diritti uma…

Fin dall’inizio dell’assedio totale di Gaza da parte dell’esercito israeliano, la milizia collegata al partito sciita li...
17/10/2024

Fin dall’inizio dell’assedio totale di Gaza da parte dell’esercito israeliano, la milizia collegata al partito sciita libanese Hezbollah ha iniziato a colpire il Nord di Israele. Da quel momento, è iniziato di fatto un conflitto armato tra le due parti, che si è progressivamente intensificato negli ultimi due mesi, dopo l’attacco della milizia a Majdal Shams sulle Alture del Golan, occupate da Israele dal 1967 e annesse nel 1981, l’uccisione di Fuad Shukr, alto comandante militare di Hezbollah, l’esplosione di migliaia di walkie-talkie utilizzati da alcuni membri di Hezbollah e l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.

Oltre a prendere di mira aree densamente abitate alla periferia di Beirut e vari territori nel Sud del Libano e nella Valle della Bekaa, il primo ottobre l’esercito israeliano ha avviato un'invasione di terra del paese. Più del 25% del territorio libanese risulta al momento essere stato evacuato. Le autorità hanno dichiarato che circa 1,2 milioni di persone hanno abbandonato le proprie abitazioni, installando tende in varie zone di Beirut o trasferendosi nel nord del paese. Tra gli sfollati, si stimano 400.000 bambini e bambine.

Più di mille centri nel paese, tra cui scuole, università e altre istituzioni pubbliche, stanno ospitando centinaia di migliaia di persone. Centinaia di volontari e volontarie predispongono pasti per gli sfollati. Il vicedirettore esecutivo dell’Unicef, Ted Chaiban, ha affermato che “a oggi, 1,2 milioni di bambini sono stati privati dell’educazione: le loro scuole pubbliche sono state rese inaccessibili, sono state danneggiate o vengono usate come rifugi”. Da più parti, si chiede il cessate il fuoco e il rispetto del diritto internazionale umanitario, garantendo vie di fuga sicure per i civili e proteggendo scuole, ospedali e sistemi idrici.

Il Ministero della salute libanese ha contato, al 15 ottobre, almeno 2350 morti e più di 10.000 feriti nel corso dell’ultimo anno.

Fonti: AP, Carnegie Endowement, The Medialine, The New York Times, Barron's.

Nel 2024 sono già 72 i suicidi negli istituti penitenziari italiani: un numero preoccupante, da mettere in relazione al ...
01/10/2024

Nel 2024 sono già 72 i suicidi negli istituti penitenziari italiani: un numero preoccupante, da mettere in relazione al sovraffollamento e allo stato di abbandono in cui versano numerose carceri.

In quali condizioni vivono i detenuti e le detenute recluse in Italia? Quali sono le cause del forte malessere che attraversa il sistema penitenziario e che vanifica la funzione rieducativa della pena?

Antigone, associazione da sempre impegnata nella tutela dei diritti delle persone private della libertà e nella denuncia dei problemi che affliggono il sistema carcerario italiano, ha pubblicato da qualche mese il suo XX Rapporto, significativamente intitolato “Nodo alla gola”: una lettura necessaria per avvicinarsi all’universo carcerario, troppo spesso ignorato, e per immaginare modalità alternative di esecuzione delle pene.

Il rapporto contiene una ricostruzione puntuale ed esaustiva delle condizioni di detenzione nel nostro paese, soffermandosi sulla situazione delle diverse categorie comprese nella popolazione carceraria e sulle criticità strutturali del sistema. Di particolare interesse l’analisi degli effetti negativi di alcuni provvedimenti adottati dall’attuale governo, a partire dal cosiddetto “Decreto Caivano”, che ha aumentato la presenza di minori e giovani maggiorenni in carcere.

