Torino e Cultura

Torino e Cultura Video podcast sulle persone che fanno cultura a Torino. Ideato e prodotto da Carlo De Marchis

28/05/2024
18/05/2024

30 Episodi!
Primo Episodio a Febbraio con Giorgio Valletta.
Rigorosamente camera fissa e bianco e nero.
Ogni volta una scoperta.
Grazie a tutte le persone che hanno partecipato.
Ogni volta una scoperta.
Tutto self-funded.

Ep. 11: Alessandro Bulgini - Artista, direttore artistico di Flashback Habitat
20/03/2024

Ep. 11: Alessandro Bulgini - Artista, direttore artistico di Flashback Habitat

Alessandro Bulgini, artista visionario e ora direttore artistico di Flashback Habitat a Torino, ha dedicato la sua vita a portare luce e creatività nelle per...

Ep. 10: Enzo Obiso - L'arte della fotografia come strumento di conoscenza e di sperimentazione
19/03/2024

Ep. 10: Enzo Obiso - L'arte della fotografia come strumento di conoscenza e di sperimentazione

Enzo Obiso, fotografo siciliano di nascita ma torinese d'adozione, è una figura di spicco nel panorama artistico della città. In un'intervista rilasciata di ...

Ep. 9: Manuela Grippi - Attrice, Presentatrice, Doppiatrice. Vedo cose • Faccio gente.
17/03/2024

Ep. 9: Manuela Grippi - Attrice, Presentatrice, Doppiatrice. Vedo cose • Faccio gente.

Manuela Grippi, attrice torinese tra cinema, teatro e doppiaggioNel nostro video podcast "Torino e Cultura" oggi abbiamo il piacere di ospitare Manuela Gripp...

Ep. 8: Laura Milani - L'education e la cultura come motore del cambiamento a Torino
08/03/2024

Ep. 8: Laura Milani - L'education e la cultura come motore del cambiamento a Torino

Laura Milani e la sua visione per l'education e la cultura a Torino.Laura Milani è una figura di spicco nel panorama culturale torinese. Imprenditrice vision...

Ep. 7: Jacopo Buranelli - Editore indipendente, curatore e dj. Libri, mostre e djset coraggiosi.Jacopo Costa Buranelli, ...
02/03/2024

Ep. 7: Jacopo Buranelli - Editore indipendente, curatore e dj. Libri, mostre e djset coraggiosi.

Jacopo Costa Buranelli, curatore indipendente, editore e dj, si racconta nella sua nuova città, Torino, dove si è trasferito nel 2020 e dove ha trovato terreno fertile per nuovi progetti. Tra questi, la mostra “Insurrezioni, fotografie di una protesta” presso lo spazio Flashback in Borgo Crimea, grazie anche ad Alessandro Bulgini e Ginevra Bucci.

La mostra presenta gli scatti in bianco e nero del fotografo americano Chris Suspect, che documentano quattro anni di proteste negli Stati Uniti durante l’amministrazione Trump, culminati con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Le foto esplodono letteralmente nelle sale espositive, stampate su carta da manifesto per trasmettere il senso di caos che ha pervaso il paese in quegli anni.

Jacopo ha conosciuto Chris Suspect durante un viaggio a Washington nel 2019, mentre promuoveva i libri della sua casa editrice, King Koala Press. Nata durante il lockdown dalla passione di Jacopo Buranelli per il Giappone e la fotografia, King Koala pubblica libri fotografici in edizione limitata che uniscono autori europei e americani. Oltre alla mostra con Chris Suspect, Jacopo ha appena pubblicato il libro “Truly Blessed”, reportage sulla comunità LGBT nera di Washington.

Tra i prossimi progetti editoriali di King Koala Press c’è anche la pubblicazione inedita delle polaroid di Enzo Obiso, fotografo torinese molto noto in Italia e all’estero. L’idea è quella di creare libri che abbiano un valore identitario forte, oltre che economico.

La passione di Jacopo Buranelli per la musica e il Giappone emergono anche nelle sue attività da dj con il progetto Natsutaro: una selezione di kayokyoku (canzoni giapponesi con basi americane) e jazz, per far rivivere l'atmosfera dei listening bar di Tokyo. Il progetto è nato proprio a Torino, grazie alla collaborazione con lo storico locale sake Ailimè di Chicca Vancini.

