24/03/2021
La società della performance da una parta con il suo “potenzia te stesso al fine di diventare creatore di mercato” e Peter Handke dall’altro con il “io vivo di ciò di cui gli altri ignorano di me.”. Viviamo in tempi in cui l’esposizione della carne della nostra anima al pubblico ludibrio è diventato l’unico modo di fare soldi diventando famosi. Riscopriamo la sanità mentale del distinguere il privato dal pubblico. Saremo talvolta abitanti della nostra interiorità e in separata sede anche cittadini.
Quella in cui viviamo è la società della performance, in cui ogni persona è costretta ad avere un’immagine pubblica, inautentica, che deve costruire e potenziare e che potrebbe essere la sua salvezza o la sua rovina. È una società che divora tutto, rende tutto commercializzabile – cioè qualcosa attorno al quale è possibile creare un mercato, fare marketing, hype.
Performance è un termine inglese e deriva dal verbo to perform, che significa “eseguire”. Chi vive nella società della performance è un performer interessato allo sviluppo del proprio progetto. Non lo è solo in ambito lavorativo, ma in ogni momento della sua vita. Desidera avere prestazioni sempre migliori, immaginare che domani sarà più di quello che è adesso. E per avere una performance migliore domani, oggi ha bisogno di un pubblico che lo guardi, dunque deve fare di tutto per essere visibile.
Di conseguenza il tempo lavorativo e il tempo libero non sono più realmente separati, e questo rende impossibile avere una vera vita contemplativa, fare delle scelte che siano libere.
Questo sistema sociale, culturale, economico, politico provoca due grandi reazioni: ansia da prestazione e senso di colpa. Pensiamo sia un nostro problema, perché non siamo abbastanza forti e determinati, e invece è frutto di una struttura che modella la nostra vita più di quanto pensiamo.
Sei performer da quando nasci a quando muori, non puoi riposarti, non puoi fare a meno di osservare quello che stanno facendo gli altri e entrare in paranoia perché sembrano irrefrenabili e indistruttibili, mentre tu non sei mai abbastanza.
“Io vivo di ciò che gli altri ignorano di me”, scriveva il Nobel Peter Handke. Bisogna esercitarsi quotidianamente al gioioso segreto per ricominciare a vivere.