Negrar di Valpolicella News

Negrar di Valpolicella News Storia locale, curiosità, aneddoti
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GIULIO BROGI—-> RIUSCIRÀ, FINALMENTE, LA NUOVA AMMINISTRAZIONE A NON IGNORARE LA MEMORIA DI UNA COMUNITÀ E ,FINALMENTE, ...
31/01/2025

GIULIO BROGI—-> RIUSCIRÀ, FINALMENTE, LA NUOVA AMMINISTRAZIONE A NON IGNORARE LA MEMORIA DI UNA COMUNITÀ E ,FINALMENTE, NON RAMMENTARE UN GRANDE ATTORE DEDICANDOGLI UN CONCRETO RICORDO?
( purtroppo solo silenzio, nessun cenno di riscontro da parte dell‘Amministrazione precedente o di Assessorato delegato alla medesima proposta presentata IN DATA 2 APRILE 2021, PROTOCOLLO N.0009363 ?)

La richiesta era, ed é, perché non intitolare a suo nome, ad esempio, la sala teatro di Villa Albertini?
Per anni il nostro concittadino di Negrar di Valpolicella, l’immenso bravissimo attore GIULIO BROGI, ha data testimonianza della sua grande professionalità, ricordando, ovunque andasse, di essere di questa nostra terra. Nato a Verona nel maggio 1935, a lungo visse qui fino alla sua scomparsa il 19 febbraio 2019.
Merita un ricordo e chi lo ritiene esprima la propria opinione e lo commenti qui, magari condividendo questo messaggio.
Dall'inizio degli anni sessanta frequentò il Piccolo Teatro di Milano e gli Stabili di Genova, Trieste, Torino, interpretando i classici (Goldoni, Euripide, Shakespeare, Molière, Čechov, Schnitzler) per registi quali Strehler, Squarzina, Zeffirelli, Trionfo, Missiroli, Carriglio.
Fu attivo anche in televisione: Eneide (1971), Eleonora (1972), Gamma (1975), Semmelweis (1980), Rodolfo Graziani ultimo atto a Salò (1985) e nel cinema, dove lo preferirono i fratelli Taviani, da I sovversivi (1967) a San Michele aveva un gallo (1972), a Il prato (1979); del 1984 è in Viaggio a Citera, di Theo Angelopoulos.
Proseguì nella sua attività cinematografica partecipando a numerosi film, fra i quali Il portaborse (1990) di Daniele Luchetti, Il segreto del bosco vecchio (1993) di Ermanno Olmi, La lingua del santo (2000) di Carlo Mazzacurati e Niente è come sembra (2007) di Franco Battiato. Numerose le sue partecipazioni televisive, l’ultima, nell’intensa parte di un assassino pentito diventato frate nel “ Un diario del ‘43” della serie il commissario Montalbano del suo amico Camilleri.

È morto a Negrar di Valpolicella il 19 febbraio 2019 all'età di 83 anni.

A noi ricordarlo e chiedere un tangibile segno di memoria, cosa meglio di un teatro da dedicare ad un attore?
A noi suggerire nuovamente questo all’Amministrazione attuale, attivata con specifica richiesta il 27 settembre 2024, con il nostro si, che siete invitati ad aggiungere qui nei commenti.

Grazie per il vostro supporto.

LE CAMPANE DI TORBE HANNO SUONATO PER IL NUOVO NATO  , SECONDO TRADIZIONE ??Le campane ti Torbe le loro dediche che poch...
24/01/2025

LE CAMPANE DI TORBE HANNO SUONATO PER IL NUOVO NATO , SECONDO TRADIZIONE ??

Le campane ti Torbe le loro dediche che pochi hanno lette.
Non per tutte le campane viene, in bassorilievo durante la fusione, creata una scritta quale dedica.

Le 9 campane della torre campanaria di Torbe la hanno. ( _*della decima che suona quando nasce un nuovo torbesano non abbiamo dettaglio e ringraziamo chi possa colmare questa lacuna*_).

Campana IX scritta “Pace e Gloria ai caduti di tutte le guerre”
Campana VIII scritta “ Defuntos ploro pestem fugo festa decoro”
Campana VII scritta “A fulgure et tempestate libera nos Domine”
Campana VI scritta “In te speravi non confundar in aeternum”
Campana V scritta “Venite adorate Dominum”
Campana IV scritta “ Dedicata a Paolo VI, Giovanni XXIII, Don Giovanni Calabria, Mons. G.Carraro”
Campana III scritta “Don Marcello Veronesi e i parrocchiani ricordando la venuta del Papa Giovanni Paolo II a Negrar 17/04/1988, sante e santi tutti di Dio pregate per noi”
Campana II scritta “A ricordo di Albino Luciani salito al soglio pontificio col nome di Giovanni Paolo I dall’alba al tramonto si lodi il Signore, pace tu canti”
Campana I scritta “ A ricordo di San Giovanni Bosco riconosciuto santo nel 1934 centenario della morte 1888-1988 Maria Ausiliatrice prega per noi porta del cielo prega per noi”.

