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09/12/2024

Nel giro di una settimana si è dimesso Tavares, il manager più pagato al mondo nel settore automotive e si sono scatenate le proteste dei dipendenti di Transnova, 97 licenziamenti sono stati confermati poco fa. Ma chi ha ragione? Il settore automobilistico è davvero in crisi? O siamo solo arrivati al momento in cui le conseguenze più scomode di questa transizione stanno diventando evidenti? E soprattutto, siamo attrezzati per affrontare questo momento? Ce lo racconta Clara Morelli.

09/12/2024
A partire da aprile 2025, Tokyo introdurrà una settimana lavorativa di quattro giorni per i suoi 160 mila dipendenti del...
09/12/2024

A partire da aprile 2025, Tokyo introdurrà una settimana lavorativa di quattro giorni per i suoi 160 mila dipendenti del governo metropolitano. Lo ha annunciato la governatrice di Tokyo Yuriko Koike: “Rivedremo gli stili di lavoro con flessibilità, assicurando che nessuno debba rinunciare alla propria carriera a causa di eventi personali come il parto o la cura dei figli”. Oltre al weekend di tre giorni, chi ha figli piccoli potrà scegliere giornate lavorative più brevi, accettando una riduzione dello stipendio.⁣

Il Giappone è attraversato da una profonda crisi della natalità, con appena 758.631 nascite nel 2023 e un tasso di fertilità di 1,2 figli per donna, ben al di sotto del livello di sostituzione di 2,1. Il dato è in calo precipitoso da molti anni e ha raggiunto un altro minimo storico a giugno. In parallelo, il Paese ha la più alta percentuale al mondo di cittadini anziani.

Tra le cause principali della crisi demografica ci sono matrimoni tardivi, alti costi della vita, disparità salariali di genere e spese elevate per i servizi di cura dei bambini. Per invertire questa tendenza, le autorità giapponesi hanno avviato interventi come il miglioramento dei servizi per l’infanzia, iniziative per la crioconservazione degli ovociti e persino app di incontri mirate.⁣

Ma a pesare è anche la rigida cultura del lavoro. Gli orari massacranti sono da tempo un problema per le aziende giapponesi, dove i lavoratori spesso soffrono di rischi per la salute e, in casi estremi, di “karoshi”, un termine che significa morte per eccesso di lavoro.

In questo la politica della settimana lavorativa da 4 giorni può costituire una risorsa preziosa, a cui sempre più aziende e Paesi guardano con interesse. Ad oggi lo studio più dettagliato è quello realizzato nel 2022 dall'Università di Cambridge su 61 aziende inglesi che hanno sperimentato questa politica.

Al termine della sperimentazione di 6 mesi, il 71% dei lavoratori ha riportato sintomi di in calo, il 39% dei lavoratori ha riportato meno stress, i giorni di malattia sono diminuiti del 65% e le dimissioni sono diminuite del 57%. Tutto questo senza un calo nei ricavi delle aziende coinvolte.

  gui , lo spazio per i curiosi del mondo.Secondo l'ultimo rapporto INPS, la popolazione in età lavorativa tra i 15 e i ...
09/12/2024

gui , lo spazio per i curiosi del mondo.

Secondo l'ultimo rapporto INPS, la popolazione in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni è calata di un milione di persone negli ultimi 20 anni. Nel 2004 era pari a 38,2 milioni e oggi è pari a 37,2 milioni di persone, dopo aver raggiunto un massimo di 39,1 milioni nel 2011. Nello stesso periodo, il tasso di occupazione ha segnato il minimo a settembre 2013 (54,7%) per poi raggiungere un massimo ad aprile 2024 (62,3%).

Questi due fenomeni speculari, sono legati tra loro. Infatti il calo della popolazione in età da lavoro si traduce, in questo caso, in un aumento del tasso di occupazione.

