Radio Rebelde 92.7

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Rubrica radiofonica voce dell'Associazione Immigrati Extracomunitari di Padova, in onda dal1988 fino al 2019, in diretta il Lunedì (19.10-20.40) su Radio Cooperativa (92.700) con il nome di Radio Aie. 0ggi Radio Rebelde riparte! licenze Creative Commons:
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31/10/2024

Travolti dall'auto, bloccati nell'auto, licenziati dall'auto, indebitati per l' auto, affamati dall' auto, affamati di un' auto.

Affogati dal cemento, tra il cemento, riscaldati dal cemento. Dall' asfalto, dal combustibile, dal fossile, dalle bombe d'acqua, dalle bombe vere e proprie.

A Valencia cade in 8 ore la pioggia di un anno. 80 morti, in crescita, un numero imprecisato di dispersi.

In Germania nel frattempo la crisi della Volkswagen si traduce in un taglio potenziale del 10% dei salari e un taglio di 10.000 posti di lavoro. Con un impatto devastante su tutto l' indotto.

Questo sistema non si autocorregge nelle crisi e nelle catastrofi, ma esalta ancora di più la propria natura catastrofica.

Non ti illudere quindi che da grandi catastrofi derivino grandi riflessioni. Deriveranno solo ipocrisie più grandi. Deriverà ancora più finanza, guerra, finti programmi di riconversione ecologica, finti piani di resilienza.

Sta a noi, a nessun altro, di percepire l'urgenza del nostro tempo, l' irrimandabile determinazione a insorgere qui e ora. Per la giustizia climatica e sociale. Noi non ci possiamo permettere di perdere.

Anche per questo ci vediamo il 17 novembre.

30/10/2024

Prima che la notizia vi arrivi da altri, ve lo dico io.

Sono stato zitto per tre anni. Ho aspettato in silenzio perché ho sempre creduto - e continuo a credere - nella giustizia. Ci ho rimesso in salute e lavoro.

Ma quello che è successo oggi davvero è per me un’abnormità a cui credevo e speravo di non assistere. Un punto di non ritorno. Ma anche di partenza.

Nel Paese al contrario, oggi sono stato condannato a pagare 20.000 euro (VENTIMILA!) tra risarcimento e spese legali per aver semplicemente fatto il mio mestiere di giornalista. Che è quello di informare.

Per aver osato portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’incarico di ambasciatore di un fascista conclamato e mai pentito con una petizione che ha raccolto 150.000 firme (tra cui tantissimi di voi) e in cui - lo ripeto e ne faccio punto d’orgoglio - ho elencato, uno dopo l’altro, solo e soltanto una serie di fatti POLITICAMENTE (non giuridicamente, politicamente) incompatibili col suo ruolo di altissimo rappresentante all’estero di un Paese chi si richiama alla Costituzione antifascista.

L’abbiamo scritta in quattro quella petizione.
Quei fatti li ha denunciati l’Anpi.
Li hanno portati in Parlamento tutte le forze politiche di opposizione.
Li hanno riferiti i testimoni oculari.
Sono nero su bianco su decine e decine di articoli di giornale.

Non posso accettare di vivere in un Paese in cui si cancella con un colpo di spugna l’articolo 21 e la libertà di critica costituzionalmente garantita.

Ma, soprattutto, non posso tollerare di vivere in un Paese che non solo venga rappresentato da un fascista, ma che addirittura lo promuove.

20.000 euro per aver espresso una critica legittima giornalistica e politica è un’anomalia assoluta e abnorme che non solo mi sconcerta umanamente e professionalmente, ma che rappresenta un pericoloso precedente e un messaggio inquietante: guai a mettersi contro i potenti (quelli veri) perché questa è la fine che farete.

Siamo tutti sotto attacco. In gioco qui non c’è il torto o la ragione di un singolo giornalista (che spetterà alla magistratura valutare) ma un intero Paese in balia e in ostaggio di un esperimento su vasta scala di regime fascista.

Sappiano che non mi fermerò qui. Non finisce qui, non così, ve lo prometto e me lo prometto.
Non l’ho mai fatto in tutta la mia vita. Non mi spaventerò certo ora.

È solo il primo grado. Sto valutando in queste ore tutte le strade percorribili per andare fino in fondo e ristabilire, nel mio piccolo, una verità in questa storia e un principio non derogabile: che la giustizia esiste e che difende e tutela chi crede ancora nell’antifascismo e nei suoi valori altissimi.