INCREDIBILE:  NOTIZIE E CRONACHE CELATE NELLE CANNE DELL’ORGANO DELLA CHIESA DI SAN MARTINO DI TOURS.LA STORIA DELL’ORG...
18/01/2025

INCREDIBILE: NOTIZIE E CRONACHE CELATE NELLE CANNE DELL’ORGANO DELLA CHIESA DI SAN MARTINO DI TOURS.
LA STORIA DELL’ORGANO E QUANDO COLERA E NUBIFRAGIO COLPIRONO IL COMUNE.

Grande sorpresa fu, quando nel 1986 iniziarono i restauri dell’organo della parrocchiale di Negrar di Valpolicella, il trovare incise in molte canne e nei mantici diverse notizie come in una sorta di diario.

L’organo, di ben 1856 canne, fu costruito dall’organaro Antonio Sona, figlio del grande artista Giovanni Battista Sona che era nato nel 1755 all’Osteria Vecchia e che morí nel 1832, al quale fu commissionato e che realizzò dalla metà del 1837 fino ai primi mesi del 1839, con primo concerto pubblico il 30 giugno 1839. Il disegno esteriore dell’organo fu dell’allora celeberrimo architetto Giuseppe Barbieri.

In un mantice è stata trovata questa preghiera: “Pregate per l’artefice Sona per i fabbricieri Angelo Melegatti- D.Brighenti-avv.Smania e per l’arc.Giona Sabaini”, mentre nell’altro: “Voi tutti che sentirete quest’organo pregate per i tanti benemeriti offerenti vostri patrioti che veramente si distinsero”.

Nella prima canna, la trigesima sesta, la scritta “In giugno 1836 fu il colera che flagellò tutta la città e territorio e duró tutto l’agosto era Vescovo Monsignore Reverendissimo Giuseppe Gasser. L’anno 1836 fu ordinato l’organo dalli Signori Fabbricieri Signore Conte Paletta, Signore Avvocato Smania, Signore Andrea Peduzzi essendo Arciprete il Reverendo Signore Don Giona Sabaini ed Antonio Sona fu Giovanni Battista terminò la facciata lí 15 marzo 1837”.

Mentre è stata rilevata incisa sulla prima canna ottava “Il giorno 8 giugno 1837 mentre stavo lavorando in quel di Verona le prime canne della Decimoquinta e le presenti alle ore 6 e mezzo pomeridiane venne una tempesta desolatrice e nei dintorni le case si empirono d’acqua e molte cantine Fu di rovina per li aloggi di famiglia e librerie letti e biancheria Rovinó muri e strade Soffocó dei soldati che lavoravano nelle fortificazioni Nella fonderia di campane del Partilora danneggiò cinque stampi di campane che erano quasi sotterrate entrando dalla porta della fonderia e lì stampi non erano più buoni Erano del Comune di Rivole Il Signore ci salvi sempre da tali disgrazie”.

Diverse canne hanno scritte tra loro simili quali “Antonio Sona fece l’anno 1838” oppure “Antonio Sona del fu Gio-Batta quale nacque all’Osteria Vecchia l’anno 1735 e morì l’anno 1832 lí 7 ottobre col desiderio di fare questo organo che eseguì Antonio lí 1838” ed anche “Antonio Sona Veronese nell’anno 1838 continuai l’opera ed i fabbricieri furono il Sig.Avvocato Smania il Rev.Sig.Don Brighenti ed il Sig.Melegatti Angelo”.

Altre scritte di gran rilievo storico sia su una canna che su un mantice “Oggi 6 ottobre 1837 facendo il panegirico in Duomo Mon.Artico Canonico di Ceredo celeberrimo oratore Raccomandò di pregare per la liberazione del colera in Roma e per il Regnante Pontefice La strage è di duecento circa al giorno” e “Per fare quest’organo fu diviso il Paese in contrade, e tutte andarono a gara per superarli in offerte. La contrada di Villa fu quella che superò tutte. Poi segue Jago che stette vicina. Tutti per altro fecero quanto hanno potuto ed unito il Danaro fecero una belissima soma. VOI TUTTI CHE SENTIRETE QUEST’ORGANO PREGATE PER I TANTI BENEMERITI OFFERENTI VOSTRI PATRIOTI CHE VERAMENTE SI DISTINSERO. Il Fabbricatore Sona scrisse queste memorie”.

