I Capolavori dello stile Liberty e Floreale a Napoli, villa Maria ex Hotel Eden - Storia Napoletana
Napoli è sicuramente la città del Meridione d'Italia ad avere il patrimonio architettonico liberty e floreale di maggior pregio.
Dalle architetture coraggiose e spettacolari del Castello Aselmeyer e Villa Ebe, fino al gusto raffinatissimo di via Palizzi e del capolavoro floreale della Palazzina Russo Ermolli opera di Stanislao Sorrentino, Napoli offre tra il Vomero e il Rione Amedeo a Chiaia un esclusivo ed indimenticabile colpo d'occhio.
In questo crogiuolo si colloca il capolavoro di Piazza Amedeo, Villa Maria l'ex Hotel Eden opera dell'architetto Trevisan che grazie al recente restauro è tornata ai fasti del passato.
storico: Ruggero M. Savarese
Noi delle Edizioni Savarese abbiamo editato sull'argomento:
Villa Maria - La dimora Liberty di una famiglia d'imprenditori francesi a Napoli - Il restauro, Napoli, Edizioni Savarese, 2010.
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Il Gran Premio di Napoli e la vittoria di Tazio Nuvolari del 1934 su Maserati 6C34 Storia Napoletana
In pochi sanno che un tempo a Napoli come oggi a Montecarlo si svolgeva un emozionante gran premio automobilistico. Tra il 1933 e il 1962, tra le strade del circuito cittadino di Posillipo, sfrecciavano i bolidi di piloti leggendari del calibro di Tazio Nuvolari, Farina e Ascari.
Il percorso della loro gara si dipanava dal Parco Virgiliano e lungo via Tito Lucrezio Caro, raggiungendo Marechiaro e via Boccaccio, per circa quattro chilometri tra i panorami più suggestivi della città.
In origine era chiamata "Coppa Principessa del Piemonte", in onore della moglie di Umberto di Savoia, Maria José. Prima della seconda guerra mondiale, la Coppa si disputò nel 1933, 1934, 1937, 1938 e 1939. In particolare in questo video vediamo la vittoria di Tazio Nuvolari nel 1934 alla guida dell’autovettura monoposto da competizione 6C 34 Maserati. Nel dopoguerra le competizioni ripresero nel 1948 e fu cambiato il nome in “Gran Premio di Napoli”. Le prime vetture che presero parte partecipavano al campionato di Formula 2. Seguirono, dal 1954, competizioni di sport prototipi e vetture di Formula 1. L'ultima edizione fu disputata nel 1962.
storico - Ruggero M. Savarese
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Il gatto mammone è il nome dato a una specie di scimmia non ben identificata, forse una sorta di bertuccia. Si tratta di una delle tante leggende e superstizioni che hanno animato la cultura Napoletana e Meridionale per secoli e che oggi sono in rapido deterioramento, non avendo avuto la fortuna e la popolarità dei più noti #munaciello #janare o #bellambriana che sono stai inglobati dal folklore moderno.
L'animale compare in testi antichi: «In questo luogo videro un nuovo animale quasi mostruoso, peré che haveva il corpo e il muso di volpe, e la groppa e li piedi drieto di gatto mammone, e quelli davanti quasi come la mano del huomo.» (Pietro Martire d'Anghiera) Nel mondo delle fiabe il gatto mammone è invece un mostro immaginario della tradizione popolare, con forma di un enorme gatto dall'aspetto terrificante. Il suo nome deriva dall'incontro del termine gatto (animale nel Medioevo associato al diavolo) con un'altra parola come maimūn (che in arabo significa «scimmia. #leggende #leggendemetropolitane #leggendenapoletane #gattomammone #napolidascoprire #napolidavivere #pilloledistorianapoletana
Il Muro Finanziere e la lotta al Contrabbando in epoca Borbonica: Pillole di Storia Napoletana
Il Muro Finanziere fu opera faraonica, lunga ben 20 chilometri con trenta postazioni di guardia e dodici palazzi di dogana fu in assoluto la cinta muraria più vasta della città di Napoli ed oltre ad essere l’ultima, fu anche la più inutile. I napoletani maestri nell’arte del contrabbando trovarono subito numerosi varchi nella struttura e passando per mare da Posillipo con i contrabbandieri antesignani degli scafi blu oppure di notte tra un posto di guardia e l’altro, oppure ancora più semplicemente approfittando della corruzione dilagante, il muro si rivelò immediatamente un colabrodo.