Non smetterò mai di lottare per questo, dovessi rinunciare a tutto.
Mai la dignità.

25/10/2024

Ennesima figura barbina del governo Meloni di cui difficilmente sentirete parlare sulla Rai.

Ancora una volta i giudici hanno dovuto mettere una pezza giuridica alle porcheri* legislative dei nostri eroi.

Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto del governo che equipara la Cannabis light alle sostanze stupefacenti, stabilendo quello che anche un bambino di tre anni avrebbe capito da solo: i prodotti orali contenenti Cbd non sono una droga.

Una sentenza fondamentale che dimostra almeno quattro o cinque cose:

Che l’emendamento al decreto Sicurezza voluto da Meloni e soci è inapplicabile così com’è.

Che il governo è guidato da pericolosi cialtroni in materia che sostituiscono criteri demagogici a quelli scientifici.

Che è salvo, per ora, un settore che vale 11mila posti di lavoro.

Che non esiste alcun complotto dei giudici. Esiste solo una classe politica incapace di scrivere le leggi e una classe giuridica costretta a rimediare ai suoi grossolani errori.

Ed è un grosso problema.

09/10/2024

CONVIVERE COL SELVATICO
In che modo possiamo convivere con gli selvatici che vivono nel nostro Paese? Lupi, orsi, cinghiali e cervi sono solo un problema da "gestire" o è necessario un diverso approccio? E cosa possiamo fare concretamente nel nostro quotidiano?

Il nostro direttore Daniel Tarozzi ne ha parlato con Massimo Vitturi responsabile nazionale dell’area Animali Selvatici della LAV nella prima puntata del nuovo podcast , risposte locali a problemi globali.

Ascolta qui il podcast: https://shorturl.at/3jWtT

08/10/2024

Una volta per tutte.

Manifestare (pacificamente) per la Palestina non significa negare l’atrocità ingiustificabile degli attacchi del 7 ottobre né essere filo-Hamas o non riconoscere l’enorme complessità di una questione in cui tutti a turno hanno sbagliato con vari gradi di colpe e di responsabilità.

Significa non piegarsi all’unica e sola voce martellante e a media unificati che dal 7 ottobre scorso ci vuole convincere che Israele ha “diritto di difendersi” con qualsiasi forma e mezzo.

Significa ricordare ai sordi e agli indifferenti che dal 7 ottobre scorso, in nome del diritto alla difesa e con la scusa di Hamas, il criminale di guerra Netanyahu ha provocato la morte di oltre 40mila civili innocenti, tra cui un numero incalcolabile di donne e bambini, per la sola colpa di essere nati.

Significa rivendicare il diritto e il DOVERE di chiamare le cose col loro nome: e questo si chiama genocidio.

Significa distinguere chiaramente la maggioranza silenziosa di israeliani che chiede solo pace, due popoli e due Stati e l’oligarchia politica, militare e mediatica di Netanyahu.

Significa scegliere di difendere e sostenere la parte in causa in assoluto più debole, abbandonata, dimenticata, sradicata, deumanizzata e perseguitata della Terra negli ultimi decenni. Che non è né Israele né Hamas. È la popolazione civile palestinese di Gaza.

Questo non vuol dire né odiare Israele e meno che mai - con quel ricatto insopportabile che prima o poi esce fuori - essere antisemiti.

Significa solo essere, e possibilmente restare, umani. E mi aspetto, anzi pretendo, che una sinistra degna di questo nome abbia ancora la forza, la capacità e la credibilità per urlarlo anche in piazza, civilmente e a testa alta. Senza paura.

08/10/2024

🌹🏳️‍🌈 IL 9 OTTOBRE 1967 VENIVA ASSASSINATO IL COMANDANTE RIVOLUZIONARIO ERNESTO CHE GUEVARA, SIMBOLO DELLA LOTTA PER LA LIBERTÀ E L'INDIPENDENZA DI TUTTI I POPOLI DEL MONDO DALL'OPPRESSIONE E DAL DOMINIO COLONIALE 🏳️‍🌈🌹

👉 “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un buon rivoluzionario.”

👉 “Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell'uomo più ricco della terra.”

👉 "Fino alla vittoria, sempre!"