Purtroppo nel 1986 non pensarono di fotografare le scritte perciò rimane solo la suddetta descrizione, da documenti dell’archivio parrocchiale.

SUOR TERESA DALLE PEZZE, LA MISSIONARIA COMBONIANA MARTIRE, DI FANE ( la sua storia da leggere completamente per compren...
12/01/2025

SUOR TERESA DALLE PEZZE, LA MISSIONARIA COMBONIANA MARTIRE, DI FANE ( la sua storia da leggere completamente per comprendere la sua grandezza)

“Se avessi mille vite, le darei tutte per la salvezza dell’Africa”

Teresa Paola Dalle Pezze nacque il 15 ottobre 1939 a Fane di Negrar (Verona) e la sua numerosa famiglia versava in gravi condizioni economiche. Emigrò in Svizzera all’età di 18 anni per trovare lavoro, perché la poca terra proprietà della famiglia non bastava al sostentamento di lei e di ben sei fratelli, e lì trovò alloggio presso il convitto delle Suore Insegnanti della S. Croce, ove iniziò il suo percorso spirituale, a Baar nel cantone di Zueg. Lì, ascoltando i racconti di missionari e missionarie, iniziò a sorgere il desiderio di seguire la stessa strada.

Nel 1961, Teresa aveva anticipato le sue vacanze e trovato il coraggio di dire ai suoi genitori ciò che più le premeva: unirsi alle Suore Missionarie Comboniane per andare a servire i più bisognosi in Africa.

Teresa prese i primi voti il 3 maggio 1964 nella ca****la delle suore a Cesiolo: una ragazza di 24 anni pronta a camminare con il suo Dio in Africa.
Non avendo preparazione di alcun tipo, frequentò un corso biennale intensivo per insegnanti d'asili nido. Altri due anni in Portogallo, per imparare la lingua parlata in Mozambico dove fu in seguito mandata, ed eccola finalmente partire per la terra dei suoi sogni: "Sono finalmente arrivata nella terra che ho sognato per anni. Vi abbraccio e vi ricordo tutti", scrisse alla sua famiglia (8/7/1968).
Suor Teresa faceva parte del consiglio pastorale della parrocchia, responsabile delle 35 Piccole Comunità Cristiane. Una in particolare era gestita da lei.
Il lavoro di suor Teresa non si limitava solo alla scuola; molti le si avvicinavano per ogni tipo di aiuto: una buona parola, una spalla su cui piangere per l'ennesima disgrazia, una coperta con cui coprirsi la notte, cibo per i propri figli, medicine per i feriti, un posto dove nascondersi dai banditi. Teresa era solita ascoltarli con pazienza, mostrando comprensione per i loro problemi e aiutandoli ogni volta che poteva.

Quando si rivolgeva ai suoi allievi, dimenticava completamente se stessa; la loro vita era molto più dura della sua. Faceva tutto ciò che era in suo potere per garantire ai bambini una alimentazione equilibrata; chiedeva aiuti ai parrocchiani di Fane, ricordando loro che dovevano essere generosi allo stesso modo in cui Dio lo era stato con loro: "Ognuno dovrebbe fare la sua parte come suggerisce Cristo; io cerco di fare la mia".
Teresa visse a cavallo tra le due guerre; i primi sette anni durante la guerra per l'indipendenza, gli ultimi dieci durante la guerra civile. Nel 1975 le venne affidato dal governo il posto d'insegnante di scienze e attività manuali a Monapo. Nel 1980 la scuola fu trasferita da Monapo a Netia; qui la vecchia missione divenne Centro Educational - Centro Educativo. Teresa era l' "incaricata della salute", responsabile di 400 studenti. Una madre-infermiera.

Nel 1984 la guerra civile si diffuse rapidamente nelle zone di Nampula e Netia: incendi dolosi, saccheggi, rapimenti, esecuzioni pubbliche, imboscate sulle autostrade e conflitti a fuoco divennero sempre più frequenti. L'eventualità di una tragica fine era sempre presente nella mente di suor Teresa: "Sono ancora viva nonostante il caos che regna da entrambe le parti. Sulle strade principali succede il finimondo. Noi siamo serene perché Dio è con noi".

