01/02/2024
🚂 Il 10 febbraio l'Edentour torna a Latina.
*La concomitanza con il Giorno del Ricordo è casuale, ma parlare di un romanzo che attraversa le tempeste di quei giorni è un bel modo per rendere viva la memoria di un pezzo di storia patria.*
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Peccato che Giulia non sia venuta qui a chiedermi dell’Impresa fiumana! Avrei potuto rievocare momenti che l’avrebbero abbagliata per l’energia bellissima che si viveva in quei giorni. E invece, negli anni che racconto, Fiume appare come quando guardi il negativo di una pellicola e là dov’era l’alba vedi notte fonda.È strano pensare come un solo luogo possa rappresentare allo stesso tempo un ricordo luminoso e il richiamo a un orrore indicibile. Per me, Fiume fu la speranza di un mondo migliore che apriva il cuore alla Bellezza. Adesso quel nome è l’evocazione di un buco nero che il cuore lo strizza come un pugno di visciole.
«Ma ci è più tornato?» mi ha chiesto Giulia quando le ho parlato delle mie riflessioni (“boccaccia mia statti zitta!” come diceva quel pupazzo in televisione…).
Mi sono passato la mano sulla nuca e come al solito ho ripensato a Marco, che faceva sempre quel gesto: «Qualche anno dopo. Per rivedere un amico che ancora devi conoscere».
Giulia si è guardata automaticamente attorno: «Davvero me lo presenterà?».
«Soltanto nel mio racconto» ho sospirato, «solo nel mio racconto».
«Oh, è…?».
«Sì, è morto da molto tempo».
«Ucciso in guerra?».
«Alla fine della seconda. Infoibato nel 1945 dai partigiani slavi, insieme alla sua famiglia… Ma insomma, stiamo uscendo dal seminato!» ho detto a quel punto. L’ho già spiegato che ricordo tutto, no? Ma ci sono cose che non mi piace rivangare.
«La storia è già lunga per conto suo per poterla allargare così, non credi?». Come temevo, però, Giulia è rimasta invischiata nella tragedia: «Infoibato? Cioè?».
«Gettato in una foiba, una specie di grotta verticale tipica delle zone carsiche. Ma non…».
«E dove sono sepolti, adesso?».
Io ho cominciato a stringere i pugni, sentendo lo scricchiolio maledetto dell’artrite: «Stanno ancora laggiù». Ancora laggiù, con gli occhi spalancati e pieni di terra… Ma questo non l’ho detto.
Stavolta (e mai più) ho ringraziato l’arrivo dell’infermiere che mi portava via, in salvo verso la seduta pomeridiana di fisioterapia. Via da quelle storie maledette, che avrebbero annerito lo spirito anche a una ragazza entusiasta come Giulia.
È proprio vero che a volte i ricordi sono trappole, capaci di assalirti con artigli di belve liberate.
(da "Eden in fiamme", Castelvecchi editore)