Il luogo dove imparare ad essere un Marketer tra i più richiesti e pagati sul mercato. Per imparare Questa è una palestra mentale ed emozionale.
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Perché non sono singoli eventi di solito a decidere il corso della nostra vita, ma le abitudini mentali ed emozionali che adottiamo.
La libertà ha un grande prezzo da pagare: abbiamo la responsabilità totale delle nostre azioni.
Per molte persone questa è una competenza da apprendere. Perché ci hanno abituato a guardare sempre all'esterno, a cercare sempre un colpevole.
Non si tratta, in realtà, di cercare un colpevole allo specchio, ma di essere consapevoli che siamo responsabili e quindi, abili ad agire per cambiare le cose.
Per diventare padroni della nostra giornata.
Nel Faust, Mefistofele fa notare a Faust la nostra tendenza ad omologarci e a rifuggire da ciò che non è noto, comune, abituale.
Così la società omologa e organizza le vite, creando destini comuni. È comodo e facile, ma non porta alla felicità.
Cerchiamo nuove strade. Che fanno paura, ma che rivelano chi siamo. E la strada che noi vogliamo percorrere in questa esistenza.
Non sopportiamo la verità, anche se diciamo il contrario.
Perché, in questo momento, la maggior parte di noi potrebbe dirsi una verità scomoda.
Una verità che cambierebbe in meglio la sua vita, se poi agisse di conseguenza.
Invece, molti preferiscono evitare quella verità e raccontarsi una storia diversa, in cui sono gli eroi e le eroine di una storia che, tuttavia, spesso rischia di diventare tragedia.
La verità fa male, ma è una grande guida nell'eliminare comportamenti che potrebbero trasformarsi in pericolose abitudini.
Ci hanno insegnato a colmare un vuoto esistenziale comprando. Abbiamo comprato l'inverosimile. Adesso, oltre che il vuoto, sentiamo anche l'ansia di tutto quello che abbiamo.
Il vuoto si riempie chiedendoci chi siamo e chi vogliamo essere. E poi ritornare all'essenziale del nostro desiderio, che non è fatto, sicuramente, di oggetti di plastica.
Una delle paure che molte persone hanno è quella di non essere accettate. E questa è una seria possibilità, quando a un certo punto ci stanchiamo della maschera che la società ci chiede di indossare e vogliamo abbracciare un io più autentico.
Molte persone ci diranno allora "non ti riconosco più": è la loro angoscia a perdere un punto di riferimento.
Chi ci ama, ci amerà sempre e anzi, sarà felice della nostra rinascita. Le altre persone potranno imparare dal nostro esempio. O richiudersi nella loro maschera.
La società crea dei presupposti invisibili che generano omologazione. Che serve per l'organizzazione di una società.
Le vacanze sono qualcosa che diamo per scontato. Prova a immaginare se invece di vacanze, le avessimo chiamate "progetto di rinascita," o "progetto di realizzazione personale": pensa come avremmo arricchito molto di più i fine settimana e le vacanze.
Invece, anche quest'anno, milioni di noi saranno sotto un ombrellone, a giocare a racchettoni, maledicendo il giorno in cui torneranno al lavoro.
Verifica che i presupposti su cui basi la tua vita siano validi per te.
Essere in grado di vivere nell'incertezza è una competenza che ci permette di non limitare la vita.
Molte persone, invece, tendono a ridurre molto il loro spazio d'azione, per paura di non riuscire a controllare tutto.
Cosa che, in ogni caso, è impossibile.
Così rischiamo di rimanere per sempre imprigionati nei nostri pensieri, nel piccolo orticello che, con angoscia, cerchiamo di tenere ordinato, mentre nel mondo ci perdiamo meraviglie.
Ritornare a farci domande: perché devo andare in vacanza? Perché devo lavorare così, come mi dicono? Perché devo comprare questi oggetti?
Se ci pensiamo, siamo creature uniche, ma abbiamo storie estremamente uguali le une alle altre. Per una società, questo è un bene: l'omologazione aiuta l'organizzazione.
Per la felicità di ogni individuo, no.
Riflettere porta a individuare la nostra identità, i nostri desideri, le nostre preferenze. E quindi una vita che ci sentiamo nostra.
Molto diversa dalla media. Sarà un casino per la società, ma ci riorganizzeremo. Intanto, saremmo molto, molto più felici.
Se vuoi inimicarti una persona, dille la verità su di lei.
Questo è vero per quasi tutti e tutte.
