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È possibile che certi dischi siano sulla carta numeri uno ma poi si fermino al pit stop? Certo, e il motivo a volte è se...
23/01/2025

È possibile che certi dischi siano sulla carta numeri uno ma poi si fermino al pit stop? Certo, e il motivo a volte è semplicemente che sono troppo avanti per il loro tempo. È il caso di "Alla periferia dell’impero" di Mino Di Martino, che nel 1984 apparve nei negozi come il degno successore del Battiato di "La voce del padrone": un lavoro che non solo rielabora e perfeziona gli stilemi di quel capolavoro, ma in un certo senso si riprende ciò che ha seminato, giacché lo stesso Battiato aveva pescato nell’inventiva musicale del nostro Di Martino. Mino, infatti, è lo storico cuore dei Giganti, mitico gruppo beat (ricordate “Mettete dei fiori nei vostri cannoni?”) che poi si trasformerà in uno dei padri del progressive italiano. Finita quell’esperienza Di Martino militerà negli sperimentali "Telaio Magnetico" proprio con Battiato, Juri Camisasca, Lino Capra Vaccina, Roberto Mazza e Terra Di Benedetto. Con quest’ultima, cantante e attrice, il nostro avrà un sodalizio sentimentale ma soprattutto artistico: i due fonderanno la ragione sociale degli "Albergo Intergalattico Spaziale", primo esempio di musica cosmica italiana, che diventeranno un culto internazionale e che spesso entreranno e usciranno dal giro delle major pur di conservare un’integrità artistica invidiabile.

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Un robot insegue in un bosco un essere umano, braccato come una preda; le braccia metalliche di quello che assomiglia a ...
22/01/2025

Un robot insegue in un bosco un essere umano, braccato come una preda; le braccia metalliche di quello che assomiglia a un gigantesco ragno meccanico lo bloccano, lo stringono, stanno per addormentarlo, prima di lasciarlo andare apparentemente senza motivo. Il Korok – così si chiama la macchina – preleva solo campioni intelligenti, per questo lascia l’uomo a terra, dolorante e terrorizzato, ma vivo.

Una donna vedova continua a vivere con l’automa del marito scienziato, creato da lui stesso prima di morire. È un modello all’avanguardia, si aggiorna quotidianamente e possiede la memoria dell’originale. Ma perché allora la coppia non esce mai di casa?

In una redazione di una rivista di fantascienza, un’impiegata è convinta che due fra i più noti scrittori siano in realtà marziani in incognito, in missione segreta per conquistare la Terra. La fervida fantasia dei loro racconti sarebbe dunque semplice realismo “esotico”?

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Il matrimonio tra arte e pubblicità è stato uno dei più importanti del Novecento. Ha rivoluzionato non solo il mondo del...
21/01/2025

Il matrimonio tra arte e pubblicità è stato uno dei più importanti del Novecento. Ha rivoluzionato non solo il mondo dell’arte, ma la società reale, condizionandone i costumi, la politica, le dinamiche economiche. Dal frigorifero di casa nostra alle campagne elettorali, dal maglione che indossiamo al marketing delle multinazionali, dagli uffici di politiche urbane ai profili social su cui anche noi ci autopubblicizziamo: non c’è dimensione della vita contemporanea che possa dirsi immune dall’arte dell’influenza di massa. Ancora fino al secondo dopoguerra si chiamava propaganda: lo stesso termine con cui la chiesa organizzava la propagazione della fede, e il fascismo quella della sua ideologia. Parlare neutralmente di comunicazione, come si fa oggi, significa in realtà negare il fenomeno, perché se ne perde la dimensione celebrativa e strillata: l’arte della réclame deriva direttamente dalle grida del pescivendolo al mercato.

Con le fotografie di Toscani si compie una staffetta ideale che comincia con il futurismo e passa per la Factory di Andy Warhol, di cui Toscani fu amico, ritrattista e brillante discepolo.

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Ecco, per la prima volta capisco che mi trovo in un momento di bellezza irripetibile: così arriva la paura. Da che ricor...
20/01/2025

Ecco, per la prima volta capisco che mi trovo in un momento di bellezza irripetibile: così arriva la paura. Da che ricordo la vita quotidiana è sempre stata un accompagnamento dissonante a qualche schifo passato o a ve**re. La depressione a grandi linee la sapevo: ma non sono preparato ad affrontare la volta che fuori da questo tutto intravedo ciò che preme oltre i confini. Il fatto stesso che io possa dirmi senza bugie che ora sono felice, mi rovescia lo sguardo. Non sono sull’orlo del baratro, come ho spergiurato finora, per un minuto immenso ho la certezza di essere io il baratro, e dal profondo sto guardando altissime tutte le cose affacciate su di me.

L'ultimo inedito pubblicato in "Finzioni" è "Tetraedro" di Lorenzo Marchese. Il testo integrale è sul sito. Le foto sono di Lizgrin F.