La morte la sorprese sulla strada il 3 gennaio 1985. Solo un mese prima era stata invitata dalle sue superiore ad anticipare le vacanze a causa della sua salute e dei pericoli del luogo. La sua replica era stata risoluta: "Lasciare questa gente nel momento di maggior bisogno sarebbe come tradirla". La decisione di Teresa di rimanere accanto alla gente le diede il diritto di sostenere la grandezza di una tragedia che visse in prima persona.
All'epoca era alla missione di Carapira; chiese di accompagnare p. Gino Pastore a Nacala per salutare le suore di quella comunità. Andarono fino a Monapo e lì presero il convoglio militare per Nacala, visto che in quei giorni era d'obbligo viaggiare scortati sulle strade giudicate pericolose. La scorta dell'esercito era in ritardo quel giorno fatale, e i due missionari decisero di tornare a casa. Ma alle 18,30 videro il convoglio passare sulla strada asfaltata e si affrettarono per riuscire a prenderlo alla fermata più vicina.
Dopo circa 30 chilometri, tuttavia, lungo la strada si potevano vedere delle case che erano state bruciate, da poco e all'improvviso, mentre si stavano immettendo sulla strada maestra, il convoglio cadde in un'imboscata della Renamo. Il primo camion fu colpito dai bazooka. Suor Teresa e p. Gino scesero dalla loro Land Cruiser, il sesto veicolo della fila, e si stesero a terra fra le ruote. Poco dopo, quando i ribelli avvicinarono il convoglio con l'intenzione di bruciare tutti i veicoli, i due strisciarono fuori dal loro nascondiglio e si dispersero fra l'erba alta.
Ci fu un cruento scambio di pallottole e di granate tra le forze militari. Camion e macchine vennero trasformati in grandi falò. Lo straziante inferno durò circa un'ora.
P. Gino era riuscito a raggiungere un villaggio nei paraggi, sperando di vedere Teresa arrivare assieme ad altri superstiti. Iniziò una lunga ed estenuante attesa. Andò a cercarla con alcuni abitanti del luogo; il suo nome veniva gridato sempre più forte: "Teresa, Teresaa, Teresaaa", seguito solo dall'eco. Alla fine il suo corpo fu ritrovato insieme ad altri venti, disteso fra l'erba, addormentato per sempre. Era stata raggiunta da tre proiettili, uno alla testa, uno al torace, e uno alla coscia. Una morte istantanea, senza dubbio. Come avevano potuto vederla i militari nascosta tra l'erba alta? Il dubbio venne fugato grazie a un militare che si era steso accanto a lei durante al battaglia. "Notai che indossava un golf di lana e pensai a mia moglie incinta e a come poteva sentirsi la notte. 'Mama,' chiesi, 'mi daresti il tuo golf per mia moglie che è incinta?'. 'Certamente, con piacere,' rispose, e si mise in ginocchio per toglierselo. Così facendo fu avvistata e colpita".

Era morta compiendo il suo ultimo atto di ca**tà.

UNA CORAZZATA SULLA MONTAGNA (che mai sparò un colpo e che ora é visitabile)Non molti sanno che a pochi chilometri a nor...
06/01/2025

UNA CORAZZATA SULLA MONTAGNA
(che mai sparò un colpo e che ora é visitabile)

Non molti sanno che a pochi chilometri a nord di Negrar di Valpolicella, vi è l’imponente Forte Monte Tesoro, che è stata una fortezza militare, costruita a difesa della città di Verona contro l'Impero austro-ungarico, sulla sommità dell'omonimo monte nella Lessinia. Il forte si trova nel territorio comunale di Sant'Anna d'Alfaedo, ed è a 917 metri sul livello del mare. Il genio militare definì il forte Monte Tesoro una struttura modernissima - in pietra di Prun su base di cemento armato - e potentissima che oggi, su appuntamento/prenotazione, è possibile visitare e che consigliamo per la sua impressionante bellezza.

Per il suo armamento equivaleva ad una nave corazzata da guerra dell’epoca. Il forte faceva parte del sistema di fortificazioni sull'altopiano dei monti Lessini, a Nord di Verona. Costruito per volontà del Regio Esercito, nei primi del '900, aveva lo scopo di difendere l'allora confine con l'impero Austro Ungarico, confine che allora passava proprio sui Lessini.

Fu ideato e progettato ancora tra gli anni ’70 e ’80 dell'Ottocento per completare la parte settentrionale della piazzaforte di Verona. I lavori iniziarono però soltanto nel 1906 e si portarono fino al 1911. Faceva parte, insieme con i forti Santa Viola e Castelletto, della seconda generazione di forti appartenenti alla cosiddetta fortezza di Verona e costruiti nella Lessinia o settore Destra Adige, come fu nominato dal Regio Esercito.

