Gender o non gender: è questo il problema?

Gender o non gender: è questo il problema? Articolo su decostruzione della "teoria del gender" pubblicato sulla rivista "Psicologia Contemporan

Questo articolo sull'uso clinico della psilocibina mi sembra molto interessante
17/08/2024

Questo articolo sull'uso clinico della psilocibina mi sembra molto interessante

But more research and careful regulation is necessary

06/08/2024

Comunicato della Società Italiana di Endocrinologia

Facciamo chiarezza sul caso mediatico Imane Khelif
Comunicato della Commissione Malattie Rare
La Commissione Malattie Rare della Società Italiana di Endocrinologia ricorda che fra le numerose malattie rare endocrino-metaboliche ve n'è una (la sindrome da resistenza agli androgeni) in cui si nasce donna, e come tale si cresce fisicamente e psicologicamente, pur possedendo un corredo cromosomico maschile (46XY). Tale condizione, che nulla ha a che vedere con le disforie di genere o altre rare patologie che possono determinare intersessualità o uno stato transgender, è dovuta ad una anomalia genetica che impedisce al testosterone, l'ormone sessuale maschile, di interagire con il suo recettore in tutti i tessuti del corpo.
A seguito di tale anomalia genetica, queste donne hanno livelli di testosterone pari agli uomini, ma, essendo il suo recettore inattivo, senza alcun effetto biologico, compreso verosimilmente quello sulle performance sportive. Infatti, non vi sono dati scientifici che dimostrino vantaggi sul potenziamento o sulla contrazione muscolare, sulla resistenza fisica o su altri parametri attinenti all'attività motoria. A riprova di ciò, queste donne presentano una ridotta o assente crescita della peluria persino nelle tipiche sedi femminili e nessun effetto mascolinizzante sui genitali o su altri apparati. Essendo la resistenza al testosterone presente geneticamente sin dal concepimento, lo sviluppo in senso femminile inizia già nel periodo embrionale; per questo motivo, alla nascita, il genere attribuito è quello femminile. Solo alcune di esse, con resistenza parziale al testosterone, presentano genitali ambigui alla nascita, e richiedono interventi chirurgici correttivi. Tale patologia genetica determina anche fragilità fisiche e psicologiche, derivanti dalla privazione degli effetti fisiologici esercitati dal testosterone in tutti gli esseri viventi, indipendentemente del genere cui appartengono.
In mancanza di adeguate informazioni cliniche non è possibile essere certi che sia questo il caso di Imane Khelif, l'atleta algerina che si sarebbe dovuta confrontare con la pugile italiana Angela Carini alle Olimpiadi in corso a Parigi, anche se è assai probabile. Non dovrebbe essere necessario ricordare che questioni di tale delicatezza dovrebbero essere affrontate solo su basi scientifiche e culturali adeguate, rinunciando a pregiudizi e posizioni ideologiche e non rendendole oggetto di speculazioni politiche. Ogni individuo con problemi di salute ha diritto al rispetto; tale considerazione è ancora più forte se si considerano patologie genetiche e croniche.


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29/07/2024

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L’imaging cerebrale vede il sesso, ma anche il genere
di Eva Benelli
Pubblicato il 26/07/2024
Tempo di lettura: 6 mins

Il sesso biologico e l'identità di genere sono rappresentati in reti neuronali diverse tra loro. Sono i risultati preliminari di una ricerca che ha esaminato quasi cinquemila preadolescenti nell’ambito di un ampio studio statunitense sullo sviluppo del cervello e la salute delle persone giovani. Obiettivo della ricerca è indagare in che modo l’appartenere a uno o l’altro sesso può influire sul presentarsi di diverse patologie neurologiche, e per farlo ha incluso anche i dati riferiti alle persone che dichiarano una diversa identità di genere, mettendo in luce differenze nelle reti neuronali. Con buona pace di chi non ci crede

MENTE
La divaricazione rischia di farsi sempre più ampia: da una parte chi nega la potenziale distanza tra sesso e genere e preferisce parlare di una supposta “teoria del gender” e dall’altra il progredire degli studi sulle identità di genere che via via cercano di fare luce su come si origina questa identità e le eventuali incongruenze.

