16/04/2019
Note di Regia
Raccontare l’ennesima storia di mafia? Si, ma in che modo.
In realtà non voglio parlare di mafia, ma di come questa possa essere devastante in seno al tessuto familiare.
Come vive la famiglia di un mafioso, le sue donne, la figlia?
Quanto può essere disposta una moglie a sottomettersi a una vita all’ombra di un marito mafioso?
Come può una ragazza vivere la sua adolescenza con il peso di un padre malavitoso.
Per tanti anni, ogni volta che ho assistito a una udienza giudiziaria, ho provato a immaginare una risposta a queste domande. Ho anche provato a girare questi mie dubbi a donne che la mafia l’hanno vissuta, subita e denunciata.
Da qui, gradualmente ha preso forma la volontà di esporre, soprattutto agli adolescenti, queste mie esperienze.
Scaturisce quindi il progetto di un corto cinematografico dal titolo emblematico; “L’altra vita. Ovvero Medea scopre la mafia” attraverso il quale poter descrivere una storia di donne colpite nella loro “normalità”, come:
Una adolescente alla quale sono stati preclusi i sogni.
Una moglie resa arida e insensibile, sino al punto da sacrificare la propria figlia.
Una madre che rifiuta di accettare l’idea che il proprio figlio possa essere un mafioso e allorché dovrà riconoscerne la realtà, preferirà annichilirsi .
A conclusione di questa storia sono riuscito a immaginare un solo finale, la donna punita per non aver protetto la figlia, anzi, per averla esposta allo scopo di porre solidità ai suoi sospetti. Una storia, in sostanza, in cui tutti risulteranno sconfitti