Progettata ed edificata sotto il Regno di Francesco I di Borbone per volere del ministro Luigi de Medici di Ottajano, per richiesta del direttore generale dell’agenzia dei dazi Giuseppe de Turris e grazie alla mano esperta dell’Architetto Stefano Grasse già conosciuto per Palazzo San Giacomo e la Loggetta a Mare costruita sull’isolotto di San Leonardo e che noi conosciamo come Rotonda Diaz.
Costruita per arginare il contrabbando fu un fiasco totale, partiva dal Ponte della Maddalena e dopo aver costeggiato il Bosco di Capodimonte e dopo essersi inerpicato fino alla zona di Cappella dei Cangiani, scendeva giù attraverso il Vomero, Antignano e le Case Puntellate per raggiungere Posillipo e chiudersi nel mare di Mergellina nella zona dell’attuale Largo Sermoneta.
Interessante la targa ancora oggi visibile nel Borgo di Antignano al Vomero “QVI SI PAGA PER GLI REGJ CENSALI” ultima vestigia del muro nella zona collinare.
Gli uffici di dogana avevano l’aspetto di templi, progettati da Stefano Gasse per dare al muro finanziere un tocco di eleganza e di monumentalità, l’unico oggi ben conservato è Il dazio di Capodichino in piazza Giuseppe di Vittorio.
Il Dazio dei Granili di San Giovanni a Teduccio anch’esso sopravvissuto i secoli versa invece in stadio di totale abbandono.
storico: Ruggero M. Savarese
La Storia del Villaggio Vomero e la riqualificazione urbana di via Belvedere e Calata San Francesco - Pillole di Storia Napoletana
Il Villaggio Vomero era anticamente la zona compresa tra Via Belvedere, Vico Acitillo e Calata San Francesco, ben distinto dal borgo di Antignano che e solo con la rivoluzione edilizia di fine 800 e inizio 900 è stato inglobato nella struttura cittadina.
La storia del #vomero e di via Belvedere inizia oltre duemila anni fa, è uno dei pochi tratti sopravvissuti della antica via "Puteolim Neapolis per Colles", una antica strada Romana che collegava Pozzuoli all’attuale centro storico di Napoli. A via Belvedere è tra l’altro legato un evento di grande importanza per la storia di Napoli, nella masseria Pagliarone è scoppiata la miccia della Quattro Giornate di Napoli.
Un antico retaggio del Villaggio Vomero prima dell’inglobamento nella città di Napoli è ancora visibile nel tratto iniziale di Calata San Francesco scendendo da Via Aniello Falcone, dove resta una targa sbiadita dal tempo con su critto: “SEZIONE AVVOCATA – VILLAGGIO VOMERO”
Sull’origine del nome Vomero ci sono numerose teorie, la più accreditata e pittoresca è sicuramente quella che lega il nome Vomero al gioco contadino del Vomere, una sfida tra contadini a chi fosse il più bravo a tracciare un solco con l’aratro a cui era aggiogato un bue.
Negli ultimi anni, dopo decenni di incuria la zona di via Belvedere e Calata San Francesco è tornata in auge grazie al lavoro e alle intuizioni di volontari civici come Fabio Procaccin e l’artista Ruben D'Agostino che con le loro installazioni e le loro opere di pulizia stanno ridando lustro e decoro a questo angolo antico di Napoli.
storico Ruggero M. Savarese
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La Battaglia Navale del Golfo di Napoli del 1284 di Ruggiero di Lauria: Pillole di Storia Napoletana
La Battaglia del golfo di Napoli del 5 giugno 1284, combattuta tra i siculo aragonesi guidati dall’ammiraglio Ruggiero di Lauria e gli angioino napoletani comandati dal principe ed erede al trono Carlo II d’Angiò detto “lo zoppo”, fu la seconda battaglia navale vinta dai siciliani durante le Guerre del Vespro, scoppiate nel 1282 con il massacro dei francesi a Palermo e l’acclamazione a Re di Sicilia per Pietro d’Aragona che aveva sposato Costanza, figlia di Re Manfredi e che nelle sue vene aveva il sangue di Federico II e Ruggero il Normanno.