Però nella Prima Guerra Mondiale si trovò lontano dal fronte e di conseguenza fu quasi subito disarmato dopo l'entrata in guerra dell'Italia, senza mai sparare un colpo verso il nemico.
Nel 1915 l'opera era armata con pezzi d’artiglieria posizionai in torrette protette da spesse cupole in acciaio e che erano:
– 6 cannoni 149/35A in cupola corazzata Armstrong dello spessore di 14 cm
– 4 cannoni 75A
– 6 mitragliatrici di cui 3 in torretta corazzata a scomparsa

Usato fino al termine degli anni ’80 del Novecento dall'Esercito Italiano come deposito polveri e munizioni, è stato negli ultimi anni concesso, dal Demanio, al comune di Sant'Anna d'Alfaedo. Grazie ad una importante azione di recupero e restauro, diretto dall’architetto Fiorenzo Meneghelli, in occasione del centenario della Grande Guerra, dal 2018 è ritornato visitabile.( vedasi seconda foto)

(fonte: Negrar di Valpolicella News - foto © Marco Malvezzi)

Buon 2025 a tutti ma, soprattutto, ai quasi novemila nostri fedeli followers, ai quali dedichiamo il nostro nuovo calend...
31/12/2024

Buon 2025 a tutti ma, soprattutto, ai quasi novemila nostri fedeli followers, ai quali dedichiamo il nostro nuovo calendario.
Che il nuovo anno sia dì grande positività e pace.

IL PANDORO : LA STORIA DEL NOSTRO DOLCE NATALIZIO SIMBOLO DELLA VERONESITÀIl pandoro è un tipico dolce veronese che vien...
21/12/2024

IL PANDORO : LA STORIA DEL NOSTRO DOLCE NATALIZIO SIMBOLO DELLA VERONESITÀ

Il pandoro è un tipico dolce veronese che viene consumato soprattutto durante le festività natalizie, gran sostituto del “milanese” panettone.

È uno dei dolci natalizi più tipici in Italia. Deriva dal nome in lingua veneta“pan de oro” e veniva servito sulle tavole dei ricchi veneziani insieme al nadalin. Le origini della ricetta sono da ricercare ai tempi dell'antica Roma, e se ne fa menzione in uno scritto minore che risale al primo secolo d.C., ai tempi di Plinio il Vecchio, che secondo Michela Becchi cita un cuoco di nome Vergilius Stephanus Senex, che preparò un "panis" con fiori di farina, b***o e olio., anche se secondo molti le prime tracce del pandoro risalgono al 1500 nel periodo della Repubblica Veneziana. C’è però chi è convinto che sia l’evoluzione di altri dolci, come il Nadalin, un dessert a forma di stella, oppure il Pane di Vienna, simile ad una brioche.

La nascita della ricetta moderna, almeno come la intendiamo oggi, risale all'Ottocento, come evoluzione del nadalin, dolce veronese che quando il pasticcere 14 ottobre 1894 Domenico Melegatti, fondatore dell'omonima industria dolciaria veronese, depositò all'ufficio brevetti un dolce morbido e dal caratteristico corpo a forma di stella a otto punte.

Per realizzare la sua ricetta, il pasticcere Melegatti prese ispirazione dalla tradizione veronese. Nei villaggi che si trovano in queste zone infatti sin dall’antichità le donne cucinavano il Levà, un dolce lievitato, ricoperto di mandorle e zucchero. Melegatti utilizzò la stessa ricetta, aggiungendo uova e b***o, ma eliminò la copertura, per rendere l’impasto molto soffice e morbido.
La forma a stella venne disegnata invece dal famoso Angelo Dall'Oca Bianca, pittore impressionista veronese ( 1858-1942), un artista che creò lo stampo a piramide con otto punte. Da subito il pandoro fu un grande successo ed entrò a far parte della tradizione natalizia italianainsieme al panettone. Resta solo un piccolo dettaglio da scoprire: perché il pandoro si chiama così? Secondo una leggenda il nome gli fu dato da un pasticcere. L’uomo, dopo aver tirato fuori dal forno il dolce, rimase sorpreso dal suo colore dorato e lo chiamò“Pan d’oro”, da qui il termine “Pandoro” che oggi tutti conosciamo molto bene.

IL « NADALIN » , IL NOSTRO DOLCE TIPICO PER NATALE.Questo dolce fu inventato nel XIII secolo, piu precisamente nel 1260,...
16/12/2024

IL « NADALIN » , IL NOSTRO DOLCE TIPICO PER NATALE.

Questo dolce fu inventato nel XIII secolo, piu precisamente nel 1260, anno in cui fu ideato per celebrare l’ascesa al potere della famiglia Della Scala, una delle dinastie più importanti della città.
Si narra che il dolce fu preparato per onorare la comunità veronese durante i festeggiamenti per l'insediamento di Mastino I Della Scala, primo signore di Verona.