Emerge dal rapporto di Antigone il quadro di un’istituzione in grave crisi, in cui detenuti e detenute vengono privati e private dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, a partire dalla prospettiva di un proficuo e pacifico reinserimento nella società.

a cura di Elisa Veltre La scorsa primavera l’associazione Antigone ha pubblicato il suo XX rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Il titolo di quest’anno, Nodo alla gola, non lascia spa…

Quali sono le cause alla base della crisi idrica che colpisce da mesi la Sicilia? Come hanno risposto all’emergenza le a...
24/09/2024

Quali sono le cause alla base della crisi idrica che colpisce da mesi la Sicilia? Come hanno risposto all’emergenza le autorità regionali e quelle nazionali? Cosa chiedono i cittadini e le associazioni?

Martina Oliveri, laureata in Economia Aziendale, volontaria del Servizio Civile Universale e collaboratrice di “Scienze e Pace Magazine”, ha analizzato in dettaglio il caso e risposto a queste domande, a partire dai dati relativi alla crisi dell’acqua nell’isola.

Negli ultimi vent’anni la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento delle temperature, nel quadro del cambiamento climatico, hanno avuto pesanti ripercussioni non solo sull’agricoltura ma anche sulle comunità locali, sempre più spesso obbligate a razionare l’acqua anche per compiere le più semplici azioni della vita quotidiana.

Queste difficoltà, legate al clima, sono amplificate dalle gravi carenze infrastrutturali: la rete idrica siciliana subisce annualmente una perdita del 51,6% dell’acqua immessa, molti invasi artificiali richiedono manutenzioni straordinarie, vari impianti di desalinizzazione sono chiusi per gli elevati costi di gestione.

Dal mese di maggio la cittadinanza, le associazioni di categoria degli agricoltori e i movimenti ambientalisti, si sono mobilitati per chiedere al Governo nazionale interventi strutturali, ma anche risposte immediate all’emergenza.



di Martina Oliveri La Sicilia, da circa un anno, sta affrontando una crisi idrica senza precedenti: secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA),…

Il diritto internazionale sportivo - compreso il rispetto della cosiddetta "tregua olimpica" - vale davvero per ogni Sta...
11/09/2024

Il diritto internazionale sportivo - compreso il rispetto della cosiddetta "tregua olimpica" - vale davvero per ogni Stato? Perché, nonostante le ripetute violazioni, Israele non è stata esclusa dalle ultime Olimpiadi di Parigi? Stante ciò, si può parlare di "doppio standard" olimpico?

Saverio Solimani, studente di Informatica umanistica all’Università di Pisa e collaboratore part-time del Centro Interdisciplinare "Scienze per la Pace", ha risposto a queste domande ripercorrendo le limitazioni ormai decennali imposte da Israele allo sport palestinese, fino alla sistematica distruzione delle infrastrutture sportive di Gaza e all’uccisione di numerosi atleti.

Secondo i dati della Federcalcio palestinese, sarebbero 88 i professionisti uccisi dall'esercito israeliano da ottobre 2023 fino ad agosto 2024, tra i 245 sportivi che hanno perso la vita, inclusi 69 minori. Un membro del Comitato Olimpico Palestinese ha affermato che l’attività sportiva a Gaza potrebbe non riprendere per i prossimi dieci anni.

L’esclusione dai Giochi a causa di violazioni dei diritti umani è stata applicata in passato in varie circostanze - a partire dal Sudafrica dell’apartheid nel ’64 - e anche nell'ultima edizione - a cui non sono state ammesse la Russia e la Bielorussia per l'invasione dell'Ucraina.

Nonostante gli appelli del BDS e della società civile globale di escludere il paese da Parigi 2024, Israele ha partecipato regolarmente alle Olimpiadi segnalando l'esistenza anche in campo sportivo di un doppio standard.

