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𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐿𝐸𝐸 𝑀𝐼𝐿𝐿𝐸𝑅 𝑑𝑖 𝐸𝑙𝑙𝑒𝑛 𝐾𝑢𝑟𝑎𝑠𝐋𝐄𝐄 (𝟐𝟎𝟐𝟑...
27/03/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐿𝐸𝐸 𝑀𝐼𝐿𝐿𝐸𝑅 𝑑𝑖 𝐸𝑙𝑙𝑒𝑛 𝐾𝑢𝑟𝑎𝑠

𝐋𝐄𝐄 (𝟐𝟎𝟐𝟑, 𝐢𝐧 𝐬𝐚𝐥𝐚 𝐝𝐚𝐥 𝟏𝟑 𝐦𝐚𝐫𝐳𝐨 𝐮.𝐬.). 𝐃𝐢 𝐄𝐥𝐥𝐞𝐧 𝐊𝐮𝐫𝐚𝐬. 𝐄̀ 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐋𝐞𝐞 𝐌𝐢𝐥𝐥𝐞𝐫, 𝐦𝐨𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐚 𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐚 𝐍𝐞𝐰 𝐘𝐨𝐫𝐤 𝐞 𝐚 𝐏𝐚𝐫𝐢𝐠𝐢, 𝐞 𝐦𝐮𝐬𝐚 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐏𝐢𝐜𝐚𝐬𝐬𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐬𝐮𝐫𝐫𝐞𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐢 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐕𝐞𝐧𝐭𝐢. 𝐃𝐢𝐯𝐞𝐧𝐧𝐞 𝐩𝐨𝐢 𝐭𝐫𝐚 𝐥𝐞 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐛𝐫𝐢 𝐟𝐨𝐭𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐞 𝐝𝐞𝐥 ’𝟗𝟎𝟎 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐧𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐕𝐨𝐠𝐮𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐥𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐢𝐚𝐥𝐞: 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞𝐜𝐢𝐩𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐨 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢. 𝐋𝐞𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ “𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐟𝐫𝐢𝐯𝐨𝐥𝐚 𝐞 𝐚𝐯𝐯𝐞𝐧𝐭𝐮𝐫𝐨𝐬𝐚”. 𝐂𝐨𝐥𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞. 𝐈𝐥 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐞̀ 𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐛𝐢𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐬𝐬𝐞 𝐬𝐮𝐨 𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐲. 𝐊𝐚𝐭𝐞 𝐖𝐢𝐧𝐬𝐥𝐞𝐭 𝐞̀ 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐨𝐬𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐧𝐠𝐫𝐚𝐬𝐬𝐚𝐭𝐚 𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞. 𝐄, 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞, 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐨𝐬𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐛𝐫𝐚𝐯𝐚.

Lee Miller vecchia su una poltrona rossa, nel 1977, parla con un giovane che la intervista, parlano in maniera pacata, dolente, a volte acre, dell’esperienza di guerra di questa donna volitiva brusca e inquieta. Si chiedono vicendevolmente delle loro vite, delle loro madri. “Le interviste sono sempre interrogazioni”.
Lee Miller era andata, nel 1939, bardata come un soldato, a riprendere sul campo le tragedie della guerra: bombardamenti, città distrutte, cadaveri nudi nei lager. “Chilometri e chilometri dentro il peggio di tutto”. Le donne non sono ben accette come reporter. Non sono ben accette neppure le sue foto sconvolgenti, Vogue non si sente di pubblicarle a Londra dove Lee si è traferita per seguire e poi sposare il grande amore della sua vita, il pittore Roland Penrose. Le diffonderà in seguito la sede americana. Le altre donne potranno conoscere non solo la moda ma anche la verità, dall’unica donna, pioniera del femminismo, che poté documentare la “perfida logica” degli orrori. In lei le ferite “che non si vedono” sarebbero rimaste indelebili nei sintomi del Disturbo da Stress Postraumatico, sempre alla ricerca di oblio con alcool e tranquillanti. Ma tornano spesso anche i ricordi dolci, tutti in sovrimpressione sullo schermo, come il primo biglietto di Roland “con 69 modi di dire Ti amo”.
Lee Miller aveva abbandonato con un impetuoso desiderio di cambiamento il mondo patinato e trasgressivo dell’Arte e gli amici artisti a Parigi, tra i quali il poeta Paul Eluard e sua moglie (Marion Cotillard). Ma si ritroveranno, resteranno legati per sempre da quei fili che vanno oltre la quotidianità mentre appaiono nuovi amici e collaboratori importanti, anche loro per sempre. Tutto sembra riunirsi, vecchio e nuovo nei versi clandestini LIBERTE’ del poeta francese. Tutto in un film bello e asciutto, penetrante.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐼𝐿 𝑁𝐼𝐵𝐵𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝐴𝑙𝑒𝑠𝑠𝑎𝑛𝑑𝑟𝑜 𝑇𝑜𝑛𝑑𝑎𝐈𝐋 𝐍𝐈...
13/03/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐼𝐿 𝑁𝐼𝐵𝐵𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝐴𝑙𝑒𝑠𝑠𝑎𝑛𝑑𝑟𝑜 𝑇𝑜𝑛𝑑𝑎

𝐈𝐋 𝐍𝐈𝐁𝐁𝐈𝐎 (𝟐𝟎𝟐𝟓). 𝐃𝐢 𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐨 𝐓𝐨𝐧𝐝𝐚. 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐫𝐚𝐩𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐧𝐢𝐟𝐞𝐬𝐭𝐨, 𝐬𝐩𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐢𝐧𝐯𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚, 𝐆𝐢𝐮𝐥𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐒𝐠𝐫𝐞𝐧𝐚 (𝐒𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐁𝐞𝐫𝐠𝐚𝐦𝐚𝐬𝐜𝐨). 𝐈𝐥 𝐫𝐚𝐩𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐯𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐢𝐧 𝐈𝐫𝐚𝐪 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐭𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐮𝐧𝐢𝐭𝐞𝐧𝐬𝐞 𝐢𝐥 𝟒 𝐟𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝟐𝟎𝟎𝟓, 𝐚𝐝 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐮𝐧𝐧𝐢𝐭𝐚. 𝐋𝐢𝐛𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐝 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚 𝐬𝐨𝐩𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐥𝐭𝐨 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐈𝐒𝐌𝐈 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚 𝐂𝐚𝐥𝐢𝐩𝐚𝐫𝐢 (𝐂𝐥𝐚𝐮𝐝𝐢𝐨 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚𝐦𝐚𝐫𝐢𝐚) 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐞 𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐥 𝐟𝐚𝐦𝐨𝐬𝐨 𝐟𝐮𝐨𝐜𝐨 𝐚𝐦𝐢𝐜𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐮𝐧𝐢𝐭𝐞𝐧𝐬𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐨 𝐬𝐩𝐚𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐬𝐨𝐥𝐝𝐚𝐭𝐨 𝐋𝐨𝐳𝐚𝐧𝐨. 𝐄𝐫𝐫𝐨𝐫𝐢, 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐟𝐢𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀, 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨?

