Quattro figure, quattro demoni, con le ali che formano una livrea, portano acqua a una Dea seduta su un trono, con in mano un calice. Dietro il trono un falco, o un’aquila?, appollaiato, è intento a scrutare dall’altra parte. La Dea minoica della fertilità richiama l’antico culto cretese della Dea Madre. Questo simbolo ci è giunto da lontano: «noi troviamo quando quello che cercavamo ci cerca», ci
suggerisce un maestro che ha soggiornato a lungo in Oriente. Le figure che portano l’acqua nelle brocche vengono da oltre il mare, hanno attraversato un deserto. Gli stranieri dal volto di leone portano libri. E la loro schiera si perde dove finisce l’ovale dell’anello d’oro che racchiude il simbolo. Questo ci auguriamo. Nel cuore del Mediterraneo, da un passato antico, i Portatori d’acqua indicano il presente. In un tempo attraversato da mutamenti che l’Europa sembra voler ignorare il mare è un luogo di passaggio, non un muro, non una tomba. Luogo dal quale irradiano libri che ci inducono a ripensare il ‘nostro’ tempo. Testi di filosofia, di poesia, di narrativa, di critica, di politica, epistolarî confluiranno in questa casa editrice, senza distinzioni o barriere di ‘genere’. Libri liberi di circolare, di suscitare discussioni, aperture, pólemos, di trovare nuovi lettori, un porto dal quale ripartire ogni volta verso l’ignoto. Perché Phlebas il Fenicio non dimentichi più “il grido dei gabbiani” e la morte per acqua divenga sorgente di vita, di pensiero, di poesia.