Cleftomania

Cleftomania a cura di CLEF Reggio Calabria

Un problema che non può essere ignorato o sottovalutato
23/11/2023

Un problema che non può essere ignorato o sottovalutato

Sope 'nu tempetillec'era quattro voiarille:'a cap'e rànule 'a scazzavane.Fucitinne rànele da la vocca:la chiave de la Ch...
02/11/2023

Sope 'nu tempetille
c'era quattro voiarille:
'a cap'e rànule 'a scazzavane.
Fucitinne rànele da la vocca:
la chiave de la Chiesia non si tocca.

da "Sud e magia" di Ernesto De Martino

Reggio Calabria non dimentica e non ricorda. Come si sa, non dimentica perchè non ricorda e non ricorda perchè non dimen...
31/10/2023

Reggio Calabria non dimentica e non ricorda. Come si sa, non dimentica perchè non ricorda e non ricorda perchè non dimentica. E potremmo continuare.

Uscendo della gioventú, l’uomo resta privato della proprietá di comunicare e, per dir cosí, d’ispirare colla presenza sé...
29/10/2023

Uscendo della gioventú, l’uomo resta privato della proprietá di comunicare e, per dir cosí, d’ispirare colla presenza sé agli altri; e perdendo quella specie d’influsso che il giovane manda ne’ circostanti, e che congiunge questi a lui, e fa che sentano verso lui sempre qualche sorte d’inclinazione, conosce, non senza un dolore nuovo, di trovarsi nelle compagnie come diviso da tutti, e intorniato di creature sensibili poco meno indifferenti verso lui che quelle prive di senso.

Giacomo Leopardi (Pensieri, LXI)

A tutor who tooted the flute,Tried to tutor two tooters to toot.Said the two to the tutor:“Is it harder to toot orTo tut...
27/10/2023

A tutor who tooted the flute,
Tried to tutor two tooters to toot.
Said the two to the tutor:
“Is it harder to toot or
To tutor two tooters to toot?".

LA SPOSABruna sono ma bella,o figlie di Gerusalemme,come le tende di Kedar,come le cortine di Salomone.Non state a guard...
26/10/2023

LA SPOSA

Bruna sono ma bella,
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come le cortine di Salomone.
Non state a guardare se sono bruna,
perché il sole mi ha abbronzato.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l’ho custodita.
Dimmi, o amore dell’anima mia,
dove vai a pascolare le greggi,
dove le fai riposare al meriggio,
perché io non debba vagare
dietro le greggi dei tuoi compagni?

Ct 1, 5-7

La questione sulla quale molto si è discusso, se cioè il Buddhismo sia una religione od una filosofia, é oziosa: non sol...
09/11/2022

La questione sulla quale molto si è discusso, se cioè il Buddhismo sia una religione od una filosofia, é oziosa: non solo perchè non c’é religione di popoli culti che non si corrobori con argomenti razionali e non ispiri una dommatica, ma altresì perchè in India, come abbiamo più volte ricordato, religione e filosofia non si sono mai scisse e rese indipendenti l’una dall’altra. Il Buddhismo ebbe la sua origine in quel fervore intellettuale che agitò l’India intorno al VI e V secolo a.C. e fu una nuova risposta alla medesima domanda come possa l’uomo porre un arresto al flusso della vita che per la sua instabilità e dolore e conseguire lo stato nirvanico.
Questa corrente si denomina Buddhismo dall’epiteto attribuito al suo fondatore: il Buddha, “lo Svegliato”. Questi, secondo la tradizione, si chiamava Siddhartha ma dal nome del clan vien detto altresì Sakyamuni, “l’asceta della famiglia Sakya”. Nacque a Kapilavastu nel Tarai e si spense a Kusinagara nel 478 a.C.; a Banaras predicò ai primi discepoli. Che Sakyamuni sia un personaggio storico non pare possa dubitarsi, ma è altrettanto certo che nella sua biografia sono concorsi, con l’andar del tempo, molti elementi leggendari, echi e risonanze ed aspettazioni del mondo religioso che intorno ai fedeli di lui contemporanei od a lui posteriori si agitava. L’età della sua morte, della sua definitiva entrata nel nirvana, sembra debba fissarsi intorno al 478 a.C. Egli non scrisse nulla, ma molto insegnò: i suoi discorsi vennero raccolti e tramandati dai discepoli. Questa trasmissione orale ha naturalmente grandi svantaggi: è soggetta a reticenze, aggiunte ed interpolazioni che non c'è modo di controllare. Tanto più che dissensi e ostilità contro il maestro non mancarono neppure quando egli era vivente e più accesi si fecero subito dopo la sua morte. Come accade nei riguardi di tutti i grandi fondatori di religioni, la sua parola produceva diverse risonanze a seconda che fosse diretta ai discepoli veri e propri, ai sramana e ai bhiksu, a coloro che avevano scelto di seguire il suo esempio e di distaccarsi dal mondo, o piuttosto ai devoti laici, fascinati dalla sua personalità. Le regole e le rinunce e le osservanze prescritte per i discepoli e i confratelli erano più rigide che non quelle richieste ai laici. I quali affluivano verso il Buddha fiduciosi non soltanto perchè egli appariva uomo santo e come tale più che mai degno di quella simpatia e devozione con cui in India sono salutati tutti coloro che si reputano partecipi o depositari della Verità, ma anche perchè nè esoterismi nè privilegi di casta mettevano fra i seguaci nessuna barriera. Fin dagli inizi erano presenti dunque le condizioni che dovevano condurre alle due diverse interpretazioni del Buddhismo, la larga e la ristretta, il Buddhismo del Grande Veicolo e quello del Piccolo Veicolo, laico e monacale, Mahayana e Hinayana. Quest’ultimo si arrogava d’essere il custode e l’interprete fedele della parola dei maestro. Ma quali erano poi questi suoi insegnamenti? Fra tutti quelli che a lui si attribuivano quali erano confortati dal consenso comune e universalmente riconosciuti come autentici? Certe opinioni che si facevano strada riproducevano veramente la sua parola, o rappresentavano idee eterodosse? Questi problemi si posero subito dopo la scomparsa del maestro. Si sentì pertanto la necessita di indire dei concili per risolvere questi punti controversi. Tre concili dice la tradizione: nel secondo, quello di Vaisali, sarebbe avvenuto il primo scisma fra gli antichi (sthavira) ed i seguaci della grande comunità (mahasanghika).
Sul numero, sulle vicende e sulle presunte cronache di cotesti concili si può discutere: che concili però si tennero e che questi dovessero condurre ad una codificazione della parola del maestro è avvenimento ovvio, non proprio del solo Buddhismo, ma tanto frequente in tutte le religioni che non c’è motivo per porlo in discussione.

