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07/02/2025
A PROPOSITO DI CANZONE D'AUTORE E DI UNA CERTA NOSTALGIA-CANAGLIA, ALLA VIGILIA DEL FESTIVAL DI SANREMO
In un articolo di fine anno sul Mattino Federico Vacalebre parlava, e a ragione, di nostalgia-canaglia riguardo a un insieme di fenomeni musicali che, dal rock alla canzone d’autore, sembrano condannati a una sempre più schiacciante marginalità dalle tendenze predominanti oggi sulle piattaforme digitali. E lo diceva anche a proposito del moltiplicarsi di ristampe e inediti postumi, tra i quali il nostro doppio CD di Piero Ciampi, “Siamo in cattive acque”.
Le classifiche di vendita del 2024 della FIMI offrono a questa analisi non pochi dettagli e una conferma forse definitiva: nessun nome, tra i primi dieci, che si possa avvicinare a ciò che intendiamo per rock e, tanto meno, a canzone d’autore. Né le cose cambiano scorrendo quelle classifiche ancora più in fondo, dove troviamo qualche isolato e inossidabile resistente, come Vasco Rossi, comunque in posizioni molto arretrate.
Scomposte e disordinate, tra le fila della vecchia guardia, le reazioni a questi dati che bisognerebbe invece assumere per quello che sono, vale a dire l’attestazione di un cambio di orizzonte da analizzare senza lamentele e pianti, in un rigurgito di apocalittica resistenza al nuovo. Invece di gridare allo scandalo per inseguire un facile consenso tra coetanei di una certa età, provare a comprendere cosa questi dati testimoniano, dalla trasformazione radicale del mercato discografico all’avvento di altri codici espressivi fino alla frammentazione in mille rivoli del panorama musicale che, in epoche passate, era organizzato attorno a pochi blocchi, non solo per generi -dal rock al pop, dal jazz alla world- ma anche per appartenenza per così dire ideologica-la distinzione tra canzone commerciali e non, impegno ed evasione .
Ora tutto è cambiato, abitiamo in mondi molto più complessi e frastagliati, in cui, se non ci si lascia guidare da nostalgie che accecano la mente, c’è spazio anche per il rock della nostra gioventù e persino per la canzone d’autore, qualsiasi cosa si intenda con questa denominazione che, assieme a un orizzonte di senso, ha perso gran parte della sua forza di definizione.
A patto però di non coltivare stolti propositi di resistenza e, ancor meno, di rivincita perché i cambiamenti non avvengono a caso. E a condizione di non riproporre vecchi e abusati schemi che suonerebbero come insopportabili prediche di anziani, testardamente attaccati al loro passato.
Un passato ormai lontano, quando nelle canzoni avevano un peso decisivo le parole, che ora, per gran parte dei fruitori di queste nuove canzoni, sono del tutto irrilevanti, fino a non avvertirne più neanche il significato: dalla “chanson à texte” alla “chanson malgré le texte” il cammino è stato lungo ma non mi pare abbia lasciato dietro di sé soltanto macerie ma anche avamposti, anfratti, ripari e zone franche in cui abitano numerose altre comunità, in una pluralità di orientamenti e direzioni che è propria di una società “liquida” come la nostra e in cui c’è spazio per molte e diverse e anche contrastanti espressioni.
Così, per ritornare al nostro doppio CD di inediti di Piero Ciampi, “Siamo in cattive acque” non si trova sulle piattaforme digitali perché non avrebbe avuto alcun senso offrirlo all’ascolto senza le numerose pagine di introduzione e le note di commento ad ogni singola canzone di Enrico de Angelis, che quest’opera ha preparato lungo tutta una vita di studio e di ricerca. E siamo più che contenti degli esiti non solo di critica ma anche di vendita, a riprova che in un mondo così frastagliato e complesso forse c’è spazio per tutti, a patto che ognuno sia consapevole del posto al quale può e deve ambire.
Ecco il Club Tenco, chiamato in ballo da Vacalebre nel suo articolo, e chiunque abbia a cuore una specifica tradizione culturale dovrebbe innanzi tutto dimostrarsi consapevole dei cambiamenti nel frattempo sopraggiunti, tanto estesi e profondi da rendere del tutto impossibile la replica di antichi fasti. Magari evitando nel frattempo le continue e bizzarre oscillazioni per cui “canzone d’autore” è ora un bene minacciato da estinzione -a difesa del quale si chiamano alle armi amici vicini e lontani-, ora è invece un qualcosa di tanto ineffabile e indefinito da ritrovarsi anche in molte canzoni di successo, da Jovanotti a Cremonini.
Nelle dichiarazioni di Francesco Guccini su Gloria di Umberto Tozzi troviamo invece indicata con chiarezza la distanza che intercorre tra la "canzone d'autore" e un pop ben fatto e ancor meglio confezionato, mentre è stato soprattutto Marracash a indicare con grande lucidità e consapevolezza la vera sfida che attende chiunque abbia a cuore una canzone che voglia ancora esprimere qualcosa di autentico: quella di contrastare una musica completamente asservita all’algoritmo delle piattaforme e realizzata secondo logiche seriali da tre/quattro autori, riconducibili per lo più a una sola major, in un situazione di monopolio di fatto quale mai si era visto nei decenni precedenti: uno scenario deprimente che l’avvento dell’intelligenza artificiale può rendere solo più inquietante.
Ma lo stesso festival di Sanremo, con alcune presenze comunque marginali e tali da non modificare il quadro d’insieme, sta lì a testimoniare che la realtà è sempre più complessa e intricata di come ce la si immagini quando si resta invischiati in schemi dicotomici che hanno la pretesa di ricondurre tutto a un confronto binario tra bianco e nero. Persino in questo Sanremo, dove tutto sembra essere di un colore solo, c’è ancora chi le canzoni se le scrive da solo, per esprimere ciò che sente e non già quanto detta un qualsivoglia algoritmo: sono pochi ma possono bastare in una realtà complessa e frastagliata come questo nostro presente.