Mentre la delegazione palestinese alle Olimpiadi ha portato l'attenzione sul genocidio in corso e sull'urgenza di un cessate il fuoco, quella israeliana ha scelto come portabandiera olimpico Peter Paltchik, dichiarato sostenitore dei bombardamenti su Gaza fino al punto da firmare uno dei missili diretti alla Striscia con una "dedica" che non lascia dubbi...


di Saverio Solimani È rimasta inascoltata la lettera che, lo scorso 22 luglio, il Palestine Olympic Committee (POC) ha inviato al Comitato olimpico internazionale (CIO), con la richiesta di esclude…

In che modo Israele usa l’acqua come un’arma di guerra nell'assedio totale di Gaza? Come influisce la distruzione delle ...
06/09/2024

In che modo Israele usa l’acqua come un’arma di guerra nell'assedio totale di Gaza? Come influisce la distruzione delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie sulla crisi umanitaria nella Striscia? E in che modo questa strategia rappresenta una violazione del diritto internazionale umanitario?

Il rapporto WATER WAR CRIMES di Oxfam, realizzato da Lama Abdul Samad in collaborazione con Martin Butcher e Bushra Khalidi, risponde in modo puntuale a queste domande e merita di essere conosciuto e diffuso ampiamente.

I dati mostrano che l'accesso all'acqua a Gaza è sceso a livelli insostenibili, con effetti devastanti sulla salute di più di due milioni di persone, compreso l'aumento di malattie legate all'acqua contaminata e alla distruzione degli impianti fognari.

La privazione dell'acqua e il danneggiamento delle infrastrutture idriche costituiscono violazioni del diritto internazionale umanitario, che proibisce l'uso di metodi di guerra che infliggono sofferenze eccessive alla popolazione civile.

La privazione deliberata dell'acqua, così come la riduzione della fornitura di beni di prima necessità, configurano una punizione collettiva per l'intera popolazione di Gaza: una pratica vietata dal diritto internazionale umanitario.

a cura di Chiara Crivellari Oxfam ha pubblicato un’analisi dettagliata, intitolata Water War Crimes, su come l’esercito israeliano utilizzi in modo sistematico la privazione dell’…

Quali misure di “sicurezza” ha adottato il governo francese in occasione delle Olimpiadi, per garantire il “corretto svo...
09/08/2024

Quali misure di “sicurezza” ha adottato il governo francese in occasione delle Olimpiadi, per garantire il “corretto svolgimento” dei Giochi? In che modo queste misure hanno violato diritti e libertà fondamentali delle persone, soprattutto dei soggetti marginalizzati? E cosa ci dicono, queste politiche, dello stato di salute delle nostre democrazie?

Silvia Morbin, laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Verona, ha risposto per Scienza & Pace Magazine a queste domande, mettendo in luce “il risvolto della medaglia” delle norme e delle misure amministrative adottate dal governo francese, dalla prefettura e dal comune di Parigi per allontanare dal palcoscenico dei Giochi i “soggetti indesiderabili”: poveri, sfrattati, persone senza fissa dimora e altre soggettività marginalizzate.

Dietro lo sfarzo della cerimonia di apertura, le standing ovations negli stadi, i messaggi di universalismo e inclusione che hanno accompagnato i Giochi, si nasconde il volto peggiore degli attuali sistemi democratici: emarginazione, violazione dei diritti, limitazione delle libertà, spazi urbani militarizzati, criminalizzazione della marginalità, strenua difesa della proprietà immobiliare e del “decoro”.

Come in occasione di altri grandi eventi, anche questi Giochi olimpici sono diventati l’occasione per adottare misure da “stato di emergenza”, in deroga ai principi di uguaglianza e di solidarietà. A subirne le conseguenze sono soprattutto i grands marginaux: donne, uomini, bambini messi ai margini della società del benessere, indesiderati, privati del diritto stesso di far parte della cittadinanza.