Sempre con noi, Comandante! 🌹

18/09/2024

⭐🌹 OGGI RICORDIAMO IL COMANDANTE PARTIGIANO OMAR AL-MUKHTAR, GUIDA SPIRITUALE E MILITARE DELLA RESISTENZA LIBICA CONTRO L'INVASIONE FASCISTA ITALIANA, ASSASSINATO NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI SOLUCH IL 16 SETTEMBRE 1931 🌹⭐

⭐ OMAR AL-MUKHTAR, IL LEONE DEL DESERTO
di Angelo Del Boca

"Quando Omar al Mukhtar assume nel 1923, per delega di Mohamed Idris, capo della Senussia, la guida della resistenza anti-italiana in Cirenaica, ha già 63 anni e alle spalle una intera esistenza spesa ad insegnare il Corano nella moschea di Zawihat al Gsur, un villaggio agricolo tra Barce e Maraua.
Il generale Graziani, che finirà per batterlo, ricorrendo ad ogni mezzo, così lo descrive: «Di statura media, piuttosto tarchiato, con capelli, barba e baffi bianchi, Omar al Mukhtar era dotato di intelligenza pronta e vivace; era colto in materia religiosa, palesava carattere energico ed irruente, disinteressato ed intransigente; infine, era rimasto molto religioso e povero, sebbene fosse stato uno dei personaggi più rilevanti della Senussia».
Per essere stato delineato dall’avversario che lo porterà al patibolo, il ritratto è sorprendentemente fedele e positivo, concorda con il ritratto che altri hanno tracciato di lui. Ma c’è una dote di Omar che Graziani sottace ed è il suo genio militare, che forse eguaglia o supera quello del guerrigliero somalo Mohammed ben Abdalla Hassan, più noto come il Mad Mullah.
Omar al Mukhtar, infatti, non è soltanto uno splendido esempio di fede religiosa, di vita semplice ed integerrima. È anche il costruttore di quella perfetta organizzazione politico-militare che gli italiani riusciranno a frantumare soltanto alla fine di un decennio di lotte e utilizzando mezzi assolutamente straordinari.
Con appena 2-3 mila uomini, ma in certi periodi anche soltanto con mille, Omar riesce a tener testa a 20 mila uomini, dotati dei mezzi più moderni ed efficienti, riforniti con larghezza e protetti dall’aviazione. Quasi sempre all’offensiva - lo testimoniano i 53 combattimenti e i 210 scontri che si succedono nel decennio - Omar colpisce, poi si ritira e svanisce nel nulla, creando nell’avversario, che ricerca invano una battaglia risolutiva, rabbia e un senso di frustrazione.
Nella conduzione della spietata guerra per bande, Omar è favorito dalla natura impervia dei territori in cui opera e dal sostegno incondizionato delle popolazioni del Gebel Akhdar che lo riforniscono di uomini, armi, cibo e denaro. Si aggiunga che ad Omar giungono regolarmente e in abbondanza aiuti di ogni genere dal vicino e compiacente Egitto, dove hanno trovato rifugio e protezione l’emiro Mohamed Idris ed altri capi della resistenza all’Italia.
Quando, all’inizio del 1930, il regime fascista affida al generale Graziani, che già ha sottomesso la Tripolitania e il Fezzan, il compito di liquidare la resistenza in Cirenaica, il generale sa perfettamente che non riuscirà a sconfiggere Omar al Mukhtar adottando soltanto gli strumenti militari reperibili in colonia. Per vincere Omar è necessario fargli il vuoto intorno, prosciugare le sue casse, tagliare le sue linee di rifornimento con l’Egitto. D’intesa con il governatore generale della Libia, maresciallo Badoglio, e con il ministro delle colonie, Emilio De Bono, il generale Graziani organizza una serie di operazioni tese al soffocamento della ribellione.
Con la chiusura delle 49 zavie della confraternita religiosa senussita e la confisca dei suoi ingenti beni (centinaia di case e 70 mila ettari della miglior terra), Graziani toglie a Omar uno dei sostegni economici più rilevanti. Con la mossa successiva, quella di trasferire parte delle popolazioni del Gebel Akhdar verso la costa, Graziani confida di poter bloccare il continuo reclutamento di guerriglieri. Presto si accorge che quest’ultima operazione non fornisce i risultati sperati. Allora ricorre ad un estremo rimedio: quello di trasferire l’intera popolazione delle regioni montane e della Marmarica lontano dalla zona delle operazioni, per togliere alla ribellione ogni residuo sostegno.
Il trasferimento, che si compie con indicibili sofferenze fra il luglio e il dicembre del 1930, riguarda oltre 100 mila libici, che vengono confinati in tredici campi di concentramento nel sud bengasino e nella Sirtica, regioni notoriamente fra le meno ospitali, dove i reclusi saranno falcidiati dal tifo petecchiale, dalla dissenteria bacillare, dalla fame e dalla quotidiana razione di botte. A guerra finita, su 100 mila confinati, 40 mila non torneranno più alle loro case.

