10/02/2024
...Inserisco manualmente il bellissimo testo di Mauro Curcuruto per il caro amico poeta (ex Vertex) CARMELO CAUSALE, scusandomi per non esser riuscito ad incorporarlo in modo adeguato. Testimonio per Carmelo Causale, mancato da poco, la mia stima intatta e spero di poterlo incontrare ancora in amicizia... là dove non esiste spazio e tempo... (S.G.)
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"NEL TEMPO DEL SILENZIO"
di
MAURO CURCURUTO
per
Carmelo Causale
(dal Sito: “LestroVerso” del 10.02.2024)
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(...nella foto di Mauro Curcuruto: Carmelo Causale)..
Caro Carmelo, ti scrivo questa lettera per dirti. Per farti sapere, vale appello per chi può e ne ha titolo, affinché la tua figura e la tua opera trovino lo spazio e i lettori che meriti. .."Furono un viaggio verso / il silenzio dell’unico colore / respiro vasto di onde.".....
Giacché 'sei venuto a mancare', ti scrivo anche per dirti il bene, il dispiacere e il sogno – ora che appartieni all’amara schiera dei per sempre – vorrei che tutti sapessero che figura e che nobile spirito sei stato, per Catania – città di cui conoscevi vizi, vezzi e virtù (e tutte le viuzze, ogni pietra, ogni pertuso, ogni bellezza) – e per chiunque ancora non sa (come potrebbe?) quale impronta hai lasciato in una vita di dedizione politica e culturale. Avevi la tua visione del mondo, dell’arte, della poesia e delle cose. Una dialettica limpida, critica, nutrita di letture approfondite e studi assidui. Tu sei l’esempio di quel "pensare greco, agire romano" che tanto ci appassiona. ..
"Nel sole / ritrovo ogni giorno / ciò che la sera ho perso / Sul tavolo / i dadi mirano un destino / che so scritto / e trame intreccio plurime."..
Intellettuale irreprensibile, aperto e insieme intransigente, onesto e generoso, dotato di un acume e di slanci fuori dall’ordinario. Eri uno che indossava con eleganza e per intero le sue idee, quelle idee frutto di una sartoria interiore incessante e rigorosa a cui era inevitabile far corrispondere delle azioni, pagandone poi lo scotto come si conviene a uomini del tuo calibro. Tanto nella sfera privata che in quella pubblica e specialmente in quella culturale. ..
"Ho perso una stagione / per capire che l’essere / è / un luogo comune / se poi non diviene."..
Sei stato un erudito filologo dell’animo umano e del linguaggio poetico. Amavi la bellezza, i libri, le idee, la Politica e la vita vissuta pienamente. E quante volte, rapito, ti ho ascoltato discutere tra amici? La tua mimica aggiungeva fascino al fascino, con quel tuo modo conserto e rispettoso di ascoltare, seduto di tre quarti e con le gambe accavallate mentre, braccia poggiate sulla coscia, con le dita di entrambe le mani ripassavi i contorni di una sigaretta. Tenevi le labbra strette per imprimere silenzio all’attenzione prestata, seguivi la discussione con lo sguardo pacato di chi già intuiva dove si andasse a parare; di tanto in tanto, l’intercalare dei tuoi sì? di pesata riluttanza conferivano al viso un’espressione di aggrottato disappunto. Quindi prendevi fiato in modo repentino, su da una narice soltanto e infine controbattevi. Alla voce posata accompagnavi la grazia rotonda di gesti gentili; intervenivi puntualmente e con chiarezza, intanto che l’indice della tua mano ippocratica schermava l’aria, per dare il ritmo alle ragioni che portavi alla discussione. Emergeva così, da questa sopraffina arte dialettica, un sapere sconfinato di cose sublimi. Ma più di tutto, a restarmi impressa è stata la tua capacità di leggere e interpretare il presente...
