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“Haunt”, l’inedito di Violetta Bellocchio che esce oggi nella nostra sezione Finzioni, è online e disponibile anche per ...
05/04/2025

“Haunt”, l’inedito di Violetta Bellocchio che esce oggi nella nostra sezione Finzioni, è online e disponibile anche per i non abbonati.

Le illustrazioni sono di Patrizio Marini.

🔏Lo trovate in homepage.

Ricordo il mio manuale di storia delle superiori. Al colonialismo italiano non era dedicato un capitolo a sé stante, ma ...
04/04/2025

Ricordo il mio manuale di storia delle superiori. Al colonialismo italiano non era dedicato un capitolo a sé stante, ma uno di quegli specchietti sintetici di poche righe, con una mappa dell’Africa Orientale Italiana e l’immagine di un ascaro. Sono passati un po’ di anni, ormai; i manuali sono migliorati, qualche tabù è stato vinto. Ma affrontare il tema del colonialismo italiano nelle scuole superiori è ancora complesso, schiacciato com’è, nei programmi ministeriali, tra Risorgimento e Grande Guerra, tra fascismo e Seconda Guerra Mondiale.
Una sbrigatività didattica sintomatica, che si ripercuote inevitabilmente sull’opinione e il dibattito pubblico, andando a creare quello che è, forse, il più clamoroso caso di rimozione collettiva della storia italiana. In pochi, credo, saprebbero dire con precisione quando sono nate le colonie italiane, o perché ci interessasse conquistare l’Eritrea. In pochi saprebbero decrittare l’acronimo “AFIS”, o indicare sull’atlante la posizione, anche soltanto vaga, di Asmara.

È uscito l’anno scorso, per Carocci, un ottimo e agile saggio, intitolato Storia del colonialismo italiano e firmato da Valeria Deplano e Alessandro Pes, entrambi storici dell’Università di Cagliari. In meno di duecento pagine, il libro riesce a ripercorrere con linearità la lunga storia dell’occupazione italiana in Africa, e lo fa ponendo al centro della ricerca storica gli intrecci, spesso poco conosciuti, che legano la storia coloniale a quella nazionale. Perché, forse, il punto sta proprio qui: non si tratta di introdurre nei manuali capitoli ad hoc o di aggiungere parentesi più approfondite, ma piuttosto di capire come e perché il colonialismo sia stato parte integrante della storia italiana contemporanea.

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Il breve racconto "Un concerto" fu pubblicato da Giorgio Bassani nella raccolta "Una città di pianura", stampata a propr...
03/04/2025

Il breve racconto "Un concerto" fu pubblicato da Giorgio Bassani nella raccolta "Una città di pianura", stampata a proprie spese nel 1940 col nome fittizio di Giacomo Marchi (il cognome della nonna cattolica Emma) a causa della legislazione antiebraica all’epoca vigente. Un concerto descrive la serata trascorsa dal protagonista, la voce narrante, presso la casa di Claudio, amico dell’università e adesso avvocato dalla solida posizione, e di sua moglie Elena, definita all’inizio del racconto «donna stupida» e «degna di essere vecchia», la cui bellezza, seppure innegabile, provoca nel narratore «un senso di disagio e noia». L’ambientazione claustrofobica e sgradevole («un salottino odioso») in cui si sviluppa la trama riflette il senso di incomunicabilità tra i quattro personaggi: la coppia formata da Claudio ed Elena, l’io narrante, e Dora, donna amata in gioventù, assente oggetto dei suoi ricordi. A un certo punto, la conversazione langue e il narratore già cerca una qualche scusa per andarsene, quando vede «emergere dalla penombra, verso l’angolo remoto della stanza […] un nero pianoforte a coda». La sola presenza dello strumento segna un cambiamento repentino nello stato d’animo del narratore: «Quella presenza insospettata mi colpì. Tra mobili chiari e nudi, il pianoforte risolveva un ritmo, riempiva una pausa». Improvvisamente Elena, come consapevole della piega negativa che aveva preso la serata, si alza dalla sua poltrona e si avvicina allo strumento, poggiandovi sopra una mano.

Il matrimonio tra Claudio ed Elena era stato celebrato quattro anni prima, ma la coppia era già in crisi e i goffi gesti pubblici del marito per apparire un uomo soddisfatto ed evitare “chiacchiere” lo esponevano invece proprio ai commenti ironici e impietositi di amici e conoscenti. Adesso che Elena era incinta, poi, quel muro di incomprensione sembrava essere diventato invalicabile.