Resoconto dell’evento concordato dalla produzione del film con la Sgrena stessa a vent’anni dall’evento.
Resoconto dei 28 giorni di prigionia a Baghdad, appelli, trattative, manifestazioni, mentre Calipari tratta con il Governo italiano e con un magnate, in continuo contatto con il direttore del Manifesto (Sergio Romano) e con il compagno della giornalista (Alessandro Coccoli). In Iraq è stato già ammazzato un altro giornalista l’anno prima. L’uccisione di Calipari rimase impunita.
Nella realtà la questione resta controversa. Differenti le spiegazioni italiane e americane con delicati problemi diplomatici. Ma il film prende posizione: i cattivi ci sono. Vedere per credere (tanto è un buon film).
La fotografia color ocra porta per tutta l’opera le note del deserto. La Sceneggiatura è di Sandro Petraglia. Ha un suo spazio non secondario la vita comune di Calipari, una moglie affiatata (Anna Ferzetti), due figli che lo aspettano sempre, una casa dove lui torna ogni volta con entusiasmo. Domina la statura dell’uomo prima che del dirigente e dell’eroe, integerrimo e pronto ai sentimenti e all’umorismo. Note psicologiche che pareggiano se non quasi sovrastano la valenza storica del soggetto.
Recitato con passione, ritmo serrato, cattura come una spy story. Purtroppo è storia vera.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐼𝑇𝐴𝐶𝐴 - 𝐼𝐿 𝑅𝐼𝑇𝑂𝑅𝑁𝑂 𝑑𝑖 𝑈𝑏𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑃𝑎𝑠𝑜𝑙...
27/02/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐼𝑇𝐴𝐶𝐴 - 𝐼𝐿 𝑅𝐼𝑇𝑂𝑅𝑁𝑂 𝑑𝑖 𝑈𝑏𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑃𝑎𝑠𝑜𝑙𝑖𝑛𝑖

𝐈𝐓𝐀𝐂𝐀 - 𝐈𝐋 𝐑𝐈𝐓𝐎𝐑𝐍𝐎 - (𝟐𝟎𝟐𝟒). 𝐑𝐚𝐥𝐩𝐡 𝐅𝐢𝐞𝐧𝐧𝐞𝐬 𝐞̀ 𝐔𝐥𝐢𝐬𝐬𝐞 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐚𝐝𝐚𝐭𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐎𝐝𝐢𝐬𝐬𝐞𝐚, 𝐠𝐢𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐆𝐫𝐞𝐜𝐢𝐚, 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐫𝐢𝐬𝐭𝐨𝐜𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐨 𝐔𝐛𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐏𝐚𝐬𝐨𝐥𝐢𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢 𝐫𝐞𝐠𝐚𝐥𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐥𝐞𝐠𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐚𝐫𝐞, 𝐯𝐞𝐥𝐢𝐞𝐫𝐢, 𝐥𝐚𝐛𝐢𝐫𝐢𝐧𝐭𝐢, 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐨𝐬𝐜𝐮𝐫𝐢 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐯𝐚𝐠𝐠𝐞𝐬𝐜𝐡𝐢 𝐞 𝐩𝐨𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞. 𝐀𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐔𝐥𝐢𝐬𝐬𝐞 𝐝𝐚 𝐯𝐞𝐧𝐭’𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐨𝐬𝐭𝐢𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐏𝐞𝐧𝐞𝐥𝐨𝐩𝐞 (𝐉𝐮𝐥𝐢𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐁𝐢𝐧𝐨𝐜𝐡𝐞) 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐢𝐬𝐟𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐞 𝐫𝐢𝐟𝐚𝐭𝐭𝐚, 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐥 𝐟𝐫𝐚𝐠𝐢𝐥𝐞 𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐓𝐞𝐥𝐞𝐦𝐚𝐜𝐨 (𝐂𝐡𝐚𝐫𝐥𝐢𝐞 𝐏𝐥𝐮𝐦𝐦𝐞𝐫) 𝐝𝐚 𝐥𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐭𝐞, 𝐬𝐜𝐡𝐢𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐦𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐞 𝐞 𝐫𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐨𝐬𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐥’𝐚𝐛𝐛𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐨. 𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐟𝐢𝐥𝐦, 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐚 𝐢𝐥 𝐩𝐥𝐨𝐭, 𝐧𝐨𝐧 𝐭𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐠𝐞 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐢𝐥𝐦𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐚 𝐬𝐮𝐢 𝐩𝐨𝐞𝐦𝐢 𝐨𝐦𝐞𝐫𝐢𝐜𝐢 𝐦𝐚 𝐡𝐚 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐢 𝐬𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐭𝐢, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨𝐯𝐚𝐥𝐮𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐫𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐢𝐭𝐢𝐯𝐚.

