24/03/2024
24 marzo 2024
RIFLESSIONI
di Gennaro Matino
Medio Oriente la strage silenziosa di giovani e bambini
“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, risuona il grido straziante del Giusto la domenica delle Palme, anticipo di venerdì di croce, grido nelle grida di tutti i crocifissi della storia.
Quella croce, la sua croce, è martirio dato in offerta per quanti, come lui, sono in croce, soffrono ingiustizia, patiscono condanna, abuso, prepotenza, per tutti quelli che sono stati e sono vittime di violenza, di relazioni sociali inique, d’odio, per l’umiliazione dei piccoli, per il rifiuto della proposta di un Regno di giustizia, fratellanza, compassione e amore incondizionato. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, grida al cielo Jamil Nijm, il bambino più piccolo ucciso durante l’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza. Aveva solo quattro anni. Il suo martirio racconta le piaghe aperte di un popolo costretto a un destino crocifisso, tredicimila solo tra i suoi coetanei, bambini più o meno grandi quanto e più di lui trucidati o morti per fame. Anime innocenti che se potessero stampare il loro volto per lasciarlo al ricordo di una sindone, vedremmo volti “disprezzati e reietti dagli uomini, né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare il loro diletto”. Se quei bambini potessero mostrarci il pianto delle loro madri inconsolabili, semmai sopravvissute, vorrebbero che le loro croci non fossero dimenticate. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, grida forte il piccolo Omer ucciso il 7 ottobre da Hamas, con tutta la sua famiglia, nel kibbutz in cui vivevano, la sua casa che credeva sicura, e invece si è trasformata in morte, assurda morte per un bambino ebreo, tra i tanti, i troppi da raccontare, da assommare ai circa un milione e mezzo di bambini e adolescenti ebrei che perirono nell’olocausto, anche lui “maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, grida, nel silenzio di ogni assurdo, il piccolo Alan Kurdi, un bambino siriano di tre anni, di etnia curda, divenuto, dopo la sua morte per annegamento, il simbolo di tutti i martiri del Mediterraneo, simbolo della crisi europea dei migranti e la sua foto, scattata al ritrovamento del suo corpo senza vita su una spiaggia, è ancora segno di un fallimento umano globale. In dieci anni risultano morti o dispersi nel nostro mare 1.143 minori, solo nel 2023 più di 100 ed è difficile anche in questo caso che un numero diventi un nome, che una storia diventi un racconto. “Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte”.
“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, anche la voce di Giuseppe, morto a 16 anni, sul posto di lavoro, chiede spazio tra i crocifissi innocenti. È assurdo che nel nostro Paese ancora si muoia per il lavoro, non può essere che muoia un ragazzo. Negli ultimi anni in Italia sono morti 74 giovanissimi lavoratori, solo per contare i casi arrivati all’attenzione degli Enti preposti al controllo, sette delle vittime avevano meno di 14 anni, le altre 67 un’età compresa tra 15 e 19 anni. Morti che si aggiungano ai tanti, troppi morti, che reclamavano diritti e hanno trovato croce: “Egli è stato schiacciato per le nostre iniquità”. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”, è l’urlo straziante di una delle più giovani vittime dei trucidati nel nostro paese per razzismo, Becky Moses, in Calabria, richiedente asilo diniegata e vittima di tratta, morta carbonizzata in uno dei roghi delle baraccopoli di san Ferdinando.
Con lei le migliaia di giovani donne e uomini, ragazzi e ragazze, che solo per essere quello che sono, patiscono disprezzo, tortura, sevizie fino alla morte: “Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?”.
Domenica delle palme, un po’ di ulivo per augurarci pace, uno scambio di legno verde per dire vita. Ma i simboli servono quando raccontano per intero il loro significato. Non ci sarà pace finché il grido del Giusto resterà inascoltato, non ci potrà essere pace fino al giorno in cui la tomba non resterà vuota e i carnefici faranno i conti con l’altro strepitoso urlo di chi, vinta la morte, annuncerà la fine dell’eterno sopruso, “perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino”. Domenica delle palme, c’è ancora spazio per chi vuole lasciare un segno, stare dalla parte dei crocifissi e non dei crocifissori.