16/11/2024
“I corvi per mio comando ti porteranno il tuo cibo” (1Re 17,4) – Quando ci si dimentica che è Dio che comanda
L’inizio del cosiddetto “ciclo di Elia”, cioè le vicende del grande profeta che vengono narrate nel primo libro dei Re, è segnato da alcune talvolta impercettibili – ma decisive – affermazioni della potenza invincibile di Dio, che ordina e comanda ad ogni cosa. Di Elia siamo abituati ad avere l’idea di un profeta misterioso e potente, dimenticando spesso tutta la dimensione debole della sua persona, i suoi limiti, le sue paure. Non fosse stato per il costante e decisivo comando di Dio sulla sua esistenza, Elia non avrebbe rappresentato nulla nella storia di Israele. Via da Galaad, viene inviato prima sul fiume Cherit, dove per comando divino viene nutrito. Di là va per divino comando a Sarepta di Sidone, nel tempo della grande siccità, e dinanzi alla morte del figlio della vedova, è il comando divino, non la sua interdetta azione taumaturgica (sia nel gesto, ripetuto tre volte, che nella preghiera, più simile a una lamentazione che non a una supplica fidente), a donare di nuovo la vita al fanciullo. Tutti gli incontri di Elia con il re Acab sono comandati da Dio, mentre ciò che appartiene ad Elia è soltanto la sua paura, perseguitato dal re, che lo induce poi a chiedere a Dio la morte, “non essendo migliore dei suoi padri”. L’angelo che nutre con focaccia il triste profeta, è a sua volta un inviato da Dio: il comando di Dio è sempre su Elia e sempre in termini di vittoria sul male e sull’idolatria. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Tuttavia qui ci interessa sottolineare quanto a nostra volta – e molto più di Elia – siamo deboli dinanzi alla volontà di credere che Dio comanda su ogni cosa creata, che in qualsiasi momento può ottenere ciò che vuole, anche che dei corvi ci portino un materiale nutrimento. Gesù si avvicina a questa esperienza quando ci ammonisce sulla salute molto precaria della nostra fede (“Se aveste fede quanto un granello di senape…”). Siamo ostinati, spesso, nel volere le cose, ma a non voler credere che esse possano essere il frutto di un divino comando, che come tale ha delle esigenze etiche su di noi. E per questo in moltissimi casi, non otteniamo ciò che vogliamo. Dove non c’è la fede, non c’è nemmeno il miracolo. Elia ci insegna la necessità di capire l’onnipotenza di Dio, su tutte le cose sia spirituali che corporali, e assieme a ciò il difetto, talvolta immenso, della nostra fede in lui, proporzionale alla nostra volontà di agire da noi stessi, come se Dio non ci fosse o non potesse qualsiasi cosa su di noi. E nemmeno glielo domandiamo più, questo bisogno di fede. Viviamo al di qua di Dio, senza di lui. Ciò ci conduce gradualmente alla non esistenza, all’inutilità del vivere, alla morte senza salvezza. Dio infatti è con noi perché la sua onnipotenza si estenda su di noi come salutifera attualità, in qualsiasi contesto esistenziale ci troviamo. Se tuttavia non abbiamo fede in lui, o soltanto una fede finta e utilitaristica, in tal modo stiamo tentando Dio, rendendo colpevolmente inutile su di noi l’efficacia onnipotente del suo amore per ognuno di noi. Amen.
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam
Piazza del Monastero, 3 – Torino
Tel. 3405892741
www.lacasadimiriam.altervista.org