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Nora_Too Late è il titolo del libretto che il premio Nobel Jon Fosse scrisse per l’omonima opera lirica, su spartito del...
02/04/2025

Nora_Too Late è il titolo del libretto che il premio Nobel Jon Fosse scrisse per l’omonima opera lirica, su spartito della compositrice cinese Du Wei (1978), che debuttò nell’ottobre 2014 proprio in Cina, a Tianjin, e fu poi ripresa nella stagione successiva in Norvegia. Il libretto è una sorta di Casa di bambola molti decenni dopo, con una Nora oramai anziana desolatamente intenta a compilare un bilancio della propria vita alla luce della radicale scelta compiuta in gioventù. Ma poiché si tratta comunque di un testo di Jon Fosse, autore refrattario al naturalismo e alla linearità narrativa, sarebbe fuorviante aspettarsi un seguito realistico del dramma del connazionale Ibsen: ecco, allora, che anziché personaggi anagraficamente e psicologicamente determinati, la dramatis personae è formata da “creature” indicate con appellativi generici quali “donna anziana”, “donna di mezza età”, “uomo”. Non solo, passato e presente, memoria e realtà convivono sincronicamente in una fluida e onirica sovrapposizione di dimensioni temporali e narrative. Tali qualità attribuiscono al libretto di Fosse un’universalità di temi e di significati non riducibili alla questione “borghese” del ruolo della donna nella società.

Un testo stratificato e complesso, dunque, che la regista e autrice Thea Dellavalle e l’attrice Irene Petris, che insieme hanno fondato nel 2013 il collettivo artistico “dellavalle/petris”, hanno scelto di tradurre e adattare per il palcoscenico, costruendo uno spettacolo – intitolato semplicemente Too Late – dinamico e, allo stesso tempo, inventivamente e argutamente minuzioso. Prodotto da Teatro nazionale di Genova e Fondazione TPE di Torino, Too Late ha debuttato nel genovese Teatro Gustavo Modena il 12 marzo scorso per poi spostarsi nel torinese Teatro Astra e apprestarsi, durante la prossima stagione, a una tournée in altre città italiane.

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Nella piccola bolla in cui vivono le persone che studiano la letteratura capita spesso che l’uscita di una nuova edizion...
01/04/2025

Nella piccola bolla in cui vivono le persone che studiano la letteratura capita spesso che l’uscita di una nuova edizione, un articolo di giornale o l’ultima puntata di un podcast riportino d’attualità il tema della scarsa correttezza politica di un autore (più raramente di un’autrice) o di un libro rispetto alle sensibilità odierne. Ciò stimola alcune riflessioni.

La prima è che l’indignazione nei confronti di un’opera o di un fatto storico nasce spesso da una conoscenza inadeguata. Di fronte ad alcune riletture, d’altronde, è difficile fare a meno di pensare che chi le compie semplicemente non ha letto prima, o non con sufficiente attenzione, l’opera in questione. Questo spiegherebbe l’insistenza del dibattito su opere canoniche, quelle a cui la scuola permette di accedere più facilmente, e insieme l’assenza nel dibattito stesso di alcuni testi che potrebbero fornire agganci più interessanti e pertinenti. Parlando di violenza di genere, ad esempio, più che il Dante della Commedia mi pare rilevante quello di Così nel mio parlar voglio esser aspro.

Non voglio con questo delegittimare le voci che cercano di riformare il canone letterario, anzi…

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«Non è più tempo di clemenza. Ormai nel mondo si alza un gran vento di sovversione, un vento freddo, rigoroso, artico, d...
31/03/2025

«Non è più tempo di clemenza. Ormai nel mondo si alza un gran vento di sovversione, un vento freddo, rigoroso, artico, di quei venti mortiferi e così salubri da uccidere i delicati, i malati e gli uccelli, da non consentire loro di passare l’inverno».

Era il 1938 e il vento d’inverno era tale che, presentando sulla «Nouvelle R***e française», il centro della vita intellettuale francese nella prima metà del Novecento, il programma del Collège de Sociologie, una mente fondamentalmente lucida come quella di Roger Caillois poteva lasciarsi andare a un linguaggio che alcuni sentirono in qualche modo fascista o almeno superomista.