Secondo Jacopo, Torino è la città ideale per ospitare un vero listening bar in stile giapponese: non frenetica, più propensa all’ascolto attento e alla degustazione che al consumo veloce. Invitando potenziali investitori a cogliere questa opportunità, Jacopo conferma il suo amore per Torino, ormai una seconda casa. Qui sta trovando terreno fertile non solo per progetti personali e artistici, ma anche per contribuire a creare qualcosa di nuovo e necessario per la città.

Jacopo Costa Buranelli, curatore indipendente, editore e dj, si racconta nella sua nuova città, Torino, dove si è trasferito nel 2020 e dove ha trovato terre...

Ep. 6: Matilde Demarchi: Dall'arte del movimento ad una danza più accessibile per tuttiLa danza è stata la grande passio...
02/03/2024

Ep. 6: Matilde Demarchi: Dall'arte del movimento ad una danza più accessibile per tutti

La danza è stata la grande passione di Matilde Demarchi fin da quando aveva solo 4 anni. Nonostante la madre volesse mandarla a nuoto, lei era determinata a seguire il suo sogno e gia’ da ragazzina riuscì a guadagnare abbastanza - 5.000 lire all'ora - per pagarsi le lezioni di danza. Vinse poi una borsa di studio della Comunità Europea che le permise di studiare danza classica, jazz e la tecnica Graham, quest’ultima la colpì particolarmente per la sua componente filosofica e viscerale.

Tra le esperienze fondanti di Matilde Demarchi nell'ambito della danza contemporanea c'è sicuramente l'incontro con la breakdance sotto i portici del Teatro Regio di Torino nei mitici anni '80. Incuriosita da quei ragazzi che roteavano sulle spalle eseguendo mosse completamente nuove, superò il suo iniciale sconcerto e chiese di unirsi al loro gruppo, i "Tuxedo Breaking White Team", per imparare quello stile di danza di strada così insolito per una ballerina classica.

Fu l'inizio di un viaggio che portò Matilde e il suo nuovo gruppo a girare l'Italia esibendosi e riscuotendo grande successo di pubblico. Un'avventura fondamentale che aprì definitivamente la sua mente a nuove possibilità espressive del corpo umano, arricchendo enormemente il suo bagaglio artistico. Un altro seme creativo piantato nella pura e vitale cultura underground di quegli anni.

Dopo gli studi in Italia, Matilde si trasferì a New York per entrare nella scuola di Martha Graham, tempio della danza americana. Nonostante le difficoltà iniziali dovute alla scarsa preparazione fisica, riuscì a completare il percorso formativo anche se poi decise di rientrare in Italia per amore. Da allora non ha mai smesso di viaggiare e studiare danza all’estero, dalla Russia alla Cina, grazie anche al supporto del marito.

Al suo ritorno in Italia, Matilde fondò a Torino la scuola Arkè con l’intento di portare in città le tecniche di danza contemporanea che aveva appreso nei suoi viaggi. All’epoca infatti il panorama della danza torinese era concentrato principalmente sulla danza classica, trascurando forme espressive più moderne. Nonostante le difficoltà e la mancanza di finanziamenti pubblici, negli anni Arkè è riuscita a creare spettacoli innovativi, corsi per tutte le età e a lanciare ballerini di successo come Lorenzo Pagano della compagnia Martha Graham.

Una danza più accessibile e inclusiva

Nell’intervista Matilde esprime alcune considerazioni sulla danza contemporanea, che a suo avviso negli ultimi anni si è fatta troppo elitaria e poco comprensibile ai non addetti ai lavori. La sua idea è quella di riportare la danza ad essere più popolare e adatta a tutti, anche a chi pensa di non avere predisposizioni. In questo senso il suo lavoro con la scuola Arkè va proprio nella direzione di avvicinare quante più persone possibili all’arte della danza, per aumentare la consapevolezza del proprio corpo e imparare a conoscerne le potenzialità espressive.

L’esempio che fa è quello del calcio: non possiamo aspettarci che tutti diventino campioni, ma tutti possono trarre beneficio dal praticare questo sport. Allo stesso modo, avvicinarsi alla danza può regalare miglior coordinazione, postura, capacità di comunicare con il corpo e soprattutto una nuova prospettiva per apprezzare spettacoli che altrimenti sarebbero poco comprensibili.