⭐ I CONTI CON LA STORIA
Per tagliare infine i rifornimenti dall’Egitto, Graziani fa costruire una barriera di filo spinato, larga alcuni metri e lunga 270 chilometri, dal porto di Bardia all’oasi di Giarabub. Nell’estate del 1931, mentre viene sigillata ermeticamente la frontiera con l’Egitto, Graziani è ormai convinto che Omar finirà per cadere nella trappola. E in effetti il capo della guerriglia si trova a mal partito. Gli sono rimasti soltanto 700 uomini, poche munizioni e pochissimi viveri.
Con i suoi audaci cavalieri riesce a mettere a segno ancora qualche colpo, ma l’11 settembre, avvistato dall’aviazione, viene circondato da forze soverchianti nella piana di Got-Illfù. Omar cerca ancora di portare in salvo il suo squadrone ordinandone il frazionamento. E infatti gran parte dei suoi uomini si salva. Ma lui viene colpito da una fucilata al braccio e subito gli uccidono il cavallo.
Per Omar al Mukhtar è finita. Tradotto a Bengasi con il cacciatorpediniere “Orsini”, il 15 settembre lo processano nel salone del Palazzo Littorio. Il processo è soltanto una tragica farsa destinata a rendere legale un assassinio. Mussolini ha già deciso per la pena capitale. Alla lettura della sentenza, che lo condanna all’impiccagione, Omar al Mukhtar non si scompone, dice: «Da Dio siamo venuti e a Dio dobbiamo tornare». L’indomani, carico di catene, il settantenne Omar sale sul patibolo.
Raggiunta l’indipendenza nel 1951, la Libia di re Idris e poi quella di Muammar al Gheddafi riconoscono il ruolo di primissimo piano di Omar e gli dedicano vie e piazze, monumenti e un mausoleo a Bengasi. Nel 1979 il presidente Gheddafi stanzia 50 miliardi per realizzare, con la regia di Moustapha Akkad, un film sulle imprese di Omar, che si intitola Il Leone del deserto. Interpretato da Anthony Quinn, che si cala nel personaggio con estrema bravura, il lungometraggio a colori viene proiettato nel 1982 in tutto il mondo. Salvo che in Italia, dove ancora oggi non è entrato nella normale distribuzione, perch‚ «lesivo dell’onore dell’esercito italiano».
Il lungo e incredibile ostracismo contro il film di Akkad si inserisce in una più vasta e subdola campagna di mistificazione e di disinformazione, che tende a conservare della nostra recente storia coloniale una visione romantica, mitica, radiosa. Cioè assolutamente falsa.

⭐ L'ESECUZIONE
Sono le 9 del mattino del 16 settembre 1931. Intorno alla forca eretta nel piazzale del campo di concentramento di Soluch, in Cirenaica, sono assiepati oltre 20 mila libici, fatti affluire da Bengasi, da Benina e dai lager della Sirtica. Sono qui per imparare che la giustizia fascista è severa, spietata, inesorabile. Sono qui per assistere all’impiccagione di Omar al Mukhtar, un capo leggendario che, per dieci anni, ha dato del filo da torcere agli eserciti di quattro governatori italiani.
Quando il vecchio Omar, avvolto in un baracano bianco, viene fatto salire sul patibolo, il silenzio nel campo si fa totale. Ostacolato dalle catene e tormentato dalla ferita al braccio ricevuta nell’ultimo combattimento, il vicario della Senussia muove a stento i passi, tanto che debbono aiutarlo a salire i gradini del palco. Mentre gli sistemano il cappio intorno al collo, guarda per l’ultima volta la folla silenziosa, che trattiene a fatica il dolore e la rabbia. Poi, con un calcio allo sgabello, gli spezzano il collo.
Con Omar al Mukhtar finisce anche la ribellione libica, cominciata vent’anni prima. Ma non finisce la leggenda di Omar, che anzi cresce con gli anni, sino a diventare un insostituibile punto di riferimento per chi aspira all’indipendenza della Libia."