GIUSEPPE TUCCI

da “STORIA DELLA FILOSOFIA INDIANA” (1957)

Immagine (Navoniloy Bhaumik Photography da Wikimedia): statua colossale del Buddha, Hyderabad, India.

31 ottobre al Revulver Studio per la Notte di San Volfango, protettore di musicisti irriverenti e biscottini scherzosi. ...
22/10/2022

31 ottobre al Revulver Studio per la Notte di San Volfango, protettore di musicisti irriverenti e biscottini scherzosi.

La ricorrenza verrà celebrata con il doppio concerto di Fight YokoZuna e Quello Sporco Duo.

Al termine delle esibizioni, la leggendaria postazione del Dj Sert sarà aperta alla selezione musicale del pubblico: una prova di coraggio in un luogo notoriamente frequentato da ferratissimi musicofili.

Sono benvenuti costumi, maschere, dolcetti stravaganti, discorsi mai visti, scherzetti paranormali e arte varia in tono con la data.

Festa di Madonna a Piazza CarmineJam session & open micInizio ore 18
09/09/2022

Festa di Madonna a Piazza Carmine

Jam session & open mic

Inizio ore 18

Dicono cose meravigliose sulla Festa di Madonna del passato ed è naturale crederci all’ombra della delusione suscitata d...
06/09/2022

Dicono cose meravigliose sulla Festa di Madonna del passato ed è naturale crederci all’ombra della delusione suscitata dalle ultime edizioni. I tempi cambiano e il declino della fede, come del folklore, va oltre il caso Reggio Calabria. Eppure, per quanto la Festa di una volta potesse essere carismatica, è lecito sospettare che il confronto con il presente possa essere appesantito dall’attitudine ad idealizzare sistematicamente il passato.
Viene spontaneo associare la tradizione alla conservazione perché è ricevuta in custodia, quando il suo obiettivo reale è la continuità. Lascereste (o accettereste) un patrimonio a condizione che rimanga inalterato? Non preferireste che i vostri eredi l’arricchissero nel tempo con la loro esperienza? Forse sto idealizzando il futuro, mentre noi siamo “qui ed ora”, come ripete ormai anche la scienza.

MARY JAM SESSION

13 Settembre PIAZZA CARMINE

Martedì di Festa Madonna, come sempre, sul marciapiede adiacente al Revulver Studio, l’associazione di promozione sociale CLEF allestirà una strumentazione musicale disponibile al pubblico. La piazza sarà brulicante di Reggio ed è un’occasione speciale per far sentire la propria musica.
In considerazione dell’andamento spontaneo della jam session, si suggerisce di contattare CLEF nel caso si volesse offrire un’esibizione più strutturata.