Ma, in fondo, a subire le conseguenze di queste politiche securitarie siamo tutte e tutti, perché rinunciamo alla sostanza delle nostre democrazie e ci abituiamo a una idea errata di “pace”, intesa come “bonifica” dello spazio pubblico e invisibilizzazione della povertà.

di Silvia Morbin La “tregua olimpica” dei Giochi di Parigi 2024 Nell’antica Grecia con il termine ἐκεχερία si intendeva la tregua olimpica. A dispetto di quel che si possa credere, ciò non implicav…

Come suggerito dal titolo di un reportage di Mariel Müller per l’emittente tedesca Deutsche Welle, quella in Sudan pare ...
08/08/2024

Come suggerito dal titolo di un reportage di Mariel Müller per l’emittente tedesca Deutsche Welle, quella in Sudan pare essere una “guerra dimenticata”. Eppure, a un anno e mezzo dall’inizio della guerra civile, il paese africano sta vivendo una delle più gravi crisi umanitarie della storia recente. Quali sono le cause di questo violento conflitto armato interno? Qual è lo scenario attuale e quali possibili orizzonti si prospettano per una mediazione internazionale verso la pace e un futuro di democrazia nel paese?

In questo articolo - “Civil War in Sudan” - a cura del Center for Preventive Action, che opera sotto l’egida del Council on Foreign Relations statunitense, scopriamo in quali critiche condizioni versa la popolazione, prigioniera da quasi due anni di una cruenta guerra civile.

Gli scontri vedono schierarsi da un lato le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Rapid Support Forces (RSF), entrambe responsabili della fine del precedente regime autoritario di Omar al-Bashir. Dall’articolo emerge il fallimento di una pacifica transizione verso un sistema democratico, basato sul governo di civili e su regolari elezioni, e il conseguente scoppio delle tensioni tra i due gruppi armati, prima alleati e ora rivali, responsabili di oltre 15.000 morti e dello sfollamento di 8,2 milioni di persone.

Nonostante i tentativi di mediazione internazionale, a oggi gli scontri continuano senza un realistico orizzonte di tregua, causando una grave carestia, l’interruzione di gran parte dei servizi medico-sanitari e un pericoloso esodo verso aree circostanti altrettanto instabili.

Da più di un anno e mezzo il Sudan è teatro di una cruenta guerra civile tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF): finora, tutti gli sforzi di tregua e di mediazione t…

Secondo i numeri riportati dalle forze della difesa israeliana, solamente tra ottobre e dicembre 2023 la sua aviazione h...
24/07/2024

Secondo i numeri riportati dalle forze della difesa israeliana, solamente tra ottobre e dicembre 2023 la sua aviazione ha compiuto 10.000 attacchi aerei sulla Striscia di Gaza. Queste azioni offensive sono rese possibili dai continui rifornimenti di equipaggiamenti militari, in particolare di carburante aereo (JP-8), garantiti da stati e compagnie estere. Chi sono i principali fornitori di carburante dell’aviazione israeliana? Quali sono le implicazioni legali di tale coinvolgimento?

Queste sono le domande sollevate dal Centro di ricerca olandese SOMO che, nel mese di maggio, ha pubblicato un report intitolato “Fuelling the flames in Gaza. Exploring the legal consequences for states and corporations involved in supplying jet fuel to the Israeli military”.

Dal rapporto emerge con chiarezza il fondamentale contributo statunitense in questa catena di rifornimento, garantita sia dal governo di Washington che da compagnie energetiche e navali, come la Valero Energy Corporation e la Overseas Shipholding Group. Questo rifornimento, sostiene SOMO, è una forma di compartecipazione alle violazioni del diritto internazionale umanitario commesse dall’esercito israeliano a Gaza, in direzione opposta rispetto al forte richiamo della Corte Internazionale di Giustizia per prevenire un genocidio ai danni dei palestinesi della Striscia.

Per evitare di essere co-responsabili in gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, SOMO invita i governi e le imprese a interrompere le proprie forniture di carburante a Israele e chiede un embargo generale, oltre che sulle armi, sulle forniture di carburante alle forze militari israeliane.

a cura di Elisa Veltre Il centro di ricerca olandese SOMO, specializzato nell’analisi del comportamento delle multinazionali e nella promozione della giustizia sociale a livello globale, ha p…

Dall’inizio di luglio il   è scosso da forti proteste, promosse da studenti e studentesse universitarie che chiedono di ...
23/07/2024

Dall’inizio di luglio il è scosso da forti proteste, promosse da studenti e studentesse universitarie che chiedono di superare il sistema di quote per l’accesso al pubblico impiego.