I siciliani avevano già sconfitto Carlo d’Angiò nelle acque di Malta e alla loro guida c’era sempre Ruggiero di Lauria.
Ruggiero era un nobil’uomo meridionale, la cui famiglia fortemente legata a quella di Re Manfredi possedeva numerose terre sulla costa tra Basilicata, Campania e Calabria. Prese subito le parti degli insorti anti francesi e venne nominato ammiraglio. In tutta la sua lunga carriera non fu mai sconfitto.
Nel 1284 a soli 34 anni guidò la flotta siciliana nel golfo di Napoli e ordì una ingegnosa trappola.
Approfittando dell’assenza di re Carlo I che aveva lasciato la reggenza della città al principe ereditario Carlo II, Ruggiero si mise a saccheggiare le coste della Campania sbarcando finanche a Posillipo, il Re aveva dato a suo figlio ordini ben precisi di non accettar battaglia fino al suo ritorno con i rinforzi. Ma il Principe avventato nei suoi 30 anni e forte di ben 30 galee decise di lasciare la sicurezza del porto fortificato di Napoli per inseguire i siciliani che scapparono con tutta fretta verso Castellammare.
Qui Ruggiero aveva lasciato una squadra di galee di riserva che accerchiarono la flotta napoletana decretandone l’annientamento.
La rotta fu così epocale che anche l’erede al trono venne catturato e deportato prima a Palermo dove rischiò di essere lapidato dalla popolazione e poi in Spagna.
Carlo d’Angiò morì pochi mesi dopo e suo figlio gli successe al trono di
I fratelli Lumière a Napoli - Pillole di Storia Napoletana
Pochi sanno che i fratelli Auguste e Louis Lumière solo un anno dopo il brevetto del loro cinematografo vennero a girare a Napoli, unica città italiana, alcuni dei loro film.
Risale al 12 marzo 1896 il breve film "Naples. Levée de filets de pêche -(Napoli. Ritiro delle reti da pesca) che ritrae un folto gruppo di pescatori napoletani ritirare le reti da pesca in quella che oggi è Rotonda Diaz sul Lungomare di #Mergellina.
La Storia di Napoli non smette mai di stupirci.
storico - Ruggero M. Savarese
Video: Archivio Lumiere - Levée de filets de pêche (1896)
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La Rotonda Armando Diaz, la Loggetta a Mare e l'Isolotto di San Leonardo
Conoscete la storia della Rotonda Diaz e dell'Isolotto di San Leonardo?
In questa Pillola di Storia Napoletana scopriremo come un piccolo isolotto del Golfo di Napoli sia stato inglobato nella attuale via Caracciolo.
Ebbene prima dell'attuale sistemazione del litorale di Chiaja, a poche decine di metri dalla costa si ergeva dalle acque un piccolo e basso isolotto, su cui sorgevano un piccolo borgo con una piccola chiesa, una spiaggia, un convento, taverne, ormeggi dei pescatori e qualche abitazione popolare. Il borghetto fu fondato nel 1028 ad opera di Leonardo d’Orio, un nobile castigliano che vi fece costruire una chiesa ex voto. Scampato a una tempesta, promise di edificare un luogo di preghiera dedicato al santo del quale portava il nome.
L'isolotto frequentato da gente di ogni ceto, finì col diventare un luogo malfamato, pieno di taverne come la "Florio" descritta da Salvatore di Giacomo.
Ormai fuori controllo e in mano alla delinquenza e al contrabbando, l'isolotto fu spianato per volontà di Ferdinando IV di Borbone, che ne ordinò il risanamento ed il collegamento con l'appena costruita villa Reale.