Detto ciò, va riconosciuto che il numero di occupati è aumentato anche in numero assoluto. Il recupero del mercato del lavoro dopo la crisi pandemica è stato veloce e consistente. Malgrado un decremento di 652mila unità della popolazione in età lavorativa tra febbraio 2020 e maggio 2024 (ultimo mese di osservazione disponibile alla data di chiusura del rapporto Inps), il numero di occupati è aumentato di 912mila unità, e il tasso di occupazione è passato da 59% a 62,2%.

I dati positivi sull'occupazione nascondono quella che gli esperti definiscono una vera e propria crisi dell’offerta di lavoro legata a una popolazione sempre più anziana e al calo delle nascite. Nel lungo termine, il calo demografico porterà a una sempre maggiore difficoltà per le imprese di trovare lavoratori.

Non è tutto, INPS fa notare che, all'aumento dell'occupazione sia in termini di unità che di intensità di lavoro, non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto di questi anni legato all'inflazione e all'aumento del costo della vita.

Il che, tradotto, significa che il lavoro c’è ma le retribuzioni restano mediamente basse.

Il regime del dittatore siriano Bashar al-Assad è arrivato al termine dopo 20 anni nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, ...
08/12/2024

Il regime del dittatore siriano Bashar al-Assad è arrivato al termine dopo 20 anni nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, quando i ribelli jihadisti hanno annunciato di aver preso la capitale Damasco.

Secondo le agenzie di stampa internazionale il dittatore avrebbe abbandonato la Siria ma non è ancora chiaro dove si trovi al momento.

La presa di Damasco arriva dopo una rapida conquista di città chiave da parte dei ribelli in soli 10 giorni, a partire dalla regione di Idlib, al confine con la Turchia.

Gli abitanti di Damasco sono scesi in strada per festeggiare la caduta del regime dopo 50 anni di governo del partito Baath, mentre i gruppi ribelli annunciavano l’inizio di una “nuova era” in Siria.

Il primo ministro Ghazi Jalali ha diffuso un video in cui dichiara di noin avere intenzione di abbandonare la città e anzi di voler collaborare con le forze ribelli. Il primo ministro ha anche affermato che dovrebbero tenersi elezioni libere nel Paese.

📹 Pochi giorni fa abbiamo pubblicato sul nostro canale YouTube un approfondimento per capire meglio chi sia Bashar al-Assad e come il dittatore sia stato al centro di uno dei conflitti più terribili del medio oriente. Lo puoi vedere sul nostro canale YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=JaWGO3GUdM0

Dopo 5 anni e mezzo di lavori, 900 milioni di euro spesi, 250 aziende e 2mila lavoratori provenienti da tutta la Francia...
07/12/2024

Dopo 5 anni e mezzo di lavori, 900 milioni di euro spesi, 250 aziende e 2mila lavoratori provenienti da tutta la Francia, la cattedrale di Notre Dame di Parigi è tornata a risplendere.

Sembra assurdo se si considera che nel marzo del 2019 gli occhi del mondo guardavano con ansia questa stessa cattedrale bruciare e crollare su sé stessa.

Il presidente francese Emmanuel Macron aveva promesso una ricostruzione rapida della cattedrale, e la Francia si è unita per rendere possibile un lavoro che sembrava irrealizzabile. Questa sfida ha spinto benefattori da tutto il mondo a donare un miliardo di euro per la ricostruzione e ha riunito aziende e lavoratori di ogni tipo per realizzare il un progetto storico.

Nonostante i lockdown dovuti allo scoppio della pandemia, i lavori non si sono praticamente mai interrotti. E ora, 5 anni e mezzo più tardi, l'interno della cattedrale è stato interamente ristrutturato, così come il tetto e la guglia, che sono stati ricostruiti.

La cattedrale riapre oggi, sabato 7 dicembre, alla presenza di diversi capi di Stato, e sarà finalmente di nuovo accessibile ai parigini, ai francesi e ai visitatori di tutto il mondo. In un momento in cui la Francia è segnata da profonda instabilità e crisi politica, la rinascita di Notre Dame sembra essere uno dei pochi temi su cui il Paese è pienamente unito.

