07/11/2024
𝐂𝐈𝐍𝐄𝐌𝐀 𝐄 𝐏𝐒𝐈𝐊𝐄
✍️𝑹𝒖𝒃𝒓𝒊𝒄𝒂 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊𝒄𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒄𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒂 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒆𝒕𝒕𝒂 𝑪𝒐𝒄𝒄𝒂𝒏𝒂𝒓𝒊 𝒅𝒆' 𝑭𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒊
🎥𝐼𝐷𝐷𝑈 - 𝐿'𝑈𝐿𝑇𝐼𝑀𝑂 𝑃𝐴𝐷𝑅𝐼𝑁𝑂 𝑑𝑖 𝐹𝑎𝑏𝑖𝑜 𝐺𝑟𝑎𝑠𝑠𝑎𝑑𝑜𝑛𝑖𝑎 𝑒 𝐴𝑛𝑡𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑃𝑖𝑎𝑧𝑧𝑎
𝐈𝐃𝐃𝐔 – 𝐥’𝐮𝐥𝐭𝐢𝐦𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐢𝐧𝐨 – (𝟐𝟎𝟐𝟒) 𝐈𝐧 𝐒𝐢𝐜𝐢𝐥𝐢𝐚, 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 “𝐓𝐞𝐫𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐥𝐢𝐨”, 𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐟𝐢𝐚: 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚 𝐥𝐚𝐭𝐢𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐩𝐢𝐳𝐳𝐢𝐧𝐢, 𝐚𝐫𝐫𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐢𝐧𝐚 𝐃𝐞𝐧𝐚𝐫𝐨 (𝐄𝐥𝐢𝐨 𝐆𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧𝐨). 𝐂’𝐞̀ 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 (𝐓𝐨𝐧𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐥𝐥𝐨) 𝐢𝐥 “𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞”, 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐬𝐜𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐜𝐚𝐫𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐞 𝐧𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐦𝐞𝐬𝐜𝐡𝐢𝐧𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐢𝐞𝐠𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐢 𝐒𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢 𝐒𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢, 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚𝐭𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐧𝐢𝐠𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐬𝐞𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐞 𝐬𝐚𝐫𝐝𝐨𝐧𝐢𝐜𝐚. 𝐑𝐞𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐅𝐚𝐛𝐢𝐨 𝐆𝐫𝐚𝐬𝐬𝐚𝐝𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐞 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 𝐏𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚. 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐂𝐨𝐥𝐚𝐩𝐞𝐬𝐜𝐞 𝐢𝐬𝐩𝐢𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐢 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐟𝐢𝐥𝐦 𝐝’𝐢𝐦𝐩𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐜𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞 (𝐆𝐞𝐫𝐦𝐢, 𝐏𝐞𝐭𝐫𝐢), 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐧𝐳𝐨𝐧𝐞 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐞𝐝𝐢𝐭𝐚 “𝐋𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐯𝐚𝐠𝐢𝐭𝐚̀” 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐢𝐧𝐞𝐥𝐮𝐭𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐥𝐞.
Matteo ha avuto un’infanzia allenato dal padre, boss, al commercio con la violenza. Per esempio, bisogna sgozzare un agnello. Il fratello maggiore ha timore, Matteo e la sa sorella impavida no. Sangue che schizza sui visi. Simbolo di un destino. Allora l’infanzia torna in flashback nel nascondiglio dell’insegnane (Barbora Bobulova) che gli deve il favore. Qui è la condanna alla invisibilità (“che però rinsalda la mia presenza”) di tutta una buia segregazione (“come un sorcio”) tra tristezze e segreti e un puzzle gioco da tavolo eternamente incompiuto, e incubi, e memorie di angeli di pietra che incombono più come punitori che custodi.
Il taglio letterario dà alla pellicola una sublimazione, letterario è il linguaggio del dotto “preside” e anche quello di Messina, acculturato, quando parlano con gli altri e quando si scrivono tra loro, surrogato di rapporto, e teatrale è la confezione dell’opera intera, anche con i personaggi minori -i vari caratteri degli agenti segreti-.
Come è spesso in questo genere cinematografico, il protagonista apparirebbe l’eroe specie con quella sua aura esistenziale filosofica e pessimista che s’interroga sul senso della umana vita anche secondo la cruda verità dell’Ecclesiaste (“degenerare è il nostro destino”), se la sicilianità pirandelliana non desse quella ambiguità necessaria ad elevare il registro. Ma alla fine è la interpretazione dei due grandi attori per la prima volta insieme, che partecipa in maniera energica a questo registro.