31/03/2025
«Non è più tempo di clemenza. Ormai nel mondo si alza un gran vento di sovversione, un vento freddo, rigoroso, artico, di quei venti mortiferi e così salubri da uccidere i delicati, i malati e gli uccelli, da non consentire loro di passare l’inverno».
Era il 1938 e il vento d’inverno era tale che, presentando sulla «Nouvelle R***e française», il centro della vita intellettuale francese nella prima metà del Novecento, il programma del Collège de Sociologie, una mente fondamentalmente lucida come quella di Roger Caillois poteva lasciarsi andare a un linguaggio che alcuni sentirono in qualche modo fascista o almeno superomista.
Il Collegio, che nella sua breve esistenza, fra il 1937 e il 1939, coinvolse le intelligenze transalpine più vispe del momento – e, segno dei tempi, era pure una specie di società segreta –, era talmente ambizioso e conscio, anche troppo, della sua superiorità intellettuale che nel novembre del 1938, due mesi dopo gli accordi di Monaco (tanto per rimandare alla triste attualità di un momento di umiliazione, vergogna, paura e disagio), pubblicò, sempre sulla «NRF», a firma di Caillois, George Bataille e Michel Leiris, una impegnativa Dichiarazione del Collegio di Sociologia sulla crisi internazionale.
«Lo spettacolo è stato quello di uno smarrimento immobile e muto, di un triste abbandono all’avvenimento, e l’atteggiamento quello puntualmente impaurito e consapevole della propria inferiorità di un popolo che rifiuta di ammettere la guerra tra le possibilità della propria politica di fronte a una nazione che sulla guerra, al contrario, fonda la sua».
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