Il settore automobilistico, uno dei pilastri dell’economia europea e italiana, sta attraversando una crisi profonda. L’i...
06/12/2024

Il settore automobilistico, uno dei pilastri dell’economia europea e italiana, sta attraversando una crisi profonda. L’industria automotive rappresenta il 7% del PIL dell’UE e impiega circa 14 milioni di persone, ma deve fare i conti con sfide senza precedenti: transizione elettrica, concorrenza globale e inefficienze interne.

In Italia, la produzione di auto è crollata negli ultimi decenni: dalle 2 milioni di vetture prodotte nel 1989, si è scesi a meno di 600 mila nel 2023, un livello paragonabile agli anni ’60. Stellantis, il principale produttore, ha ridotto la produzione nel Paese, spostando parte della manodopera verso paesi con costi più bassi. Gli stabilimenti italiani sono quasi fermi, con migliaia di lavoratori in cassa integrazione e rapporti tesi con sindacati e governo.

Il settore automotive italiano comprende circa 2.500 imprese nella filiera, con un indotto che coinvolge 1 milione di lavoratori, ma la domanda interna di auto è ormai soddisfatta principalmente dalle importazioni.

La crisi non è solo italiana. In Germania, Volkswagen, simbolo dell’industria tedesca, ha annunciato la possibile chiusura di tre stabilimenti. Il gruppo, come altri produttori europei, è in ritardo nella transizione verso i veicoli elettrici (EV), un processo complesso e costoso. Le batterie, che rappresentano circa il 40% del costo di un EV, sono prodotte principalmente in Cina, che domina anche la filiera dei materiali critici come litio, cobalto e nichel.

La concorrenza cinese è un elemento cruciale: i produttori cinesi offrono EV più economici, tecnologicamente avanzati e già competitivi in Europa, dove detengono oltre l’8% del mercato. In Cina, il costo di produzione è inferiore del 30%, grazie a un sistema integrato e sussidi governativi.

A complicare il quadro ci sono i ritardi strategici delle case automobilistiche europee. Le ambiziose normative climatiche dell’UE, con il divieto di vendita di auto a combustione dal 2035, spingono verso la transizione, ma i produttori europei faticano a rispettare le tappe intermedie.

In Europa, la maggior parte dei Paesi ha adottato un salario minimo nazionale per tutelare i lavoratori e garantire una ...
06/12/2024

In Europa, la maggior parte dei Paesi ha adottato un salario minimo nazionale per tutelare i lavoratori e garantire una retribuzione adeguata. Tuttavia, esistono differenze significative tra gli Stati membri dell’Unione Europea, sia per quanto riguarda l’importo del salario minimo sia per le modalità di determinazione.

Ad oggi, 22 dei 27 Paesi dell’UE hanno un salario minimo nazionale. Gli importi variano notevolmente: il Lussemburgo guida la classifica con circa 2.571 euro al mese, mentre la Bulgaria registra il salario minimo più basso, pari a circa 477 euro mensili. Tra questi due estremi si collocano Paesi come Francia, Germania e Spagna, con livelli intermedi.

Non tutti i Paesi, però, hanno adottato un salario minimo nazionale. Austria, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia si affidano ai contratti collettivi per determinare i livelli salariali, lasciando che siano i datori di lavoro e i sindacati a negoziare le condizioni economiche.

Nel 2022, l’UE ha introdotto una direttiva per promuovere salari minimi adeguati in tutti i Paesi membri, con l’obiettivo di garantire condizioni di vita dignitose. La direttiva non impone un importo unico, ma stabilisce criteri per determinare e aggiornare i salari minimi. Tra questi figurano l’obbligo di aggiornamenti regolari e il coinvolgimento delle parti sociali nel processo decisionale. Inoltre, si incoraggia una maggiore contrattazione collettiva per migliorare la trasparenza e l’equità del sistema salariale.

