06/11/2024
Comunicato Sampa: esce in occasione del Record Store Day il Vittoriale Brucia di Michele Gazich in edizione limitata (100 copie) contenente il vinile, il cd e un qr code da dove scaricare i file in Hi-Res)
Esce, in occasione del Record store day (29 novembre 2024), “Il Vittoriale brucia” (Moonlight Records-FonoBisanzio/Ird), disco dal vivo di Michele Gazich, il primo album di canzoni d’autore registrato presso l’Auditorium del Vittoriale, il complesso monumentale presso il Lago di Garda fortemente voluto dal poeta Gabriele d’Annunzio. L’album, esce in tiratura limitata in un formato unico che comprende vinile, cd e e QR Code per scaricare tutti i brani in formato Hi-Res: il vinile contiene una selezione di 7 brani, il cd e l’Hi-Res, invece, l’intero concerto. Ogni copia è numerata e autografata dall’autore. Le prime 7, dedicate ai collezionisti, conterranno il testo manoscritto di uno dei brani del vinile. “Il Vittoriale brucia” offre un percorso che Michele Gazich, che ama definirsi, scrittore di canzoni, ha costruito proponendo per la prima volta in sequenza le sue canzoni dedicate agli scrittori, alla poesia e ai poeti. Incontreremo in musica e parole Eugenio Montale, Primo Levi, Pier Paolo Pasolini, Paul Celan, Ingeborg Bachmann e naturalmente Gabriele d’Annunzio, il padrone di casa. La canzone dedicata a D’Annunzio dà il titolo all’album e contiene una documentata provocazione: e se D’annunzio fosse stato antifascista? “Il 3 Agosto 1922 - scrive il cantautore nella presentazione dell’album - Gabriele d’Annunzio parlò ai milanesi dal balcone di Palazzo Marino. Il giorno dopo il segretario del partito fascista Michele Bianchi gli mandò un telegramma, ringraziandolo, ironicamente, per non avere mai pronunciato la frase “Viva il fascismo!”. D’Annunzio rispose troppo eloquentemente: “C’è un solo grido da scambiare tra gli italiani: Viva l’Italia. È il mio. Io non ebbi, io non ho, io non avrò se non questo”. D’Annunzio allora, dopo i fatti di Fiume e le sue gesta nella Prima Guerra Mondiale, era eroe e punto di riferimento anche politico a livello nazionale; i fascisti non gradirono il suo mancato appoggio e il suo deciso rifiuto a collaborare. Dieci giorni dopo il discorso di Palazzo Marino, il 13 agosto, D’Annunzio cadde da una finestra del Vittoriale, la sua villa a Gardone Riviera, in circostanze mai chiarite: il volo fu di 3 metri e ottanta; il poeta si ruppe il cranio sul selciato del vialetto del giardino. Rimase in stato di incoscienza e poi di subcoscienza, fino a settembre. Non morì, come probabilmente ci si attendeva, ma comunque, da allora, fu per sempre tagliato fuori dalla scena politica e qualunque suo intervento contro la nascente dittatura fu reso nullo e, di fatto, censurato. Il 6 settembre fu sciolto il corpo dei legionari con cui aveva occupato Fiume. Il 12 settembre il giornale “La Riscossa” che esprimeva il pensiero di D’Annunzio e dei legionari fu chiuso. Il 28 ottobre del 1922 i fascisti marciarono su Roma. D’Annunzio sopravvisse altri 16 lunghi anni al Vittoriale, prigioniero e sedato: il regime controllava i movimenti del poeta e gli forniva donne, cocaina e soldi. Simbolo e monumento alla reclusione del poeta è la prora della Nave Puglia donata al poeta per adornare il parco del Vittoriale: un tempo vittoriosa nave daguerra che solcava i mari, ora pezzo di una nave che non potrà mai più navigare interrata nel giardino, con file di funebri cipressi al posto delle vele. È il D’Annunzio che, nella saletta d’attesa per gli ospiti sgraditi del Vittoriale (ce n’era anche una per quelli graditi) nel 1925, fece sedere e attendere a lungo Mussolini prima di riceverlo. In quella stanza, il Duce, nella lunga attesa, fu obbligato ad osservare e meditare un’iscrizione accuratamente incorniciata (ancor oggi visibile al Vittoriale), dove lo si definiva “mascheraio”, uomo dalle molte maschere. Magra soddisfazione del poeta prigioniero di lusso dei fascisti che riceveva l’ipocrita visita del suo carceriere. Gabriele d’Annunzio morì al suo tavolo di lavoro il primo marzo 1938, anche se già da tempo si definiva “un re sepolto con i propri tesori”. Ma era, pur tra i suoi tesori, un altro fra i tanti poeti in gabbia: scomodo, dunque imprigionato e imperdonabile.Ancor oggi su D’Annunzio un po’ si sorride su qualche aneddoto pruriginoso e di rado davvero lo si legge. Men che meno si leggono gli scritti dell’ultimo D’Annunzio: il vecchio umiliato del Vittoriale, il sopravvissuto al volo dalla finestra, ma da allora sempre “tentato di morire”, come si definisce nel Libro segreto (1935, il suo ultimo libro). L’estremo D’Annunzio è un altro uomo. È un uomo ripiegato su se stesso, che scrive, appunto, “in segreto” brevi prose poetiche: brutalmente sincere, introspettive, tristissime, occasionalmente addirittura autoparodistiche”. “La mia canzone – conclude lo scrittore di canzoni violinista - è frutto di più di un decennio di ricerche, di recupero e di studio di documenti d’archivio e presenta un D’Annunzio certamente inedito. È forse anche giunto il momento di riconoscere all’ultimo D’Annunzio un paradossale antifascismo”.