18/06/2024
IL LESSICO DEL DOLORE
Le parole dei familiari delle vittime di femminicidio
di Marco Brando
In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo, che commette un femminicidio o femmicidio: termini che con sfumature differenti, come si legge nel dossier del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, «definiscono in maniera non neutra gli omicidi contro le donne [...]. Questi tipi di uccisione che colpiscono la donna perché donna non costituiscono incidenti isolati, frutto di perdite improvvise di controllo o di patologie psichiatriche»; sono «l’ultimo atto di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico, fisico o sessuale». Fatto sta che l’attenzione dei giornalisti e di conseguenza l’attenzione del pubblico – entrambe segnate da luoghi comuni androcentrici cui Lingua italiana si è dedicata più volte – di solito si concentrano, con maggiore o minore interesse a seconda dei casi, soltanto sulla vittima. Sfugge un’altra dimensione del dramma, assai trascurata dalle stesse istituzioni: l’isolamento di chi resta, che deve destreggiarsi tra problemi pratici, dolore, ricordi di un amore infranto, processi, incomprensioni e nostalgia. Capita ai figli, spesso piccoli, rimasti orfani doppiamente perché la mamma non c’è più e il padre assassino è in prigione o si è tolto la vita; ai genitori; ai fratelli e alle sorelle; talvolta succede a coniugi o compagni, quando l’omicida è estraneo alla famiglia.
I familiari rappresentano la grande platea di “vittime collaterali” dei femminicidi, troppo spesso abbandonate a se stesse. Sono tantissimi, perché questi delitti in Italia dilagano: nel 2023 sono state 120 le donne uccise. In 64 casi, quindi più della metà, l’assassino è stato il marito, il fidanzato, il compagno o l’ex; negli altri casi sono stati amici, conoscenti, sconosciuti. Nel 2024 fino al 29 maggio, secondo Femmincidioitalia.info, le vittime sono già state 39. Se dovessimo considerare come media i 120 casi del 2023, si arriva a 1.200 donne assassinate per motivi di genere in 10 anni. Ebbene, bisogna moltiplicare almeno per 5 (contando figli e familiari prossimi) il numero di coloro che subiscono le conseguenze del lutto; si arriva a circa 6.000 persone tra 2014 e 2024, a 12.000 considerando i delitti commessi dal 2004, 18.000 andando indietro di 30 anni e così via.
Tutto ciò, moltiplicato per migliaia di volte, non può essere dimenticato da chi ha subìto la perdita, che continuamente ricorda e talvolta ne scrive. Il lessico del dolore si esprime talvolta in libri; è il caso del recente "Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia" (2024), scritto, con il giornalista Marco Franzoso, da Gino Cecchettin, padre della ragazza di Vigonovo (Venezia), uccisa l’11 novembre 2023, a 22 anni, dall’ex fidanzato, Filippo Turetta. Più spesso quel linguaggio emerge dalle lettere che i sopravvissuti dedicano alla persona perduta: raccontano vite spezzate, amori traditi, giustizia negata, ricordi dolci e dolorosi, violenze, soprusi e umiliazioni, immensa e inossidabile sofferenza; parlano anche di abitudini quotidiane, progetti per il futuro, sogni infranti. Sono testimonianze potenti e commoventi che esprimono una vasta gamma di emozioni, dalla sofferenza devastante alla memoria affettuosa, dall'indignazione alla resilienza. Non solo documentano l'impatto della violenza di genere, ma sono anche da richiami alla società perché si arrivi a un cambiamento urgente e necessario. Cosicché non solo danno voce al loro strazio ma lanciano un grido d'allarme, spesso tradotto anche in iniziative pubbliche cui si rendono disponibili.
Un’importante testimonianza in quest’ultimo senso è offerta dal libro della giornalista e fotografa Stefania Prandi – "Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta" – che, dal 2020, accompagna una mostra fotografica centrata sui protagonisti del suo racconto; è frutto di un reportage realizzato tra 2016 e 2019 utilizzando le immagini e le parole di coloro che sopravvivono al femminicidio. Certo, lo sguardo che emerge dalle foto è fondamentale. Però attraverso l'analisi del lessico utilizzato nelle lettere e nelle interviste contenute nel volume (e raccolte dal 2016 al 2019), è possibile cogliere vari elementi-chiave. Ecco alcuni stralci di tre lettere scritte da madri...
Segue qui: https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/lessico-dolore.html
Ps: la foto è stata scattata da Stefania Prandi e fa parte della mostra citata