08/12/2024
Con la globalizzazione e la liberalizzazione le imprese hanno avuto l’opportunità di produrre a costi inferiori. A pagare sono stati i lavoratori e l’ambiente. Oggi, finalmente, nuove leggi sulla «due diligence» cercano di porre rimedio a questa barbarie.
Prima che la globalizzazione partisse in grande stile, diciamo una trentina di anni fa, le imprese che si presentavano ai consumatori con i loro marchi avevano l’abitudine di curare l’intero ciclo produttivo di ciò che vendevano. Parlando di vestiario, ad esempio, le imprese compravano le stoffe e le immettevano nei propri stabilimenti, funzionanti con propri dipendenti, per ottenere indumenti pronti alla vendita, partendo dal taglio e proseguendo con la cucitura, il lavaggio, la stiratura. Le imprese più esigenti sul piano della qualità gestivano in proprio perfino la filatura e la fabbricazione di stoffe a partire dal cotone o la lana.
Con la globalizzazione, questo tipo di organizzazione è andato definitivamente in frantumi per adottare una strategia produttiva che già aveva cominciato a fare capolino negli Stati Uniti negli anni Sessanta del secolo scorso. La stessa strategia che aveva permesso a Nike, il notissimo marchio di scarpe e articoli sportivi, di diventare dal nulla un’impresa mondiale.
Con la globalizzazione e la liberalizzazione le imprese hanno avuto l’opportunità di produrre a costi inferiori. A pagare sono stati [...]