Per capirci è bene ricordare che ormai dal 2019 l’Organizzazione mondiale della sanità non definisce più come un disturbo mentale l’incongruenza di genere, cioè quella non coincidenza tra il genere a cui una persona sente di appartenere e il sesso assegnato alla nascita sulla base dei caratteri visibili. Una presa di posizione importante che non solo elimina (almeno sulla carta) lo stigma che accompagna spesso le persone transgender e gender diverse, ma che apre anche al riconoscere che esistono identità di genere diverse, così come orientamenti sessuali diversi, e che tutti appartengono alla dimensione umana (e animale, peraltro). Significa anche riuscire a dare un numero a questi modi di essere, tanto che oggi si stima che l’incongruenza di genere riguardi tra lo 0,5 e l’1,3 per cento della popolazione. Numeri piccoli, ma non minimi.

La dinamica tra mente e cervello
Come si affermi l’identità di genere, dicevamo, è tuttora oggetto di teorie e studi, ma l’approccio che raccoglie maggiori consensi mette in fila sia i fattori biologici, per esempio l’ambiente ormonale in cui si sviluppa il feto o le basi genetiche, sia quelli socioculturali come le interazioni con i genitori e i pari e gli stessi modelli culturali. Certamente il ruolo del cervello rimane uno degli ambiti di studio più promettenti e controversi.

«I fattori neurobiologici che influenzano l’identità di genere sono difficili da stabilire. Al momento, nessun modello ha portato prove significative a suo favore», dice Ute Habel, docente di psicologia al Politecnico di Aquisgrana, in Germania, riportata da Massimo Sandal in un lungo articolo sulla rivista Mind. Secondo l’ipotesi più discussa, proposta principalmente dal neurobiologo olandese Dick Swaab, l’identità di genere è codificata nel cervello grazie all’azione degli ormoni sessuali. Durante il secondo trimestre di gravidanza e fino a tre mesi dopo la nascita, (ipotizza Swaab )se il cervello viene sottoposto a un impulso di testosterone tenderà a mascolinizzarsi, e a sviluppare un’identità di genere maschile, altrimenti svilupperà un’identità femminile. «Questa teoria spiega in modo naturale l’esistenza delle persone trans. La differenziazione sessuale dei cervelli avviene molto dopo la differenziazione degli organi sessuali, che ha luogo entro i primi due mesi di sviluppo fetale. I due processi possono quindi essere influenzati separatamente. Se le due differenziazioni prendono direzioni diverse, l’identità di genere codificata a livello cerebrale non collima più con i caratteri sessuali fisici», precisa Sandal.

Seppur interessante, questa teoria neurobiologica attribuisce forse troppo poco peso al contesto sociale e culturale e, soprattutto alla dinamica tra mente e corpo. In questa direzione si aggiungono nuove indagini, come quella, appena pubblicata sulla rivista ScienceAdviser che ha evidenziato come il sesso e il genere modellino diversamente le reti neurali.

«Uno studio preliminare basato sull'imaging cerebrale di preadolescenti indica che il sesso biologico e l'identità di genere sono rappresentati in reti neuronali diverse tra loro, suggerendo che le differenze tra i cervelli delle persone a cui è stato assegnato un certo sesso alla nascita potrebbero essere i riflessi di aspettative culturali, e non solo di differenze biologiche» si legge nella presentazione del lavoro.