Il Collegio, che nella sua breve esistenza, fra il 1937 e il 1939, coinvolse le intelligenze transalpine più vispe del momento – e, segno dei tempi, era pure una specie di società segreta –, era talmente ambizioso e conscio, anche troppo, della sua superiorità intellettuale che nel novembre del 1938, due mesi dopo gli accordi di Monaco (tanto per rimandare alla triste attualità di un momento di umiliazione, vergogna, paura e disagio), pubblicò, sempre sulla «NRF», a firma di Caillois, George Bataille e Michel Leiris, una impegnativa Dichiarazione del Collegio di Sociologia sulla crisi internazionale.

«Lo spettacolo è stato quello di uno smarrimento immobile e muto, di un triste abbandono all’avvenimento, e l’atteggiamento quello puntualmente impaurito e consapevole della propria inferiorità di un popolo che rifiuta di ammettere la guerra tra le possibilità della propria politica di fronte a una nazione che sulla guerra, al contrario, fonda la sua».

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L’inedito di Luca Ricci che questa settimana arricchisce la sezione Finzioni è online.Accessibile anche senza abbonament...
30/03/2025

L’inedito di Luca Ricci che questa settimana arricchisce la sezione Finzioni è online.

Accessibile anche senza abbonamento ⚡️

Quest’anno nei paesi sviluppati verranno ereditati circa 6 trilioni di dollari, il 10% del PIL. In proporzione al quadro...
28/03/2025

Quest’anno nei paesi sviluppati verranno ereditati circa 6 trilioni di dollari, il 10% del PIL. In proporzione al quadro economico generale, le eredità sono oggi il doppio rispetto alla metà del ventesimo secolo. Se un giovane può comprare casa e vivere con agio dipende ormai tanto dal successo lavorativo quanto dalla ricchezza ereditata. E poiché la ricchezza è distribuita in modo più disuguale del reddito, sta nascendo una nuova “ereditocrazia”.

👉 La rassegna stampa di Maria Teresa Carbone è in homepage

Già nel terzo capitolo [di "Rumore bianco"], ci porta a visitare “la stalla più fotografata d’America” (così annunciata ...
27/03/2025

Già nel terzo capitolo [di "Rumore bianco"], ci porta a visitare “la stalla più fotografata d’America” (così annunciata dal cartello autostradale). Giunti lì, però, vediamo solo fiumi di gente intenta a fotografare quanto descritto nell’indicazione, impedendoci di vedere la stalla. Il visibile diventa di colpo incerto e irraggiungibile: non possiamo conoscerlo tramite l’esperienza sensoriale diretta. Siamo a tutti gli effetti nell’epoca della mediazione, del sapere indiretto, e quindi, in ogni caso, fallace. «Noi non siamo qui per cogliere un’immagine, ma per perpetuarla», dice Murray a Jack una volta preso atto dell’impossibilità di poter vedere quanto stanno immagazzinando decine di obiettivi fotografici. «Vediamo solamente quello che vedono gli altri. […] Come sarà stata questa stalla prima di ve**re fotografata? […] Domande a cui non sappiamo rispondere perché abbiamo letto i cartelli stradali, visto la gente che faceva le sue istantanee. Non possiamo uscire dall’aura. Ne facciamo parte».

Non basta che il reale sia fotografabile per conoscerlo, talvolta neanche per vederlo. Prima lezione.

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A chi va in giro a presentare i suoi racconti o romanzi possono capitare molte cose bizzarre. Tra queste, una mi sembra ...
26/03/2025

