27/12/2024
APPEASEMENT
I media occidentali hanno aumentato la loro presenza in Ucraina solo alla fine del 2021, alla vigilia dell’invasione su larga scala. Prima di allora, gran parte dei reportage erano realizzati da corrispondenti che facevano base a Mosca e parlavano solo russo.
È (quantomeno) dal 2014 che, ingannati da una loro scarsa conoscenza dell’Ucraina e dalla propaganda di Putin, gli osservatori delle manovre espansionistiche di Mosca sottovalutano quali siano i veri obiettivi del Cremlino.
Il 17 luglio 2014, il mondo fu sconvolto dalla notizia dello schianto, in Ucraina orientale, di un aereo della Malaysian Airlines che stava effettuando il volo MH-17 da Amsterdam a Kuala Lumpur. Tutti i passeggeri che si trovavano a bordo di quel Boeing 777 e tutti i componenti dell’equipaggio – in totale 298 persone tra cui 80 bambini – persero la vita. Si trattò di un evento eccezionalmente tragico, ma non fu che uno dei tanti gravi episodi che ebbero luogo quell’anno: nel corso del 2014, si scatenò in Ucraina la più grande guerra che si fosse vista in Europa fin dal 1945, con un’escalation militare, ogni mese sempre più allarmante, da parte della Russia in Crimea e nel Donbas.
Le crescenti tensioni che sarebbero poi sfociate nella guerra furono inizialmente innescate dall’ambizione dell’Ucraina, che si era manifestata a partire dal 2008, di formalizzare un rapporto più stretto con l’Unione europea. Questo desiderio si sarebbe poi concretizzato attraverso un Accordo di associazione, che comprendeva un cosiddetto Accordo di libero scambio globale e approfondito. Sebbene riguardasse principalmente aspetti economici, quel trattato – che fu messo in cantiere nel 2012 e di cui furono firmate le disposizioni politiche nel 2014 – fu visto da Mosca come una minaccia rivolta alla sua volontà di continuare a esercitare un controllo sull’Ucraina e come un pericoloso modello che altre ex Repubbliche sovietiche avrebbero potuto seguire.
La Russia diede inizio alla guerra nel febbraio del 2014 con l’occupazione armata della Crimea da parte delle sue truppe regolari. Poi, nel mese di marzo, annesse la pen*sola. A ciò fece seguito, nell’aprile 2014, l’incursione di truppe irregolari russe – avventurieri paramilitari, estremisti politici e cosacchi – nel Donbas. Nel corso del mese di maggio del 2014, si registrò, tra le altre cose, una violenta escalation degli scontri di piazza a Odesa che causò più di quaranta morti. Nel mese di giugno, fu abbattuto un aereo da trasporto ucraino Il-76 che stava compiendo una manovra di avvicinamento all’aeroporto di Luhansk. Persero la vita tutti i membri dell’equipaggio e i soldati che si trovavano a bordo, in tutto quarantanove persone. Il volo MH-17 fu abbattuto a luglio. Infine, a metà agosto, le truppe regolari russe iniziarono una vera invasione dell’Ucraina orientale.
Per sei mesi si assistette quindi a un continuo susseguirsi di attività militari russe sempre più aggressive sul territorio ucraino e di violazioni sempre più gravi del diritto internazionale nel cuore dell’Europa. Ciò nonostante, l’Occidente reagì timidamente, limitandosi a fare dichiarazioni politiche e a introdurre misure punitive di modesta portata. Solo alla fine di luglio 2014, subito dopo l’abbattimento del volo MH-17 da parte della Russia, l’Unione europea adottò delle sanzioni economiche settoriali ai danni di Mosca. Quelle sanzioni furono annunciate il 29 luglio 2014, quando l’esercito ucraino era alle prese con l’aggressione nel Donbas. In quel momento, l’Unione europea non individuava alcuna necessità urgente di imporre ulteriori misure punitive, poiché sembrava che Kyjiv avrebbe avuto la meglio entro la fine dell’estate negli scontri in atto nell’Ucraina orientale. Nel momento in cui l’Ue introdusse le sue prime sanzioni settoriali – che fino al febbraio del 2022 sarebbero rimaste le misure più severe adottate dall’Occidente – non era ancora prevedibile che l’avanzata dell’esercito di Kyjiv in Ucraina orientale contro le truppe irregolari dirette da Mosca sarebbe invece stata respinta un mese dopo in seguito al massiccio dispiegamento nel Donbas di truppe regolari russe.