Innovazione e creatività nella Torino contemporanea

Parlando della città di Torino, Matilde riconosce come spesso qui nascano idee brillanti e progetti d’avanguardia per poi perdersi strada facendo, senza riuscire a esprimere appieno il loro potenziale. Manca forse il giusto supporto per coltivare i germogli creativi che spuntano nel tessuto culturale torinese. Nonostante ciò, con impegno e dedizione si possono raggiungere grandi risultati anche restando a Torino, come dimostra il suo percorso professionale.

Sarebbe auspicabile secondo Matilde una maggiore sinergia e collaborazione tra Torino e Milano, unendo così l’estro creativo sabaudo con la capacità manageriale ed imprenditoriale meneghina, in una sorta di “mito del nord” Italiano. Questa fusione di qualità potrebbe portare Torino e il nord Italia ad occupare un ruolo di primo piano nel panorama culturale europeo.

In conclusione, dall’intervista traspare tutta la passione e la dedizione di Matilde Demarchi per l’arte della danza e la volontà di diffonderne la conoscenza. La danza come strumento per comunicare ed esprimersi, come disciplina formativa non solo fisica ma anche mentale ed emozionale. Una visione aperta e inclusiva, tipica forse dello spirito sabaudo, che vuole portare quante più persone possibile a scoprire la bellezza di quest’arte.

La danza è stata la grande passione di Matilde Demarchi fin da quando aveva solo 4 anni. Nonostante la madre volesse mandarla a nuoto, lei era determinata a ...

Ep. 5: Renato Failla - Lo speaker radiofonico che indaga il futuro della musica"Ciao, sono Renato Failla, sono uno speak...
02/03/2024

Ep. 5: Renato Failla - Lo speaker radiofonico che indaga il futuro della musica

"Ciao, sono Renato Failla, sono uno speaker radiofonico, scrivo di musica saltuariamente, mi occupo di eventi, sono musicista, di tanto in tanto giro anche un po' i dischi, ma gli mp3 comunque, perché suono in digitale, sui vinili ancora mi devo attrezzare". Così si presenta Renato Failla, ospite della nuova puntata del podcast "Torino e Cultura" condotto da Carlo De Marchis.

Classe 1983, Renato è approdato a Torino circa un anno e mezzo fa per amore e lavoro, dopo aver vissuto a Roma, in Salento e in Calabria. La passione per la musica lo accompagna fin da quando aveva 15 anni, suonando in varie band prima in Calabria, poi a Roma con Icanidisara, che gravitava intorno alla scena post-hardcore della capitale, e in ultimo con i McKenzie, band grazie alla quale ha vissuto esperienze importanti, anche su grandi palchi.

Oltre a fare il musicista, Renato ha iniziato a muovere i primi passi come speaker radiofonico, prima nelle web radio e poi approdando alle frequenze FM in Calabria, dove conduceva la fascia mattutina di intrattenimento. Parallelamente, ha portato avanti il suo programma di approfondimento musicale "To Tape", con cui setaccia le novità discografiche italiane e internazionali alla ricerca di nuovi talenti da far conoscere al pubblico.

To Tape è l’evoluzione di Alberone Party Program, programma incentrato sul racconto dell’underground italiano, soprattutto italiano, e di derivazione Rock, con le chitarre.
Oggi To Tape è soprattutto black music, passando per l'elettronica e le musiche del mondo, sempre con l'obiettivo di creare ponti tra passato e presente grazie anche all'utilizzo massiccio del campionamento, che Renato definisce "l'arte di fare canzoni con altre canzoni". Proprio per raccontare il rapporto tra musica, campionamenti e piattaforme streaming, lo speaker calabrese ha dato vita da poco a un podcast che affronta tematiche legate al mondo discografico moderno.

A Torino, Renato Failla porta avanti la sua attività di speaker radiofonico anche per Veronica One. Inoltre, scrive di musica per alcune testate ed è impegnato nell’organizzazione di eventi in città e nel progetto Storie nei Solchi con il Circolo dei Lettori. Tra le altre cose, collabora con la fondazione Dynamo Camp realizzando laboratori di radio con i bambini che usufruiscono dei programmi di terapia ricreativa.