Giocano di sguardi intensi e un po’ invariabili gli attori. Gioca il corpo sanguinante di Ulisse messo a n**o anche nell’anima. Ulisse tornato a Itaca non vuol essere riconosciuto, e poi avviene più o meno tutto quello che ci ricordiamo dai libri di scuola. Viene presentato però un Odisseo provato dalle vicissitudini piuttosto che fiero del f***e volo che lo portò a “virtude e canoscenza”, un Odisseo dalle molte ferite ma non arreso, anche se il viaggio è alle spalle. Uno che trova tutto cambiato quando lui stesso è cambiato e brancola in un nuovo conflitto d’identità, qui il vero Nessuno.
È un Odisseo intriso di colpa e di vergogna come sopravvissuto ai tanti lutti della guerra di T***a, recando con ciò un messaggio incisivo contro tutte le guerre.
E tra le poche libertà artistiche rispetto al poema, colpisce, anche per gli annodamenti simbolici, che il famoso talamo inamovibile, qui può essere spostato. Dove? Al piano di sopra (naturalmente).
Ritroviamo anche il servo fedele (Claudio Santamaria, ormai ubiquitario), e Antinoo con tutti i Proci, e l’amorosa nutrice (Angela Molina, ancora una volta apparentemente più vecchia dei suoi anni rinunciando radicalmente a un’antica particolare bellezza, e non si sa perché), ci sono il cane Argo, il vecchio padre Laerte impazzito etc. etc.
Mancano gli dei, che peccato! Ma è una scelta: una epopea diventa una storia intimista, il mito s’inchina al bisogno storico della responsabilità dell’umano.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝑇𝐻𝐸 𝐵𝑅𝑈𝑇𝐴𝐿𝐼𝑆𝑇 𝑑𝑖 𝐵𝑟𝑎𝑑𝑦 𝐶𝑜𝑟𝑏𝑒𝑡𝐓𝐇𝐄 𝐁...
13/02/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝑇𝐻𝐸 𝐵𝑅𝑈𝑇𝐴𝐿𝐼𝑆𝑇 𝑑𝑖 𝐵𝑟𝑎𝑑𝑦 𝐶𝑜𝑟𝑏𝑒𝑡

𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐑𝐔𝐓𝐀𝐋𝐈𝐒𝐓 (𝟐𝟎𝟐𝟒). 𝐆𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐮𝐨𝐬𝐨 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭𝐚𝐬𝐞𝐢𝐞𝐧𝐧𝐞 𝐁𝐫𝐚𝐝𝐲 𝐂𝐨𝐫𝐛𝐞𝐭, “𝐢𝐧 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐒𝐜𝐨𝐭𝐭 𝐖𝐚𝐥𝐤𝐞𝐫”: 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐚𝐭𝐚, 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐀𝐫𝐭𝐞, 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐚𝐫𝐜𝐡𝐢𝐭𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐞𝐛𝐫𝐞𝐨 𝐮𝐧𝐠𝐡𝐞𝐫𝐞𝐬𝐞 (𝐮𝐧 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐨𝐭𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐀𝐝𝐫𝐢𝐞𝐧 𝐁𝐫𝐨𝐝𝐲) 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐜𝐮𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐚𝐮𝐡𝐚𝐮𝐬, 𝐬𝐜𝐚𝐦𝐩𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥’𝐎𝐥𝐨𝐜𝐚𝐮𝐬𝐭𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐚 𝐞𝐬𝐩𝐚𝐭𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧 𝐀𝐦𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐫𝐮𝐭𝐚𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨, 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐀𝐫𝐜𝐡𝐢𝐭𝐞𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫 𝐃𝐞𝐬𝐢𝐠𝐧 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐯𝐫𝐚𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚, 𝐬𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐥𝐚𝐠𝐞𝐫 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐚.

Un architetto immaginario a simbolo di tanti e di tante cose: il dolore, le umiliazioni nella seconda guerra mondiale, l’arrivo in America respingente emarginante e poi osannante, accogliente e corrotta, la corrispondenza con la moglie devota, giornalista di Affari Esteri, che si ammalerà di osteoporosi ma in verità “per la tua assenza” prima di ricongiungersi in America per le leggi benigne di Truman, la miseria, la vergogna, il senso dell’esilio e la nostalgia, l’alleanza con gli altri ultimi, gli oppiacei lenitivi di una sofferenza implacabile del corpo e dell’anima, mentre le Nazioni Unite firmano la Risoluzione per il riconoscimento dello Stato d’Israele.
All’arrivo la Statua della Libertà è inquadrata alla rovescia. Anche i titoli di coda appaiono in obliquo: la libertà è ambigua, la vita è ambigua, l’arte è ambigua per definizione ricordava anche Goethe. Queste sospensioni, sorprese belle e brutte scorrono in un film che (avvertimento!) dura 3 ore e 35 minuti. Ne avrei visti tranquillamente anche 4 e 20’ come “C’era una volta in America” tanto è avvincente la trama esplicita e tutto il non detto, un monumento del Cinema, come quello che l’architetto costruisce a Filadelfia, un immenso Centro di aggregazione polivalente su commissione di un miliardario spregiudicato (bravissimo Guy Pearce) che si ricorda del racconto di “una biblioteca infinita” ed è in memoria di sua madre. È il primum movens per l’architetto, che lo porterà alla gloria ma anche a nuove delusioni sulla natura umana.
Il film è suddiviso in tre tempi: L’enigma dell’arrivo, Il nocciolo duro della bellezza, Epilogo.
Alcune inquadrature splendono come quadri, per esempio come la “colazione sull’erba”. Splendono anche le cave di Carrara in immagini dalla grandiosità emozionante perché in marmo, materiale pregiato, sarà solo quell’altare dove la luce dal lucernario formerà una croce a simbolo universale, tra i labirinti in cemento armato, pareti, pilastri, gettate e acciaio, tutto a vista, tutti i materiali portanti delle costruzioni, senza orpelli, senza decorazioni, senza retorica, senza Tempo, senza niente. “Non indicano nulla. Semplicemente sono”. Questa è l’estetica del Brutalismo.
Ma la Carrara del “sacro” sarà anche incubo e rivelazione. Splende l’Italia anche con Venezia dove nel 1980 le sue opere di fama ormai internazionale sono esposte quando è vecchio e paralitico, e quando i sopravvissuti possono raccontare di lui, far conoscere al mondo, tutto lo strazio e la resistenza e le giuste affermazioni di una lunga vita tormentata dai fatti, dalla passione, dal genio.
Sceneggiatura asciutta, stratificata, penetrante, lentezze epiche e tensione unanime fino alla fine. Lingue originali inglese, ungherese, yiddish, italiano, con alcuni sottotitoli.
Accolto con ovazione di 12’ a Venezia dove ha vinto il Leone d’Argento per la regia, THE BRUTALIST ha fatto incetta di Premi, tra i quali i tre più importanti Golden Globe (film, regia, miglior attore protagonista). Candidato a 10 Oscar, gliene auguriamo: 10.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐿'𝐴𝐵𝐵𝐴𝐺𝐿𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡𝑜 𝐴𝑛𝑑𝑜̀𝐋’𝐀𝐁𝐁𝐀𝐆...
30/01/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐿'𝐴𝐵𝐵𝐴𝐺𝐿𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡𝑜 𝐴𝑛𝑑𝑜̀