La situazione del salario minimo nell’UE evidenzia profonde differenze economiche tra i Paesi, ma anche la necessità di politiche comuni per ridurre le disuguaglianze. La direttiva europea rappresenta un passo importante verso una maggiore armonizzazione, ma la sua attuazione completa richiede ancora sforzi significativi. Garantire salari minimi adeguati in tutto il continente non è solo una questione economica, ma un elemento fondamentale per rafforzare la coesione sociale e migliorare le condizioni di vita dei lavoratori.

05/12/2024
Segui , lo spazio per i curiosi del mondoIl prezzo del Bitcoin ha raggiunto un nuovo record, superando i 100.000 dollari...
05/12/2024

Segui , lo spazio per i curiosi del mondo

Il prezzo del Bitcoin ha raggiunto un nuovo record, superando i 100.000 dollari (circa 95.000 euro). Questo traguardo storico è stato accompagnato da una crescita del 142% dall'inizio dell'anno e di circa il 50% nell'ultimo mese, trainato da eventi politici significativi come l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.

L'elezione di Trump ha alimentato l'entusiasmo degli investitori. Durante la campagna elettorale, l’ex presidente ha promesso di trasformare gli Stati Uniti in una "superpotenza dei Bitcoin" e di introdurre regolamentazioni più favorevoli per il settore. Tra le sue proposte ci sono la detassazione dei guadagni da criptovalute e la fine di quella che ha definito "la crociata anticripto" dell'amministrazione Biden.

Un segnale concreto di questo cambio di rotta è stata la nomina di Paul Atkins a capo della SEC, l’agenzia che vigila sui mercati finanziari. Atkins, già commissario della SEC, è noto per le sue posizioni favorevoli alle criptovalute, in netto contrasto con quelle del suo predecessore, Gary Gensler, che negli ultimi anni ha adottato un approccio rigoroso per contrastare truffe e frodi nel settore.

Il settore delle criptovalute, che in passato ha guardato con scetticismo a Trump, ha ora grandi aspettative. Negli ultimi mesi, le piattaforme e le aziende del settore hanno incrementato gli investimenti e le donazioni a sostegno della sua campagna elettorale. La promessa di un ambiente normativo più favorevole sembra aver innescato un'ondata di acquisti speculativi, che ha fatto impennare il prezzo del Bitcoin e di altre criptovalute.

Tuttavia, rimangono i rischi legati a questi strumenti finanziari. A differenza delle azioni, che si basano su fondamentali economici come il fatturato di un'azienda, le criptovalute dipendono esclusivamente dalla domanda e dall'offerta. Questo le rende estremamente volatili: possono generare profitti elevati ma anche perdite significative. Anche in Europa, le autorità regolatorie continuano a trattare con diffidenza questo settore, considerandolo poco trasparente e instabile.

Della famiglia di Lea Garofalo è rimasta lei: Denise Cosco, 31 anni, figlia di Lea che ha perso la madre, uccisa dal pad...
05/12/2024

Della famiglia di Lea Garofalo è rimasta lei: Denise Cosco, 31 anni, figlia di Lea che ha perso la madre, uccisa dal padre il 24 novembre 2009. È una storia che inizia in Calabria e finisce a Milano. Lea Garofalo nasce nel 1974 a Petilia Policastro, in provincia di Crotone. Da una famiglia che ha legami con la ‘ndrangheta.

Lei a 13 anni si innamora del compaesano Carlo Cosco, e fa con lui la "fuitina" a Milano. I due crescono, e lui diventa un capo della criminalità calabrese a Milano.

Ma nel 2002 Lea decide di parlare con i magistrati che indagano sul clan di suo marito: diventa una testimone di giustizia, racconta gli affari di famiglia, le faide tra le ‘ndrine, tutto. Con la figlia Denise gira sotto protezione l’Italia: Crotone, Campobasso, Firenze.