Interrogato sullo stato della scena musicale torinese, Renato fa un excursus dal 2000 ad oggi: “C’è stato un momento di stabilizzazione più che altro. Poi hanno chiuso tanto i locali, poi è arrivata la pandemica. È stato più una cosa condivisa in tutta Italia. Però Torino ha seguito un po' quello che è stato tutto il mondo in Italia, perché comunque è sempre stato un grande centro culturale e musicale".

Ora però qualcosa sembra muoversi, come racconta Renato: "Ci sono tantissimi, e ne conosco ragazzi e ragazze giovani, che hanno ripreso a fare comunità, nel senso vero, community in senso vero, quindi collettivi, piccoli collettivi che lavorano insieme, soprattutto nell’ambito del rap". L'auspicio è che, con la ripresa dei live dopo due anni di stop forzato causa pandemia, la città possa tornare a vivere un nuovo fermento musicale.

Lo stesso fermento che Renato dice di aver respirato quest'anno a Sanremo, dove è stato inviato da Radio Veronica One per raccontare ciò che accadeva fuori dal teatro Ariston: "Ho visto veramente tanto fermento, tantissimi artisti, anche diciamo pop. Succedono tantissime cose, in questa edizione c’è stato anche il progetto Open Machine di Vittorio Cosma, insieme a The Goodness Factory, era questa jam session che facevano ogni sera".

Insomma, la musica dal vivo sembra destinata a tornare protagonista, non solo a Sanremo ma anche a Torino. E speaker appassionati e competenti come Renato Failla avranno ancora molte note da suonare e tanto futuro da indagare.

"Ciao, sono Renato Failla, sono uno speaker radiofonico, scrivo di musica saltuariamente, mi occupo di eventi, sono musicista, di tanto in tanto giro anche u...

Ep. 4: Piero De Marchis - Fotoreporter nella Torino anni 50-80 - Torino e Cultura - Fotografia"I ricordi di Piero De Mar...
02/03/2024

Ep. 4: Piero De Marchis - Fotoreporter nella Torino anni 50-80 - Torino e Cultura - Fotografia
"I ricordi di Piero De Marchis, fotoreporter nella Torino degli anni '50-'80"

Piero De Marchis, nato a Torino nel 1936, ha lavorato come fotoreporter per La Stampa dal 1952 al 1996. Nel video podcast "Torino e Cultura", realizzato dal figlio Carlo, Piero racconta alcuni episodi significativi della sua carriera che ben illustrano com'era la professione del fotografo in quegli anni e com'era la Torino di quei decenni.

Il primo ricordo d'infanzia è legato ai bombardamenti della seconda guerra mondiale: la paura durante i raid notturni quando, da bambino, scendeva nel rifugio antiaereo con la madre. In seguito si trasferisce con la famiglia a Crescentino, in provincia di Vercelli, per sfollare durante il conflitto. Il padre nel frattempo viene arrestato per motivi politici e Piero lo rivedrà solo alla Liberazione nel 1945.

Entra a lavorare a La Stampa a 16 anni, quando ancora la sede del giornale è in Galleria San Federico a Torino. Inizialmente viene assunto come dipendente dello studio fotografico Moiso e il suo compito è quello di accompagnare e aiutare il fotografo titolare nelle varie missioni in giro per la città. La prima foto pubblicata con il suo nome è quella della caduta della Mole Antonelliana durante i lavori di restauro nel 1953.

In quegli anni il lavoro di fotoreporter consisteva soprattutto nel seguire i casi di cronaca nera: lunghe attese fuori dalla Questura di Torino in attesa di notizie su omicidi, furti e altri reati da documentare con reportage fotografici. Si lavorava sempre in equipe con un giornalista e un autista, pronti a partire sui "fatti" appena si veniva avvisati dalla centrale di polizia. Venivano scattate centinaia di foto, anche se poi ne veniva pubblicata soltanto qualcuna scelta dal caposervizio. I giornali uscivano a mezzanotte, perciò le foto dovevano essere sviluppate e consegnate in tipografia in tempi rapidissimi.

Con gli anni Sessanta cambia anche il modo di fare fotogiornalismo: si passa alla fotocamera Nikon, compare il teleobiettivo per gli scatti a distanza. Nel 1968 Piero fa un reportage sulle manifestazioni studentesche, non senza rimetterci qualche "botta" dalla polizia. In generale la stampa è vista con sospetto dai movimenti di sinistra come giornale "padronale". Ci sono scontri e momenti di tensione, ma col tempo i fotografi riescono a ottenere una sorta di "lasciapassare" che permette loro di muoversi tra i dimostranti.