A chi va in giro a presentare i suoi racconti o romanzi possono capitare molte cose bizzarre. Tra queste, una mi sembra piuttosto istruttiva per comprendere i problemi della narrativa italiana. Può capitare dunque che l’autore, nel suo libro, abbia descritto una riunione conviviale tra personaggi contemporanei di mezza età. Per rendere credibili i loro dialoghi di precari statali, di lavoratori culturali o di gestori di caffè polivalenti, può capitare che abbia stenografato uno small talk dove ai sentimenti, ai pannolini e ai resoconti sui genitori invecchiati si mescola qualche discorso smozzicato su un film o una serie appena uscita, qualche battuta su un pamphlet letto da poco o su un fenomeno di costume. Nulla di strano, giusto? Dopotutto si parla di generazioni fin troppo scolarizzate. Eppure, alle presentazioni questo fatto suscita stupore. Uno stupore magari anche ammirato, ma spaesante. Certi lettori, con una strizzata d’occhio, dicono di avere apprezzato “la satira sui nostri intellettuali”. Altri, al contrario, arrivano ad affermare che alcune di quelle battute sono “aforismi formidabili”. A questo punto, l’autore non sa cosa rispondere. È a disagio, perché non sta a lui offrire una interpretazione “corretta” del suo testo; e tuttavia gli pare evidente che quei dialoghi non somigliano né a una satira né a uno scambio tra Kraus e Flaiano. Rileggendoli, ha l’impressione che siano più o meno ciò che lui voleva che fossero: il chiacchiericcio di figli qualunque dell’ex ceto medio riflessivo. Perché la rappresentazione di una tale mediocrità viene fraintesa, mentre non accade con la rappresentazione di altre condizioni umane altrettanto comuni? Forse la risposta è semplice, e rivelatrice: quel ceto è lo stesso dei lettori e degli scrittori, dell’ambiente letterario, del “pubblico della narrativa” italiana. E i suoi membri rifiutano lo specchio.
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Questo tentativo di addentrarsi tra i misteri dell’agire umano trova uno dei suoi compimenti più alti in Il grande Bob (...
25/03/2025

Questo tentativo di addentrarsi tra i misteri dell’agire umano trova uno dei suoi compimenti più alti in Il grande Bob (che dopo un’assenza decennale Adelphi ripubblica con la traduzione di Simona Mambrini), un libro dalla trama esilissima che si trasforma sin dalle prime righe in un romanzo di investigazione psicologica, la testimonianza più convincente del metodo Simenon. Il grande Bob del titolo è il protagonista in assenza che sin dall’inizio il lettore scopre essere morto, caduto dalla barca «con il maglione ancora legato al collo, la camicia rossa incollata al busto e due giri di cordone intorno alla caviglia destra», con la quale aveva deciso, nei fine-settimana in riva alla Senna, nel tratto compreso «tra la chiusa della Citinguette e quella di Vives-Eaux», di dedicarsi meticolosamente alla pesca del luccio, lui che invece aveva sempre preferito svegliarsi tardi e condire la giornata con un gran numero di rinfrescanti “bianchini”.

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“Il mio brutto carattere” è  un racconto inedito di Gilda Policastro illustrato da Snaporaz.Lo trovate in homepage, acce...
24/03/2025

“Il mio brutto carattere” è un racconto inedito di Gilda Policastro illustrato da Snaporaz.
Lo trovate in homepage, accessibile anche ai non abbonati.

Oltre a coincidere nell’immaginario comune con lo scultoreo fondoschiena di cui Madre natura l’aveva generosamente munit...
24/03/2025

Oltre a coincidere nell’immaginario comune con lo scultoreo fondoschiena di cui Madre natura l’aveva generosamente munita, Nadia Cassini finì per formare un’inscindibile endiadi anche con la propria voce: quella parlata così potentemente caratteristica degli americani che cercano di ve**re a patti con l’idioma di Dante. Quasi una parodia, al contrario, dell’americanese che suonava in bocca all’Alberto Sordi/Nando Mericoni di "Un giorno in pretura". L’inflessione della Cassini non era affatto scontato che funzionasse sull’attrice; difatti, nei ruoli ricoperti al cinema in Italia, fino a un certo punto fu sempre doppiata: da Ludovica Modugno, da Maria Pia Di Meo, da Flaminia Jandolo, da Serena Verdirosi, le stesse voci incollate a Gloria Guida, a Edwige Fenech e alle altre regine della sexy commedia anni Settanta, cioè del genere dei generi che presiedette alla grande e vera messa in luce di Nadia.

Poi, un giorno – già alle soglie degli anni Ottanta, quando la Cassini era ormai stata assunta stabilmente tra le dive del filone – a qualcuno balenò l’intuizione che lasciarle la sua voce potesse essere un’ulteriore chiave di volta del personaggio: accadeva in "La dottoressa ci sta col colonnello"...

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Edizione speciale di “Non è detta l’ultima parola”, la rubrica mensile di Federico Nicolao.Troverete:1. Hong Sang-soo, W...
21/03/2025

Edizione speciale di “Non è detta l’ultima parola”, la rubrica mensile di Federico Nicolao.

Troverete:
1. Hong Sang-soo, What Does That Nature Say to You
2. Billy Shebar, Monk in pieces
3. Huo Meng, Living the Land
4. Radu Jude, Kontinental ’25
5. Vivian Qu, Girls on Wire
6. B**g Joon-ho, Mickey 17

Buona lettura!

