26/01/2025
IL RACCONTO - L'ANGELO CADUTO DI FEERILANDIA di ROBERTA DE TOMI
In- Format ha una nuova ed importante collaborazione. A partire da questa settimana il nostro giornale avrà la possibilità di potere pubblicare brevi testi di Roberta De Tomi, una giovane e sempre più apprezzata scrittrice. Nata e cresciuta in provincia di Modena , laureata al Dams di Bologna, ha all'attivo diverse pubblicazioni come il manuale "Come sedurre le donne" (2014,HOW2 Edizioni, tra i bestseller), i romanzi "Magnitudo apparente", il chich-list "Chich Girl - Azalee per Viridiana" fino ad arrivare "L'Angelo caduta di Feerilandia" (Saga edizioni) di cui pubblichiamo un breve stralcio del primo capitolo e un breve estratto del terzo.(T.T.)
L'ANGELO CADUTO DI FEERILANDIA di ROBERTA DE TOMI
Dal Capitolo 1
S’incamminò sul sentiero lastricato, senza mai volgere lo sguardo indietro, come Orfeo. Se lo avesse fatto, avrebbe coinvolto l’amica in una discesa negli inferi. Uscita dal parco, Dana intravide una figura nascosta dietro a un lampione. Per un attimo si sentì mancare il respiro. Chiuse gli occhi, li riaprì poco dopo. Non c’era più nessuno, ma accanto a lei avvertiva una presenza. La solita che si palesava quando era da sola.
Si soffermò sui pietrini del marciapiede. Erano rotti in alcuni punti. Rotti, come lei, dentro. Avrebbe voluto chiamare Vanessa, rivelarle tutto quello che sentiva. Paura, anzi, no, terrore. E la sensazione che la sua vita sarebbe cessata con la stessa velocità con cui cessava un soffio di vento. Qualcosa si mosse alle spalle. Con la coda dell’occhio notò un’ombra celata dalla colonna del portico.Si affrettò sulla strada di casa: svoltò a destra, sulla via Degli Angeli. Passò accanto al forno che portava lo stesso nome. Si fermò davanti all’insegna spenta, giunse le mani, fissandola per alcuni secondi. Un fruscio alla sua sinistra, la fece trasalire. Seguì il miagolio di un certosino con grandi occhi azzurri. Si strusciò contro le sue gambe, facendo fusa gongolanti.
Dana lo prese in braccio e lo accarezzò sulla testolina. I gatti proteggevano dalle negatività: lo diceva sempre Vanessa. Dana non aveva mai dato retta all’amica, ma doveva ammettere che in quel momento le sembrava di essere circondata da una barriera di energia, come nei Cavalieri dello Zodiaco. Di nuovo, un’ombra si mosse da dietro un cassonetto dei rifiuti. Il manto nero si rizzò, il corpicino si irrigidì. Dalla bocca uscì un soffio gorgogliante. Dana appoggiò a terra la bestiola.
La vide contrarsi, mentre l’ombra si spostava, continuando a soffiare fuori dai denti la sua irritazione. Il cassonetto si rovesciò, alcuni sacchi neri rotolarono sulla via. La barriera rassicurante si infranse, Dana si allarmò al rumore che sentì alle spalle, insieme a un borbottio. Guardò dritto davanti a sé e si diede la spinta per correre fino a casa, senza mai voltarsi. Come Orfeo. Giunta all’incrocio, il soffio di un altro gatto lacerò il silenzio. Il pensiero corse al certosino. Si fermò, dilaniata dalla preoccupazione. Si voltò, e allora lo vide, a pochi metri da lei. Le passò accanto, si leccò una zampina, infine sparì all’angolo. Dana si accorse della sottile scia di sangue sul marciapiede. Sparì nell’attimo in cui si chinò per guardarla
CAPITOLO 3
Vanessa non volle pensare allo spiacevole incontro avuto con la sua amica d’infanzia. Le sue reazioni fredde, al limite del gelo, erano state stoccate al cuore. Voleva la sua Dana di nuovo vicino, non quella che credeva essere una sostituta fatata. Voleva stringere la mano a quella con cui usciva e scherzava, senza pudore.
L’amica che la sgridava per i furtarelli o che le spiegava che cosa era giusto e cosa sbagliato. In quel momento poteva ritrovarla soltanto in una Polaroid scattata il giorno del sedicesimo compleanno di Dana. Erano lei, la bella bruna e la bionda pianista, abbracciate e radiose, davanti a una torta di panna e crema Chantilly. Si strinse i gomiti e guardò di nuovo l’orologio: le ventuno e venti.
Un fruscio la distolse dal quadrante. L’immagine si era afflosciata come una torta non lievitata. Forse lo scotch non tiene più, pensò, alzandosi pigramente per staccare il rinforzo dal rotolo. Mentre sistemava la foto, le dita toccarono la superficie lucida e, stranamente, umida. Esaminò i polpastrelli alla luce dell’abat-jure e, allora, vide il sangue colare sulla pelle scura. Con orrore osservò lo squarcio aperto all’altezza del ventre di Dana. Vanessa pensò di essere stata scaraventata in un’allucinazione di Stephen King.
Il sangue smise di sgorgare, lei contemplò le dita, pulite. Dentro di lei regnarono il caos e l’incredulità. Forse la stanchezza le aveva fatto un brutto scherzo. Era da giorni che stava alzata fino a tardi su testi dedicati al folklore fatato o su romanzi fantasy che nessuno leggeva più. A volte scriveva testi rap. Fissò gli angoli della foto alla testiera, cercando di mettere ordine dentro se stessa. Dana le sorrideva nella semioscurità.
Si posò contro la parete. Un raggio di luna illuminò la guancia tornita. Chiuse gli occhi, cercando di cancellare la sensazione di morte che ammorbava la stanza. Avrebbe voluto che lo squillo dello smartphone rompesse l’atmosfera lugubre del momento. Avrebbe voluto sentire la voce di Matt, le sue battute irriverenti. Ancora di più, avrebbe voluto sentire quella di Dana. Ma tutto taceva