Costruiamo favole intricate per nascondere ciò che di noi non ci piace. Così facendo, però, lasciamo che questi mostri crescano, fino a quando il difetto diventa ossessione o nevrosi.
Sorridiamo allo specchio e a noi stessi/e: accettarci significa vederci come siamo e poi migliorare quello che non ci fa stare bene.
Mefistofele sa come irretire Faust, bramoso di piacere: facendolo sprofondare in un sogno idilliaco in cui vede la sua possibile vita futura.
Pensiamoci, la prossima volta che vediamo una pubblicità che ci racconta come saremo felici.
La creazione di un'identità professionale è spesso fatta all'inverso, prendendo dal "supermercato delle identità" fatto di formule trite e ritrite.
Efrat Tseëlon mostra perché la moda abbia così successo:
“ci aiuta a esplorare i nostri limiti senza agire: […] nelle favole l’abito dei sogni è l’elemento chiave per rilevare la vera identità della principessa, come la fata sa fin troppo bene allorché veste Cenerentola per il ballo” (Efrat Tseëlon, Fashion, fantasy and horror).
Purtroppo, poi, il/la professionista si presenta al ballo e si trova davanti tantissimi altri competitor, vestiti tutti uguali.
Fromm lo ha scritto in "Fuga dalla libertà": noi abbiamo paura di troppa libertà e cerchiamo confini e prigioni perché ci fanno sentire al sicuro.
Una vita libera non è una vita in cui si può fare tutto (secondo il discorso del capitalismo), ma una vita in cui possiamo essere chi siamo veramente.
Perché non è possibile che qualcosa che piace a cento persone sia definita "geniale" da quasi tutte.
Arpagone è avaro. Consumato dal desiderio della cosa.
Della sua cassetta, piena di soldi, che però interra nel giardino.
La casetta che lo fa soffrire, perché può essere rubata in ogni momento.
Chi non è capace di trovare valore in sé, sarà sempre prigioniero di un oggetto che lo abbaglia.
La scienze cognitive mostrano come noi cerchiamo così tanto le certezze, da abbracciare convinzioni false, piuttosto che fare lo sforzo cognitivo di andare fino alla verità.
Le ricerche mostrano che i racconti che costruiamo nella nostra mente servono più per raggiungere i nostri obiettivi (che significa anche preservare l'autostima e nascondere i nostri difetti) che non per trovare la verità.
Prestiamo molta attenzione a quello che ci raccontiamo, perché la vita va avanti con o senza i nostri racconti e, prima o poi, dovremo fare i conti con le storie che ci raccontiamo.
Madame Bovary è la tragica storia di molti e molte.
Di coloro che, presi dalla foga della ricerca del piacere futuro, si perdono quello che hanno.
È la favola del capitalismo, che trasforma le persone in tossicodipendenti di piacere. Del prossimo piacere, perché quello presente è già vecchio.
Essere presenti sul momento e con noi stessi/e e non raccontarci che un oggetto (o una persona) ci renderà felici nel futuro sono due ricette per non finire come Emma. Anzi, per essere vivere in serenità.
Il tempo lineare è una grande convinzione del nostro tempo. Che ci crea non pochi problemi. E rischia di farci manipolare con facilità.
Siamo aggiunta-dipendenti.
La società ci ha riempito con talmente tanta "roba" che dire "No" sembra quasi perdere occasioni.
Ci hanno addestrato a volere tutto e tutto è a portata di mano.
Oggi un "no" è molto più liberatorio e leggero di tanti sì.
Zeno si sposa perché la sua vita è una melodia "con una sola nota". Per tedio, insomma, come tante coppie che, così, hanno vita breve.
Un insegnamento importante e profondo: avere sempre la consapevolezza non tanto di cosa facciamo, ma del perché lo facciamo.
La spinta che guida la nostra azione è fondamentale nel definire il risultato e la felicità che da essa deriva.
Siamo creature di abitudine. Profonda, a volte ossessiva abitudine.
Abitudine mediata anche dalla chimica, dagli ormoni, da potenti molecole come la dopamina, che è sempre alla ricerca del piacere.
Oggi milioni di persone muoiono prima del tempo perché dipendenti dallo zucchero, da cibi troppo grassi, da sili di vita sedentari.
Sono rituali che diventano normali e che ti possono fare molto male.
Creare i propri rituali significa imparare a conoscersi, a sapere cosa ci "tira" nella direzione che non vogliamo e cosa possiamo fare per costruire, invece, giornate che ci appartengono.