INIZIO ORE 18

COME SCRIVERE BENE di UMBERTO ECO Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, c...
24/05/2022

COME SCRIVERE BENE

di UMBERTO ECO

Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura.

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.

tratto da "LA BUSTINA DI MINERVA", 2000

Immagine (da Wikimedia):

Leonid Pasternak, "La passione della creazione", 1890 circa

FESTA, POLITICA E RIVOLUZIONE La volontà della rivoluzione francese di indire delle feste edificanti, espressa e giunta ...
31/03/2022

FESTA, POLITICA E RIVOLUZIONE

La volontà della rivoluzione francese di indire delle feste edificanti, espressa e giunta fino a noi attraverso le parole di Mirabeau, è nota a tutti. Si tratta di creare le condizioni propizie a momenti di intensità emotiva che contribuiscano a forgiare uomini nuovi. Nel 1791 il grande oratore della Costituente, convinto dell’influenza positiva di tali manifestazioni, proclama che bisogna agire sui sensi degli uomini. Secondo Mirabeau, l’uomo, essere sensitivo, è sospinto da immagini impressionanti, da grandi spettacoli, da emozioni profonde.
In una relazione del 18 fiorile, anno II (7 maggio 1794), Robespierre precisa lo scopo delle feste nazionali:

"Esiste una sorta di istituzione che deve essere considerata una parte essenziale dell’educazione pubblica: voglio dire le leste nazionali. Si parla sempre con entusiasmo delle feste nazionali della Grecia. Là c’era la Grecia; si assisteva a uno spettacolo più grande dei giochi, ed erano gli spettatori stessi. Quanto sarebbe facile per il popolo francese dare a queste adunate un contenuto più ampio, un carattere più elevato! Naturalmente, un sistema di feste nazionali sarebbe il più tenero legame di fraternità e il più potente mezzo di rigenerazione. Vi siano feste generali e più solenni per tutta la Repubblica; vi siano feste particolari e per ciascun luogo, giorni di riposo, giorni in cui viene sostituito ciò che le circostanze hanno distrutto. Tutte tendano a ridestare i sentimenti generosi che costituiscono l’attrattiva e l’ornamento della vita umana, l’entusiasmo per la libertà, l’amor di patria, il rispetto delle leggi!"

I rivoluzionari intendevano sradicare le feste dell’Ancien Regime, tese alla celebrazione della gloria monarchica, e sostituirle con nuovi forti simboli capaci di attirare e unificare il popolo. Studiando questi tentativi di creare feste nuove, gli storici ne hanno anche messo in rilievo la varietà: da manifestazioni radicalmente nuove si passa ad altre strettamente legate a feste rurali o religiose antecedenti la Rivoluzione. La grande molteplicità di queste forme cerimoniali ha impedito che si cristallizzasse uno schema rigido; inoltre le feste rivoluzionarie non sono durate abbastanza a lungo per potersi avvalere della forza della ripetitività che ne avrebbe fatto dei veri riti repubblicani.
Durkheim, tuttavia, osservava che le feste rivoluzionarie potevano essere analizzate usando le categorie del sacro. Seguendo la strada aperta dal fondatore della sociologia, lo storico Jean Deprun ha letto la festa dell’Essere Supremo, quale fu voluta da Robespierre e ideata da David, utilizzando la griglia concettuale proposta da Hubert e Mauss in “Essai sur la nature et la fonction du sacrifice” (1899), e riprendendo, con valore metaforico, l’analisi condotta a suo tempo dai due studiosi sulle figure e sulle funzioni del sacrificante e del sacrificatore. Il 20 pratile, una vittima viene sacrificata: è l’ateismo; dalle sue ceneri sorge il sacro, divenuto a un tratto visibile; nello spazio si delimita un’area del sacro e tutta Parigi è sacralizzata. Il sacrificante, il popolo, e il sacrificatore, Robespierre, si sono purificati - a modo loro e nella misura del possibile -, mentre le decorazioni floreali e gli ornamenti degli abiti assumono, in questa circostanza, un grande rilievo. L’ingresso e l’uscita degli attori della sacralizzazione sono accuratamente codificati. Gli effetti del rito, molto calcolati, sono destinati a far presa più sui testimoni che sugli officianti. L’avvento del nuovo ordine richiede una regia elaborata. Con la rivoluzione francese si pone dunque il problema, ancora oggi pienamente attuale, del rapporto fra festa politica e spettacolo.

MARTINE SEGALEN

da "RITI E RITUALI CONTEMPORANEI" (1998)

In foto (da birdmenmagazine.com):

Sergio Leone, Rod Steiger e James Coburn sul set di "Giù la testa" (1971)

LA MASCHERA'Na vôta sula all'annu, l'ômu si leva 'a maschera:quandu vestidi Carnalivari!OTELLO PROFAZIOImmagine: "L'intr...
19/02/2022

LA MASCHERA

'Na vôta sula all'annu,
l'ômu si leva
'a maschera:
quandu vesti
di Carnalivari!

