23/04/2024
MOLTO RUMORE PER NULLA
di Andrea Domenico Taricco
Purtroppo non parleremo di Shakespeare con questo titolo altisonante ma di ciò che resta del buon senso. Mai come in questa fase della nostra storia infatti siamo caduti nel vuoto. Ho ascoltato in silenzio le descrizioni di colleghi esperti ed alla fine sono giunto a questa conclusione: l'arte che rispecchia le tendenze sociali e ideologiche di una società in crescita in questo momento sia fuori fase e che stia morendo un passo alla volta e che l'installazione presentata per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia sia in sintonia con questo stato delle cose. Si intitola To Hear- Due Qui che dal 20 aprile al 24 novembre 2024 utilizza il concetto dell'ascoltare se stessi. In realtà spinge verso il silenzio assoluto e l'incomunicabilita' oggettiva. Lo straniamento domina incontato dato che si tratta un cantiere aperto ove suoni remoti contrastano con una realtà incompiuta. In questo eccelle ad un primo impatto.
In realtà la volatilità del lavoro esclude ulteriormente il pubblico da qualcosa di antiestetico che desidera in tutti i modi essere intelligente per quanto inefficace mettendo in evidenza la pochezza di un sistema d'arte globalizato e ridimensionato a macchina di soldi che vale perché danarosa. Si pensi che sia costata oltre un milione e duecento mila euro l'insieme di tubi innocenti che creano questa ragnatela dispersiva. Intelligente? Sì se intendesse polemizzare il nostro Paese ridotto alla miseria pensando ai cantieri promossi dal Superbonus e rimasti incompiuti, agli appalti truccati, alle morti sul lavoro che non c'è, allo svuotamento creativo degli archistar, al mercato in generale che adombra gli artisti sino a portarli in uno spazio asettico, inutile, vuoto. Da cosa è riempito? Da ciò che definisco pre-arte poiché descrive i materiali crudi, i blocchi sterili ed inerti e la massa grezza prima che l'ingegno artistico la manipoli. Si articola infatti in uno spazio tripartito amorfo che spinge il fruitore a muoversi smarrito in questo cantiere acustico: nel primo spazio la statuetta del pensatore Bodhisattva in cima ad una canna d'organo che introduce alla seconda sala sonorizzata da Caterina Barbieri e Kali Malone in cui i suoni di carillon si amalgamano alle canne d'organo che creano così un labirinto visivo ed immersivo al centro del quale una scarna fontana indurrebbe alla riflessione. Infine il terzo spazio è costituito dal giardino esterno entro cui si terranno performance, letture ed elementi di contatto con il pubblico.
Pre-arte perché manca l'opera in questa cornice vuota tritasoldi. Un tempo impalcature e ponteggi simili servivano agli artisti per elevarsi dal suolo e lavorare a grandi affreschi che avrebbero esaltato l'ingegno italico nel mondo oggi invece i ponteggi rappresentano la messa in opera del nulla. Dunque potrebbe un chiunque posizionare un martello su un piedistallo con una colonna sonora di sottofondo e chiamarla arte? Magari avrebbe maggior valore se il martello fosse rivestito d'oro ricordando il water di Cattelan. Ready made ed object trouvé andavano oltre cent'anni fa. Curato da Luca Cerizza l'installazione di Massimo Bartolini è l'esempio lampante di ciò che fa molto rumore per nulla grazie all'effetto straniante desiderato. La prima volta che ho visto le immagini dell'installazione infatti pensavo che si trattasse dell'allestimento preparatorio al lavoro definitivo ma la scoperta è stata folgorante: ho visto in seconda analisi il confusionario groviglio di rami d'acciaio che via via prendevano il posto di foreste cancellando per sempre la bellezza. Mentre l'urban sostituiva la natura uno scheletro di un mostrosauro surrealista si è risvegliato in me ed una scarna cattedrale post-industrial si è finalmente profilata. L'assenza evocata dall'opera mi ha inondato di visioni ed il vuoto si è colmato. Un clic ricettivo stimolato dal nulla mi ha permesso di riflettere su quanto stiamo facendo male al mondo e a noi stessi e di tutto questo resteranno frammenti in cui magici ricordi daranno vita anche ad un rottame. E per quanto siano i nostri occhi assenti abituati a vedere scorrere immagini di città distrutte sia la RICOSTRUZIONE il nuovo inizio. Qui l'illuminazione: è la mente di chi guarda lo strumento; è l'orecchio di chi ascolta la percezione; ognuno è in ciò che vede. In quel cimitero di metallo ci siamo noi tutti con le nostre assurde convinzioni che come attori invisibili recitiamo quotidianamente senza vie d'uscita. Ovviamente l'opera è dentro lo sguardo dell'osservatore e non fuori e riflette il concetto inclusivo della Biennale dell'essere stranieri, apolidi, marginali ovunque. La metafora optical delle cose parlanti dunque smuove altrove consentendo agli oggetti inanimati di prendere vita. Questo shakespearianamente penso scostandomi dai coretti benpensanti alla luce del puro pensiero critico.
By A.D.T.1975