Al Redroom sfruttiamo la praticità dell’elaborazione digitale ma cerchiamo di affrontare il più possibile il mix con un approccio analogico. Non solo perché ci piace ricercare il suono caldo e denso di armonici delle macchine e quella pasta sonora che spesso un algoritmo non riesce a emulare, ma anche perché lavorare in analogico fornisce una metodologia di lavoro trasparente e fa sì che gli aspet
ti tecnici e quelli creativi abbiano gli stessi tempi e gli stessi respiri. I numerosi outboard di cui è cosparsa la regia principale insieme a un vasto parco microfoni ci permette di ottenere sonorità sempre diverse e adatte ai gusti dell’artista, verso i quali siamo sempre molto curiosi e disponibili a trovare soluzioni condivise senza imporre a priori il nostro suono a chi ne è il vero artefice. In buon suono ha bisogno come è noto che l’intera catena sia di qualità, anche oltre il percorso che va dal microfono al registratore. E’ importante che l’acustica della sala sia trattata adeguatamente e il musicista si senta a proprio agio. Per questo abbiamo tentato di creare uno studio che non fosse di plastica, ma restasse umano, accogliente, e in questa direzione ci ha aiutato molto il contesto: un’antica casa di campagna con la cucina, il camino, il salotto, il giardino e lo spazio per dormire. I numerosi spazi in cui è diviso lo studio permettono di dislocare gli strumenti nelle varie sale (fino a cinque) per permettere ai musicisti di suonare live, e a noi di poter lavorare con i suoni separati, per avere la massima libertà di elaborazione in fase di mixaggio, senza rinunciare all’energia e all’interplay che solo una performance d’insieme è capace di trasmettere. Infine crediamo che riscoprire l’amore e l’attenzione per un ascolto di qualità sia un passaggio necessario per superare la crisi culturale che ha attraversato il mondo della musica negli ultimi anni. E nell’aver intrapreso questo progetto ci sentiamo di dare il nostro piccolo contributo.