Tutti questi elementi mostrano chiaramente che questo primo ciclo di sanzioni occidentali aveva solo una relazione indiretta con l’Ucraina: la ragione principale per la quale furono adottate quelle misure fu l’uccisione, di cui si era resa responsabile la Russia, dei molti cittadini dell’Unione europea (soprattutto olandesi) che viaggiavano sul volo della Malaysian Airlines del 17 luglio 2014 e non la violenza indiscriminata esercitata dalla Russia, già nei tre mesi precedenti, contro i cittadini ucraini. Quel con flitto armato avrebbe poi continuato a sobbollire per più di sette anni, provocando migliaia di vittime ucraine. Tuttavia, poiché in quel lasso di tempo non si verificarono ulteriori stragi di cittadini europei o di altri stranieri, l’Occidente prese ben poche misure aggiuntive al riguardo.
Solo in seguito all’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, iniziata il 24 febbraio 2022, l’Occidente ha iniziato a prendere coscienza del fatto che la Russia è uno Stato “revisionista” che cerca di imporre la propria visione dell’ordine e della sicurezza in Europa. A dire il vero, già in occasione del suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007, e poi numerose altre volte, il presidente Vladimir Putin aveva manifestato quali fossero le sue intenzioni. Tuttavia, quando nel 2014 la Russia aveva avviato la sua aggressione dissimulata all’Ucraina, molti in Occidente credevano ancora che ciò fosse il risultato di un reciproco malinteso e che gli obiettivi della Russia fossero circoscritti. Solo molto più tardi sarebbe diventato chiaro ai più che le cose non stavano così – e che quindi questa nuova situazione richiedeva che si adottassero delle misure diverse da quelle già sperimentate in altri conflitti interetnici.
Tra il 2014 e il 2022 la guerra del Donbas è stata spesso interpretata come un conflitto intra-ucraino che poteva essere risolto senza tenere conto del più ampio contesto della politica estera russa. Questi sforzi non solo si sono rivelati vani, ma hanno anche portato a un sempre maggiore avventurismo da parte di Mosca. Ma come mai l’Occidente non è riuscito, per così tanto tempo, a fare una diagnosi corretta della situazione? E in che modo è importante tenere conto anche oggi delle lezioni che quel fallimento ci ha impartito?
Prima dell’inizio di quell’esplicita intrusione russa del 2014 in Ucraina, i giornalisti, gli analisti e gli studiosi occidentali non si erano accorti, o quasi, di come fin dall’indipendenza dell’Ucraina, nel 1991, le tensioni tra Mosca e Kyjiv fossero sempre state notevoli e di come la Russia si intromettesse nelle questioni interne del Paese vicino.
Quando nel 2014 i giornalisti occidentali giunsero in Ucraina per raccontare quello che stava avvenendo, la situazione era ormai caotica e assai di da interpretare per chi era diventato solo da poco un “esperto” di Ucraina. A molti di loro – e soprattutto ai reporter che in precedenza avevano lavorato a Mosca – le narrazioni russe dell’escalation regionale nell’Ucraina orientale e meridionale sembravano semplici, comprensibili e sensate. All’epoca c’era ancora, a livello internazionale, un’evidente mancanza di consapevolezza di quale fosse la metodologia ibrida adottata da Mosca nelle sue relazioni estere. Dieci anni fa, erano ancora in pochi a comprendere il nuovo modo russo di fare la guerra, di cui l’Ucraina era un banco di prova e che era già stato sperimentato, almeno in parte, in Moldavia e in Georgia. I tentativi da parte degli ucraini e di altri europei dell’Est, nonché di alcuni analisti occidentali particolarmente avvertiti, di spiegare quale fosse la strategia della Russia erano accolti con scetticismo. Agli osservatori esterni le loro preoccupazioni sembravano esagerate e le loro argomentazioni manichee, se non addirittura complottiste.