Differenze di genere e malattie
A rendere interessante questa ricerca non è solo il numero di giovani persone coinvolte, quasi 5.000, ma anche l’approccio dello studio che prende in considerazione le realtà diverse tra sesso e genere, dandone per acquisita la diversità e contestualizzandola nel percorso di ricerca. «Sia il sesso che il genere sono importanti da studiare perché sono componenti essenziali dell'identità», afferma Elvisha Dhamala, neuroscienziata presso i Feinstein Institutes for Medical Research e lo Zucker Hillside Hospital e autrice principale del nuovo studio. «Sta diventando sempre più chiaro che guardare solo al sesso in sé non è sufficiente. Non ci darà tutte le risposte». Obiettivo finale del gruppo di ricerca sono alcuni aspetti delle neuroscienze cliniche, perché è ormai accettato che esistono differenze sostanziali tra i sessi nella prevalenza, nei tempi e nel manifestarsi clinicamente di molti disturbi cerebrali comuni nel corso della vita. Per esempio, il disturbo dello spettro autistico e il morbo di Parkinson sono più comuni nei maschi che nelle femmine, mentre la depressione, l'emicrania e il morbo di Alzheimer sono più comuni nelle femmine che nei maschi. E proprio perché le cause delle differenze tra i sessi sono poco comprese, e spesso confuse tra sesso e genere, basare la ricerca e l'assistenza clinica su un approccio che considera solamente il sesso maschile come se fosse unico e valesse per tutte le persone, ne mette in discussione la validità. Al contrario, Elvisha Dhamala e i suoi hanno incluso nella complessità anche le differenze tra sesso e genere.

Per distinguere gli effetti del sesso da quelli del genere sull'attività neuronale, infatti, hanno analizzato i dati di imaging cerebrale raccolti grazie al più grande studio a lungo termine sullo sviluppo del cervello e sulla salute infantile negli Stati Uniti: l’Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD), più ampio anche negli obiettivi. Il team ha esaminato le scansioni di risonanza magnetica funzionale di 4727 bambini di età compresa tra 9 e 10 anni, assegnati al sesso femminile (2315 bambine) o al sesso maschile (2442) alla nascita. La raccolta dei dati sul genere è stata un po' più complicata e si è basata su due questionari, uno rivolto a bambini e bambine e uno ai genitori. L’equipe ha potuto individuare perciò che le reti neuronali associate al genere erano distinte da quelle associate al sesso assegnato alla nascita. Le reti che mostravano modelli di connettività associati al sesso includevano quelle che svolgono un ruolo nell'elaborazione sensoriale e nel controllo motorio, mentre le reti associate al genere erano più ampiamente distribuite in tutto il cervello e tendevano a essere coinvolte in capacità cognitive come attenzione, cognizione sociale ed elaborazione emotiva.

Limiti e stimoli
«Una limitazione importante dello studio è che include dati solo da persone che non hanno raggiunto la pubertà. La mappatura tra sesso e genere potrebbe cambiare durante la pubertà insieme al modo in cui queste due caratteristiche si manifestano nel cervello. Le norme di genere possono anche variare ampiamente tra le culture, quindi lo studio ABCD, che include solo bambini e bambine negli Stati Uniti, non riflette la popolazione globale», è la critica di Tobias Kaufmann, neuroscienziato presso le università di Tubinga e di Oslo, a commento di questo lavoro. Tuttavia Elvisha Dhamala e il suo gruppo sono certi dell’importanza dei loro risultati: «La scoperta che sesso e genere influenzano il cervello in modi diversi potrebbe cambiare il modo in cui facciamo scienza», affermano senza falsa modestia.