Una legge del 1971, primo anno dell’indipendenza dal Pakistan, riserva il 56% dei posti nella pubblica amministrazione a varie categorie, tra cui i veterani della guerra d’indipendenza e i loro familiari, cui spetta il 30% degli impieghi. Nel 2018 il governo aveva sospeso il sistema delle quote in seguito ad altre proteste, ma lo scorso giugno l’Alta Corte ha annullato la sospensione in seguito ai ricorsi dei familiari dei veterani.

Il Bangladesh conta almeno 173 milioni di abitanti. I giovani in cerca di lavoro sono almeno 18 milioni, cui si sommano annualmente circa 400.000 neolaureati. “Se i nostri figli meritano di accedere al posto, devono poterlo fare. Ma oggi i figli dei combattenti per l'indipendenza, anche non avendo meriti, ottengono il lavoro facilmente”, ha dichiarato uno dei manifestanti.

Le proteste hanno dato luogo a scontri sempre più violenti con la polizia. La scorsa settimana il governo ha ordinato la chiusura di scuole e università, ha schierato l’esercito, ha imposto il coprifuoco e il blocco di internet. Il bilancio dei morti è controverso, ma potrebbe raggiungere le 160 persone. Manifestazioni di solidarietà agli studenti si sono svolte in varie città del mondo, da New Dehli a New York, su iniziativa delle comunità bengalesi locali.

Domenica scorsa è intervenuta nella crisi la Corte Suprema del Bangladesh, che ha cassato la decisione dell’Alta Corte sulle quote, riducendo i posti pubblici riservati dal 56% al 7% del totale: il 5% destinato ai figli dei “combattenti per la libertà”, l'1% ad alcune minoranze etniche e l'1% alle persone con disabilità o che si riconoscono nel terzo sesso.

La sentenza non ha soddisfatto i leader della protesta, che hanno annunciato la prosecuzione delle mobilitazioni contro il governo della prima ministra Sheikh Hasina, riconfermata lo scorso gennaio per un quarto mandato a seguito di elezioni boicottate dalle opposizioni.

Fonti: The Free Press Journal, Peoples Dispatch, il Post, South China Morning Post.

Quanti sono i morti complessivamente imputabili all’azione militare di Israele sulla Striscia di  ? Quali fattori vanno ...
16/07/2024

Quanti sono i morti complessivamente imputabili all’azione militare di Israele sulla Striscia di ? Quali fattori vanno tenuti in considerazione nella contabilità della morte? È possibile parlare di guerra onestamente, senza tenere conto delle morti indirette causate dagli effetti dei conflitti armati?

Partendo dai dati contenuti nella lettera che Rasha Khatib, Martin McKee e Salim Yusuf hanno pubblicato, lo scorso 5 luglio, sulla prestigiosa rivista medica , Maurizio Bonati, esperto di salute pubblica, risponde a queste domande.

Quando si parla di vittime della guerra, è necessario distinguere tra morti dirette, quelle contemporanee alle azioni belliche, e morti indirette, ovvero quelle successive dovute alla distruzione delle infrastrutture, agli effetti invalidanti sulla popolazione e all’aumento di malattie croniche e infettive.

Nella guerra in corso su Gaza, contando le prime vittime si arriva a 37.396, ma si stima che aggiungendo le seconde si possa arrivare a 186.000.

Bisogna considerare la guerra come un determinante fondamentale per la salute psicofisica, soprattutto per i bambini: l’esposizione alla violenza è profondamente traumatica e ha conseguenze permanenti sullo sviluppo.