Negli anni successivi viene estromessa dal programma di protezione perché ritenuta non attendibile; viene poi riammessa, ma ne esce nuovamente per sua scelta.

E così, nel 2009, la trappola. Lea viene attirata a Milano dall’ex marito Carlo Cosco, il boss. "Voglio rivederti per amore di nostra figlia", le dice. Lea accetta. La sera del 24 novembre del 2009, dopo essersi separata dalla figlia, va nel luogo indicatogli dall’uomo. E sparisce per sempre. Solo anni dopo, grazie agli appelli di sua figlia Denise e al racconto di un pentito che aveva partecipato all’omicidio, abbiamo capito cosa avvenne.

Lea venne rapita, torturata, uccisa e data alle fiamme. I suoi resti furono ritrovati solo nel 2012. Nello stesso anno, vennero condannate all’ergastolo diverse persone del clan Cosco ritenute responsabili dell’omicidio, tra cui l’ex compagno di Lea, Carlo. ⁣

Oggi in Italia sono circa circa 6.200 le persone nel programma di protezione, tra collaboratori e testimoni di giustizia e loro familiari (oltre 4 mila). La maggior parte dei pentiti proviene dalla Camorra (circa 600 pentiti). Circa 300 dalle file di Cosa Nostra, 200 dalla ’ndrangheta e un centinaio dalla Sacra Corona Unita. ⁣Tra loro, c’è Denise, figlia di Lea Garofalo che vive sotto identità nascosta.

04/12/2024

Mentre il mondo guardava con attenzione alla Striscia di Gaza, al Libano, a Israele e all'Iran, in pochi giorni la Siria è tornata sulle prime pagine dei giornali dopo che la guerra civile che dura da oltre 10 anni si è all'improvviso riaccesa. Negli anni la guerra civile siriana è cambiata, e ha visto uscire e entrare diversi Paesi e schieramenti: l'unico che non se ne mai andato è Bashar al Assad, presidente e dittatore della Siria da oltre 20 anni.

Ma chi è Bashar al Assad, e perché la Siria è così importante per le sorti del Medio Oriente?

Alla realizzazione di questo video ha collaborato Federico Tafuni

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04/12/2024
La riforma del servizio di trasporto pubblico non di linea, che riguarda taxi ed NCC, è da più di 30 anni al centro del ...
04/12/2024

La riforma del servizio di trasporto pubblico non di linea, che riguarda taxi ed NCC, è da più di 30 anni al centro del dibattito politico senza grandi risultati.

Gli ultimi mesi sono stati segnati dalle immagini delle code infinite di persone in attesa di un taxi all'esterno delle stazioni delle principali città italiane e soprattutto alle stazioni Termini di Roma e Centrale di Milano.

Per affrontare questa problematica il governo nel 2023 ha approvato un decreto legge che prevede un aumento del numero di licenze fino al 20% rispetto a quelle già esistenti. Questo aumento riguarderà le città metropolitane, le città che ospitano sedi di aeroporti e i capoluoghi di regione.

Questo decreto legge è stato pensato in modo da aumentare i taxi nelle grandi città italiane garantendo allo stesso tempo una sorta di "indennizzo" a chi già detiene una licenza per il valore che questa perderà a seguito dell'aumento delle licenze in circolazione.

A distanza di un anno dall'emanazione del decreto legge siamo andati a vedere a che punto siamo. Quello che abbiamo scoperto è che meno della metà delle licenze disponibili per le città metropolitane sono state messe a bando. E le città che hanno fatto i bandi non lo hanno fatto per tutte le licenze che avevano a disposizione.

Morale della favola, questo intervento al momento non sembra essere sufficiente a sopperire alla grande quantità di richieste di servizio: solo a Milano oltre il 20% delle chiamate è inevaso con punte del 40% nel periodo tra maggio e giugno.