È vero che un clima polarizzato come quello che riguarda il tema delle identità di genere, studi come questo rischiano di essere strumentalizzati, in fondo lo abbiamo già visto accadere: nel secolo scorso per esempio, gli scienziati hanno utilizzato la differenza nel peso medio del cervello tra uomini e donne per sostenere che queste ultime sono meno intelligenti. Oggi, le polemiche intorno al ricorso ai bloccanti della pubertà per le persone giovani con problemi di disforia di genere, non sono certo un esempio rassicurante. «Il modo migliore per evitare idee sbagliate è svolgere una scienza rigorosa» è la risposta di Elvisha Dhamala, che aggiunge: «Abbiamo coinvolto nel processo persone transgender e non conformi al genere, i cui corpi e identità sono stati storicamente esclusi o trattati come anormali dagli scienziati, perché sono persone che possono avere intuizioni uniche sulla natura del sesso e del genere. Non si può fare ricerca su una popolazione senza includere quella popolazione nel team di ricerca».

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25/07/2024

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• KHNUMHOTEP E NIANKHKHNUM: LA PRIMA COPPIA OMOSESSUALE MASCHILE DOCUMENTATA DELLA STORIA

In linea generale, l’omosessualità nell’antico Egitto è un tema su cui c’è grande dibattito all’interno della comunità degli storici e degli egittologi, poiché le fonti e le prove su cui potersi basare per costruire un’opinione precisa e corrispondente alla realtà storica del tempo sono molto poche, incerte, e farraginose.

Uno dei casi più celebri discussi è quello unico che riguarda due alti funzionari, Khnumhotep e Niankhkhnum, vissuti sotto il regno del faraone Niuserra e del faraone Menkauhor della V dinastia egizia, nella seconda metà del XXV secolo a.C.; il loro titolo condiviso era quello di supervisore dei manicuristi del palazzo del Re ed erano confidenti del re stesso.

In più, i due erano anche sacerdoti del tempio solare ad Abu Gurab e infatti i loro nomi sono teoforici (ovvero contengono il nome e il concetto di una divinità per diffondere il suo culto e ottenere la sua protezione) del dio della creazione solare Khnum - Khnumhotep significa "Khnum è soddisfatto", mentre Niankhkhnum "la vita appartiene a Khnum".

Entrambi gli uomini avevano mogli e figli che sono raffigurati assieme a loro, ma, alla loro morte, vennero seppelliti insieme nella stessa mastaba, ovvero una tomba monumentale tipica delle prime fasi della civiltà egizia.

La tumulazione nella stessa tomba in posti vicini era riservata solo alle coppie sposate in Egitto e nessuna stanza fu predisposta nel progetto originale per dare posto ad altre persone accanto a loro.

Sulle mura della loro mastaba, Khnumhotep e Niankhkhnum sono ritratti più volte in atti quotidiani di coppia mentre si abbracciano intimamente, sono mano nella mano, e i loro nasi si sfiorano: quest’ultimo dettaglio è molto importante, perché il contatto naso contro naso era il modo in cui solitamente nell’Antico Egitto si rappresentava un bacio.

In un'altra rappresentazione tombale, Khnumhotep dona un fiore di loto a Niankhhnum, tradizionalmente un gesto compiuto dalle donne verso i mariti.

Data la presenza di consorti e prole, si potrebbe ipotizzare che Khnumhotep e Niankhhnum fossero bisessuali, oppure si siano sposati con donne per poter avere dei figli da loro. Da notare, inoltre, che la presenza della moglie di uno dei due è stata praticamente cancellata da un muro della mastaba e, in generale, queste donne non rappresentano il focus delle scene di vita che vediamo ritratte nella tomba.

La rappresentazione di Khnumhotep e Niankhkhnum nella loro mastaba è del tutto identica a quelle che gli egittologi interpretano solitamente come coppie eterosessuali sposate e che nessuno ha mai messo in discussione.

La tomba di Khnumhotep e Niankhkhnum, che si trova a Saqqara, città a trenta chilometri dal Cairo, venne scoperta nel 1964 dall’egittologo Ahmed Moussa. È una delle più grandi della necropoli in cui è sita ed è stata costruita parzialmente in pietra e parzialmente scavata nella roccia calcarea; al livello sotterraneo della mastaba vennero trovati i resti di due sarcofagi, ma non sono stati rinvenuti i corpi mummificati di Khnumhotep e Niankhkhnum.