Oltre alla cronaca Piero ha molti ricordi legati allo sport (era appassionato di calcio) e agli spettacoli. Racconta di quando andò a fotografare Vittorio Gassman al Teatro Carignano nonostante il divieto assoluto di usare il flash durante lo spettacolo. Riuscì comunque a fare alcuni scatti nel camerino prima della rappresentazione. Un altro aneddoto divertente è quello di quando dimenticò un obiettivo nella casa del calciatore della Juventus Roberto Bettega: l'indomani Bettega glielo riportò personalmente in redazione facendolo sentire improvvisamente "famoso"!

La vita del fotoreporter era sicuramente molto intensa e impegnativa. Gli orari di lavoro erano decisi di settimana in settimana, quasi sempre con turni di notte o nei giorni festivi. La famiglia ne risentiva, con una presenza a casa piuttosto discontinua, per quanto la professione permettesse anche di fare incontri interessanti e di vivere la città "dietro le quinte".

Dagli anni Settanta alcuni fotografi iniziano però a porsi questioni etiche su cosa sia giusto documentare e su cosa no, soprattutto in ambito di cronaca. Piero racconta di un collega licenziato per essersi rifiutato di fotografare una minorenne; oppure della tragedia di un uomo che minacciò il suicidio se avessero pubblicato una certa foto, ma il giornale non tenne conto delle sue parole e l'uomo si tolse effettivamente la vita. Episodi che portano a una maggiore consapevolezza e a riflessioni sul ruolo sociale del fotogiornalismo.

In definitiva l'intervista restituisce uno spaccato autentico e appassionante della Torino tra gli anni Cinquanta e Settanta come la visse chi fu testimone dei più importanti fatti di cronaca di allora attraverso l'obiettivo della macchina fotografica.

"I ricordi di Piero De Marchis, fotoreporter nella Torino degli anni '50-'80"Piero De Marchis, nato a Torino nel 1936, ha lavorato come fotoreporter per La S...

Angelica d'Ettorre, attrice e fotografa: un percorso alla ricerca delle cose che la sorprendono"Ciao, sono Angelica De T...
02/03/2024

Angelica d'Ettorre, attrice e fotografa: un percorso alla ricerca delle cose che la sorprendono

"Ciao, sono Angelica De Torre. Sono nata a Torino, tanti anni fa ormai". Inizia così l'intervista all'artista poliedrica torinese, che ci racconta del suo percorso professionale e umano, alla continua ricerca della bellezza attraverso l'arte.

Fin da bambina, Angelica manifesta la passione per la recitazione, coltivata negli anni grazie agli studi nella Capitale prima e all'estero poi. La vita però ha in serbo per lei una strada diversa, che la porterà a viaggiare per il mondo e a scoprire nuove passioni. "Ho avuto un’infanzia colorata perché siamo sei fratelli. Un fratello maschio e cinque sorelle femmine di cui una somala". È proprio grazie alla sorella adottiva di origini somale che Angelica approfondisce il suo interesse per l'interculturalità e le diversità.

Dopo gli anni di studio e i primi lavori nel mondo dello spettacolo, Angelica decide di trasferirsi in Africa per seguire il marito. Qui inizia a lavorare in campi profughi, dove mette a frutto la sua precedente esperienza teatrale realizzando laboratori che utilizzano il teatro e la fotografia come supporto psicologico per i rifugiati.

È la svolta: Angelica scopre una nuova passione per l'obiettivo fotografico documentando le vite nei campi profughi. Da lì in avanti continuerà a viaggiare per il mondo, dal Senegal dove vive in un villaggio di pescatori, all'Italia, sempre fotografando, imparando e creando legami con le persone che incontra.

Ritornata a Torino, città che nonostante tutto sente come casa, Angelica ricomincia a coltivare il sogno di fare l'attrice. Ma la fotografia ormai l'ha catturata. Creativi e artisti torinesi notano i suoi scatti su Instagram e le chiedono di collaborare a progetti artistici. In particolare, Maria Grazia Arbaldo e Paolo Albertelli, due scultori che utilizzano tecnologie innovative, la coinvolgono per documentare photographicamente la nascita delle loro opere.

