14/11/2024
Si lasciano mai le case dell'infanzia?
Mai. Elena Greco, detta Lenù, nata e cresciuta in un rione polveroso della Napoli tra gli anni '50 e '60, ne è consapevole.
Dentro di lei separazione ed attrazione diventano un tutt'uno e, ciclicamente, fugge e ritorna in quel luogo che s'illude di aver riposto negli spazi più remoti della sua mente.
Il rione, croce e delizia.
Il rione, memoria del cuore, continuamente abitato da Nino Sarratore, Lila e la sua famiglia.
Elena Ferrante svela all'interno del romanzo, pagina dopo pagina, una maternità complessa, che brulica di contraddizioni e narra incessantemente la sua storia, descrivendo una nuova femminilità, libera dalle funi della società patriarcale, in cui si trova immerso il rione.
A questo proposito, afferma: "Il punto è come ci raccontiamo la maternità e la cura dei figli.
Se si continua a parlarne
solo in modo idilliaco, come nei manuali tipo “Sarò madre”, continueremo a sentirci sole
e colpevoli quando sfioreremo i lati frustranti di quell’esperienza.
Il compito di una donna
che scrive, oggi, non è fermarsi ai piaceri del corpo gravido, del parto, della cura dei figli, ma andare con verità fino al fondo più buio".
Un modello, dunque, che si discosta nettamente da quello della generazione di Immacolata Greco e che sin dalle prime pagine si impone con vigore nell'atto di gettare le bambole nello scantinato da parte di Lila.
Tale azione, oltre a suggellare il rapporto conflittuale tra Lila e Lenù, interrompe la catena di schiavitù, simbolo dell’ideologia del sacrificio materno, con madri che si distaccano dalle figlie per far sì che le figlie vivano indipendentemente una loro vita.
Lenù che lascia Lila
buttare nello scantinato la sua bambola Tina è anche Lenù, adulta sposata e madre, che non si piega alla società patriarcale e rifiuta di vivere come una schiava e di autodistruggersi come hanno fatto prima, e per tante generazioni, nonne e madri.
Tuttavia, basta un sonoro schiaffo di Immacolata per riportarla alla realtà del rione, alle sue radici.
E allora le case dell'infanzia rimangono dentro come domande, cui non sempre segue una risposta.
Roberta Siciliano
(Storia della bambina perduta, Elena Ferrante)