16/11/2024
𝐌𝐎𝐋𝐀, 𝐃𝐀 "𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀' 𝐃'𝐀𝐑𝐓𝐄" 𝐀 "𝐂𝐈𝐓𝐓𝐀' 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐒𝐄𝐓𝐓𝐄 𝐀𝐑𝐓𝐈": 𝐔𝐍 𝐏𝐄𝐑𝐂𝐎𝐑𝐒𝐎 𝐕𝐈𝐑𝐓𝐔𝐎𝐒𝐎
Riceviamo dall'ing. Giandonato Disanto e pubblichiamo:
Francesco Tosti, nel 1874, cantava: “Altro è parlar di morte, …. altro è morire”.
Alla stessa maniera, recentemente, riferendomi al riconoscimento alla Città di Mola, del titolo “Città d’Arte”, ho pubblicato alcune mie considerazioni che potrebbero racchiudersi nella espressione; “ALTRO E’ PARLARE DI ARTE, ALTRO È ESSERE ARTISTA” , ma nel caso di Mola, direi che: “ALTRO È ASSISTERE A SPETTACOLI D’ARTE, ALTRO È ESSERE ARTISTA”.
Ma se vogliamo che a Mola si dia il significato vero del titolo “CITTA’ DI ARTE” che le è stato riconosciuto grazie alle testimonianze ancora, fortunatamente, non perdute, di Artisti del passato, è urgente che si apra una corsa molto impegnativa affinché si dimostri di aver meritato tale riconoscimento e di volerlo mantenere vegeto ed attivo.
La cosa più triste è che si tratta di una “corsa ad ostacoli” e gli ostacoli sono proprio lì dove, invece, dovrebbe esserci l’impegno ad operare per raggiungere quel traguardo.
Questo vuol dire che si dovrà lavorare, con molto impegno ed amore, a ché i più giovani comincino a sentire, intorno a loro, il caldo afflato di questa nuova/vecchia atmosfera che deve ricominciare a circolare nei vicoli, nelle piazze, nelle scuole, sulle Radio locali, nelle famiglie, nelle Associazioni.
Che non deve limitarsi, solo, ad evitare che le testimonianze presenti svaniscano sopraffatte dall’indifferenza, da torvi interessi, dall’oblio prodotto dalle mutate occasioni di richiamo generale, dai bombardamenti degli slogan della pubblicità.
Ma allora, cosa si dovrebbe e potrebbe fare per cominciare ad avviarsi verso quella direzione che deve portare a creare i presupposti su visti? Cioè per fare in modo che l’“Arte” sia una componente VIVA della cultura del paese?
Sarà opportuno e necessario che si creino movimenti culturali anche differenziati, che devono cercare di coinvolgere gli adulti ed i giovani, puntando a far crescere, i più piccoli, in quella atmosfera, creando occasioni e stimoli.
A Mola ho trovato, in questi nove anni trascorsi da quando sono tornato al mio paese natale, la presenza di un silenzioso e, quasi timido, richiamo collettivo da parte di forme di arte spontanee esercitate da singoli cittadini che, sospinti da soggettiva passione ed esperienze maturate, forse, altrove, …. osano aprire botteghe ed attività nelle quali si esercita e si favorisce l’Arte: botteghe nelle quali un artista opera e mette in mostra i propri lavori, non solo per venderli, ma anche per condividere, con i passanti, il piacere della vista; ragazzi che con strumenti musicali al collo, frequentano case, prive di qualunque insegna, di sconosciuti maestri, quasi di contrabbando; canti e gorgheggi che si spargono nell’aere, nella zona del Teatro Van Westerhout, destando in me, che a Napoli abitavo vicino al Conservatorio di San Pietro a Maiella, una emozione antica.
Suoni e canti che non provengono dal teatro, sito predicato alla musica, ma da altri luoghi; locandine, affisse quà e là, senza regole ed autorizzazioni, che pubblicizzano incontri e spettacoli programmati in città, in luoghi predisposti ed altrove.
Queste, ed altre attività, però, in una località che voglia, in maniera organica, presentarsi e pregiarsi del titolo di “Città d’Arte”, non possono essere esercitate in forma spontanea e, quasi, artigianale.
Non può non essere presente una struttura, pubblica o delegata, che si avvalga, anche, di uno spontaneo contributo, privato e tecnico, qualificato, che raccolga, stimoli, coordini e segua lo sviluppo di questo patrimonio riconosciuto dalla Regione e che metta a sistema la sua crescita e la sua conservazione, la sua conoscenza, creando validi slogan promozionali che, come tali, devono essere densi di qualificato contenuto.
Una struttura che, come primo compito, si assuma l’impegno di far crescere nella popolazione, specie la più giovane, la sensibilità verso l’Arte, la frequentazione delle sue espressioni, il coinvolgimento nell’esercizio e nella pratica e che dia, a Mola, una precisa e riconoscibile identità di progetto e di qualità.
In questa logica, mi sembra che, riuscire a far riconoscere a Mola l’appellativo caratterizzante di “CITTA’ DELLE SETTE ARTI”, potrebbe essere una idea che, con l’impegno programmatico a voler dare corpo alla intuizione di un suo figlio, universalmente conosciuta, le darebbe anche uno strumento di individuazione particolare di altissimo valore.
Giandonato Disanto