Negli ultimi 100 anni, la fusione dei ghiacciai nel mondo è stato una delle manifestazioni più evidenti del cambiamento climatico. Dalla metà del XX secolo, i ghiacciai globali hanno perso massa a una velocità crescente, con una perdita media annua di 267 miliardi di tonnellate tra il 2000 e il 2019.
Come è visibile dal grafico, tra il 1979 e il 2024, anche il volume e l'estensione dei ghiacci artici hanno subito un calo significativo a causa dell’aumento delle temperature: un declino che ha conseguenze significative sull'albedo terrestre, riducendo la capacità di riflettere la radiazione solare e accelerando così il riscaldamento globale.
Questo fenomeno ha contribuito significativamente all'innalzamento del livello del mare e ha messo a rischio habitat naturali, riserve idriche e comunità umane. Anche con uno scenario ottimale di contenimento dell'aumento delle temperature globali a +1,5 °C, si prevede che un quarto dei ghiacciai globali sarà perso entro il 2100. Tuttavia, senza interventi significativi, potrebbe scomparire oltre l'80% dei ghiacciai rispetto al 2015.
In Italia, i 4.000 ghiacciai delle Alpi hanno perso quasi il 50% del loro volume dal 1901, con proiezioni che indicano una loro possibile riduzione al solo 10% entro il 2100 se le emissioni di gas serra non verranno limitate. Il ghiacciaio del Calderone, sull'Appennino, è ormai quasi estinto, mentre altri ghiacciai alpini, come quello della Marmolada, mostrano evidenti segni di regressione e potrebbero sparire già nel 2040.
La fusione dei ghiacciai sta compromettendo risorse idriche vitali, alterando ecosistemi delicati e mettendo a rischio la biodiversità. Le sue conseguenze si riflettono anche sul turismo, con stagioni sciistiche sempre più brevi e la perdita di paesaggi unici, preziosi per cultura ed economia.
Affrontare questo problema richiede interventi tempestivi: da un lato, politiche di mitigazione per ridurre le emissioni e rallentare il riscaldamento globale; dall’alt
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