È poi l'antenato del più celebre pandoro, che invece fu inventato nell'Ottocento.
Rispetto a quest'ultimo il Nadalin, pur avendo ingredienti simili, è meno b***oso e fragrante, ma più compatto e dolce. Anche la forma è differente: se infatti il pandoro ha una forma regolare standard a stella ed è molto alto, il Nadalin invece è molto più basso e non ha una forma ben precisa, spesso però o è a stella come il pandoro, ma delineata in modo meno preciso, o a cupola come un panettone molto basso.
Molti veronesi lo preferiscono al pandoro perché più legato alla tradizione della città, dal momento che il pandoro è divenuto un dolce nazionale; è così il Nadalin che esprime meglio le origini e le tradizioni di Verona e della Valpolicella.
Il nome "Nadalin" potrebbe derivare da una radice latina legata alla parola *Natalis*, che significa "natalizio" o "relativo alla nascita", sottolineando il suo legame con le festività natalizie. Questo dolce, infatti, era tradizionalmente preparato proprio in occasione del Natale.

A differenza del Pandoro, il Nadalin ha una forma più semplice e rustica, solitamente a stella con cinque punte. La sua consistenza è più compatta e il sapore è delicatamente dolce, arricchito da un tocco di b***o e profumi di vaniglia e agrumi.

L’impasto, soffice ma non eccessivamente lievitato, è decorato con una generosa spolverata di zucchero e granella di mandorle, che conferiscono al dolce una piacevole croccantezza in contrasto con la morbidezza interna.

*La ricetta tradizionale*:
La preparazione del Nadalin è relativamente semplice, il che riflette le sue umili origini, pensate per essere accessibili a tutti. Gli ingredienti principali includono:
- Farina - Zucchero - B***o - Uova - Lievito
- Scorza di limone o arancia- Vaniglia- Mandorle e zucchero per la decorazione

Per valorizzare il sapore del Nadalin, si consiglia di accompagnarlo con un calice di **Recioto**, il vino dolce per eccellenza della Valpolicella. Il connubio tra il dolce del vino e la croccantezza del Nadalin crea un’esperienza gustativa unica, capace di evocare i profumi e le atmosfere delle feste veronesi.

Oggi, il Nadalin è ancora protagonista delle tavole natalizie a Verona e dintorni, anche se spesso viene messo in ombra dal più famoso Pandoro, che condivide con il Nadalin molte caratteristiche. Tuttavia, grazie alla riscoperta delle tradizioni culinarie, questo dolce sta vivendo un momento di rinascita.

Panetterie e pasticcerie artigianali in città offrono versioni del Nadalin che rispettano la ricetta originale, talvolta reinterpretandolo con ingredienti moderni, come il cioccolato o la glassa al caramello.

l Nadalin non è solo un dolce, ma una finestra sul passato di Verona e della sua Valpolicella , un ricordo che si rinnova ogni Natale, portando con sé tutta la magia della tradizione. Se capitate in Valpolicella durante le festività, non perdete l’occasione di assaggiarlo e lasciarvi conquistare da un sapore che racconta secoli di storia e passione.

I “BULL-DOG” TURBERANNO LA PACE DI SAN PERETTO??Questo fu il timore degli abitanti della frazione San Peretto di Negrar ...
11/12/2024

I “BULL-DOG” TURBERANNO LA PACE DI SAN PERETTO??

Questo fu il timore degli abitanti della frazione San Peretto di Negrar di Valpolicella, così come il quotidiano l’Arena intitolò l’articolo pubblicato il 26 aprile 1964, poco più di cinquant’anni fa.

Sfogliando le varie pubblicazioni del giornale “L'Arena” del secolo scorso, e più precisamente in quella del 26/04/1964, nella pagina dedicata alla “Cronaca della Provincia” ci siamo imbattuti in un articolo che riportava le ansie dei residenti.
In breve l'articolista prende lo spunto da una voce ventilata, che poi tanto ventilata non era, che vi era una proposta per spostare il Canile Comunale di Verona dalla sede cittadina; le località individuate come siti possibili erano il tranquillo borgo di San Peretto di Negrar o Grezzana.
Tele proposta era stata prontamente rigettata dal Comune di Negrar e, a quanto pare, anche dall'Amministrazione di Grezzana e non se ne fece più nulla tant'è che il canile comunale di Verona ancor oggi è situato nel medesimo posto dietro il Cimitero Monumentale della città.
L'autore dell'articolo prese lo spunto per divagare sulla bellezza del borgo ameno elogiando la gentilezza e la tranquillità degli abitanti che senz'altro, se l'evento si fosse verificato, avrebbero certamente perso la pace sia di giorno che di notte a causa dei latrati continui dei cani.