OTELLO PROFAZIO

Immagine: "L'intrigo" di James Ensor

L’ultimo giorno dell’annonon è l’ultimo giorno del tempo.Altri giorni verrannoed altre cosce e ventri ti comunicherannoi...
31/12/2021

L’ultimo giorno dell’anno
non è l’ultimo giorno del tempo.
Altri giorni verranno
ed altre cosce e ventri ti comunicheranno
il calore della vita.
Bacerai bocche, strapperai lettere,
farai viaggi e tanti festeggiamenti
di compleanni, laurea, promozioni, gloria,
una morte dolce con sinfonie e cori,
tanto che il tempo sarà colmo
e non sentirai il clamore,
gli irreparabili ululati
del lupo, nella solitudine.

L’ultimo giorno del tempo
non è l’ultimo giorno di tutto.
Avanza sempre una frangia di vita
in cui si siedono due uomini.
Un uomo e il suo contrario,
una donna e il suo piede,
un corpo e la sua memoria,
un occhio e la sua luce,
una voce e la sua eco,
e chissà anche Dio…

Accetta con semplicità questo dono del caso.
Ti sei meritato un altro anno di vita.
Vorresti vivere per sempre e consumare la feccia dei secoli.
Tuo padre è morto, anche tuo nonno.
Anche in te molto si è estinto,
il resto sbircia la morte,
ma sei vivo.
Ancora una volta sei vivo,
e col bicchiere in mano
attendi l’alba.

La risorsa del bere.
La risorsa della danza e del grido,
la risorsa della palla colorata,
la risorsa di Kant e della poesia,
tutte insieme… e nessuna serve.

Sorge il mattino di un nuovo anno.
È tutto pulito, in ordine.
Il corpo esausto si rinnova nella schiuma.
Tutti i sensi all’erta funzionano.
La bocca sta masticando vita.
La bocca s’ingozza di vita.
La vita scorre dalla bocca,
imbratta le mani, la strada.
La vita è grassa, oleosa, mortale, surrettizia.

CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE

- Testo originale:

O último dia do ano
não é o último dia do tempo.
Outros dias virão
e novas coxas e ventres te comunicarão o calor da vida.
Beijarás bocas, rasgarás papéis,
farás viagens e tantas celebrações
de aniversário, formatura, promoção, glória, doce morte com sinfonia e coral,
que o tempo ficará repleto e não ouvirás o clamor,
os irreparáveis uivos
do lobo, na solidão.

O último dia do tempo
não é o último dia de tudo.
F**a sempre uma franja de vida
onde se sentam dois homens.
Um homem e seu contrário,
uma mulher e seu pé,
um corpo e sua memória,
um olho e seu brilho,
uma voz e seu eco,
e quem sabe até se Deus. . .

Recebe com simplicidade este presente do acaso.
Mereceste viver mais um ano.
Desejarias viver sempre e esgotar a borra dos séculos.
Teu pai morreu, teu avô também.
Em ti mesmo muita coisa já expirou, outras espreitam a morte,
mas estás vivo. Ainda uma vez estás vivo.
e de copo na mão
esperas amanhecer.
O recurso de se embriagar.
O recurso da dança e do grito,
o recurso da bola colorida,
o recurso de Kant e da poesia,
todos eles. .. e nenhum resolve.

Surge a manhã de um novo ano.
As coisas estão limpas, ordenadas.
O corpo gasto renovase em espuma.
Todos os sentidos alerta funcionam.
A boca está comendo vida.
A boca está entupida de vida.
A vida escorre da boca,
lambuza as mãos, a calçada.
A vida é gorda, oleosa, mortal, subreptícia.

(Immagine tratta dal film "Fantozzi")

"Iscrizione messa sul portale di Teleme"da GARGANTUA di François Rabelais Qui non entrate voi, ipocriti, bigotti,Vecchie...
23/12/2021

"Iscrizione messa sul portale di Teleme"

da GARGANTUA di François Rabelais

Qui non entrate voi, ipocriti, bigotti,
Vecchie bertucce, sguatteri gonfioni,
Torcicolli, sciocchi da disgradarne i Goti
E gli Ostrogoti, precursori dei macacchi;
Accattoni, lebbrosi, mangiamoccoli impantofolati,
Straccioni imbacuccati, porcaccioni scornacchiati,
Beffati, tumefatti, accattabrighe;
Tirate via a vendere altrove i vostri imbrogli.
I vostri mali imbrogli
Invaderebbero i miei campi
Di cattiveria;
E per loro falsità
Turberebbero i miei canti
I vostri mali imbrogli.