Nella tomba i loro nomi sono combinati tra loro (come facciamo noi shippers coi nomi delle nostre otp!), originando un gioco di parole: la parola “hmn” non si riferisce solo al dio solare Khnum, ma anche al verbo unire. Quindi, il significato della combinazione sarebbe "uniti nella vita e uniti nella pace", a sottolineare ulteriormente quanto Khnumhotep e Niankhkhnum fossero legatissimi tra loro e volessero condividere insieme anche ciò che li attendeva dopo la loro esistenza terrena.

Le posizioni su quale fosse il reale rapporto tra i due uomini sono agli antipodi tra gli egittologi; vanno da chi sostiene apertamente che i due fossero un esempio di coppia omosessuale sposata (e che quindi il loro legame fosse socialmente accettato nella società egizia dell’epoca) a chi, invece, data la già citata presenza di mogli, altre consorti e figli nei dipinti della mastaba, porta avanti la tesi che Khnumhotep e Niankhkhnum fossero gemelli, addirittura siamesi.

Ma questa interpretazione è problematica, poiché implicherebbe la revisione di tutte le altre rappresentazioni precedenti di quelle che erano state considerate coppie sposate eterosessuali, trasformandole in coppie tra fratello e sorella.

Stando alle fonti di cui si dispone, comunque, non è possibile affermare che nell’Antico Egitto l’omosessualità fosse un qualcosa di spregevole, un atto che creasse disapprovazione sociale o un reato passibile di punizione. Anzi, gli egizi erano noti in altre culture coeve come un popolo dotato di grande libertà sessuale ed erano usati come esempio di dissolutezza e lussuria (Mosè nella parte del Levitico dedicata alle prescrizioni sessuali da cui ha origine l’opposizione di stampo religioso all’omosessualità parla chiaramente dei rapporti tra uomini come della “pratica dell’Egitto”).

FONTI
https://it.wikipedia.org/wiki/Khnumhotep_e_Niankhkhnum

https://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%C3%A0_nell%27antico_Egitto

https://www.gionata.org/archeologia-gay-khnumhotep-e-niankhkhnum-la-prima-storia-d-amore-dell-antico-egitto/

https://open.spotify.com/episode/2KTuplaV2B0kfP7k7VRjVo (episodio di QUID dedicato a Khnumhotep e Niankhkhnum)

FILMOGRAFIA

Nel film Bros, la storia di Khnumhotep e Niankhkhnum è nominata dal protagonista Bobby nel suo discorso iniziale come esempio di prima coppia gay maschile della storia, e ritorna anche nel finale come simbolo della storia q***r che si dipana lungo il tempo.

PS: trovate vari post su loro due in pagina con lo strumento Cerca!

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Segnalo a researchers non strutturat3 (laureat3 magistrale, dottorand3, assegnist3, RTDA) afferenti a qualsiasi settore disciplinare delle scienze umane e sociali la call for abstract per la sessione "lavoro e discriminazioni" curata da Carmen Ferrara, Stefania Arianna Di Pietro e Maria Grazia Montesano del convegno della Società Italiana di Sociologia Economica, che si terrà a Catania il 19 e 20 maggio 2023.

Scadenza per l'invio di abstract: 1 aprile 2023
Link alla sessione: http://www.sisec.it/2023/sessione-lavoro-e-discriminazioni/

Grazie Paolo!

Sessione “Lavoro e Discriminazioni”Coordinano: Stefania Arianna Di Pietro, Carmen Ferrara, Maria Grazia Montesano English version here.

30/10/2021

Da Paolo Valerio, professore e artista, ci siamo fatti raccontare la sua esperienza nel mondo transgender e l'importanza delle differenze.

Indirizzo

Via Santa Caterina Da Siena, 15
Naples
80132

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