03/12/2024
Quando parliamo di economia sommersa, ci riferiamo a tutte quelle attività economiche che, per varie ragioni, non vengon...
03/12/2024

Quando parliamo di economia sommersa, ci riferiamo a tutte quelle attività economiche che, per varie ragioni, non vengono dichiarate o sfuggono al controllo fiscale. Questo include, per esempio, il lavoro non dichiarato e la sotto-dichiarazione dei guadagni, ossia quando un’azienda o un lavoratore comunicano intenzionalmente meno di quanto guadagnano realmente. Parte di questa economia “nascosta” include anche gli affitti in nero e le mance.

Un aspetto interessante è che non tutte le componenti dell'economia sommersa si sono mosse allo stesso modo negli ultimi anni. La crescita più forte è arrivata dalla sotto-dichiarazione dei redditi, che possiamo considerare una forma di evasione fiscale che ha raggiunto il 5% del PIL (91 miliardi di euro). Al contrario, il lavoro irregolare ha visto una leggera diminuzione, scendendo dal 3,8% al 3,7% del PIL (68 miliardi), così come gli affitti in nero, che sono passati dallo 0,9% allo 0,8% (14 miliardi).

Abbiamo detto che l'economia sommersa vale 182 miliardi e se a questa cifra sommiamo l'economia illecita arriviamo a circa 202 miliardi di economia non osservata, che è la somma di questi due fattori.

Un aspetto fondamentale dell'economia sommersa è il lavoro non regolare sia nelle imprese, sia nelle famiglie. Si tratta di lavori che non rispettano le regole fiscali o contributive, oppure di attività illegali che sfuggono al controllo delle autorità. Nel 2021, c'erano circa 2 milioni e 986 mila persone impiegate in modo non regolare, la maggior parte come dipendenti. Rispetto al 2021, il numero di lavoratori non regolari è rimasto stabile ma non ha ancora recuperato il grande calo dovuto alla crisi causata dalla pandemia, che aveva fatto scendere il lavoro non regolare del 18,4%.

Il numero di morti e suicidi nelle carceri italiane non è mai stato così alto come nel 2024. L’ultima persona a essersi ...
02/12/2024

Il numero di morti e suicidi nelle carceri italiane non è mai stato così alto come nel 2024. L’ultima persona a essersi tolta la vita, l’85esima dall’inizio dell’anno, era detenuta nel carcere di Terni ed era ancora in attesa del primo grado di giudizio. Il precedente record di suicidi risale a due anni fa, quando le persone detenute che avevano messo fine alla propria vita erano state 84. Secondo i dati del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nel 2024 i tentativi di suicidio nelle carceri italiane sono stati 1.892. Le cose non migliorano nemmeno se allarghiamo lo sguardo. Il 2024 è un anno record per tutte le morti avvenute in carcere, 231 in tutto. In questa categoria rientrano persone morte per malattia, ma anche overdose, omicidio o altre cause da accertare.

Come riporta il rapporto sul carcere di del 2024, in Italia il tasso di suicidi è molto più alto in carcere di quanto non lo sia fuori dalle mura dei penitenziari. Nel 2019, fuori dal carcere i suicidi erano 0,7 ogni 10 mila persone, mentre questo tasso saliva a 8,7 per i detenuti. Ma non sono solo i detenuti a essere vittime delle condizioni inumane che si trovano nelle carceri italiane: dall’inizio dell’anno si sono tolti la vita 7 agenti della polizia penitenziaria.

Le condizioni detentive in Italia sono drammatiche a partire dal dato sul sovraffollamento. In Italia i detenuti uomini presenti al 31 ottobre 2024 sono 62.110, a fronte di una capienza regolamentare di 51.181 posti. In realtà, di questi ben 4.478 non sono regolarmente disponibili e per questo il tasso di sovraffollamento effettiva è pari al 133,44%. Con questi dati aggiornati al 2024, secondo i dati del rapporto SPACE del Consiglio d’Europa, l’Italia è il secondo Paese europeo per sovraffollamento delle sue celle.

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02/12/2024

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