𝐋’𝐀𝐁𝐁𝐀𝐆𝐋𝐈𝐎 (𝟐𝟎𝟐𝟓). 𝐁𝐢𝐬 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐚𝐥𝐞𝐫𝐦𝐢𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐀𝐧𝐝𝐨̀ (𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐢𝐥 𝐝𝐞𝐥𝐢𝐳𝐢𝐨𝐬𝐨 “𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐞𝐳𝐳𝐚”) 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐭𝐫𝐢𝐬 𝐓𝐨𝐧𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐥𝐥𝐨, 𝐅𝐢𝐜𝐚𝐫𝐫𝐚 𝐞 𝐏𝐢𝐜𝐨𝐧𝐞. 𝐆𝐚𝐫𝐢𝐛𝐚𝐥𝐝𝐢 “𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐢𝐥 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐢𝐚” (𝐢𝐥 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐓𝐨𝐦𝐦𝐚𝐬𝐨 𝐑𝐚𝐠𝐧𝐨), 𝐝𝐮𝐞 𝐠𝐢𝐮𝐛𝐛𝐞 𝐫𝐨𝐬𝐬𝐞 𝐭𝐫𝐚 𝐢 𝐌𝐢𝐥𝐥𝐞 𝐢𝐧 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐚 𝐐𝐮𝐚𝐫𝐭𝐨, 𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐦𝐨𝐬𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐨𝐧𝐧𝐚 𝐎𝐫𝐬𝐢𝐧𝐢 𝐧𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝟏𝟖𝟔𝟎. 𝐏𝐞𝐫 𝐥’𝐔𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 “𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐛𝐚𝐧𝐝𝐢𝐞𝐫𝐚”. 𝐏𝐞𝐫 𝐥𝐚 “𝐩𝐨𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚”…

La grande Storia con Crispi, Bixio e altri eroi e naturalmente il nemico, s’intreccia al racconto tragicomico di varie individualità. In particolare due poveracci “cacasotto”, un impostore e baro (Picone) e un claudicante (Ficarra) per una bastonata infertagli dal padrone quando era bambino, che sogna di andare a sposare la fidanzata dopo tanti anni. Disertano a Marsala dalla “gloriosa spedizione”. Avventure e soprattutto disavventure come una duplice Odissea mentre Garibaldi ordina il f***e diversivo al tenente colonnello Orsini idealista ex ufficiale borbonico che crede in un futuro migliore, che crede nella “dolcezza, umiltà e coraggio” dei Siciliani: i Borboni devono pensare tutt’altro rispetto alla reale avanzata verso Palermo, che in lontananza miraggia, come bellezza irreale a simbolo di un sogno.

È la celebre pagina di Storia che consente un buon esito ma che continua a far interrogare su quanto il meridione la volesse questa liberazione dai cosiddetti nemici Borboni per mettersi sotto i Savoia al grido ripetuto ed esaltato di “Viva il Re!”.

Così, senza parere, tra una battuta e una commozione, tra morti e feriti, eroismi e vigliaccherie, con un finale divertente e saggio e un pochino imprevedibile sul primo piano decisivo di Servillo nel 1880, il grandangolo ti mostra i limiti del reale e anche quelli degli idealismi.

Bella fotografia sui mari notturni tempestosi con scialuppe e velieri, dolci campagne, dure montagne, epici campi di battaglia come nei vecchi film, e conventi scostumati, con la giovane suora monella (Giulia Andò, figlia del regista).

Nella vaga eco de “La grande guerra”, e della perpetua sicilianitudine gattopardesca sulle ombre di “un mondo che sta sparendo”, lucido, piuttosto lungo ma veloce e incisivo, con sottolineature musicali appropriate, senza farci mancare naturalmente l’emozione del “Va, pensiero”, secondo noi il miglior film in giro.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐶𝑂𝑁𝐶𝐿𝐴𝑉𝐸 𝑑𝑖 𝐸𝑑𝑤𝑎𝑟𝑑 𝐵𝑒𝑟𝑔𝑒𝑟𝐂𝐨𝐧𝐜𝐥𝐚𝐯𝐞 ...
16/01/2025

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐶𝑂𝑁𝐶𝐿𝐴𝑉𝐸 𝑑𝑖 𝐸𝑑𝑤𝑎𝑟𝑑 𝐵𝑒𝑟𝑔𝑒𝑟

𝐂𝐨𝐧𝐜𝐥𝐚𝐯𝐞 (𝟐𝟎𝟐𝟒). 𝐃𝐢 𝐄𝐝𝐰𝐚𝐫𝐝 𝐁𝐞𝐫𝐠𝐞𝐫, 𝐝𝐚𝐥 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐳𝐨 𝐝𝐢 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭 𝐇𝐚𝐫𝐫𝐢𝐬. 𝐃𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐨 𝐭𝐡𝐫𝐢𝐥𝐥𝐞𝐫. 𝐂'𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐭𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐦𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐥'𝐢𝐧𝐪𝐮𝐚𝐝𝐫𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐝𝐮𝐫𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐢𝐧 𝐞𝐪𝐮𝐢𝐯𝐨𝐜𝐢. 𝐏𝐢𝐮𝐭𝐭𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐅𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚, 𝐟𝐚𝐧𝐭𝐚𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚. 𝐒𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐧𝐜𝐥𝐚𝐯𝐞 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐚 𝐞𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐜𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐏𝐚𝐩𝐚 𝐆𝐫𝐞𝐠𝐨𝐫𝐢𝐨 𝐗𝐕𝐈𝐈 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐝𝐨𝐫𝐚𝐯𝐚 𝐥𝐞 𝐥𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐭𝐚𝐫𝐭𝐚𝐫𝐮𝐠𝐡𝐞.