Qui non entrate voi o legulei mangiafieno,
Scribacchini, curiali, divoratori di popolo,
Coadiutori, scribi e farisei,
Giudici antichi che ai buoni parrocchiani
Siccome a cani mettete il guinzaglio.
Sia vostra mercede il patibolo.
Andate là a ragliare; qui non si commette eccessi,
Onde alle vostre corti movansi processi.
Processi e dispute
Han poco da stare allegri qui,
Dove si viene a spassarsela.
Su voi per litigare
Si rovescino a cestoni
Processi e discussioni.

Qui non entrate voi, usurai spilorci,
Ghiottoni leccapiatti, che sempre ammassate,
Acchiappagatti, ingoiatori di nebbia,
Curvi, camusi, che nelle vostre pentole
Non avete mai abbastanza migliaia di marchi.
Non fate smorfie quando incassate
E accumulate, poltroni dall'avara faccia;
Che mala morte d'un colpo vi disfaccia.
La faccia non umana
Di tal gente si porti
A ridere altrove; qui dentro
Non sarebbe decente;
Via da questo territorio
Facce non umane.

Qui non entrate voi, o deliranti mastini
Né a sera né a mattino, vecchi malinconici e gelosi,
Né voi faziosi e rivoltosi,
Fantasmi, f***etti, spioni dei mariti,
Greci e Latini più pericolosi dei lupi;
Né voi rognosi impestati fino all'osso;
Andate altrove a far mostra d'ulceri,
Infranciosati carichi di disonore.
Onore, lode, letizia
Son qui dentro convenuti
In accordo giocondo;
Tutti son qui sani di corpo.
Perciò ben qui s'addice
Onore, lode, letizia.

Qui entrate e siate i benvenuti
E benarrivati voi tutti, nobili cavalieri
Questo è il luogo ove son copiose
E giuste rendite, affinché ospitati
Siate tutti, grandi e piccoli a migliaia.
Miei familiari, miei intimi sarete
O freschi, giocondi, allegri, piacevoli, graziosi;
E tutti in generale gentili compagnoni.
Compagnoni gentili
Sereni e sottili
Alieni da bassezza,
Di cortesia
Qui sono gli strumenti,
O compagnoni gentili.

Qui entrate voi che l'evangelio santo
Vivacemente propagate, checché si gridi.
Qui dentro avete rifugio e fortezza
Contro l'errore dei nemici, che tanto procura
Avvelenare il mondo con sua falsità:
Entrate, e qui si fondi la profonda fede;
Poi si confondano e a voce e per iscritto
I nemici della santa parola.
La parola santa
Non sia mai estinta
In questo luogo santissimo.
Ciascun ne sia cinto
Ciascuno incinto sia
Dalla parola santa.

Qui entrate voi, dame d'alta stirpe,
Con franco cuore e lietamente entrate,
Fiori di bellezza dal viso celeste,
Dal corpo snello, dal fare onesto e saggio.
In questo luogo ha sede l'onore.
L'alto signore donatore del luogo
E compensatore, per voi l'ha ordinato
E per ogni spesa ha molto or donato.
Or donato per dono
Ordina perdono
A chi lo dona:
E ben guiderdona
Ogni mortal galantuomo
Or donato per dono.

FRANÇOIS RABELAIS (1490 circa - 1553)

Foto (Erik Albers da Wikipedia):

Una stanza della "Abbazia_di_Thélema" a Cefalù, dimora esoterica di Aleister Crowley, attualmente in stato di abbandono.

it.wikipedia.org/wiki/Gargantua_e_Pantagruel

it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Th%C3%A9lema

UN RIMORSOI.O il tetro Palazzo Madama...la sera... la folla che imbruna...Rivedo la povera cosa,la povera cosa che m’ama...
11/10/2021

UN RIMORSO

I.

O il tetro Palazzo Madama...
la sera... la folla che imbruna...
Rivedo la povera cosa,

la povera cosa che m’ama:
la tanto simile ad una
piccola attrice famosa.

Ricordo. Sul labbro contratto
la voce a pena s’udì:
"O Guido! Che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?"

II.

Sperando che fosse deserto
varcammo l’androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie

d’amanti... Fuggimmo all’aperto:
le cadde il bel manicotto
adorno di mammole doppie.

O noto profumo disfatto
di mammole e di petit-gris...
"Ma Guido che cosa t’ho fatto
di male per farmi così?".

III.

Il tempo che vince non vinca
la voce con che mi rimordi,
o bionda povera cosa!

Nell’occhio azzurro pervinca,
nel piccolo corpo ricordi
la piccola attrice famosa...

Alzò la veletta. S’udì
(o misera tanto nell’atto!)
ancora: "Che male t’ho fatto,
o Guido, per farmi così?".

IV.

Varcammo di tra le rotaie
la Piazza Castello, nel viso
sferzati dal gelo più vivo.