La nuova propaggine opera dell'architetto Stefano Grasse venne chiamata "Loggetta a Mare", nome che mantenne fino al maggio 1936, quando alla presenza delle più alte cariche dello stato venne inaugurato il grande monumento equestre, opera dello scultore Francesco Nagni, dedicato all'eroe napoletano della Prima Guerra Mondiale Armando Diaz.
Il video include parti del Cinegiornale: Archivio Istituto Luce - Giornale Luce B0895 del 03/06/1936
storico - Ruggero M. Savarese
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Frankenstein è nato a Napoli - Pillole di Storia Napoletana
Sapevate che il celebre dottor Frankenstein, il creatore dell'omonimo mostro è nato a Napoli?
Ebbene pochi sanno che il Dottor Viktor #frankenstein, creato dalla fulgida penna di Mary Shelley è nato proprio a Napoli e precisamente alla Riviera di Chiaja.
L’autrice visitò Napoli agli inizi del 1800 e rimase profondamente colpita dalla sua bellezza e dal clima paradisiaco, ma soprattutto dai misteri, dall’esoterismo e dalla magia che si respira in ogni vicolo della città. Così, la nostra terra ritorna anche nel terzo romanzo della scrittrice inglese “L’ultimo uomo”. Il racconto ha come preludio due studiosi che, visitando l’antro della Sibilla Cumana.
Nel libro, Victor Frankenstein nasce sulla settecentesca Riviera di Chiaia a Napoli, figlio di Alfonso, un influente uomo politico svizzero ginevrino, appartenente a una ricca e antica casata nobiliare, e di Caroline Beaufort, a sua volta figlia di un vecchio amico di Alfonso, un tempo ricco uomo d'affari poi caduto in disgrazia e morto in solitudine.
All’epoca non era insolita la presenza di ricchi uomini d’affare svizzeri in terra partenopea, prosperavano a Napoli infatti i Meuricoffre, banchieri attivi a Napoli già dalla fine del 700 così potenti e ricchi da ospitare Mozart durante il suo soggiorno napoletano e gli Hauser attivi nel ramo dell’ospitalità. Questi ultimi erano proprietari degli hotel Parker, Britannique, e Bristol sull’attuale Corso Vittorio Emanuele, del Grand Hotel Eden oggi Villa Maria a Piazza Amedeo sul quale Edizioni Savarese ha editato una monografia, ed infine possedevano il più bello tra gli alberghi della città, il Grand Hotel di Mergellina, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, al cui posto sorge oggi il Consolato Americano.
Oltre agli svizzeri, Napoli grazie alla abbondante mano d’opera, alla bassa pressione fiscale e alla politica protezionistica sui dazi, attirava ovviamente imprenditori da ogni parte d’Europa, famosi gli anglo-napoletani Winspeare
Pillole di Storia Napoletana - La donna barbuta di José de Ribera
Josè de Ribera, nato Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, fu a Napoli uno dei principali interpreti del Caravaggismo e del Tenebrismo, corrente della pittura barocca che si caratterizzava da una esasperata rappresentazione della realtà, violenta e brutale, accentuata da particolari epidermici, anatomici e psichici nei personaggi raffigurati.
Già molto famoso e stimato dopo un soggiorno romano, raggiunse Napoli nel 1616 dove fu ospitato dal pittore palermitano Giovanni Bernardino Azzolino, di carattere focoso e ardito nonostante la bassissima statura il de Ribera in soli tre mesi ne concupisce la figlia sedicenne da cui avrà poi ben sei figli.
Pittore di fiducia del viceré di Napoli, Pedro Téllez-Girón, III duca di Osuna resterà in ottimi contatti con la corte anche del suo successore Fernando Afán de Ribera, duca di Alcalá, che gli commissionò il famoso dipinto della donna barbuta, Maddalena Ventura con il marito e il figlio (La mujer barbuda Magdalena Ventura con su marido) conservato oggi al Museo del Prado.
Della sua bizzarra storia sappiamo molto, si chiamava Maddalena Ventura ed era originaria di Accumoli; durante una gravidanza, dopo che aveva già dato al marito Felice tre figli, all'età di 37 anni cominciò a sviluppare una folta barba e a 52 anni, nel 1631, si trasferì a Napoli chiamata dal viceré, dove fu oggetto di curiosità come "grande miracolo della natura", denominazione antesignana dei Freak show tardo ottocenteschi.
