14/03/2021
SAPER BALLARE.
1) La situazione.
Ho avuto la “fortuna” (forse l’ardire), di fare per molti anni la radio negli anni del boom italiano delle “radio private” cominciando a Spoleto (Radio Spoleto International), poi anche il circuito nazionale delle Radio In, ma lavorando poi anche a Radio Conero (Ancona) fino a qualche programma con RadioTre di Radio Rai… insomma, quelle radio lì, in quegli anni lì… che oramai è forse meglio non citare platealmente.
Quella generazione di conduttori in voce era formata tutta da gente che, come me, era cresciuta con l’influenza ed il riferimento di Radio Montecarlo, di Radio Capo d’Istria, di programmi come “Alto gradimento” o “Supersonic” ma anche un cult della musica notturna che era “Il notturno dall’Italia” della (grande) Rai in onde medie.
L’amaro è, che quello che si sente oggi, purtroppo rispetto a quei tempi, è un insipido niente.
Così, quando agli inizi degli anni ’70 esplose il fenomeno del “liscio romagnolo” di Roul Casadei, noi che aravamo venuti su al prog della PFM, delle Orme e della Formula 3 ma anche al rock psichedelico dei Pink Floyd o a quello dei Rolling Stones (per non parlare dei Beatles etc. etc.), ma anche al country dei Doobie Brothers o degli Eagles (di allora), sentire esplodere nella “hit parade” italiana brani come “Ciao mare” o “La mazurca di periferia”, era come una pugnalata al cuore. Immaginate la mia sofferenza, che era veramente fuori misura, nel dover inevitabilmente “sottostare” (a volte e per fortuna non sempre), a richieste che non era possibile rifiutare di brani con piroette di clarinetto e chitarra ritmica in terzinato unite a testi che non avevano assolutamente nulla di impegnativo se non per l’ammiccare, seppur contenuto, ma popolaresco e tipico di chi nella “balera” ha sempre condito la musica con l’approccio fisico tra i sessi.
2) Il fatto.
All’epoca, per una radio privata e/o locale come quella di una cittadina di provincia (seppur tra le prime), tra le tante cose si facevano “carte false” pur di intercettare qualche grosso nome della musica italiana che magari si esibiva dal vivo in qualche “piazza” o locale del proprio territorio.
Spesso, e qualcuno del luogo non mancherà di ricordarlo, non c’era settimana che a circa 15 chilometri da Spoleto, in un locale chiamato “Nuovo Mondo” in quel di Montefalco non si esibissero nomi importanti e di “grido” della musica leggera, pop e non solo.
C’erano serate di tipo diverso ma, se magari il giovedì o il venerdì o anche la domenica ci si poteva ascoltare Marcella Bella o gli Homo Sapiens… (per fare un esempio), di sabato non c’era storia, era il “liscio” a farla da padrone.
Io mi ero un po’ specializzato nelle interviste che immancabilmente si facevano, già d’accordo per tempo con gli artisti, appena dopo l’esibizione, magari dopo aver mangiato qualcosa insieme riuscendo così a parlare con un po’ più di rilassatezza.
Figuratevi, io ero uno che se per caso mi capitava di dover mettere un disco di liscio in un mio programma non mancavo di precisare che se “mi avessero dato il porto d’armi il liscio in Italia non si sarebbe più sentito” e quindi, mai e poi mai e per tutto l’oro del mondo avrei potuto essere disponibile a fare un’intervista a Roul Casadei in una di quelle date a lui “riservate” al Nuovo Mondo di Montefalco.
Lo ricordo molto bene ancora, agli amici Saba e Nicola non gli sembrò vero di potermi incastrare e organizzarono tutto in maniera tale che quasi mi ci trovai senza neanche sapere chi avrei dovuto incontrare e chi avrei dovuto, mio malgrado, intervistare.
Lui, Roul Casadei, era pur sempre un personaggio, anche molto in voga in quel momento e andava in televisione un giorno sì e pure quell’altro… ci presentammo e fu gentile e sorridente e veramente molto disponibile… non se la “tirava”, ma ci accordammo rimandando tutto alla fine del “concerto”. Ebbene sì, gli feci l’intervista… breve, ma gliela feci… dal punto mio tanto più per dire che era stata fatta, poi qualcosa era stato registrato dal vivo… il materiale per un programma che avrebbe sicuramente condotto un altro, c’era.