Uno scampolo di storia che, oggi, può sembrare un aneddoto ma che, in realtà, é un pezzo di storia del secolo scorso, sicuramente sconosciuto a molti e dimenticato da tanti, riemerso grazie alla ricerca di Marco Vesentini, sempre impegnato nel voler rammentare che la scuola elementare della frazione debba ritornare ad essere intitolata alla memoria del Tenente Turri, medaglia d‘oro al valore.

EL BISSO GALETO.Una storia o una leggenda? Chi non lo hai mai sentito? Quante volte si avvisavano chi andava attraverso ...
05/12/2024

EL BISSO GALETO.

Una storia o una leggenda? Chi non lo hai mai sentito? Quante volte si avvisavano chi andava attraverso boschi a stare attento a non incontrarlo o minacciare di chiamarlo ai bambini che erano restii ad andare a dormire?

Tipico animale leggendario, il Bisso Galeto è una creatura delle valli veronesi, ma principalmente della Valpolicella, ove era chiamato anche Canta Gal.

Oggi se ne parla poco ma, fino a non tanti anni fa, era famoso per essere non solo base per i creduloni ma anche per grandi scherzi, inducendo a chi ascoltava di averlo incontrato.

Si diceva avesse un corpo e testa di gallo, con una grande cresta rossa, ali piene di spine e coda di serpente. Infatti si dicesse sibilasse come un serpente e cantasse come un gallo, raccontando, chi lo aveva sentito, a riportare che facesse “ sssss, chicchirichì, sssss, chicchirichì”.

Si racconta che la sua dimensione normale fosse piuttosto ridotta, rendendolo simile ad un piccolo serpente, ma il Bisso Galeto può aumentare e diminuire la lunghezza del proprio corpo a sua volontà. È un animale velenosissimo. Nascerebbe da un uovo deposto da un gallo vecchio e covato da un serpente o da un rospo per nove anni. Presenta molte caratteristiche ricorrenti anche nel basilisco, per questo viene a volte confuso con esso, specialmente in Lessinia.

Vive in boschi e vallate ma può nascere in casa, evento letale per gli abitanti che vengono uccisi di notte dal fiato velenoso dell'animale. Lo sguardo del Bisso Galeto può uccidere, seccare le piante e contaminare l'acqua. Il fiato e il morso del Bisso Galeto sono mortali. Se il Bisso vede la propria immagine in uno specchio muore. È invece sconsigliabile tentare di ferirlo con armi bianche: i cavalieri che colpivano il Bisso Galeto con la lancia morivano perché il veleno risaliva l'asta e raggiungeva la mano, diffondendosi per il corpo e passando perfino al cavallo, con effetto letale in entrambi i casi. Gli unici "nemici naturali" del Bisso Galeto sono le donnole, che però possono ucciderlo solo a costo della propria vita e i galli che riescono a far morire il Bisso con il proprio canto.Una leggenda locale vuole che il Bisso sia stato causa dell'epidemia di sifilide diffusasi nelle valli veronesi nel XV secolo. Il Bisso Galeto viene in alcuni casi collegato al Diavolo o considerato un'incarnazione del Maligno stesso.

Una variante del mito descrive il Bisso Galeto come un grosso serpente e il suo veleno come un siero che modifica l'umore e la personalità, rendendo i soggetti morsi dall'animale nervosi e in genere "cattivi". Nelle zone montane veronesi dei Monti Lessini viene chiamato "Basalisco", e tra le creature leggendarie della zona è creduto il più veritiero. Spesso viene riferita la sua presunta capacità di volare, tramite piccole ali membranose poste sui lati del corpo. Ciò potrebbe derivare dall'abitudine di alcuni colubridi, chiamati in veronese Carbonassi (nome dialettale dell'Hierophis viridiflavus) di lanciarsi da un ramo di un albero all'altro.

Ma voi che state leggendo lo avete incontrato o ne avete solo sentito parlare??

Noi, comunque, staremo sempre attenti a non guardarlo negli occhi.

📣 Sicurezza stradale: un problema da risolvere ora, non domani!Cari Followers l'incidente avvenuto un  giorno fa lungo l...
28/11/2024

📣 Sicurezza stradale: un problema da risolvere ora, non domani!

