15/12/2024
LE PAGELLE DI CORNER MESSINA | ✍ Francesco Certo
“CHI SEI? NESSUNO” – Polifemo chiese a Ulisse chi fosse e lo scaltro greco rispose: “Sono Nessuno”, così quando il gigante fu colpito non potè far altro che dire, a chi gli chiedeva chi fosse l’autore del suo ferimento, che era stato nessuno. Chi è stato a far sprofondare il Messina? Nessuno. Perché a sentirli parlare la colpa è sempre degli altri. Ultimo iscritto alla lista dei piagnucolosi è Angelo Costa. Il cui ruolo, lo diciamo senza disprezzare ma per nostra mancanza, non è dato sapersi. Direttore operativo oppure organizzativo, una dicitura che comunque non esiste nel calcio. Cioè, magari esiste ma serve solo per affibbiare un’etichetta a chi non ha i requisiti per fare, per esempio, il direttore sportivo. Ecco, Costa pare aver passato o star per passare l’esame per ds e dovrebbe essere lui, per mancanza di alternative, l’erede di Pavone. Tra l’altro, nel suo sproloquio biellese, ha già rivendicato di aver lavorato nell’ombra per due anni. Ma che ha fatto? Non si sa. Ecco, qui occorre restare lucidi, perché non serve dare a Costa più di quanto Costa meriti in positivo o negativo. Però, la vita non è così semplice. Non si può pensare di avere i ruoli senza le conseguenze. Se Costa ambisce a fare il protagonista in casa Messina, allora dovrà essere pronto al carico di melma in arrivo. Perché, in questi due anni cosa avrebbe fatto? Niente. O comunque, niente di trascendentale. La storia ultra-centenaria del Messina non lo censisce (per citare un caro amico). Comunque, Costa ci mette la faccia, come si dice in questi casi, forse per conservare una sua foto con lo sfondo della Juventus; oppure perché comprende che sia tempo di non far finta di nulla. Peccato, però, che bisogna saper anche parlare. Lo diceva anche Mark Twain, che non citiamo letteralmente per pietà, che se ti esponi spesso confermi i dubbi che aleggiavano su di te. Le parole di Costa meritano di essere portate via dal vento, perché non possiamo star qui ad analizzare un dirigente che vuol far passare il concetto che il Messina sia terzultimo per colpe di giornalisti che giocano a fare allenatore e ds, o peggio ancora di una tifoseria che ha creato un ambiente ostile. A Biella erano in 400, così come in altre trasferte a segnalare come il tifo ci sia sempre; assente al San Filippo per coerenza e protesta. Costa non può permettersi di dare lezioni di tifo o di amore nei confronti della propria maglia. Non per retorica, ma perché nessuno deve arrogarsi questo diritto. Inoltre, la vera retorica è pensare che l’amore sia sempre dovuto. Il Messina è amatissimo dai suoi tifosi, ma nella sua essenza pura. Nella sua anima. Nel suo essere “il Messina”. Questo Messina, quello che Sciotto conduce zoppicante da 8 anni, non merita un amore incondizionato. L’amore persiste, certo, e trova la sua forza più grande proprio nel non giustificare, nel non perdonare ciecamente, nell’avere il coraggio di guardare negli occhi e dire la verità, anche quando fa male.
Si pensa che, toccato il fondo, si possa solo risalire. Invece no, perché c'è sempre la possibilità di cominciare a scavare. Il Messina perde sul campo della Juve NG, quasi come logica conseguenza di un livello tecnico scadente; ma il carico inopportuno arriva con le parole sgradevoli rilasciate ...