Kendo Concept Naples - 剣道 コンセプト ナポリ

Kendo Concept Naples - 剣道 コンセプト ナポリ Girl Analogamente, chi colpisce deve essere mosso non dall’aggressività o dal voler sopraffare, ma dalla generosità di poter insegnare al proprio avversario.
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Identikit del Kendo
Il Kendo, o kendō, è una moderna arte marziale giapponese basata sul combattimento tradizionale dei samurai con la spada, detto kenjutsu. Il nome di questa disciplina è formato dal termine ken, che significa “spada”, e da do, ovvero “cammino”, “via”: questa “Via della Spada” è un’arte marziale che combina un’intensa attività fisica a forti valori formativi e di conoscenza di sé

, nel costante tentativo di migliorarsi e di dominare la propria emotività. Secondo la filosofia del Kendo bisogna essere riconoscenti all’avversario che è riuscito a mettere a segno un colpo, perché in questo modo ci ha rivelato i nostri punti deboli: conoscere i propri limiti è indispensabile per imparare e perfezionarsi. I praticanti del Kendo sono detti kendōka, ma talvolta anche kenshi (che significa semplicemente “spadaccino”). Principi del Kendo
Per comprendere i principi sul quale si basa il Kendo è molto utile esaminare “The Concept and Purpose of Kendo” (ovvero “Il Concetto e lo Scopo del Kendo”), una sorta di decalogo redatto nel 1975 dalla AJKF (All Japan Kendo Federation). Il concetto chiave di questa arte marziale è espresso come: “Il Kendo è una via per disciplinare il carattere dell’uomo attraverso l’applicazione dei principi della katana (spada)”. Gli scopi del Kendo sono invece rappresentati da:

Modellare la mente e il corpo,
Coltivare uno spirito vigoroso,
Ed attraverso un allenamento corretto e rigido,
Impegnarsi nel miglioramento dell’arte del Kendo,
Mantenendo come obiettivo la cortesia e l’onore fra gli uomini,
L’approcciarsi agli altri con sincerità,
E perseguire sempre l’eterna cura di sé stessi. Ciò renderà la persona in grado di:
Amare la propria patria e la società in cui vive,
Contribuire allo sviluppo della cultura,
E promuovere la pace e la prosperità fra tutti i popoli. Nonostante quindi il Kendo possa apparire come un metodo di combattimento molto duro e aggressivo, in realtà il suo fine ultimo non è la sopraffazione e la sconfitta dell’avversario, ma la costante ricerca del miglioramento di sé stessi. Per apprendere al meglio l’arte del Kendo sono di fondamentale importanza alcuni concetti del buddismo zen come, ad esempio, il Fudōshin (“mente impassibile”), secondo il quale il praticante non deve in alcun modo essere distratto da sentimenti come paura, rabbia, dubbio o sorpresa in conseguenza delle azioni del proprio avversario. Questi quattro sentimenti, definiti come shikai (ovvero “I quattro mali del Kendo”), sono ciò che allontana dalla perfezione e non devono trovare posto nella mente del kendōka. Storia del Kendo
In Giappone, sin dall’epoca dei samurai, il combattimento con la spada, il tiro con l’arco e le tecniche di equitazione rappresentavano gli obiettivi principali della formazione militare. Soprattutto durante il periodo Kamukara, fra la fine del Dodicesimo e la metà del Quattordicesimo secolo, l’arte del combattimento con la spada visse una fase di enorme perfezionamento sotto la forte influenza del buddismo zen. Fare proprio il concetto secondo il quale la distinzione fra la vita e la morte è illusoria permetteva al samurai di guardare con distacco la propria sorte sul campo di battaglia. Il non temere la propria morte fisica era considerato il presupposto fondamentale per la vittoria in duello. I praticanti dell’arte della spada fondarono numerose scuole di Kenjutsu, ovvero l’antenato dell’odierno Kendo, che costituirono la base della moderna arte marziale. I nomi delle antiche scuole riflettevano l’essenza dei principi dei loro fondatori, e la profondità delle loro intuizioni. Ad esempio la scuola Mutō-ryu (“Scuola senza spada”) si basa sul principio che “Non esiste alcuna spada al di fuori della mente”, mentre la Munen Musō-ryū (“Nessuna intenzione, nessun preconcetto”) esprime il fatto che l’essenza del combattimento trascende il pensiero razionale. La scuola Ittō-ryū (“Scuola della singola spada”) si basa invece sulla convinzione che tutti i possibili tagli della spada sono contenuti e provengono da un solo, essenziale ed originario taglio. Intorno agli inizi del 1700 venne introdotto l’utilizzo di spade in bambù (dette shinai) e particolari armature (bōgu) da utilizzare durante l’addestramento. Questo passaggio viene da molti ritenuto come il fondamento del Kendo moderno, perché consentiva ai praticanti di esercitarsi nelle tecniche di combattimento senza il rischio di ferirsi. Fu solo nel 1820 che la Dai Nippon Butoku Kai (DNBK), un’istituzione fondata in Giappone nel 1895 allo scopo di promuovere standardizzare le arti marziali, cambiò il nome da gekiken (un termine generico che significa “spada che colpisce”) a kendō. Questa arte marziale visse un momento molto difficile dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando nel 1946 le autorità occupanti la misero al bando insieme alle arte forme di combattimento tradizionali. L’insegnamento e la pratica del Kendo vennero riammessi nel 1950, prima sotto forma di shinai kyōgi (ovvero semplici “gare di shinai” con la spada da allenamento in legno) e poi, nel 1952, di nuovo e definitivamente come Kendo. Nel 1970 venne fondata la Federazione Internazionale di Kendo (FIK; International Kendo Federation). L’organizzazione di promozione e diffusione del Kendo organizza, ogni tre anni, i campionati mondiali; il primo si tenne proprio nel 1970 mentre la XV edizione si svolgerà a Novara nel 2012. Pratica del Kendo
L’allenamento e la pratica avvengono solitamente a piedi nudi, su un pavimento in legno. Il Kendo può apparire alquanto “rumoroso”, specie se confrontato con altre arti marziali: questo accade perche i praticanti si allenano nell’utilizzo del kiai, un urlo che rappresenta l’essenza del combattimento. Il kiai tuttavia non è una semplice manifestazione esteriore, ma un modo per convogliare l’energia attraverso il diaframma. Mentre si eseguono le tecniche vengono utilizzate anche particolari mosse, dette fumikomi-ashi, che sostanzialmente consistono in una forte pedata al terreno compiuta con il piede anteriore. La maggior parte delle tecniche insegnate è rappresentata da colpi di taglio e affondi. I colpi vengono indirizzati esclusivamente a particolari aree “target” (datotsu-bui) ovvero polsi, testa e corpo dell’avversario, tutti debitamente protetti dall’armatura. Gli affondi possono essere diretti esclusivamente alla gola (tsuki); tuttavia, dal momento che un affondo eseguito in modo approssimativo può causare seri danni all’avversario, sia nella pratica libera che nelle competizioni queste tecniche sono riservate esclusivamente ai kendōka esperti (che hanno raggiunto i gradi dan, ovvero l’equivalente della cintura nera). Tecniche del Kendo
Si basa su una serie di esercizi in sequenza codificata, detti kata, che vennero ideati secoli fa per l’insegnamento delle tecniche ai guerrieri; questi esercizi, sebbene modificati col passare del tempo, costituiscono tuttora la base della pratica. Esistono dieci kata, detti nihon kendō kata, eseguiti con la spada, che includono tecniche fondamentali dell’attacco e del contrattacco. Dato che queste tecniche sono rigidamente codificate, talvolta è ammesso l’utilizzo di vere spade in metallo, affilate o non. Nei kata dal primo al settimo entrambi i partner utilizzano un bokutō (bastone) lungo circa un metro, mentre dall’ottavo al decimo uno utilizza il bastone descritto prima, l’altro un bastone di circa 55 centimetri. Durante la pratica del kata, a turno i due partner assumono i ruoli di “insegnante” (uchidachi) ed “allievo” (shidachi). In ogni kata il primo inizia l’attacco (ed è destinato a perdere, dal momento che il suo ruolo è didattico) mentre il secondo esegue la tecnica. Non appena il praticante raggiunge un certo grado di esperienza, negli allenamenti possono essere introdotte le seguenti tecniche:

Kakari-geiko
allenamento
di breve durata, ma molto intenso, dove vengono messe in pratica tecniche di attacco che sviluppano la prontezza di riflessi, la capacità di reazione e la resistenza;
Waza-geiko
combattimento a coppie per imparare e perfezionare gli aspetti tecnici;
Kiri-kaeshi
colpire in successione il lato sinistro e destro dell’elmo, allenando la precisione e la tecnica;
Ji-geiko
tecniche nel vuoto dove il kendōka si allena nell’applicazione di quanto appreso durante il combattimento a coppie;
Gokaku-geiko
pratica fra due kendōka che hanno lo stesso livello di preparazione;
Hikitate-geiko
un kendōka esperto insegna a un altro con meno esperienza;
Shiai-geiko
pratica di gara. Uniforme ed equipaggiamento del Kendo
Durante gli allenamenti e i combattimenti i praticanti indossano un particolare abbigliamento tradizionale giapponese costituito da una giacca (keikogi o kendogi) e da una sorta di ampi pantaloni (hakama). Attorno alla testa viene avvolto un asciugamano di cotone (tenugui) allo scopo di assorbire il sudore e indossare confortevolmente l’elmo. Sopra questi abiti si porta l’armatura protettiva (bōgu). L’equipaggiamento è costituito da:

elmo protettivo (men)
che protegge testa e spalle, dotato di una visiera metallica (men-gane) a protezione del viso e di elementi in cuoio o tessuto imbottito a protezione delle spalle (men-dare) e della gola (tsuki-dare);
corpetto
pettorale rigido (dō);
protezione per l’inguine e i fianchi
formata da spesse strisce di tessuto (tare);
guanti
lunghi, rinforzati e imbottiti a protezione di mani, polsi e avambracci (kote);
Il kendōka utilizza una lunga spada di bambù (shinai) o, in alcuni casi, due spade corte. Lo shinai rappresenta l’equivalente “da allenamento” della tradizionale spada giapponese, la katana, ed è costituito da quattro stecche di bambù legate insieme da strisce di cuoio e montate su un ma**co di pelle. Esistono shinai anche più moderni e leggeri, fatti con stecche in fibra di carbonio rinforzate. Nella pratica del kata vengono impiegate anche vere e proprie spade di legno (bokutō). Competizioni nel Kendo
Nelle competizioni (dette tai-kai) vengono assegnati punteggi (yūkō-datotsu) ogni qualvolta l’atleta porta a segno un colpo o un affondo con una tecnica ben eseguita e mantenendo una postura corretta; dopo l’esecuzione della tecnica l’atleta deve inoltre mantenere lo zanshin, ovvero uno stato mentale di allerta. Questo atteggiamento permette al kendōka di essere suito pronto a mettere a segno una nuova tecnica. I punti del corpo validi per l’assegnazione dei punteggi (datotsu-bu) sono rappresentati da:

Men-bu
i lati o la sommità dell’elmo;
Kote-bu
la parte esterna, imbottita, dei guanti;
Do-bu
la parte laterale dell’armatura che protegge il torace;
Tsuki-bu
la gola
Per essere validi i punti devono essere portati con la punta oppure con l’estremità finale (un terzo circa della lunghezza) del taglio della lama. Per distinguere gli avversari fra loro, uno di loro indossa al centro della schiena un nastro bianco, l’altro uno rosso. Durante le gare sono presenti solitamente tre arbitri (shinpan), ciascuno dotato di una bandiera rossa e di una bianca. Per assegnare il punto, l’arbitro alza la bandiera corrispondente al colore del contendente: se almeno due arbitri sono concordi nel parere, il punteggio viene assegnato. Le competizioni solitamente prevedono l’assegnazione di tre punti complessivi: il primo contendente che ne segna due vince, e l’incontro termina. Se il tempo limite previsto viene superato ed è stato realizzato solo un punto, vince il kendōka che l’ha segnato. In caso di parità, esistono diverse opzioni: il match può finire con un pari, continuare finché non viene segnato un punto oppure la vittoria può essere assegnata dagli arbitri (a maggioranza). Gradi del Kendo
Analogamente alle altre arti marziali, l’avanzamento tecnico del kendōka è misurato dal suo grado. Il sistema è basato sui gradi inferiori o kyū che vanno diminuendo dal sesto al primo; successivamente i livelli sono indicati dai dan, che vanno dal primo in su (in teoria sino al decimo, anche se tecnicamente il massimo raggiungibile è l’ottavo dan). Una peculiarità del Kendo è che i praticanti non indossano cinture colorate ad attestare il grado raggiunto: tutti, dal principiante al maestro, indossano la medesima uniforme. Per consentire il passaggio di grado una commissione giudica il kendōka attraverso una dimostrazione di quanto ha appreso (jitsugi), l’esecuzione delle sequenze di tecniche codificate (nihon kendō kata) ed un esame scritto.

Indirizzo

Via Terracina, 429
Naples
80126

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