Passavano giovani gaie...
Avevo un cattivo sorriso:
eppure non sono cattivo,

non sono cattivo, se qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: "Che male t’ho fatto,
o Guido per farmi così?".

GUIDO GOZZANO

da "La via del rifugio" (1907)

Immagine (da Wikimedia):

CARLO BOSSOLI, Lo scalone di Palazzo Madama: Re Vittorio Emanuele II, Cavour, i Ministri e la Corte lo discendono dopo l'inaugurazione della V Legislatura subalpina, 1853

Un brano da:La Calabria all’indomani dell’8 settembre 1943di Pantaleone Sergi"Ristagno economico e rabbia sociale"Tutto ...
25/06/2021

Un brano da:

La Calabria all’indomani dell’8 settembre 1943

di Pantaleone Sergi

"Ristagno economico e rabbia sociale"

Tutto ciò aveva determinato un ristagno economico che si evidenziava con redditi bassissimi, disoccupazione enorme, miseria abissale. Quella miseria che spinse all’azione masse di diseredati, esasperò le tensioni sociali e portò, con un effetto rivoluzionario, alla crisi definitiva del tardo-feudalesimo costituito da ceti reazionari aggrappati alla rendita parassitaria i quali tenevano imprigionato il territorio, bloccandone lo sviluppo.
Agli esordi della democrazia, insomma, la Calabria era avvitata nella sua disperazione. «La guerra – scrisse Ugo La Malfa, all’epoca leader del Partito d’Azione – è passata con violenza estrema su tutto il territorio liberato. Si trattava di un territorio povero, in alcune zone poverissimo. La guerra lo ha disarticolato completamente». In tale contesto precario e magmatico dominante all’indomani dello sbarco anglo-americano nel continente, non era un compito semplice riavviare la macchina dello Stato, riparare le case, dare cibo alle popolazioni stremate. Il governo militare alleato si adoperò per far ripartire la vita politica e amministrativa senza tuttavia modificare più di tanto l’impalcatura dello stato fascista, anzi tollerando, come denunciava già nel marzo 1944 l’organo del Partito Comunista Italiano «L’Unità», presenze e rigurgiti neofascisti nelle istituzioni, assistendo passivamente all’attività di «agenti hitleriani» che in molti centri della Calabria si muovevano indisturbati, si accanivano sulle organizzazioni antifasciste, commettevano attentati contro tipografie nelle quali si stampavano i giornali antifascisti, usavano la dinamite per distruggere sedi del PCI, ingaggiavano sparatorie con i soldati, «incoraggiati dalla criminale complicità delle autorità governative».
La Calabria, per il resto, era una regione sospesa tra un passato che ancora si prolungava in maniera tentacolare con effetti nefasti e un futuro tutto da scoprire e da costruire. Tuttavia, anche con gli strumenti messi a disposizione dagli anglo-americani si formò allora una nuova coscienza politica che intravide nei bisogni delle masse da soddisfare il primo motivo del proprio impegno.
Non fu un processo semplice. La spinta alla democrazia proveniente da quel popolo fino ad allora escluso dai processi politici decisionali, in una realtà che della democrazia aveva soltanto «sentito dire» qualcosa, tanto era lontana ed elitaria ogni pratica democratica anche prima del fascismo, dovette fare in conti con le resistenze delle vecchie classi dominanti, con il camaleontismo politico messo in atto da tanti fascisti subito traslocati nei partiti risorti, e in ciò favoriti dai larghi varchi dell’antifascismo che accolse tanti notabili compromessi con il passato ventennio, con l’organizzazione del regime a lungo ancora in piedi e con la blanda e mancata epurazione, tutte situazioni che ostacolarono un reale mutamento. Di fatto, il Mezzogiorno d’Italia, ha rilevato Massimo L. Salvadori, rimase «la sede della continuità del vecchio Stato, sotto il governo regio». L’obiettivo di costruire partendo dal Sud quella nuova Italia sognata da tanti democratici negli anni bui del fascismo, perciò, non fu mai completamente raggiunto. Tutto il processo di democratizzazione è stato difficile. Eppure sembrava che gli avvenimenti – lotte e rivolte – portassero speditamente in quella direzione. Troppi furono, però, gli elementi di persistenza e continuità che ne hanno stemperato la forza d’urto spontaneamente rivoluzionaria determinata dal tracollo istituzionale.