Molto claustrofobico, molto buio attorno a bianchi ombrelli innocenti, ai rossi incisivi dei cardinali e dei tappeti, nella Ca****la Sistina e nei porticati del Vaticano.
Sono riuniti tra varie fumate nere e un via vai di suore da cui "si pretende l'invisibilità", energiche (Isabella Rossellini) o fragili, le eminenze provenienti da tutto il mondo capitanate dal decano (Ralph Fiennes) probo, umano, in piena crisi religiosa.
Altri temi ormai molto noti e standardizzati (la corruzione, gli scandali, i complotti, i pettegolezzi, la fede e i dubbi, l'avanzata dei cardinali neri, le ambizioni travestite -anche inconsciamente - da umiltà, i segreti e gli intrighi politici della Chiesa, l'ala tradizionalista reazionaria - Sergio Castellitto -, quella liberale progressista - Stanley Tucci -), si sviluppano in dialoghi asciutti (Golden Globe per la Sceneggiatura a Peter Straughan) affidando a fatti puntiformi, a una gestualità dalla potenza epica e a dominanti primi piani, l'intreccio tra i conflitti personali e quelli istituzionali. Tanto noti che Avvenire parla di una "involontaria parodia...".
Il commento musicale, ora inquieto ora duro ora solenne, aggiunge un contributo non secondario alla qualità di un'opera senz'altro ben confezionata.
Ecco che esplode anche un colpo di teatro sulla identità di un cardinale messicano nominato dal Papa prima di morire, missionario su molti fronti di guerra, che risolve in un messaggio di monito, di apertura e di pace, tanto nobile quanto ovvio, un finale che è specchio dei cambiamenti dei tempi. Verità inconfutabile. Che manca tuttavia di sottigliezza.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐺𝐼𝑂𝑅𝑁𝐼 𝐹𝐸𝐿𝐼𝐶𝐼 𝑑𝑖 𝑆𝑖𝑚𝑜𝑛𝑒 𝑃𝑒𝑡𝑟𝑎𝑙𝑖𝑎𝐆𝐈...
19/12/2024

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐺𝐼𝑂𝑅𝑁𝐼 𝐹𝐸𝐿𝐼𝐶𝐼 𝑑𝑖 𝑆𝑖𝑚𝑜𝑛𝑒 𝑃𝑒𝑡𝑟𝑎𝑙𝑖𝑎

𝐆𝐈𝐎𝐑𝐍𝐈 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐂𝐈 (𝟐𝟎𝟐𝟑). 𝐈𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐞 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐒𝐢𝐦𝐨𝐧𝐞 𝐏𝐞𝐭𝐫𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐜𝐨𝐧 𝐀𝐧𝐧𝐚 𝐆𝐚𝐥𝐢𝐞𝐧𝐚 𝐞 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐨 𝐍𝐞𝐫𝐨: 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧’𝐞𝐱 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐯𝐢𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐚𝐦𝐦𝐚𝐥𝐚 𝐝𝐢 𝐒𝐋𝐀 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐫𝐞 𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐟𝐢𝐥𝐦, 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐱 𝐦𝐚𝐫𝐢𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐠𝐚 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐮𝐨𝐬𝐨 𝐦𝐚 𝐬𝐜𝐨𝐧𝐟𝐢𝐭𝐭𝐨, 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐜𝐞𝐧𝐧𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐭𝐚𝐫𝐥𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐧𝐭𝐨. 𝐄 𝐚𝐥𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐥𝐞𝐢 𝐠𝐥𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞 𝐝𝐢 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐚𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞, 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐢𝐥 “𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞”, 𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐫𝐮𝐦𝐨𝐫𝐞. 𝐔𝐧 𝐫𝐢𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐯𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞.

Franco Nero, già idolo dei western ma anche protagonista di grande cinema d’impegno civile, da tempo sceglie film carichi di messaggi sociali ed esistenziali importanti.
In quest’opera s’intrecciano varie tematiche. Attorno al focus che è una malattia invalidante e ingravescente con l’attesa della morte e il suo mistero, ruotano il destino di una storia d’amore ripresa in età anziana, le competizioni maschile/femminile, le competizioni professionali, il senso delle ambizioni, degli ideali e delle scelte, le insoddisfazioni del figlio musicista, condizionato dalla professione dei genitori a trovarsi in una professione affine dove è apprezzato solo per il loro nome.
Con molti passaggi teatrali, molto si svolge in una casa vecchia e affascinante, in colloqui incisivi e in una scenografia molto accurata per ricostruire il mondo ormai isolato di un’artista. Poi ci sono i flash back, ci sono loro due da giovani, i loro ricordi incancellabili dell’amore totalmente romantico, quello di brevi giorni felici.
Per lei sono passate altre storie, il successo, la malattia; lui, che non recita da vent’anni , è rimasto ancorato a quel tipo di amore, totalizzante, incrollabile, che gli consente di accompagnarla con dedizione alla fine, con azioni quotidiane e con il cuore senza tempo, innamorato non solo di un ricordo, con la certezza di connessioni invisibili e inspiegabili tra due anime, così forti da spingerli l’uno verso l’altro come da vite passate, fino a questi nuovi giorni dolorosi, ma in qualche modo, di nuovo, felici, anche perché possono ricordare quei brevi “giorni felici”.

‼La rubrica CINEMA E PSIKE sospende le sue pubblicazioni per le festività natalizie e vi dà appuntamento a 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐞𝐝𝐢̀ 𝟏𝟔 𝐠𝐞𝐧𝐧𝐚𝐢𝐨 𝟐𝟎𝟐𝟓.

🎄Un sentito e caloroso augurio di BUONE FESTE a voi e alle vostre famiglie dalla D&C COMMUNICATION🥰

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐹𝑅𝐸𝑈𝐷 - 𝐿'𝑈𝐿𝑇𝐼𝑀𝐴 𝐴𝑁𝐴𝐿𝐼𝑆𝐼 𝑑𝑖 𝑀𝑎𝑡𝑡ℎ𝑒...
05/12/2024

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐹𝑅𝐸𝑈𝐷 - 𝐿'𝑈𝐿𝑇𝐼𝑀𝐴 𝐴𝑁𝐴𝐿𝐼𝑆𝐼 𝑑𝑖 𝑀𝑎𝑡𝑡ℎ𝑒𝑤 𝐵𝑟𝑜𝑤𝑛