Onestà, indipendenza e professionalità sono fondamentali per fare una corretta informazione sulla guerra e sulle sue conseguenze. Ma se la denuncia della violenza è sostenuta da dati accurati e riflessioni serie, nuovi sentieri possono essere tracciati verso una società di pace, rispettosa dei diritti, delle risorse, delle culture e delle fedi.

(Eyad BABA / AFP) I conflitti armati hanno implicazioni indirette sulla salute umana che vanno oltre i danni diretti e immediati della violenza. In una lettera pubblicata il 5 luglio scorso sulla p…

Da marzo scorso il governo del Pakistan ha iniziato a espellere in massa i profughi afghani presenti, a volte da decenni...
05/07/2024

Da marzo scorso il governo del Pakistan ha iniziato a espellere in massa i profughi afghani presenti, a volte da decenni, nel paese: più di mezzo milione di persone è già stato allontanato, e almeno altre 800.000 temono la stessa sorte.

Quali sono le cause e le dinamiche di queste espulsioni? Quali condizioni di vita hanno trovato gli afghani espulsi nel paese d'origine, segnato da una grave crisi umanitaria? E che destino attende quelli che si trovano ancora in Pakistan?

A queste e altre domande hanno risposto Somaiyah Hafeez e Ali M. Latifi, corrispondenti del New Humanitarian, una testata indipendente con sede a Ginevra impegnata da anni nel giornalismo di pace. I due corrispondenti hanno raccolto preziose testimonianze di famiglie afghane da entrambi i lati della Linea Durand: il confine, di origine coloniale, tra Pakistan e Afghanistan.

La maggior parte degli intervistati e delle intervistate ha vissuto in Pakistan per quasi tutta la vita e non vuole ritornare in Afghanistan: un paese con cui non hanno più legami e che viene visto con paura, specialmente rispetto alle prospettive economiche e lavorative. Il rischio concreto è quello di diventare profughi/profughe in quella che, solo formalmente, è la loro "patria".

Da mesi, ogni giorno, centinaia di famiglie afghane lasciano il Pakistan per stabilirsi nelle province confinanti di Kandahar e Nangarhar. Molte non hanno mai vissuto nella loro terra d’origi…

È passato da poco un anno dalle violente alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna. Il cambiamento climatico, aumenta...
05/07/2024

È passato da poco un anno dalle violente alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna. Il cambiamento climatico, aumentando le probabilità di eventi meteorologici estremi, è l’unica causa della violenza distruttiva di quelle alluvioni?

Questa la domanda cruciale cui dà risposta Andrea Vento, docente di geografia all’Istituto Pacinotti di Pisa, tra i fondatori del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati.

Incrociando dati elaborati da ISPRA, SNPA e altri centri di ricerca, nonché da storiche associazioni come Legambiente, l’autore mette in luce il ruolo essenziale delle politiche di gestione del territorio nella prevenzione di simili disastri naturali.

Citando l’ultimo rapporto ISPRA sui pericoli alluvionali in Italia e il rapporto annuale del SNPA sul consumo di suolo, Vento mette in luce l’alta esposizione dell’Emilia-Romagna a eventi alluvionali ad alto impatto.

Se, da una parte, le precipitazioni di maggio 2023 sono state circa il doppio della media annuale, dall’altra parte l’impermeabilizzazione del suolo e la costrizione degli alvei dei fiumi hanno ridotto sensibilmente la capacità del territorio di far fronte a questi eventi meteorologici e assorbire l'acqua piovana.

Si tratta, allora, di adottare una rigorosa politica di consumo di suolo zero e di ripristinare gli spazi naturali lungo i corsi fluviali, così da ristabilire gli equilibri alterati dell’ecosistema e ridurre le probabilità che nuove precipitazioni di entità straordinaria provochino morti e danni, come avvenuto nel maggio 2023.



di Andrea Vento Nelle prime settimane del mese di maggio 2023 la Romagna e la provincia di Bologna, a seguito della prolungata permanenza di una vasta zona di bassa pressione definita in gergo mete…

Indirizzo

Via Del Collegio Ricci, 8
Pisa
56127

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