I reporter occidentali che erano arrivati in Ucraina orientale nel 2014, “paracadutati” in una situazione di cui sapevano poco, erano stati testimoni delle proteste filorusse e avevano ascoltato perlopiù i cittadini ucraini filorussi. Spesso non erano riusciti a contestualizzare gli eventi a cui assistevano o a valutare correttamente quale fosse la diffusione dei sentimenti filorussi che in quel territorio sembravano loro tanto evidenti. Alcuni degli osservatori stranieri non erano nemmeno in grado di distinguere tra i residenti del Donbas e i “turisti politici” provenienti dai vicini oblast russi che avevano attraversato il confine tra i due Paesi come avventurieri o erano stati trasportati in autobus in Ucraina per partecipare alla “primavera russa”. Alcuni degli agenti di Mosca nel Donbas si erano trasferiti in Ucraina da alcuni territori controllati dalla Russia per quanto posti fuori dai suoi confini, come ad esempio la Transnistria, e questo rendeva più di individuare la misura del coinvolgimento russo in una “ribellione” apparentemente locale.
I giornalisti favorevoli all’Ucraina e quelli che nel Donbas manifestavano opinioni politiche antiseparatiste dovevano invece affrontare minacce esplicite e violenze fisiche provenienti dai loro avversari, che erano spesso agli ordini di Mosca. La gente del posto favorevole all’Ucraina era spesso impossibilitata a esprimersi pubblicamente e rimaneva quindi invisibile ai giornalisti in visita. Tra il 2014 e il 2021 non pochi abitanti dell’Ucraina orientale che opponevano resistenza alla presa del potere da parte dei filorussi sono stati minacciati, aggrediti, rapiti, feriti in modo grave o segretamente uccisi da truppe irregolari russe o da collaborazionisti locali, molti dei quali (se non tutti) incoraggiati, finanziati o diretti dal Cremlino. Tutto ciò ha preparato la strada all’annessione finale da parte della Russia degli oblast di Donetsk e Luhansk avvenuta nel settembre 2022.
Come ha detto a Radio Liberty il giornalista e critico dei media ucraino Otar Dovzhenko: «Se vivi in Russia e leggi i media russi, anche se sei americano, tedesco o francese, inizi a guardare quello che avviene in Ucraina, Moldavia e Bielorussia con degli occhi un po’ russi». Il Washington Post ha aperto un suo u in Ucraina nel maggio 2022 e in questa nuova sede è stata inviata l’ex corrispondente da Mosca Isabel Khurshudyan. Anche il New York Times, nel luglio 2022, ha aperto un u a Kyjiv e ha chiamato a guidarlo Andrew E. Kramer, che aveva vissuto in Russia per più di quindici anni. Kramer aveva lavorato presso l’u di Mosca del New York Times e in precedenza aveva scritto degli articoli non obiettivi sull’Ucraina. La mancanza di equilibrio di Kramer si era vista, ad esempio, in un articolo del febbraio 2022 che riproponeva nel suo titolo – I nazionalisti armati in Ucraina rappresentano una minaccia non solo per la Russia – una formulazione molto in linea con la propaganda u del Cremlino, di allora e di oggi. Il contenuto di quell’articolo, che fu pubblicato due settimane prima dell’invasione su larga scala da parte della Russia, non era – a differenza del titolo – una rimasticatura delle tesi con cui Putin avrebbe giustificato l’attacco all’Ucraina. Tuttavia, Kramer segnalava la presenza in Ucraina «di decine di gruppi di destra o nazionalisti che rappresenta[va]no una potente forza politica». Il quadro dipinto da Kramer in quel suo articolo travisava il panorama partitico ucraino dei mesi iniziali del 2022 e attribuiva alla destra radicale ucraina un peso sproporzionato, seguendo una linea molto diffusa nei mass media influenzati dal Cremlino.
Con il tempo, molti osservatori hanno imparato a essere più critici nei confronti delle narrazioni russe, ma talvolta agisce ancora in loro un pregiudizio inconscio. Le persone tendono a conservare le loro interpretazioni iniziali. Serve del tempo e bisogna fare uno sforzo per “disimparare” quelle narrazioni e quelle spiegazioni che la propaganda russa può continuare a sfruttare.
https://www.linkiesta.it/2024/12/loccidente-continua-a-usare-lenti-russe/?fbclid=IwY2xjawHbQxhleHRuA2FlbQIxMQABHQi3Hne0ejtb01NPkT4_3BKkod9dITLBTztvvP_C4uXNtjdb9_9muQK-dw_aem_Zentk4QmzkogTq9nsDl5mA
È (quantomeno) dal 2014 che, ingannati da una loro scarsa conoscenza dell’Ucraina e dalla propaganda di Putin, gli osservatori delle manovre espansionistiche di Mosca sottovalutano quali siano i veri obiettivi del Cremlino