𝐅𝐑𝐄𝐔𝐃 – 𝐋’𝐔𝐋𝐓𝐈𝐌𝐀 𝐀𝐍𝐀𝐋𝐈𝐒𝐈 (𝟐𝟎𝟐𝟑). 𝐃𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐢𝐞̀𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐫𝐤 𝐒𝐭. 𝐆𝐞𝐫𝐦𝐚𝐢𝐧 (𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐞𝐠𝐠𝐢𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐟𝐢𝐥𝐦), 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐫𝐢𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐝𝐚 𝐌𝐚𝐭𝐭 𝐁𝐫𝐨𝐰𝐧 𝐬𝐮 𝐮𝐧 𝐝𝐢𝐚𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐢𝐦𝐦𝐚𝐠𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐭𝐫𝐚 𝐒𝐢𝐠𝐦𝐮𝐧𝐝 𝐅𝐫𝐞𝐮𝐝 (𝐀𝐧𝐭𝐡𝐨𝐧𝐲 𝐇𝐨𝐩𝐤𝐢𝐧𝐬) 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 (𝟏𝟗𝟑𝟗) 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐞 𝐬𝐮𝐞 𝐚𝐳𝐚𝐥𝐞𝐞, 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐫𝐨, 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐟𝐢𝐧𝐚 𝐞 “𝐢𝐥 𝐟𝐞𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞”, 𝐞𝐬𝐮𝐥𝐞 𝐚 𝐋𝐨𝐧𝐝𝐫𝐚 𝐝𝐚 𝐕𝐢𝐞𝐧𝐧𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐞𝐜𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐢𝐚𝐥𝐢, 𝐞 𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐨 𝐞 𝐭𝐞𝐨𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐂.𝐒. 𝐋𝐞𝐰𝐢𝐬 (𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞 “𝐋𝐞 𝐜𝐫𝐨𝐧𝐚𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐍𝐚𝐫𝐧𝐢𝐚”). 𝐄 𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚 𝐀𝐧𝐧𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐚 𝐃𝐨𝐫𝐨𝐭𝐡𝐲 𝐁𝐮𝐫𝐥𝐢𝐧𝐠𝐡𝐚𝐦 𝐦𝐚𝐝𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐍𝐞𝐮𝐫𝐨𝐩𝐬𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐭𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐭𝐢𝐥𝐞, 𝐞 𝐄𝐫𝐧𝐬𝐭 𝐉𝐨𝐧𝐞𝐬 𝐢𝐥 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐛𝐫𝐞 𝐛𝐢𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐨 𝐝𝐢 𝐅𝐫𝐞𝐮𝐝, 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢𝐧 𝐩𝐞𝐫𝐞𝐧𝐧𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢, 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐞𝐝𝐮𝐭𝐢 𝐚 𝐭𝐮𝐫𝐧𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐜𝐞𝐥𝐞𝐛𝐫𝐞 𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐧𝐨 “𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐦𝐛𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨”, 𝐅𝐫𝐞𝐮𝐝 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐨, 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢𝐧 𝐫𝐞𝐜𝐢𝐩𝐫𝐨𝐜𝐚 𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐢 𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐞𝐫𝐢𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚̀. 𝐁𝐞𝐥 𝐟𝐢𝐥𝐦.

Da una lettera nasce un pomeriggio di conversari tra Freud e Lewis. Due menti geniali, almeno apparentemente agli antipodi ma uniti dalla capacità di dialogo, di dubbio. Lewis, cattolico per sollecitazione di Tolkien ma convivente con la madre dell’amico morto in guerra, e Freud ebreo ateo circondato nella sua “tana” da statue di idoli pagani tra i quali signoreggia però una santa irlandese cristiana. Il nodo tematico splende nella sorpresa finale della dedica a un libro.
Nella realtà pare che il padre della Psicoanalisi avesse incontrato da vecchio un ricercatore di Oxford ma non è sicuro che sia stato Lewis.
Dunque: Freud e la sua ossessione religiosa, Freud e l’edipo, Freud e la sessualità (“dottor sesso” fa sarcastica la farmacista), Freud e la sua idea sulla omosessualità, Freud e l’umorismo, Freud e i lapsus, Freud e l’eutanasia, Freud e la guerra con una citazione di Einstein con cui nella realtà ingaggiò il famoso carteggio “Perché la guerra?”. Nel film la radio trasmette ripetutamente, alternate a musica classica, notizie sull’invasione della Polonia dalla Germania, e l’imminente scoppio della seconda guerra mondiale.
A volte ovvio, a volte cruento, spesso sottile, con (ineludibili) passi onirici e i ricordi (che “rifiutano di lasciarci”), con corretti rimandi alla teoria e al contesto, e un commento musicale accattivante (Coby Brown), il film è davvero ben fatto. Teatrale, quasi tutto ambientato nello studio di Freud, quasi tutto in dialogo serrato e profondo tra i due grandi uomini, richiede una conoscenza dell’argomento per essere gustato nelle pieghe, ma è comunque penetrante perché interessano a ognuno gli interrogativi sul mistero della natura umana e sulla ricerca infinita di risposte. In questo senso il viaggio che non finisce mai è splendidamente indicato nella metafora della vibrata sequenza finale.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐸𝑇𝐸𝑅𝑁𝑂 𝑉𝐼𝑆𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝑀𝑖𝑐ℎ𝑒𝑙𝑒 𝑃𝑙𝑎𝑐𝑖...
21/11/2024

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐸𝑇𝐸𝑅𝑁𝑂 𝑉𝐼𝑆𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝑑𝑖 𝑀𝑖𝑐ℎ𝑒𝑙𝑒 𝑃𝑙𝑎𝑐𝑖𝑑𝑜

𝐄𝐓𝐄𝐑𝐍𝐎 𝐕𝐈𝐒𝐈𝐎𝐍𝐀𝐑𝐈𝐎 (𝟐𝟎𝟐𝟒). 𝐀𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐮𝐧 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐬𝐮 𝐏𝐢𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐏𝐚𝐨𝐥𝐨 𝐓𝐚𝐯𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐞 𝐀𝐧𝐝𝐨̀. 𝐐𝐮𝐢 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚 𝐢𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐨𝐝𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞 (𝐅𝐚𝐛𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐁𝐞𝐧𝐭𝐢𝐯𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨), 𝐠𝐢𝐚̀ 𝐮𝐧 𝐩𝐨’ 𝐚𝐯𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢, 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐢𝐜𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐚 𝐀𝐛𝐛𝐚 (𝐅𝐞𝐝𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐋𝐮𝐧𝐚 𝐕𝐢𝐧𝐜𝐞𝐧𝐭𝐢), 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐥𝐮𝐢. 𝐒𝐮𝐚 𝐦𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞 (𝐕𝐚𝐥𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐁𝐫𝐮𝐧𝐢 𝐓𝐞𝐝𝐞𝐬𝐜𝐡𝐢) 𝐢𝐧𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐚𝐭𝐭𝐢𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐠𝐫𝐚𝐯𝐞𝐬𝐜𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐦𝐚𝐧𝐢𝐜𝐨𝐦𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞. 𝐏𝐢𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨, 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐫𝐢𝐟𝐥𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐫𝐮𝐠𝐡𝐞 𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐠𝐨𝐠𝐧𝐚, 𝐫𝐢𝐧𝐮𝐧𝐜𝐢𝐚 𝐚𝐥𝐥’𝐀𝐦𝐨𝐫𝐞. 𝐒𝐮𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐟𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐥 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐌𝐮𝐬𝐬𝐨𝐥𝐢𝐧𝐢. 𝐌𝐢𝐜𝐡𝐞𝐥𝐞 𝐏𝐥𝐚𝐜𝐢𝐝𝐨, 𝐢𝐥 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐬𝐭𝐚, 𝐚𝐟𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐢𝐠𝐧𝐢𝐭𝐨𝐬𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐚 𝐬𝐞𝐛𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐫𝐢𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐢 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐢𝐠𝐥𝐢𝐞𝐳𝐳𝐞 𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐨𝐧𝐝𝐢𝐭𝐚̀. 𝐍𝐞𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐮𝐧 𝐛𝐮𝐨𝐧 𝐟𝐢𝐥𝐦, 𝐠𝐨𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞, 𝐩𝐢𝐮𝐭𝐭𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐜𝐮𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐢 𝐥𝐢𝐧𝐠𝐮𝐚𝐠𝐠𝐢.

