01/01/2025
1925–2025: I CENTO ANNI DELLA SPI
Quest’anno, il 7 giugno 2025, ricorre il centenario della fondazione della Società Psicoanalitica Italiana (SPI). Per celebrare questo importante traguardo, abbiamo deciso di proporvi una serie di episodi dedicati alla storia della SPI, ai suoi pionieri, alle influenze esercitate nei diversi ambiti culturali e alle tante curiosità legate alla sua vita istituzionale. Seguiteci ogni mercoledì per scoprire insieme questo affascinante percorso lungo un secolo!
Oggi cominciamo con il contributo di Marco Levi Bianchini, figura di spicco nella nascita e nello sviluppo della psicoanalisi in Italia.
La vita e l’attività medico-psichiatrica - A cura di Rita Corsa
Nato a Rovigo il 28 agosto 1875 in una famiglia della borghesia ebraica (1), conseguì la laurea in medicina a Padova, nel 1899, discutendo una tesi psichiatrica d’impostazione lombrosiana. Neolaureato frequentò la clinica psichiatrica di Firenze, ma ben presto iniziò una versatile vita professionale, che lo portò, nel 1901, ad arruolarsi come ufficiale medico in Congo, dove rimase per meno di un anno avendo contratto la malaria. Al rientro dall’Africa, il giovane medico pubblicò alcuni saggi dedicati a patologie infettive e tossicologiche tropicali e due interessanti studi di carattere “psico-sociale” (1904a e 1906a).
Dopo una breve parentesi in qualità di medico condotto a Cervia e ad Adria, si applicò precipuamente in area neuropsichiatrica, realizzando una rapida carriera ospedaliera: dapprima prestò la sua opera nella clinica medica dell’Università di Padova, poi nel manicomio di Ferrara; divenne vicedirettore del frenocomio provinciale di Girifalco (Catanzaro), poi assistente in quello di Nocera Inferiore (Salerno), dove cominciò a lavorare nel 1909. Nel 1913, ottenuta la libera docenza in psichiatria all’Università di Napoli e la nomina a primario nel frenocomio di Nocera Inferiore, intraprese dei viaggi di studio nei principali istituti neuropsichiatrici tedeschi per apprendervi l’organizzazione e gli ordinamenti, poi riassunti in un libricino (1913d) e in un articolo illustrativi (1914). Nonostante avesse studiato alla scuola biodeterminista dell’allora indiscusso maestro Cesare Lombroso, Levi Bianchini non rimase impermeabile alle innovative influenze della psichiatria europea, specialmente quelle di area germanica. Fu proprio nella Clinica di Kraepelin, a Monaco, che si consolidò anche il suo interesse per la psicoanalisi, colà liberamente discussa, anche se fortemente osteggiata.
Allo scoppio della Grande Guerra, Levi Bianchini venne richiamato alle armi come medico militare, con il grado di tenente colonnello.Dall’esperienza maturata negli ospedali da campo, nacquero diversi suoi saggi dedicati alla psicopatologia post-traumatica bellica, in linea con la coeva letteratura europea (1917/1918, 1919 e 1920a).
Al termine delle ostilità, riprese a condurre l’Ospedale Psichiatrico di Nocera Inferiore sino al gennaio 1924, quando fu trasferito a Teramo con l’incarico di dirigere il locale manicomio. Dopo sette, fecondi anni trascorsi a governare e rinnovare il frenocomio di Teramo, nel 1931 tornò a guidare l’Ospedale Psichiatrico di Nocera Inferiore.
Nel 1938, alla promulgazione delle leggi razziali, fu sospeso dal suo ufficio, sebbene avesse aderito al regime fascista, finanche contribuendo alla costituzione del fascio di Teramo – si autodefiniva “fascistissimo” della prima ora (Benevelli, 2013). Nell’epoca buia delle persecuzioni razziali riuscì a nascondersi in Italia, evitando il doloroso espatrio. Dopo la Liberazione, guidò ancora per un breve periodo l’Istituto di Nocera Inferiore, ma ben presto dovette abbandonare l’incarico per raggiunti limiti di età. Rimase tuttavia Direttore Emerito del manicomio campano e – come vedremo – Presidente Onorario della S.P.I., e proseguì ancora per molti anni la sua attività di medico e di psichiatra. Passò il resto della sua vita a Nocera Inferiore, dove si spense il 21 agosto 1961.
Continua a leggere su Spiweb, link nel primo commento