10/08/2022
DIALOGHI E RIFLESSIONI SULL’ACQUA PULITA – PARTE PRIMA: QUALCHE DEFINIZIONE
Lo ammettiamo: poche volte è capitato di riflettere sul significato delle parole “acqua pulita” e, in particolare, sulle sue implicazioni a livello di produzione e trasformazione agro-alimentare.
I motivi appaiono abbastanza chiari e possono essere così suddivisi:
1) a livello di trasformazione degli alimenti l’attenzione è focalizzata in particolare sull’uso di acqua potabile, i cui requisiti sono definiti dal D.lgs. 31/2001 e s.m.i.;
2) a livello di produzione primaria, in particolare quella vegetale, la qualità dell’acqua è talvolta messa in secondo piano, per far spazio al corretto impiego dei fitofarmaci, le operazioni di raccolta e magazzinaggio e via così.
A tutto ciò si aggiunge che per l’acqua pulita non sono fissati dei requisiti chiari e univoci, come invece accade per l’acqua potabile, e questo può complicare ulteriormente le cose e rendere tutto più fumoso.
Ed è proprio questo aspetto, ovvero cosa si intende per acqua pulita, che intendiamo approfondire con questa serie di post.
LA DEFINIZIONE NORMATIVA
A livello normativo l’acqua pulita è definita dal Reg. CE 852/2004, lettera i) articolo 2, come: “acqua di mare pulita e acqua dolce di qualità analoga”.
Bene, questa definizione non permette di comprendere assolutamente nulla.
Occorre quindi fare un passo indietro e capire cosa caspita è l’acqua di mare, la cui definizione è sempre fornita dal Reg. CE 852/2004 alla lettera h) articolo 2:
“l'acqua di mare o salmastra naturale, artificiale o depurata che non contiene microrganismi, sostanze nocive o plancton marino tossico in quantità tali da incidere direttamente o indirettamente sulla qualità sanitaria degli alimenti”
Anche questa definizione non ci piace particolarmente, in quanto molto generica, però non del tutto insoddisfacente:
si intuisce che i requisiti per l’acqua pulita possono essere (anzi sono) influenzati e modellati in ragione dell’uso previsto dell’alimento e le successive operazioni della filiera, e che la presenza (“in quantità tali...”) di microrganismi, sostanze nocive, etc. può essere ammessa previa valutazione del rischio.
L'ACQUA PULITA SECONDO IL CODEX
A livello internazionale, il documento CXC 53-2003 del Codex Alimentarius, definisce l’acqua pulita come: “Water that does not compromise food safety in the circumstances of its use”, confermando quindi quanto sopra esposto.
La definizione data dal Codex, così come anche dal Reg. CE 852/2004, rispecchia il prinicipio del “fit for purpose”, ovvero appropriato allo scopo.
Ciò implica che i requisiti non possono essere fissati a priori e in maniera trasversale ai diversi ambiti produttivi, come accade ad esempio per l’acqua potabile, ma dovrebbero essere basati invece su considerazioni e valutazioni del contesto (anche quello produttivo) e l’esistenza di eventuali misure che permettono di ridurre la contaminazione.
Proprio su questo aspetto si è basato il lavoro della FAO con la sua commissione di esperti, così formalizzato nel Report “Microbiological Risk Assessment Series 33: Safety and Quality of Water Used in Food Production and Processing”.
In questo report sono forniti alcuni chiarimenti su ciò che si intende per acqua pulita e la sua definizione flessibile secondo il principio “fit for purpose”, ossia (traduzione fatta da noi):
“I requisiti per la qualità dell'acqua impiegata nella filiera alimentare devono essere considerati in base al contesto, tenendo conto dell’utilizzo dell'acqua e la sua finalità, dei potenziali rischi associati all'uso della stessa e se esistono misure successive per ridurre ulteriormente il potenziale di contaminazione lungo la filiera alimentare.
La disponibilità di acqua e la qualità dell'acqua sono diverse in ogni paese, regione, contesto, ambiente e stabilimento alimentare e il miglioramento della qualità dell'acqua dovrebbe essere incrementale, come proposto nell'approccio dell'OMS alla sicurezza dell'acqua potabile.
Sebbene la qualità dell'acqua sarà diversa in ogni contesto, può essere adatta all'uso per determinati scopi [che possono essere comuni per diversi contesti].
Per decidere se l'acqua è adeguata allo scopo, è necessario considerare la fonte di approvvigionamento, i potenziali rischi legati associati a tale fonte, le opzioni di trattamento, la loro efficacia e l'effetto barriera e infine le modalità di consumo del prodotto alimentare (ad esempio se consumato senza trattamenti che consentono una riduzione della contaminazione ad un livello accettabile).”
Interessante notare come sia utilizzato il termine “contaminazione”, che stando a quanto riportato dal Codex Alimentarius CXC 1-1969 rev2020 è da intendersi come
“The introduction or occurrence of a contaminant in the food or food environment.”
Questa definizione a sua volta contiene il riferimento ad un’altra definizione, ovvero quella di contaminante, che si può ritrovare sempre nello stesso documento del Codex (questa la traduciamo):
“Qualsiasi agente biologico, chimico o fisico, corpi estranei o altre sostanze non aggiunte intenzionalmente agli alimenti che possono compromettere la sicurezza o l'idoneità degli alimenti.”
Quindi è importante valutare non solo gli aspetti relativi alla sicurezza ma anche quelli associati all'idoneità dell'acqua, e tutto ciò dovrebbe essere tenuto in conto quando si parla di requisiti dell'acqua pulita.
Per la seconda parte, così da capirne qualcosa con alcuni esempi pratici, tocca aspettare il prossimo post.