Luigi Pirandello (1867-1936) sta per avere il Nobel per la Letteratura (1934). Il che significa che ha i suoi anni. Appartengono al passato le prove e il fiasco di “Sei personaggi in cerca d’Autore”, la stroncatura di Croce del “Il fu Mattia Pascal”. Pirandello in questa ultima anfibia parte della vita, dove il successo si accompagna al declino, non vive certo un “così è (se vi pare)”. La verità è unica e abbagliante: il tempo dell’incanto è finito. La giovane sfolgorante vitale Marta, attrice sua Musa, “sfuggente mistero femminile”, che egli considera ragione non secondaria del suo trionfo, nonostante la passione non può essere ingabbiata nel suo intimo spegnimento quando invece la sua anima anela all’Amore assoluto. Gravato anche dalla tragedia familiare, Pirandello resta nella sua solitudine gloriosa.
I tre figli vivono un rapporto complicato con il padre d’irraggiungibile statura, eppure cercano e trovano strade autonome e perciò soddisfacenti. A parte Stefano, sua ombra, suo aiuto, sua disponibilità perpetua con qualche rimostranza ma infine con inscalfibile amorosa dedizione.
Il disegno della costellazione familiare anche con le scalmanate crisi di Antonietta Portulano, la moglie che la Bruni interpreta con maestria, è sicuramente la parte più riuscita dell’opera.
È nel viaggio verso Stoccolma, il più importante tra i tanti viaggi in Europa e in America dalla sua Sicilia arcaica, che lo scrittore, accompagnato dal suo agente (Michele Placido) ripercorre come in sogno scene e sentimenti della sua vita in cui la realtà dalla disperazione si trasfigura di continuo nella immaginazione e nella creazione del genio, appunto, “visionario”: veri ricordi e demoni fantasmatici sono la sua unità.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐼𝐷𝐷𝑈 - 𝐿'𝑈𝐿𝑇𝐼𝑀𝑂 𝑃𝐴𝐷𝑅𝐼𝑁𝑂 𝑑𝑖 𝐹𝑎𝑏𝑖𝑜 𝐺...
07/11/2024

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐼𝐷𝐷𝑈 - 𝐿'𝑈𝐿𝑇𝐼𝑀𝑂 𝑃𝐴𝐷𝑅𝐼𝑁𝑂 𝑑𝑖 𝐹𝑎𝑏𝑖𝑜 𝐺𝑟𝑎𝑠𝑠𝑎𝑑𝑜𝑛𝑖𝑎 𝑒 𝐴𝑛𝑡𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑃𝑖𝑎𝑧𝑧𝑎

𝐈𝐃𝐃𝐔 – 𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐢𝐧𝐨 – (𝟐𝟎𝟐𝟒) 𝐈𝐧 𝐒𝐢𝐜𝐢𝐥𝐢𝐚, 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 “𝐓𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐥𝐢𝐨”, 𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐟𝐢𝐚: 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚 𝐥𝐚𝐭𝐢𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐩𝐢𝐳𝐳𝐢𝐧𝐢, 𝐚𝐫𝐫𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐢𝐧𝐚 𝐃𝐞𝐧𝐚𝐫𝐨 (𝐄𝐥𝐢𝐨 𝐆𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧𝐨). 𝐂’𝐞̀ 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 (𝐓𝐨𝐧𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐥𝐥𝐨) 𝐢𝐥 “𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞”, 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐬𝐜𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐚𝐫𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐞 𝐧𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐦𝐞𝐬𝐜𝐡𝐢𝐧𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢 𝐒𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢, 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚𝐭𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐧𝐢𝐠𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐬𝐞𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐝𝐨𝐧𝐢𝐜𝐚. 𝐑𝐞𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐅𝐚𝐛𝐢𝐨 𝐆𝐫𝐚𝐬𝐬𝐚𝐝𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐞 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 𝐏𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚. 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐂𝐨𝐥𝐚𝐩𝐞𝐬𝐜𝐞 𝐢𝐬𝐩𝐢𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐢 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐝’𝐢𝐦𝐩𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞 (𝐆𝐞𝐫𝐦𝐢, 𝐏𝐞𝐭𝐫𝐢), 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐧𝐳𝐨𝐧𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐞𝐝𝐢𝐭𝐚 “𝐋𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐯𝐚𝐠𝐢𝐭𝐚̀” 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐢𝐧𝐞𝐥𝐮𝐭𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐥𝐞.