Un paio di settimane e sporadici scontri a fuoco furono sufficienti agli alleati per fare arretrare oltre il Pollino l’esercito nazista in fuga, allontanando subito, così, lampi di guerra dal territorio calabrese in cui furono sporadici – benché sanguinosi – gli scontri armati diretti. L’invasione continentale era avvenuta il 3 settembre 1943 con il trasferimento indolore delle truppe dalla Sicilia alla Calabria. Non ci fu il bagno di sangue temuto. Nell’operazione Baytown, come fu chiamato in codice lo sbarco sul contenente, Montgomery non trovò alcuna reale resistenza. Inconsistente si mostrò la difesa affidata alla 502° Battaglione costiero italiano, e le due divisioni tedesche presenti (la 26a Panzer priva di carri armati e la 29a Panzer Granadier) alle prime avvisaglie dello sbarco scelsero una precipitosa ritirata per non rischiare di rimanere intrappolate in territorio calabrese, nella tenaglia in effetti tentata con gli sbarchi delle truppe alleate a Salerno e a Taranto. La Wermacht in fuga, si batté col nemico in episodi sporadici sebbene sanguinosi ma soltanto per non essere travolta dalla progressiva e veloce avanzata delle truppe di Montgomery. Per il resto si preoccupò di distruggere strade e ponti, fare terra bruciata sul suo cammino. Solo i parà italiani di un battaglione del 185° Reggimento della Divisione Nembo, rimasti senza informazioni sullo sviluppo degli eventi bellici, tentarono di opporsi ma vennero sopraffatti in Aspromonte dai reggimenti canadesi Edmonton e Nuova Scozia.
Pochi giorni dall’arrivo degli eserciti occupanti nella regione, a ogni modo, furono sufficienti per assistere all’esplosione della rabbia sociale incubata da tempo e riaffiorata negli ultimi mesi per l’accentuata mancanza di pane e di derrate alimentari che colpiva implacabile campagne e città. La Calabria non era stata silente negli anni del fascismo e manifestazioni di protesta e di dissenso sociale si erano pure registrate nonostante il ferreo controllo poliziesco.
Ma era stata poca cosa, ovviamente, rispetto a quel che si verificò dopo la caduta del fascismo. Sentendosi «protetti» dalla democrazia armata portata dall’esercito anglo-americano, una democrazia particolare viste le condizioni che però si annunciava foriera di libertà e di garanzia dei diritti individuali e collettivi fino ad allora calpestati, gli abitanti di molti centri calabresi insorsero contro le autorità locali fasciste rimaste ancora al loro posto dopo l’armistizio. Lo fecero, in verità, con motivazioni di ordine sociale: «vogliamo pane», gridavano le f***e nere e disperate davanti ai municipi.
In prima fila molte donne battagliere che sembravano popolane uscite da antiche stampe sulle rivoluzioni del Sette-Ottocento, chiedevano uno «strappo burocratico» alla povera tessera del pane che, oltretutto, non sempre c’era. Le manifestazioni mostravano tuttavia spinte di carattere politico man mano più nitide e marcate in quanto sempre più spesso esse erano guidate da agitatori comunisti e socialisti. Si assistette in quei frangenti a vere e proprie battaglie popolari, anche sanguinose, in una regione che la guerra aveva soltanto sfiorato. Con un tempismo significativo di quanta esasperazione popolare covasse tra la gente, la prima sommossa, che ha lasciato anche tracce giudiziarie, fu quella che avvenne a Limbadi il 9 settembre 1943, il giorno successivo, cioè, all’entrata in vigore dell’armistizio breve di Cassibile. Reparti della 29ª Panzer Granadier per mesi attendati alla periferia sud del paese non lontano dalla linea del fronte che i tedeschi in un primo tempo avevano stabilito tra Marina di Nicotera e Laureana di Borrello, si erano appena allontanati in fretta e furia verso nord e un contingente di circa mille uomini della 5ª Divisione di fanteria britannica in Calabria nella notte del 3 settembre, era già arrivata in zona a tappe forzate: risalendo da Rosarno ed essendo la strada litoranea per Nicotera perché i tedeschi in ritirata ne avevano fatto saltare un tratto, piegò per Limbadi, occupata nel pomeriggio del 7 settembre.
Trecento persone – in base alla denuncia dei carabinieri – quel 9 settembre assediarono il municipio e poi tentarono l’assalto al deposito di grano imboscato da un possidente. I rivoltosi furono accolti a fucilate dagli sgherri del notabile fascista i quali spararono sulla folla. Successe il finimondo.
«Molti spari ci furono e da qualsiasi parte si sparava», annotarono in sentenza, con un’iterazione forse involontaria e però eloquente, i giudici del Tribunale di Vibo Valentia che si occuparono del caso, condannando i tre manifestanti rinviati a giudizio, sui sedici denunziati nel rapporto dei carabinieri
come promotori e protagonisti della rivolta. E ancora: «Furono fatti esplodere bombe a mano» e i tre imputati «aizzarono al tumulto e alla sparatoria di moschetti e fucili». Con un colpo di pietra rimase ferito al volto il podestà del paese, con un colpo di fucile un giovanissimo dimostrante.