Altrimenti, saremo noi ad appartenere a loro.
Una delle narrazioni peggiori sulla vita è quella sulla sua forma: una linea retta, in costante ascesa.
Studi, ti sposi, lavori, fai carriera, fai figli, compri una casa piccola, poi più grande...
La vita è, invece, piena di curve, di cambi di rotta, di repentini dietrofront, di cadute rovinose e di balzi esilaranti.
Intere generazioni hanno subito lo stress di non appartenere a quell'immagine stereotipata - e inesistente - della persona che sale sempre, che vince sempre, che segue sempre la direzione decisa in prima elementare.
Una narrazione che ancora intrappola molte persone che magari non vogliono avere figli, ma si sentono obbligate a farne, o che non sopportano il proprio lavoro, ma bisogna "diventare qualcuno".
La vita non è una linea retta. Soprattutto, assicurati che non vada nella direzione sbagliata.
Per risolvere grandi problemi di vita (o di business) leggi Aristotele, Kant, Wittgenstein. Studia le neuroscienze, la nostra psicologia. Goditi Anna Karenina e i mille risvolti del nostro essere.
Più arricchiamo il linguaggio con ragionamenti che prima non facevamo, più apriamo nuove strade di pensiero.
Se ti dici "non ho scelta", o "non c'è altra soluzione", non significa che non ce ne sia: forse sei tu che, ancora, non hai le parole per descriverle.
Quante cose dai per scontate e, invece, sono assurde? Lavoro con Luca che ha un'auto che non può permettersi e che quindi deve accettare lavori che non vuole per riuscire a pagare tutte le spese. È normale. Ma è assurdo.
Conosco Marilena e Giancarlo che si sono sposati e hanno avuto un figlio solo perché avevano fretta e, dopo pochi mesi, hanno già divorziato. In tanti fanno così. È normale. Ma assurdo.
Parlo spesso con persone che hanno piani, progetti, voglia di cambiamento. Poi passano tre settimane completamente libere sotto un ombrellone a non fare nulla. È normale. Ma assurdo.
Una volta che scopriamo le assurdità della nostra vita, avremo la libertà di cambiarle.
Il mondo non vede l'ora di dirti chi sei: guerriera, viaggiatore, amico, amica, vip.
È la comunicazione della pubblicità, ma non solo: pensiamo all'attrazione che le gang hanno sulle persone che, vivendo in quartieri dove non hanno un nome, vedono la gang come l'unica possibilità di avere un'identità.
Trovare se stessə è un lavoro difficile solo perché nessuno ce lo ha insegnato.
Significa togliere tutti gli strati che ci hanno messo negli anni (genitore, amico, amica, lavoratore, lavoratrice...) e andare all'essenza: chi voglio essere nella mia vita e come voglio interpretare il mio cammino.
Un viaggio che non finisce mai ma che, quantomeno, diventa veramente nostro.
Non vediamo la realtà com'è, ma come siamo noi, lo avrai forse sentito dire.
Siamo però convinti di essere giudici imparziali della completa realtà che ci circonda, quando invece ne vediamo solo una piccola parte.
Il problema è che spesso prendiamo decisioni anche molto importanti, fissando l'obiettivo dal buco della serratura.
Ampliare le prospettive, cercare altre verità oltre a quella che noi, giuriamo, è l'unica da seguire, ci permette di aprire quella porta e di vedere tante altre strade, tante altre scelte e tante altri modi di vivere meglio.
Si chiamano costrutti psicologici e sono il modo in cui, in un certo senso, costruiamo la nostra realtà.
La narrazione della nostra esistenza prende forma nei nostri pensieri e poi nelle parole, che diventano lenti con cui osserviamo e sentiamo il mondo.
Chi vede difetti in tutte le persone e le istituzioni vivrà da vittima rabbiosa e frustrata, chi crede di essere molto migliore delle altre persone in qualsiasi area della sua vita senza esserlo vivrà in un vicolo cieco, sia di consapevolezza che di risultati.
Chiederci come ci raccontiamo oggi è importante, per toglierci delle lenti che, forse, ci danneggiano più che aiutarci ad avanzare.
La conversione di San Paolo di Caravaggio ci racconta di un momento che, purtroppo, non tuttə noi viviamo.