È frequentando gli ambienti artistici torinesi che Angelica sviluppa una sua personale ricerca fotografica, dedicandosi in particolare alla fotografia subacquea. Nasce così il progetto “Free Water”, realizzato insieme alla sorella somala e alle altre sorelle. In questa serie di scatti le donne esprimono, attraverso gesti e simboli, il significato del velo e della libertà.

Per Angelica la fotografia subacquea rappresenta una dimensione ovattata, estraniata dal mondo, che permette di esplorare l'inconscio e lasciare emergere l'inaspettato. È un lavoro difficile, nel silenzio assordante dell'acqua, ma che regala anche magia e sorprese continue grazie al movimento imprevedibile degli elementi.

Torino rimane un dilemma irrisolto, una città che Angelica ha faticato ad amare e che ora non riesce più a lasciare. "È una città che mi fa vivere la natura" spiega, parlando della vicinanza delle colline e della campagna. Allo stesso tempo offre possibilità culturali e artistiche notevoli, anche se "tutto è circoscritto a certi ambienti".

Secondo Angelica a Torino si lavora meglio che altrove per sviluppare progetti artistici, anche se manca l'effervescenza e il dinamismo di altre città italiane. Critica il fatto che il cinema italiano sfrutti le location e le agevolazioni torinesi senza però sviluppare un vero tessuto industriale in loco.

Nonostante tutto, Torino rappresenta per Angelica il perfetto equilibrio tra qualità della vita e opportunità professionali. Il carattere introverso dei torinesi si riflette forse in una cultura artistica meno vivace di altre città, ma le possibilità per gli artisti locali rimangono notevoli.

Oggi Angelica Dettorre continua il suo percorso artistico "on the road" tra fotografia, teatro e cinema, portando con sé quell'innata curiosità che l'ha spinta fin da bambina a cercare la bellezza. La sua storia dimostra come a volte bisogna lasciarsi alle spalle i propri sogni per scoprire passioni inaspettate, e trovare infine il proprio posto nel mondo.

Angelica d'Ettorre, attrice e fotografa: un percorso alla ricerca delle cose che la sorprendono"Ciao, sono Angelica De Torre. Sono nata a Torino, tanti anni ...

02/03/2024

Ep. 3: Avv. Angelica Savoini - L'avvocatura al servizio del diritto e della giustizia sociale
L'avvocatura al servizio del diritto e della giustizia sociale: intervista ad Angelica Savoini

La professione di avvocato è spesso dipinta in maniera stereotipata e distorta dai media, che tendono a evidenziarne soprattutto gli aspetti negativi come i ritardi della giustizia, gli eccessivi formalismi e, talvolta, anche casi di corruzione. Tuttavia, come ci ricorda l'avv. Angelica Savoini, intervistata nell'ultima puntata del podcast "Torino e Cultura", la funzione dell'avvocatura ha in realtà un importante ruolo sociale che merita di essere raccontato.

Savoini, che da dieci anni ha fondato il proprio studio legale torinese specializzato in diritto civile e del lavoro, ci spiega come spesso gli avvocati siano partner e advisor fondamentali di importanti battaglie per i diritti, soprattutto nell'ambito del diritto del lavoro che affonda le proprie radici nelle lotte operaie. Non è infrequente, infatti, che il cittadino insieme ai sindacati e poi con il supporto dell'avvocato intraprenda vertenze che portano al riconoscimento di nuovi diritti prima inesistenti.

È proprio il valore sociale della "battaglia giudiziaria" uno degli aspetti che l'avv. Savoini vuole mettere in luce, in un'epoca in cui si propugnano sempre più soluzioni alternative al processo come la mediazione. Se infatti queste sono certamente valide e vantaggiose per il singolo, è anche vero però che il processo e l'intervento della magistratura sono necessari per ottenere quelle fondamentali "enunciazioni di principio" che informano la cultura politica e sociale, plasmano la società e talvolta portano anche all'introduzione di nuove leggi.

I social network hanno permesso all'avv. Savoini di amplificare e divulgare questa "narrazione" della professione forense, uscendo dalla cerchia degli addetti ai lavori per arrivare direttamente al grande pubblico. Ed è proprio su Instagram che ha iniziato a raccontare, con un linguaggio accessibile, i principi e le battaglie del diritto antidiscriminatorio e del lavoro.