Matteo ha avuto un’infanzia allenato dal padre, boss, al commercio con la violenza. Per esempio, bisogna sgozzare un agnello. Il fratello maggiore ha timore, Matteo e la sa sorella impavida no. Sangue che schizza sui visi. Simbolo di un destino. Allora l’infanzia torna in flashback nel nascondiglio dell’insegnane (Barbora Bobulova) che gli deve il favore. Qui è la condanna alla invisibilità (“che però rinsalda la mia presenza”) di tutta una buia segregazione (“come un sorcio”) tra tristezze e segreti e un puzzle gioco da tavolo eternamente incompiuto, e incubi, e memorie di angeli di pietra che incombono più come punitori che custodi.
Il taglio letterario dà alla pellicola una sublimazione, letterario è il linguaggio del dotto “preside” e anche quello di Messina, acculturato, quando parlano con gli altri e quando si scrivono tra loro, surrogato di rapporto, e teatrale è la confezione dell’opera intera, anche con i personaggi minori -i vari caratteri degli agenti segreti-.
Come è spesso in questo genere cinematografico, il protagonista apparirebbe l’eroe specie con quella sua aura esistenziale filosofica e pessimista che s’interroga sul senso della umana vita anche secondo la cruda verità dell’Ecclesiaste (“degenerare è il nostro destino”), se la sicilianità pirandelliana non desse quella ambiguità necessaria ad elevare il registro. Ma alla fine è la interpretazione dei due grandi attori per la prima volta insieme, che partecipa in maniera energica a questo registro.

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊🎥𝐼𝐿 𝑇𝐸𝑀𝑃𝑂 𝐶𝐻𝐸 𝐶𝐼 𝑉𝑈𝑂𝐿𝐸 𝑑𝑖 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑎...
24/10/2024

𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄

✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊

🎥𝐼𝐿 𝑇𝐸𝑀𝑃𝑂 𝐶𝐻𝐸 𝐶𝐼 𝑉𝑈𝑂𝐿𝐸 𝑑𝑖 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑎 𝐶𝑜𝑚𝑒𝑛𝑐𝑖𝑛𝑖

𝐈𝐋 𝐓𝐄𝐌𝐏𝐎 𝐂𝐇𝐄 𝐂𝐈 𝐕𝐔𝐎𝐋𝐄 (𝟐𝟎𝟐𝟒) 𝐂𝐨𝐦𝐦𝐨𝐬𝐬𝐨 𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐨𝐯𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞 𝐜𝐨𝐫𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐬𝐨 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐛𝐢𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐞/𝐟𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚. 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐢𝐝𝐢. 𝐒𝐞𝐧𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢. 𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐝𝐮𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐢𝐧𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐨𝐦𝐛𝐨, 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐜𝐪𝐮𝐢𝐞𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐥 𝐦𝐚𝐥𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐢𝐛𝐞𝐥𝐥𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐚𝐥 𝐥𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐫𝐢𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞 𝐞 𝐚𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐮𝐨𝐬𝐨 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐞 𝐦𝐚𝐧𝐢𝐟𝐞𝐬𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐩𝐢𝐞𝐠𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐚𝐦𝐛𝐢𝐯𝐚𝐥𝐞𝐧𝐳𝐚. 𝐔𝐧 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐞 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐚 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐜𝐚 𝐂𝐨𝐦𝐞𝐧𝐜𝐢𝐧𝐢, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐚. 𝐏𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐨, 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐭𝐨, 𝐬𝐨𝐟𝐟𝐞𝐫𝐭𝐨, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐫𝐨𝐦𝐚𝐧𝐭𝐢𝐜𝐨. 𝐏𝐞𝐫 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐬𝐦𝐢𝐞𝐥𝐚𝐭𝐢 𝐩𝐮𝐫 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐠𝐫𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞; 𝐩𝐞𝐫 𝐦𝐞, 𝐩𝐞𝐫 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐢, 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐧𝐬𝐨, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐨. 𝐈𝐧𝐜𝐚𝐧𝐭𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐜𝐞𝐥𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐜𝐥𝐚𝐬𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐞, 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐧𝐳𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐩𝐨𝐜𝐚. 𝐒𝐮𝐩𝐞𝐫𝐛𝐚 𝐥’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐑𝐨𝐦𝐚𝐧𝐚 𝐌𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐚 𝐕𝐞𝐫𝐠𝐚𝐧𝐨, 𝐅𝐚𝐛𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐟𝐮𝐧𝐢.

Un padre, e anche un uomo sempre “troppo buono e gentile”, poco adatto ad imporsi sul set tra strilli e disordini. Eppure è anche il padre della commedia all’italiana Luigi Comencini (“Pane amore e fantasia”, “Pane amore e gelosia”). La piccola Francesca lo segue incantata durante le riprese di “Pinocchio” dove Lucignolo “non nasce cattivo”, nessuno nasce cattivo dice il regista, Lucignolo vuole solo essere libero. Poi sarà il padre a seguirla, adolescente, anzi a portarla via, a strapparla da Roma, dalla droga e dal lutto per il suo amore, Carlo Rivolta, il grande giornalista d’inchiesta ma a sua volta tossicodipendente. Portarla a Parigi.
“Quanto staremo via?” lei chiede. “Non lo so. Il tempo che ci vuole” risponde lui. “E che faremo il tempo che ci vuole a Parigi?” fa lei. “Andremo al cinema” risponde il padre.
Tra ragionevolezza, dolcezza, severità: ma un genitore sbaglia sempre. Eppure qualche cosa di profondamente giusto questo padre deve aver fatto per questa figlia che lo ha interiorizzato come guida, che può volare da sola quando lui vola nel cielo, che può cadere e rialzarsi sempre, per una maturità esistenziale e professionale dove quella balena/simbolo mummificata, da circo, a piazza del Popolo quando era piccina, le cui fauci incombono dalle prime sequenze, non ha potuto divorarla.
Francesca Comencini ha tre sorelle nella realtà, tutte nel mondo del cinema, Cristina è la più famosa. Ha anche una madre, la principessa di Partanna. Ma loro nel film non ci sono. Un film in cui quotidiano e atemporalità sono dati solo da questa diade. Certo si sente che è un bisogno prepotente di esistere per questo padre, può darsi che lo abbia reso troppo empatico e meraviglioso nella Sceneggiatura proiettando bisogni e desideri, vai a capire.
Si era raccontata in altri lungometraggi e in documentari. Ma in questo film c’è un pathos che voleva, doveva, dirsi, a se stessa e all’altro, un testamento riparatorio di ogni vicendevole mancanza ma insieme un inno a un amore di fondo autentico e immarcescibile.
Finisce come in un sogno, ma non è solo un film per sognatori. L’opera intera è ben padroneggiata da un rigoroso impegno introspettivo. Un grandangolo non sempre ovvio anche per i grandi frequentatori delle cose psichiche.
Anche nei bianchi e neri e nei tanti colori della grande fotografia di Luca Bigazzi, sincerità e costruzione artistica sono sempre annodate.

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22/10/2024

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