Sei stato così tante cose, studioso serio di filosofia e politica, di questioni letterarie, scrittore di teatro, traduttore, editore per molti e mai per piaggeria, scopritore di talenti. Poeta scrupoloso nella lingua e nel ritmo, amavi il cesello e le belle immagini...
"Lì nell’abitudine / che si dilata nel numero / infinito di strade ponti / e crocevia." ..
Tu eri un intellettuale completo, non allineato, un agitatore culturale. E per me un modello assoluto, e un caro amico.
“Prezioso amico”, così mi hai salutato per email quel venerdì 17 novembre, un po’ per celia, viste le mie insistenze nel tentativo di esserti utile a ogni costo con servigi da garzone informatico, un po’ per uno… slancio di benemerenza, perché servirà sempre un appiglio d’addio, un pegno, per chi si lascia a questo mondo e non saprà mai come farsene ragione dell’assenza. Accadeva qualche giorno prima della tua 'prematura scomparsa', già, come se ci fossero scomparse tempestive, o addirittura tardive! Si è che te ne sei dovuto andare, restituirti al Tempo, insemprarti! E lo hai fatto come eri abituato a fare ogni cosa, con discrezione e in silenzio...
Due settimane prima mi avevi telefonato per chiedermi di recuperare i tuoi vecchi file con le poesie, i saggi, le traduzioni delle lettere di Artaud e dei versi di Rupert Brooke che avevi messo da parte e mai pubblicato. Avevi usato un programma tanto desueto da non essere più riconosciuto da nessuno dei moderni software di videoscrittura. Durante la telefonata, mi aveva colpito il tono rauco e flebile della tua voce mentre mi dicevi di non stare bene, che stavi cercando di uscirne, e al riguardo non una parola di più. Chiudemmo quella telefonata con la promessa che avrei recuperato i tuoi file, e con una tua precisa richiesta: “Ah, Mauro, tienitelo per te”. Così ho fatto, Carmelo, nella stupida speranza che osservare quel precetto potesse risanarti, restituirti al tuo vigore...
"Un poema ho visto grande
cresceva l’oggi
e dalle vene
risaliva tutte
fino al centro le vie.
Lontano io
come un Budda birmano
sotto l’albero."..
(Momento propizio, da Corale effimera – ed. Res in Artibus)
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L’ultima volta che ci siamo visti era giugno e non mi ero accorto di niente. Eri sempre tu, col tuo fascino bianco e ancora somigliavi a William Butler Yeats. Avevi invitato Cettina e me – c’era anche tua moglie Assunta, che piacere rivederla dopo così tanto tempo – nella tua casa di campagna, il tuo buen retiro. Un fazzoletto di terra acquistata al rientro da Asmara, in una zona poco fuori Piedimonte Etneo, dal nome poco felice: Loco morto. Un vecchio palmento fatto di pietre, legno e tempo. Un saloncino con un camino, che mi era sembrato grande rispetto alla stanza, un cucinino, un bagno e una camera da letto; e poi una cantina, che però non ho visto. E mi pare giusto così. Chi ha vissuto una vita avventurosa come la tua, da combattente in prima linea e da eterno ribelle, proprio come hai fatto tu, ha per certo una cantina, un buio tutto suo, dove far decantare quelle parti di sé ormai dismesse, cui guardare di tanto in tanto – con goliardia e serenità – per ricordarsi chi si è stati, cosa si è imparato, quanto si è donato e ricevuto, cosa si è preferito lasciare andare per accogliere un sé più grande e maturo, con la voglia di guardare verso cose più alte, lontane, infinite, tralasciando le infime e senza per questo rinnegare alcunché. Un buio che non aggiunge valore all’uomo, né potrebbe sottrarne alla sua opera. C’era, insomma, lo stretto necessario, e due cani fedeli per statuto e dalle movenze placide, e mi sembrò che ti somigliassero persino nello sguardo disincantato e quieto che posavi sulle cose. Fuori un patio e un giardino: a sinistra alberi di limoni e aranci, un grande noce pecan, degli ulivi; a destra un orto, sì, quel posto è un vero e proprio hortus conclusus, il tuo. Scusa per questa digressione agreste che rischia di fare torto alla tua attività di intellettuale impegnato. Eppure, dopo tanto tempo dedicato al mondo e alle sue stramberie, ti sei ritirato in una condizione di aurea mediocritas, lontano dal caos, dalla gente, ma non da quell’altro mondo fatto di persone e personaggi, ideali, di idee e parole che ti appassionavano e ti rendevano così vivo, lucente...