Fa parte dello strazio che l’ossessione per il ciclismo impone agli appassionati il dover rispondere, prima o poi, alla ...
20/03/2025

Fa parte dello strazio che l’ossessione per il ciclismo impone agli appassionati il dover rispondere, prima o poi, alla solita ricorrente domanda: cosa ci sarà poi mai da guardare, cosa ci si trova di bello, visto che tutti pedalano insieme per ore per scornarsi infine negli ultimi trecento metri. E per anni ci è toccato impantanarci in complesse spiegazioni tattiche, dissertare sui ventagli, rievocare aneddoti curiosi, eccitarsi per gli sporadici soprassalti di emozione che il ciclismo regala, forse senza crederci neppure troppo: perché in realtà volevamo solo chiedere ai molestatori di turno che ci lasciassero in pace, sul divano, nel consumarsi delle ore e della noia.

Poi il destino ha deciso evidentemente di ripagare gli amanti di questo sport derelitto per il martirio così a lungo sopportato, ed è venuto in loro soccorso. Ed ecco, all’improvviso, la stagione più felice di sempre del ciclismo: ecco Pogacar che stacca tutti a 100 chilometri dall’arrivo del mondiale per andarsi a prendere la maglia iridata; Vingegaard che lo stana a 70 chilometri dall’arrivo sulle Alpi, e lo logora per due ore prima di sfiancarlo; e poi le fughe scriteriate di Van der Poel alla Tirreno-Adriatico, arrivando vincente e stremato, in crisi di freddo, senza neppure riuscire ad alzare le braccia. Venitecelo a dire ora, che non succede mai niente.

Una nuova epoca eroica del ciclismo.

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"Il giovane protagonista della storia, Francesco, non è né sarà un partigiano, non ha le idee chiare e, quando finalment...
19/03/2025

"Il giovane protagonista della storia, Francesco, non è né sarà un partigiano, non ha le idee chiare e, quando finalmente gli parrà di poter prendere una scelta ispirata, morale, le conseguenze saranno catastrofiche".

La recensione di Roberto Gerace di "Un'estate da Dick Fulmine", recentemente uscito per Laurana, è online.

Inconcusso nel proposito di non concedere al lettore nessuna identificazione emotiva, Scurati ci appare come un eroe alf...
18/03/2025

Inconcusso nel proposito di non concedere al lettore nessuna identificazione emotiva, Scurati ci appare come un eroe alfieriano che si fa legare alla sedia: «volli, fortissimamente volli». Io, per resistere fino in fondo, ho dovuto cercare un po’ di respiro in un breve episodio di Guerra e pace che molti ricorderanno: Napoleone sta assistendo dall’alto di un colle alla battaglia della Beresina, arriva un attendente e annuncia «i russi hanno subito molte perdite ma insistono ad attaccare» – Napoleone è stanco, vorrebbe essere altrove, non ne può più di carneficine, dice in francese «ils en veulent encore», ne vogliono ancora e allora dategliene ancora, ma ha fastidio anche di se stesso e dei propri ordini; Napoleone non è nemmeno il protagonista del romanzo tolstojano, ma in quella paginetta sono entrato nella sua testa più che in quella di Mussolini nelle oltre seicento pagine di Scurati.

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Alcune settimane dopo, proprio nel giorno in cui mi ero messo a leggere "Ipnocrazia", altre immagini, sempre legate alla...
17/03/2025

Alcune settimane dopo, proprio nel giorno in cui mi ero messo a leggere "Ipnocrazia", altre immagini, sempre legate alla nuova amministrazione Usa, stavano saturando i social e suscitando un flusso inarrestabile di reazioni: un grottesco video generato con l’intelligenza artificiale e pubblicato online proprio da Trump che mostrava la striscia di Gaza trasformata in una riviera di lusso con grattacieli, spiagge, dollari che cadono dal cielo e statue dorate dello stesso presidente americano. Di nuovo, come con il braccio teso di Musk, quelle immagini nel loro alzare ancora una volta l’asticella nel livello di sguaiatezza della comunicazione politica, nel loro essere volgari, scandalose, offensive, insomma eccessive anche rispetto al grado di assuefazione comune ormai raggiunto, risultavano irresistibilmente ingaggianti.
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Indirizzo

Salita Di Santa Caterina 2/17c
Genova
16123

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