Il dipinto raffigura una donna con il volto coperto da una folta barba e di corporatura massiccia, intenta ad allattare al seno il figlio, mentre il marito la accompagna in secondo piano.
Lo spagnoletto continuerà tutta la sua carriera pittorica a Napoli al servizio della corte spagnola, vivendo nello sfarzo e negli svaghi, tanto da dover temere per la propria vita durante la rivoluzione di Masaniello del 1647. Morì nel 1652 e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina.
Grande è il suo contributo
Pillole di Storia Napoletana - il Caravaggio Napoletano
Michelangelo Merisi da Caravaggio è stato uno dei più illustri esponenti dell’arte mondiale, ed il suo nome è legato a Napoli che nel primo Seicento nonostante avesse perso la propria indipendenza divenendo parte del Viceregno spagnolo continuava a rappresentare un faro culturale ed una Capitale Europea e Mediterranea.
Caravaggio arrivò a Napoli in fuga, dopo una vita di risse e violenze molto spesso graziate per la sua illustre fama di pittore venne condannato alla decapitazione in seguito all’omicidio in Campo Marzio, la notte del 28 maggio 1606 di Ranuccio Tomassoni, delinquente abituale che era già stato in contrasto col Caravaggio per l’amore di Fillide Melandroni, una cortigiana romana che spessò posò come modella per il pittore.
Ossessionato dall’idea di essere decapitato, grazie alle numerose aderenze nella aristocrazia riuscì a raggiungere Napoli nel 1606 ospite della famiglia Colonna a Palazzo Cellammare qui realizzò una prima versione della Flagellazione di Cristo (1607), conservata presso il Musée des Beaux-Arts di Rouen; la Salomè con la testa del Battista (1607), alla National Gallery di Londra; la prima versione di Davide con la testa di Golia (1607), al Kunsthistorisches Museum di Vienna e la Madonna del Rosario (1606-1607), anch'essa conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
A Napoli sono rimaste le Sette opere di Misericordia (1606-1607) conservate presso il Pio Monte della Misericordia e la Flagellazione di Cristo, che fu eseguito tra il 1607 e il 1608 per la basilica di San Domenico Maggiore e venne successivamente spostato al museo di Capodimonte.
Nel 1607 Caravaggio partì per Malta, sempre per intercessione dei Colonna per provare divenendo Cavaliere a sfuggire alla pena capitale, ma tuttavia anche sull’isola fu coinvolto in risse e tafferugli e dovette fuggire dapprima in Sicilia e poi nuovamente a Napoli nell’estate del 1609.
Qui venne gravemente ferito e sfregiato all’uscita della malfamata e famosissima ta
Pillole di Storia Napoletana - Napoli perde l'indipendenza e inizia il Viceregno Spagnolo
Nell'anno 1500 siede sul trono di Napoli il debole Federico I d'Aragona, figlio minore di Ferrante e fratello di Alfonso, ascende al trono succedendo al nipote Ferrandino della cui morte era sospettato.
Nel frattempo a Granada Ferdinando il Cattolico di Spagna e Luigi XII di Francia con l'avallo del Papa Borgia, firmano un trattato segreto per la spartizione del Regno di Napoli.
Dichiarato decaduto dal Papa e senza più speranze di difesa militare re Federico tuttavia il 25 giugno 1501 abdica in favore del re di Francia e lascia Napoli nel settembre successivo dichiarando per sempre chiusa l'esperienza del ramo napoletano degli Aragona.
Nel frattempo infuria la guerra tra gli ex alleati ormai in lotta per il predominio totale e la Francia viene ripetutamente battuta dal generale spagnolo Gonzalo Fernández de Córdoba. I meridionali ormai ridotti a mercenari nelle file dei due eserciti si distinsero guidati da Ettore Fieramosca nella famosa Disfida di Barletta.
Con la cacciata definitiva dei Francesi iniziano gli oltre due secoli del Viceregno spagnolo che avrà termine solo con la calata in Italia di Carlo di Borbone.
storico - Ruggero M. Savarese
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