Al di là di quale fosse stato il ruolo degli imputati, tra i denunciati nel rapporto dell’Arma c’erano diverse persone che nel maggio 1945 avrebbero costituito la sezione del Partito Comunista.
La rivolta di Limbadi, in cui comparvero armi di ogni tipo in mano a tanti, fu una vera propria insurrezione popolare per la mancanza di pane che assunse subito connotati politici. E non fu certamente né l’unica né la più drammatica nella regione. Man mano che i tedeschi arretravano e gli anglo-americani risalivano la pen*sola, la Calabria liberata, se proprio non si trasformò in una pirotecnica esplosione della collera popolare, tuttavia fu teatro di tante sommosse29. Si era ribellata la popolazione di Sant’Andrea dello Jonio quando ancora gli eserciti alleati si trovavano in Sicilia, e quella di Benestare subito dopo il loro sbarco sul continente. E a Bova Marina l’orfanotrofio salesiano, mitragliato e bombardamenti in ripetute incursioni aeree della Royal Air Force, era stato preso d’assalto, sfidando i moschetti dei tutori dell’ordine, da una popolazione bisognosa di tutto. Ma è in seguito all’armistizio che s’infittiscono manifestazioni e proteste.
Nel mese di settembre, per la mancanza di pane, si ribellarono le popolazioni di Careri, Joppolo, Sellia Superiore, Platì, San Pietro Apostolo e Bovalino. E così via. A Joppolo, segnalò in un rapporto l’Ufficiale provinciale agli affari civili dell’AMGOT, «i Carabinieri hanno fermato i disordini e i saccheggi, ma si pensa che uno di loro abbia colpito un uomo che per questo è morto.
Mentre si apriva la diga delle generose lotte contadine per la terra brutalmente represse con arresti e processi per l’intervento delle forze dell’ordine e di truppe alleate spesso al servizio dei signorotti locali, seguirono altri episodi di ribellione popolare: dall’insurrezione di Cosenza del 4 novembre contro la fame e la crisi degli alloggi, ma anche per fare destituire il prefetto fascista Enrico Hendrich, fino ad allora tollerato dagli anglo-americani ma costretto alle dimissioni dalla piazza33, alle fiammate di contestazione anche violenta in molti paesi per la mancata corresponsione dei sussidi militari, la deficienza di alimenti e di medicinali spesso finiti nel circuito del mercato nero. Borgia, Taurianova, Villapiana, Santo Stefano d’Aspromonte, Palmi e altri centri ancora sul finire del 1944 allargarono la geografia della protesta. A dicembre fu la volta di Crotone, Capistrano, Nocera Terinese, Gizzeria, S. Costantino Calabro e della stessa Catanzaro. Le cose non cambiarono con l’anno successivo, anno che iniziò con lo spirito pubblico «sempre depresso» come annotava il prefetto di Catanzaro Federico Solimena che, sebbene avversato dalle sinistre per il suo passato fascista, mostrò intuizioni socio-politiche progressiste.
La guerra, contro le aspettative generali, si prolungava. Il costo della vita cresceva senza freni e i prezzi arrivarono alle stelle, i mezzi di comunicazione erano scarsi e precari, il vestiario e le calzature mancavano e così i medicinali. L’idea di dover passare un altro duro inverno tra ristrettezze alimentari ingigantiva le inquietudini. Viveri e indumenti che l’America aveva destinato all’Italia non arrivavano mentre l’alluvione del 28 novembre 1944 e le piogge successive avevano di fatto distrutto le colture. In questa trama di eventi catastrofici, la furia popolare si scatenò a macchia d’olio. Saccheggi si verificarono a Brancaleone. Per la mancata corresponsione dei sussidi alle famiglie dei militari, a Zagarise, in gennaio, una popolazione inferocita scacciò cinque impiegati comunali e il segretario fu costretto a riparare in casa di amici dove lo salvarono i carabinieri. A Briatico (1 aprile) la folla se la prese soltanto col segretario comunale, accusato di eccessivo zelo nell’applicazioni delle norme annonarie e ne chiese la destituzione, a Crotone e Vibo Valentia le maestranze industriali protestarono per i bassi salari, a Zungri, il 13 maggio, cento persone si scagliarono contro il sindaco e inchiodarono la porta del municipio perché non era stata distribuita la farina per la pasta.

PANTALEONE SERGI

Immagine (da Wikimedia Commons):

una foto aerea di Reggio Calabria scattata dall'aviazione britannica durante i bombardamenti del gennaio 1943.

Indirizzo

Reggio Di
89100

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Cleftomania pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Cleftomania:

Condividi

Società Di Media nelle vicinanze


Altro Creator digitale Reggio Di

Vedi Tutte

Potrebbe piacerti anche