17/09/2024

È passato quasi sotto silenzio, come se fosse normalità.

Ma è un fatto di una gravità assoluta (e purtroppo non inedita) che la Presidente del Consiglio di una democrazia attacchi con una veemenza furibonda i giudici che hanno chiesto 6 anni di carcere per Salvini per il caso Open Arms.

È gravissimo che ripeta come fosse al bar che rischia 6 anni “per aver difeso i nostri confini”, fingendo di ignorare che la presunta difesa dei confini non esiste e non c’entra nulla: si chiama sequestro di persona.

È gravissimo che scavalchi come se nulla fosse qualsiasi separazione dei poteri, usando il suo, di potere, per delegittimare quello dei giudici.

È gravissimo che non conosca le leggi del nostro Paese (oltre quelle del mare), il nostro ordinamento, il più elementare concetto di Stato di diritto, in cui nessuno è al di sopra della legge. E la vita di tutti vale allo stesso modo.

È infine gravissimo che esprima solidarietà a un imputato come si fa con le vittime di un attentato o perseguitati politici.

In questa br**ta storia non c’è niente di politico.
E quello di Meloni non è il pensiero di un Presidente del Consiglio democratico.
Questa è roba da regime sudamericano.
Qualcosa che dovrebbe sconvolgere e indignare, far sobbalzare sulla sedia anche chi l’ha votata.

E invece passa come se nulla fosse, come se fosse una normale dialettica politica, come se fosse un parere, un’idea.
O, peggio ancora, nel silenzio unificato dei media. Appunto.

17/09/2024

"Il punto non è quanto le nazioni ricche possono dare, il punto è quanto meno possono prendere".

La nostra intervista a Vandana Shiva che ci racconta le sue proposte per risolvere la crisi globale: sussidiarietà, relazioni umane, interdipendenza fra esseri umani, cibo e ambiente.

Qui l'intervista: https://shorturl.at/JkhNU

13/09/2024

“Italiani senza Cittadinanza”, assieme a 13 associazioni, tra cui Libera, Gruppo Abele e Arci, ha lanciato un referendum per dimezzare da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per chiedere la cittadinanza italiana.

Cittadinanza che, una volta ottenuta, verrebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni.

In Italia è sempre stato così, fino al 1992, quando l’articolo 9 della legge 91 ha introdotto una irragionevole penalizzazione dei cittadini extra Ue.

Una semplicissima modifica cambierebbe la vita di circa 2 milioni e mezzo di cittadini di origini straniere.

Mentre Salvini propone (incostituzionalmente) di togliere la cittadinanza agli “stranieri” che delinquono, c’è chi propone semplicemente di riconoscere tutti coloro che sono nati, cresciuti, vivono, lavorano in Italia per quello che sono: italiani. Con pari diritti e pari doveri. Pari opportunità e pari responsabilità.

Esattamente come avviene nei più sviluppati Paesi europei. Tra cui, tristemente, non c’è l’Italia.

Per questo ho aderito a un referendum fondamentale per il nostro Paese, e vi invito a fare altrettanto per raggiungere le 500.000 firme necessarie entro il 30 settembre.

03/03/2024
13/02/2024

Basta pensare al cambiamento di valore della parola amico tra ieri e oggi in internet per capire come i rapporti siano diventati facili e superficiali. I nuovi rapporti vivono di monologo e non di dialogo, si creano e si cancellano con un clic del mouse, accolti come un momento di libertà rispetto a tutte le occasioni che offre la vita e il mondo.
In realtà, tanta mancanza d'impegno e la selezione delle persone come merci in un negozio è solo la ricetta per l'infelicità reciproca. Una relazione, specie se d'amore, può andare di pari passo con la felicità, ma mai con la convenienza, che ne fa qualcosa di superficiale e frustrante, rispetto alla cosa vera che poi ognuno continua invece a desiderare.

Zygmunt Bauman - Discorso tenuto al Festival della Filosofia di Modena, 2012

08/02/2024

Proviamo a Riflettere

07/02/2024

Antonio Vetere

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