Argo Editrice nasce a Lecce, nella demartiniana “terra del rimorso”, nel 1992, quando si fa netta la consapevolezza che la “periferia infinita” di uno dei sud del mondo tornava ad essere un brulicante crocevia di popoli e di culture. In un’antica terra di “migranti”, l’ansia di rimuovere macerie di muri decrepiti, fa riscoprire “la gioia di partire alla ricerca dell’altro”: era evidentemente giunt
o il momento di riprendere il mare. Nasceva così, su un fondale di confusa globalizzazione, “Il pianeta scritto”, la prima collana di Argo, con il progetto di far conoscere al pubblico italiano la letteratura e la storia di popoli solitamente emarginati dal tronfio eurocentrismo dominante: i “vicini-remoti” d’oltre-Adriatico, ma in genere le varie genti dei Balcani, i maghrebini, dall’“altra” riva del Mediterraneo, e ancora gli armeni, i kurdi, i senza patria di sempre. Argo però non navigava a vista: la sua bussola erano (e sono) le correnti di pensiero d’indirizzo antropologico che, nel secolo appena trascorso, hanno riformulato i termini stessi delle discipline umane. Questo spiega la centralità occupata nel catalogo dall’opera di Ernesto de Martino: la pubblicazione degli inediti del grande etnologo napoletano è un segnale e al tempo stesso una scelta di politica culturale irrinunciabile per una casa editrice che non intende abdicare alla propria “meridionalità”. Antropologia e storia del sud”, “Nuova Mnemosyne”, “A sud del Novecento”, “Biblioteca di Antropologia medica”. Ma se procura grande gioia fare l’ingresso in “porti prima sconosciuti”, non è meno bello ripercorrere terre già note, vedendole però con l'occhio scaltrito dalla lunga navigazione: in questa direzione vanno le avventure culturali del “Vello d’oro” e della “Biblioteca barocca”. La collana di antichistica, infatti, se va alla paziente ricerca di tesori nascosti nel mondo del passato, lo fa soprattutto per documentare aspetti insoliti eppur rilevanti della civiltà antica, vista proprio nella sua concretezza antropologica, e “Biblioteca barocca”, svincolata da oziose dispute nominalistiche su un secolo vitalissimo e contraddittorio, si preoccupa essenzialmente di portare alla luce i dati, non solo letterarii, che fanno del Seicento un autentico seminario della modernità.