Tra i temi che le stanno più a cuore ci sono quelli legati alla discriminazione di genere e alle condizioni della donna, come per esempio il delicato problema della violenza ostetrica negli ospedali, di cui ha contribuito a scrivere una proposta di legge. Il suo è dunque un profilo social che coniuga divulgazione giuridica e impegno civile in difesa dei diritti, nel solco di quella tradizione di avvocatura militante che ha caratterizzato tante battaglie sociali e civili nella nostra storia repubblicana.

Per quanto riguarda il rapporto con la città di Torino, l'avvocata la descrive come una città bellissima e stimolante, che le ha dato moltissimo consentendole di costruire qui la sua carriera e la sua famiglia. Tra i fattori di attrattività, sottolinea la vivibilità e l'accessibilità anche dal punto di vista economico e del mercato immobiliare. Certo, rispetto a Milano e Roma forse manca un po' di "fermento" imprenditoriale, tant'è che i bei tempi in cui il tribunale traboccava per le vertenze Fiat sono ormai lontani. Torino ha infatti pagato un prezzo salato alla deindustrializzazione, e il mondo del lavoro oggi è davvero una "giungla".

Ciononostante, secondo Savoini la città ha conservato la sua identità a differenza di altri centri turistici italiani troppo omologati e snaturati. E questa autenticità va assolutamente preservata perché, come dice lei, "se vai a Venezia o Firenze, di vita vera non ce n'è più".

In sintesi, l'intervista all'avv. Angelica Savoini ci restituisce uno spaccato genuino e inedito della professione forense, raccontandoci un lato nobile e socialmente impegnato dell'avvocatura che raramente trapela dalle cronache. Un punto di vista prezioso che arricchisce il dibattito pubblico e ci ricorda il contributo fondamentale che questa categoria professionale ha dato e può continuare a dare alla nostra democrazia e alla effettività dei diritti.

https://www.instagram.com/avvocat.a.savoini/

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01/03/2024

Ep.1: Giorgio Valletta - Dj, Radio Raheem, Rumore Mag - Torino e Cultura - Musica
Giorgio Valletta

Intervista per Torino e Cultura con Giorgio Valletta, un icona della scena musicale torinese dagli anni 80.
Xplosiva, Club to club, Radio popolare, Radio Flash, Rai Stereonotte, Patchanka, Boogie Nights, Rumore Magazine, Radio Raheem Milano, Forgotten Tape podcast, DJ residenza Capodoglio.
Alcune quotes significative:
La mia passione per la musica credo nasca, come per la maggior parte di noi, durante l’adolescenza. Sono nato e cresciuto a Torino e, dopo un’infanzia piuttosto grigia, da teenager ho iniziato a sviluppare questa passione smodata per la musica."

"Dopo gli anni bui del terrorismo Torino stava lentamente risorgendo e con lei anche la vita notturna e la scena musicale. Per tutti gli anni ’80 regnava ancora un certo grigiore, ma verso la fine del decennio la situazione è decisamente migliorata."

"Il programma si chiama “Any Other Business” e va in onda su Radio Raheem ogni giovedì dalle 22 alle 24. Si tratta di un flusso ininterrotto di oltre 30 brani che spaziano tra tutti i generi musicali, dal nu jazz all’elettronica, dall’indie al rock più sperimentale."

"Purtroppo devo dire che Torino musicalmente non è più quella degli anni ‘90. Dopo un lento declino, aggravato negli ultimi 10 anni dalla crisi, dalla gentrificazione, dalla pandemia, oggi finalmente intravedo qualche piccolo segnale positivo, qualche spiraglio."

"La mia attività principale che mi dà più soddisfazioni è proprio quella di setacciare quello che esce, ascoltare la musica di oggi, cercare nuovi artisti, nuove scene musicali, cercare di approfondirle per quanto possibile e a mia volta proporle a chi mi ascolta."

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Perche' Torino e Cultura?Come, cosa, dove quando e tutti i links
01/03/2024

Perche' Torino e Cultura?
Come, cosa, dove quando e tutti i links

Torino possiede un invidiabile patrimonio culturale, ma spesso questa ricchezza rimane sottovalutata e non adeguatamente valorizzata. Con…

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