Marco Orler

Marco Orler Le nostre trasmissioni TV sono visibili sui canali 143 e 166 del D.T., SKY 821 e in streaming Web su

Indirizzo

Via Porta Est 9
Marcon
30020

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Martedì 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Mercoledì 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Giovedì 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Venerdì 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Sabato 09:00 - 13:00
14:00 - 19:00
Domenica 10:00 - 13:00
14:00 - 19:00

Telefono

041.4567816

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Marco Orler pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a Marco Orler:

Condividi

Digitare

La Storia

Oramai da molti anni, se qualcuno pronuncia il nome Orler, immediatamente il pensiero va all’arte moderna e alle antiche icone russe, come se tale nome fosse inscindibilmente connesso a quei mondi e ne costituisse quasi un sinonimo. Tutto ciò, però, non è nato improvvisamente dal nulla, come per effetto di una magia o di un miracolo, anche se nelle vicende di questa famiglia talvolta possiamo parlare davvero di coincidenze ‘provvidenziali’. Tutto inizia con i due ‘grandi vecchi’, Davide ed Ermanno, due ‘montanari’ che troveranno la loro ‘anima’ a Venezia (come dirà lo stesso Davide). Davide (il primogenito, nato nel 1931), Cesare, Carolina ed Ermanno erano figli di Giuseppe e di Giulia Schweizer, a loro volta nati alla fine dell’Ottocento in un piccolo paese di montagna nel Trentino, Mezzano di Primiero. Loro nonno era stato un minatore; i loro zii e loro padre, come spesso accadeva in quella ‘povera’ Italia di inizi del Novecento, erano emigrati, gli uni in America, inseguendo vanamente il miraggio di un sogno, loro padre in Germania. Dopo alcuni anni Giuseppe fece ritorno in Trentino e da allora non si mosse più da Mezzano, lavorando nei campi, portando al pascolo gli animali e faticando presso il mulino del paese. Sia Davide che Cesare, durante l’estate, facevano i pastori nelle malghe: una vita grama, che portò Davide, a quattordici anni, a fare lo scalpellino in Val Noana. Ma fu l’incontro con il pittore Riccardo Schweizer che produsse un sodalizio ed un’amicizia fondamentali nella vita di Davide, il quale, alla fine degli Anni Quaranta, si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti a Venezia: un sogno, quello dell’Accademia, che però non si sarebbe mai realizzato appieno. Nel 1949 si arruolò volontario nella Marina Militare, lasciando così Venezia e l’Accademia, cui tanto aveva aspirato, ma continuando a dipingere e, così, creando le basi per quella sua esperienza artistica di primaria importanza.

LA PASSIONE

Nel 1957, lasciata la Marina, Davide tornò a Venezia, diventata in pochi anni un fiorente e stimolante centro artistico, continuandovi a dipingere e aprendo, nel 1962, una bottega di tele per pittori, che porrà in contatto Davide ed Ermanno (allora sul punto di tentar la fortuna come emigrante in Australia) con i grandi artisti che frequentavano allora il capoluogo lagunare. L’ idea, infatti, si era subito dimostrata un successo: in breve tempo il negozio in campo Santa Maria Mater Domini divenne il punto di riferimento per tutti i pittori veneziani. A volte accadeva che molti pittori, non avendo liquidità monetaria, chiedessero una tela nuova in cambio di un loro quadro: cose a volte di poco valore, ma che a volte si riveleranno preziose nel tempo, come quelle di Giuseppe Gambino, di Renato Borsato, di Carlo Hollesch, di Virgilio Guidi o di Felice Carena. Nacquero allora scambi culturali e commerciali con i grandi pittori italiani del tempo, da Guidi a Guttuso, solo per citare alcuni esempi. Uno scambio di idee e di ‘merci’, di arte e di vita che è alla base della loro futura ‘fortuna’. Il 4 novembre 1966, giorno della nota e spaventosa mareggiata che sommerse Venezia, Guido Perocco, allora direttore del Museo d’arte moderna di Cà Pesaro, chiamò proprio Davide ed Ermanno a salvare le opere custodite nei magazzini del pianterreno, da quelle di Gino Rossi a quelle mirabili di Chagall. L’altro elemento fondamentale, come si è detto inizialmente, sarà costituito dall’amore per la raccolta di icone, che condurrà Orler ad avere una delle collezioni più importanti esistenti in Europa Occidentale, di cui è giustamente fiero e della quale si parla più specificamente altrove. Nel 1965 giunse a Venezia una compagnia teatrale del Bolshoi di Mosca per una serie di spettacoli al teatro La Fenice. Uno di quei giovani attori, una sera, dopo uno spettacolo, chiese a Davide se fosse interessato ad un affare: tirò fuori da un panno lacero un’icona. Fu quella, per Orler, una folgorazione e la nascita di un amore, di una passione che durerà tutta la vita e che lo condurrà addirittura a promuovere, con ideale abnegazione e caparbia tenacia (proprio da ‘montanaro’!) la creazione di un museo di icone a Vicenza.

LA PROFESSIONE