Ma lui , da quell’autentico Signore che era, fu gentile e anche molto, tanto che sia a Saba che a me ci invitò a cenare con lui e con il resto della sua orchestra. Mi aveva voluto seduto proprio di fronte a lui e comunque continuavamo a parlare di varie cose abbastanza normalmente ma poi, arrivando al nocciolo delle “questioni musicali” io mi comportai nel modo in cui si comporta un giovane maleducato, arrogante e saccente e con quanto più spocchia avevo in corpo gli dissi in faccia e davanti a tutti la mia “mitica frase” su quello che pensavo rispetto al genere del “liscio”: – Se mi danno il porto d’armi, il liscio in Italia non si sente più! -
Ci fu un momento di gelo.
Lui mi guardò e con quegli occhi che stringendoli gli diventavano sottili, inarcando da orecchio a orecchio un sorriso che mostrava una dentatura perfetta e con la mano sinistra alzando un bicchiere di vino rosso mi rispose serafico e accondiscendente in quel classico suo tipico accento tutto romagnolo:
- Mo’ tu perché non lo sai ballare!!! –
3) Epiologo.
Molti anni dopo, mi capitò di dover sostituire l’amico Marcello Mignatti, nel mettere i dischi (quasi da DJ), per diverse serate in un locale alle porte di Perugia. Badate bene che non erano serate in discoteca ma serate nella parte del locale riservata alle orchestre da ballo. Non proprio liscio ma quasi, musica di genere “ballabile”. Era un posto gigantesco con una grande capienza e con, al piano di sotto, la discoteca per i ragazzi più giovani e quel martellante “bum bum bum” che io stesso spesso non sono riuscito a comprendere. Insomma, nell’altra parte del locale, nella “balera” al piano di sopra, dovevo iniziare io con i dischi di genere ballabile… per un pubblico prevalentemente “maturo” (anche se poi dei giovani c’erano comunque), diciamo per scaldare l’ambiente prima che si esibisse l’orchestra dal vivo, poi, per una o due volte durante i quarti d’ora di intervallo… quelli di riposo da parte dell’orchestra e dovevo poi re-intervenire io per “chiudere”, nuovamente e sempre con i dischi, la serata a notte alta, una volta che l’orchestra avesse concluso la propria esibizione.
Ricordo che durante gli interventi dell’orchestra dal vivo, oltre ad andare a bere qualcosa, sovente mi facevo un giro nella discoteca che stava al piano sottostante per curiosare un po’ e “non sentire” (almeno per un po’) l’orchestra dei ballabili. E notai, con il tempo e con mio grande stupore che, proprio nella parte riservata alla discoteca per i più giovani e parlo di ragazzi che erano adolescenti, molto ma molto più giovani di me, di quelle generazioni che vanno in discoteca non prima delle 23,00 - 24,00 e tirano a fare l’alba alla grande… ebbene, notai che, fondamentalmente, non erano “felici”, il più delle volte avevano il muso, erano quasi “incazzati”, quasi non stessero passando una serata in discoteca per divertirsi… un clima che non riuscivo a comprendere e a giustificare.
Quando poi, doverosamente, rientravo al piano di sopra, là nella parte riservata alla cosiddetta “balera” dove c’era l’orchestra dal vivo per il genere ballabile-classico, e guardate che si ballava di tutto: dal lento smielato, ai tanghi, ai valzer, alle mazurke, alle polche… financo il rock’n roll e il boogie-woogie, era tutto un altro clima! Gente attempata sì, ma sorridente… che magari ordinava anche qualche bottiglia di champagne o frizzantino… insomma, lì ci si divertiva, si faceva festa!
E fu in una di quelle notti quando ormai l’orchestra aveva già finito di sbaraccare con gli strumenti anche l’amplificazione che, in quell’ultimo intervento a chiudere che a me spettava fare con i dischi che a un certo momento, erano quasi le 03,00 del mattino, qualcuno mi busso sul vetro della porta della cabina riservata al cosiddetto DJ… ed io aprì… mi affacciai e vidi colui che mi cercava...
Era un signore certamente settantino… con le maniche della camicia tutte arrotolate fino agli avambracci e la camicia stessa sbottonata sul davanti fino alla bocca dello stomaco che si asciugava dal sudore il collo con un grosso fazzoletto e che tutto pimpante e sorridente mi fa:
- Che me metti un “merengue”!!! –
D’improvviso, mi tornò prepotentemente alla mente.
Mi ricordai di quel volto sorridente di Roul Casadei e di come io, avessi completamente torto e lui assolutamente ragione, quando, da saggio, mi disse:
- Mo’ tu perché non lo sai ballare!! –
da Pietro Paluello In ricordo di un vero Signore e di un musicista vero di nome Roul Casadei.