Cari Followers
l'incidente avvenuto un giorno fa lungo la Provinciale 12, in località Osteria Vecchia, mette nuovamente in evidenza un problema che denuncio da anni: la mancanza di guardrail e protezioni adeguate su tratti di strada estremamente pericolosi.
Ovviamente bisognerà adeguare gli spazi di sicurezza anche per i pedoni, non essendoci marciapiedi e in più mancante di opportuna illuminazione.

Come riportato oggi su L'Arena, due auto sono rimaste in bilico sul progno dopo uno scontro. Fortunatamente nessuno si è fatto male gravemente, ma cosa aspettiamo? Un incidente con esiti tragici? 🚨

👉 Cosa chiediamo?
Un intervento immediato dell’amministrazione per posizionare guardrail e segnaletica adeguata nei punti più critici della Provinciale 12 e delle strade comunali collegate. La sicurezza stradale non può essere una priorità solo dopo un incidente.

⚠️ Vi invito a condividere questo messaggio per aumentare la consapevolezza sul problema e fare pressione affinché si agisca al più presto.

La sicurezza sulle nostre strade è un diritto di tutti!
Un grazie a chi continua a segnalare queste criticità e a tutti voi per il supporto. Insieme possiamo fare la differenza.

Negrar di Valpolicella News

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Sono anni, l’ultima volta tre mesi fa, che denunciamo questa realtà su _Negrar di Valpolicella News_ della grave mancanz...
27/11/2024

Sono anni, l’ultima volta tre mesi fa, che denunciamo questa realtà su _Negrar di Valpolicella News_ della grave mancanza di guard-rail.
A quando il morto?

https://www.facebook.com/share/18aKkpvFfv/?

„LA BANDA DEL MARANESE"Anche a Negrar , come molte località di confine, ha avuto i suoi racconti di banditismo. Nel XIX ...
23/11/2024

„LA BANDA DEL MARANESE"

Anche a Negrar , come molte località di confine, ha avuto i suoi racconti di banditismo.
Nel XIX secolo, una leggendaria banda di briganti, chiamata la "Banda del Maranese", era nota per le sue scorribande in tutta la Valpolicella.
Rubavano ai viandanti, depredavano i carri che trasportavano principalmente botti di vino o commestibili, non disdegnando di rapire persone per poi chiedere soldi o oro e argento per il riscatto, in ogni strada o contrada valpolicellese.

Il nome della banda era dovuto al fatto che si diceva questi briganti fossero in gran parte originari della vicina Marano.
Questi banditi si rifugiavano principalmente nelle cave di Prun oppure tra le colline di Negrar spingendosi, conoscendo ogni sentiero e nascondiglio, fino al bosco del Monte Comun.

La popolazione locale era divisa tra chi li temeva e chi li ammirava per la loro audacia, poiché si dice che spesso aiutassero le famiglie più povere.
Però all’inizio della seconda metà del 1800, dopo anni di ruberie, le forze della polizia dell‘imperatore Francesco Giuseppe, che dominava il nord-est d’Italia Veneto incluso, grazie principalmente a delazioni, riuscirono a neutralizzare la banda sia con arresti violenti e non.

Il ricordo di una verità o di una leggenda?

LA GIOSTRA DELLA QUINTANA A NEGRAR Un altro aneddoto affascinante legato a Negrar riguarda una tradizione medievale piut...
15/11/2024

LA GIOSTRA DELLA QUINTANA A NEGRAR

Un altro aneddoto affascinante legato a Negrar riguarda una tradizione medievale piuttosto curiosa: la “Giostra della Quintana,” il torneo cavalleresco che era una gara di abilità con l'arco e la lancia, svolta dai giovani cavalieri della zona.
L’evento era un modo per addestrare i giovani a diventare abili guerrieri e difensori della Valpolicella, ma anche un’occasione per i nobili locali di mostrare il proprio prestigio e la forza della comunità.

Si racconta che i cavalieri dovessero centrare un bersaglio – spesso un anello sospeso o un fantoccio di un “saraceno” – mentre cavalcavano a tutta velocità.
La gara divenne talmente popolare che, durante le feste più importanti, vi partecipavano anche cavalieri da altre zone del Veneto.

Viene ipotizzato che la Quintana si svolgesse sulla riva sinistra del progno, nella parte piana del terreno, approssimamente dove ora vi e la baita degli Alpini, il tutto organizzato dai maggiorenti del paese, tra il quattordicesimo ed il quindicesimo secolo.

Oggi la Quintana , da secoli, non si svolge più a Negrar, ma l’atmosfera epica e le storie di questi giovani cavalieri continuano ad affascinare gli abitanti, ricordando un passato in cui il coraggio e la destrezza erano onorati in tutta la Valpolicella.

Indirizzo

Via Roma
Negrar
37024

Telefono

+393471422505

Sito Web

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