
28/06/2024
Restituire fuori qualcosa di bello creato dentro. In un laboratorio del carcere Torre del Gallo di Pavia i detenuti diventano designer di moda e sarti. C’è chi taglia i modelli, chi cuce, chi lavora al telaio del denim, chi studia come dar vita a scampoli che diventano nuovi abiti. È il progetto «A filo libero», promosso da Lavgon, «manifattura sartoriale e vita rurale» di Michela e le sue figlie, Carlotta e Lavinia, col supporto della dirigenza della casa circondariale. Il tempo, in questa piccola sartoria, scorre in modo diverso, scandito dal rumore della macchina da cucire e dal ferro da stiro. All’esterno il trambusto, le liti, le celle problematiche. Qui, invece, la prospettiva cambia, e un reinserimento lavorativo nella società si fa concreto.
«Già nell’aprile del 2020, in piena pandemia, avevamo avviato la sartoria per la produzione di mascherine — racconta Lavinia Vicenzi, designer di moda e coordinatrice del progetto —. Oggi stiamo facendo formazione a sei detenuti e in un mesetto abbiamo raccolto oltre 150 jeans donati dalla gente». L’obiettivo del laboratorio, infatti, oltre a dare una seconda possibilità a chi ci lavora, è quello di sostenere un’economia circolare, che passa dal riuso e l’upcycling di beni esistenti.
«Abbiamo lanciato la campagna “Nuova vita ai tuoi jeans”, per raccogliere tessuti in denim e vecchi jeans che potranno essere utilizzati per la collezione Denim Pro dei sarti di Torre del Gallo — continua Lavinia —. I capi vengono venduti da noi, Lavgon, e da Freedom a Torino, negozio di economia carceraria, ma anche creati su misura come già fatto per i grembiuli di un ristorante o le shopper customizzate per diverse botteghe». Eliseo ha 63 anni e fino al 2029 la sua casa sarà qui, in via Vigentina. «Do libero sfogo alla mia testa creando qualcosa che prima non esisteva. È un mondo nuovo per me». Nicolò è il più giovane, ha 28 anni. Le sue braccia si muovono con maestria sul telaio. «Uscirò da qui a 36 anni, diciamo che lavorando tutti insieme, in un questo momento di condivisione, non solo produco qualcosa, ma penso alla mia rinascita».
Ovviamente il piccolo laboratorio «A filo libero» va alimentato.
Per questo è sempre aperta una raccolta fondi sul sito www.afilolibero.org e la raccolta di jeans presso il Girasole di Travacò, bottega alimentare forno e caffetteria a Travacò Siccomario (Pv), e all’ecobottega Verdessenza di Torino. «Io sono arrivata in questo istituto ed era l’unica attività strutturata che si stava facendo. In altri istituti penitenziari come San Vittore e Voghera avevo visto nascere laboratori simili che appassionavano molto i detenuti. L’atmosfera rilassata e la creatività che si esprime attraverso l’ingegno e il lavoro manuale credo facciano bene e siano stimolanti per loro — spiega Stefania Mussio, direttrice del carcere pavese —. Si crea una professionalità spendibile per un futuro virtuoso».
Mentre il telaio scorre avanti e indietro, i tessuti vengono stoccati sugli scaffali e si ragiona su quale tasca applicare ad un pantalone. Nei discorsi vengono presi in prestito gli scampoli per parlare di vita e di nuove chance. Giovanni ha 41 anni, ancora 3 e avrà terminato di scontare la pena. «Mi sto reinventando come sarto, e mi sono scoperto creativo. È una grande soddisfazione vedere che qualcosa che altrimenti andrebbe buttata, ha una seconda possibilità, un po’ come le nostre esistenze».
(Fonte: Corriere.it)
A Filo Libero