Carmelo, come avresti potuto? tu che come il tuo Pound non volevi essere un testimone del tuo tempo, tu volevi essere parte del processo, tu (lo sto dicendo con parole tue) ti preferivi 'imputato'...
"Goccia sono/ di una pioggia che bagna / la terra."..
Poco lontano dal palmento c’era questa casupola di pietra, una specie di capanno per gli attrezzi: una porta, una finestra e tre pareti, lì ci hai fatto il tuo altro studiolo, coi ferri del mestiere che preferivi: i libri. Un infinito di libri in ogni dove, sulla piccola scrivania posta davanti alla finestra da cui soffiava una luce calda e tenue, sulle mensole di assi accomodate, nella vetrinetta squinternata e colma di volumi di ogni misura e dominio. ..
"Fiume sono / e mare e marinaio / e una nave / e un timoniere / infine / arso dal sole / che fiuta il vento."..
Anche in quell’occasione non mancasti di spiegarmi quello che pensavo (rido), disquisendo di cose umane che trattavi col tuo solito modo saldo, pacato e morbido, dalle questioni più attuali della politica a quelle più eterne della letteratura e della poesia. Con Cettina vi siete confrontati su Pirandello, De Roberto, V***a, Hugo… discusso intorno alla tua idea di città e di come fosse importante rileggerla, riviverla, riappropriarsene in senso profondo, greco. Mancano queste cose, sai? e credo mancheranno per un tempo lunghissimo, un tempo che adesso ti somiglia. ..
"Translucente nel regno delle cose vive, / quello che scorre / quello che splende."..
Prima di salutarci ci mostrasti meglio l’interno della casa, alcuni dettagli mi avevano appassionato, mi erano piaciute quelle grosse viti da torchio di rovere che ora facevano da elementi d’arredo, e quelle assi così possenti, salde e scavate dal tempo e quei chiodi antichi, quelli in ferro battuto a mano, ne avevi di ogni sorta, grandi e piccoli, quadrati e appuntiti con una testa generosa. Mi dicesti che avevi chiesto ai muratori di recuperare tutti quelli che trovavano durante i lavori di ristrutturazione. Me ne regalasti tre. Li guardo spesso da allora, sai?..
E non mi dimentico, caro Carmelo, le cose che abbiamo fatto insieme né quelle che hai fatto per me.
Ma io sono qui per salutare il mio Carmelo, non per lodarlo. Perché se io fossi Bruto, e Bruto Antonio qui ora ci sarebbero schiere di intellettuali pronti a donare una voce così potente a ogni tua parola da spingere fin le pietre di Via Etnea a sollevarsi, a rivoltarsi! E la tua opera avrebbe già trovato posto in edizioni di pregio, i tuoi drammi sarebbero rappresentati in teatro in luogo delle solite martogliaggini di quart’ordine, e i tuoi versi, i tuoi bei versi, oggi offuscherebbero gran parte di quella (tanta, troppa!) poesiucola da mezza lira (e pure stonata) che si arrovella su cose ombelicali. ..
"Inchiodàti in favole / il senso rinnovato dell’infanzia / non vince il fastidio dell’età / Di ripiego si sceglie l’ironia."..
Carmelo, mio adorato maestro, rimane l’assoluta gratitudine per averti avuto nella mia vita, per aver goduto della tua amicizia e ancora rimane il dramma di saperti eterno. Mi manchi. ..
"Lasciatelo vagare / e se ne andrà per luoghi / dove la metafora è possibile."