Quel momento di rinascita, che di solito viene posizionato nella mezza età, in cui riprendiamo la vitalità lasciata nella giovinezza e ci concentriamo sulla persona che vogliamo essere, sfruttando la nostra intelligenza cristallizzata, perché stiamo perdendo quella fluida.
Una trasformazione che in molte persone cercano e che sfugge perché non abbiamo ricevuto educazione in tal senso: è tutto nel breve termine, è tutto veloce, è tutta una routine verso non si sa cosa.
Il regalo più bello che possiamo farci è fermarci e farci quelle domande che spesso evitiamo con tanta ossessione carica di paura, perché non abbiamo le risposte immediatamente.
Chi vogliamo essere per il resto della vita è la più importante, perché guida tutto il resto.
Se non rispondiamo noi a questa domanda, lo farà volentieri il sistema, chiedendoci di risalire sulla ruota del criceto e continuare a pedalare.
La paura è la grande prigione delle persone. Quella che ci impedisce di parlare, di agire, di cambiare strada.
Quella che ci fa rimanere con la testa china sul cammino che abbiamo intrapreso e che, probabilmente, in realtà hanno creato altri per noi.
Agire senza paura non significa certo agire con sconsideratezza o impulso senza pensiero.
Significa agire non tralasciando strade che, certo, potrebbero anche farci paura, ma che sono immensamente più importanti e piacevoli per noi.
Altrimenti la paura è una grande prigione che offre tante giustificazioni sul perché non dobbiamo agire.
La crisi di mezza età è stata inventata negli anni '60 e molti esperimenti sociologici e psicologici hanno provato che poche persone hanno una vera "crisi" e che questa spesso sia mediata da fattori culturali.
La crisi di mezza età è un indicatore di un altro grande "inganno" che ci siamo autoimposti e che depotenzia la nostra narrazione di vita: la convinzione del fatto che la vita sia lineare, una successione di eventi rigidi da cui non si può uscire.
Se hai più di 40 anni e credi di non avere più l possibilità di cambiare anche radicalmente la tua vita, hai questa convinzione: la vita è una strada a un'unica direzione da cui non si può uscire.
Pensiero pericoloso e non vero.
Varese
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Il potenziale vale quanto il modo in cui lo raccontiamo. #comunicazionestrategica #linguaggiostrategico #mente #cervello
Lasciare andare è doloroso, ma è il primo passo verso una rinascita nella nostra storia personale. #comunicazionestrategica #linguaggiostrategico #dialogointerno #storiedivita
Siamo abituatə ad eliminare tutti gli obiettivi che non sono immediatamente raggiungibili. Ma così non si cresce. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Reagire continuamente al mondo porta a vivere la vita di qualcun altro. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Come racconti il passato fa molta differenza. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Come parliamo determina il controllo della nostra vita. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Se solo avessi... è l'inizio di una scelta impossibile. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Come racconti il tuo futuro? #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Il talento è un mito tossico della società della performance #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Come racconti tuoi errori? C'è chi ne fa un'ossessione e la prova della propria incapacità. C'è chi li evita come la peste, ritirandosi in una vita piena di paure e incertezze. Come ci racontiamo gli errori ha un grande impatto su come viviamo. Su come ci vediamo e come vediamo le nostre possibilità future. Spesso non è l'errore ad essere fatale, ma il modo in cui lo raccontiamo e lo facciamo diventare destino. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Quando stiamo male compensiamo. Il che peggiora la situazione. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
La società ci dà tante regole non scritte da seguire. Non tutte ci fanno bene. Anzi. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Come ti racconti nella vita? #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
"prima il dovere e poi il piacere". Siamo sicurə? #comunicazionestrategica
"Posso" o "non posso" guidano la nostra vita. Attenzione a come li usiamo. #comunicazionestrategica
Come ti parli? Come ti prendi cura di te? #comunicazionestrategica #linguaggioefficace #linguaggiostrategico #dialoghistrategici
Devo, devo devo. Un verbo potente. Peccato sia usato malissimo. #comunicazionestrategica
Io voglio è un verbo vietato e invece è uno dei verbi più potenti che abbiamo. #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
Ci sono problemi che permangono per anni, se non decenni, nella nostra vita. Problemi grossi, da cui ci vogliamo staccare, ma non sappiamo come. Spesso quei problemi raccontano di noi, della nostra incapacità di staccarci da una storia che non ci appartiene più. #linguaggiostrategico #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
La fortuna è casuale? Qual è l'atteggiamento giusto per la fortuna? #comunicazionestrategica #dialoghistrategici
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