La nostra cultura del Presente Assoluto scoraggia i salutari paragoni critici “in verticale”, cioè tra scrittori recenti...
20/01/2025

La nostra cultura del Presente Assoluto scoraggia i salutari paragoni critici “in verticale”, cioè tra scrittori recenti oggi monumentalizzati e scrittori di altre epoche troppo frettolosamente dimenticati: siamo sicuri ad esempio, insisteva in solitudine Luigi Baldacci, che Calvino sia più grande di Bontempelli, al quale deve non poco? In realtà, per essere precisi, il paragone tra passato e presente è diffusissimo: non però in chiave critica, ma pubblicitaria. Quanti “Hemingway” o “Woolf”, e addirittura quanti “Proust” o “Dostoevskij” “dei nostri anni” scopriamo sulle fascette editoriali e nelle recensioni embedded? Bastano una certa secchezza stilizzata e virilista, qualche nuance più che femminile femminea, un po’ di memoria famigliare flou o un po’ di estetismo sui demoni maligni appiccicato a un fatto di cronaca nera, e il certificato si ottiene senza sforzo. Un caso particolare è quello di Balzac. Perché oggi il suo nome torna a risuonare ovunque.

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L’incontro e il congedo sono per tradizione sigillati dal rito del saluto. L’avvicinamento e l’allontanamento da qualcun...
17/01/2025

L’incontro e il congedo sono per tradizione sigillati dal rito del saluto. L’avvicinamento e l’allontanamento da qualcuno hanno bisogno di essere riconosciuti e dichiarati per avere una certa validità, una consacrazione che fa dire: “Sì, è arrivato il momento”. Salutarsi ha a che fare col vedersi e smettere di vedersi, e anche col riconoscersi: è il modo più efficace e sintetico che abbiamo escogitato per confermare all’altro che incontriamo che esiste, che ci ricordiamo di lui, che sappiamo collocarlo dentro un contesto di cui anche noi facciamo parte.

Navigando in internet per alcune ricerche, qualche tempo fa mi sono imbattuta nel sito del MoMa e, in particolare, nella serie di immagini della mostra dedicata al monumentale lavoro di Nan Goldin (1953, Washington, Usa), The Ballad of Sexual Dependency. E lì ho trovato l’immagine da cui far partire questo articolo.

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Il piano inclinato del titolo non sta certo nel degrado che costringe a delinquere per bisogno: Alajmo è più sottile di ...
16/01/2025

Il piano inclinato del titolo non sta certo nel degrado che costringe a delinquere per bisogno: Alajmo è più sottile di così, non si accontenta di esotizzare la povertà. In questione è invece un desiderio che non riesce a trovare un oggetto in grado di appagarlo («in certi momenti gli pare che tutto il mondo che lo circonda si configuri come una colossale tentazione alla quale lui non è in condizione di cedere»): una finestra aperta sulla frustrazione infinita. La Grazia che Ousma insegue è l’affascinante donna progressista del centro di accoglienza che, a prima vista, ricambia il suo desiderio solo per poi tenerlo a distanza con una professionalità in cui Ousmane legge il rifiuto; ma è anche un’altra grazia sottilissima, che anche noi inseguiamo senza costrutto, la stessa che Ousma s’illude via via di trovare negli occhi di una giovane marocchina sua coetanea come nell’hamburger di un fast food, nei soldi della liquidazione come addetto alle pulizie in un centro commerciale, in una giacca elegante da bianchi ricchi di cui prima ha voglia e, appena l’ha comprata, vergogna bruciante.

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Le illustrazioni che completano l'articolo sono di Francesca Cogni.

Marian Henel era nato nel 1926, in un paesino che si chiama qualcosa come “Alle stalle”, insomma, non proprio nel fervor...
15/01/2025

Marian Henel era nato nel 1926, in un paesino che si chiama qualcosa come “Alle stalle”, insomma, non proprio nel fervore della metropoli. Della sua vita prima del ricovero si sa giusto quello che ne racconta lui, ma di sicuro era nato non voluto. Non era un orfano, perché la madre c’era, ma lo aveva abbandonato, e le sue esperienze tra famiglie affidatarie e orfanotrofi furono terribili, finché a ventiquattro anni finisce in carcere per aver dato fuoco a una stalla. Non voleva che prendesse fuoco, dice in un video, voleva soltanto bruciare un po’ di paglia, però in cinque minuti «wszystko się k***a spalil», tutto ha preso fuoco, con quel k***a che chiunque abbia avuto a che fare con un polacco sa bene essere la parolaccia che sta sul tavolo un po’ come il sale, e si usa a pioggia. Dal carcere viene in breve trasferito nell’ospedale psichiatrico perché ha tendenze violente, gli viene diagnosticato un disturbo della personalità e varie deviazioni sessuali.

È la rotondità del corpo che lo affascina e lo ossessiona, per anni, prima ancora del percorso di arte terapia che lo porterà a tessere i suoi magnifici arazzi, cucirà le lenzuola e le stoffe che trova in ospedale per farsi degli abiti bianchi e fotografarsi in una serie di autoscatti in bianco e nero a tema grottesco sessuale.

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Quelli che se ne erano andati via da Roma e la detestavano, tornano dopo anni e anni, trovandola se possibile peggiorata...
14/01/2025

Quelli che se ne erano andati via da Roma e la detestavano, tornano dopo anni e anni, trovandola se possibile peggiorata, più incasinata provinciale sciatta sporca impercorribile, suddivisa in sotto-città più piccole, ciascuna con una propria lingua e usanze, che a causa della fatica degli spostamenti, ormai praticamente non comunicano tra loro e si sono fatte identitarie: tornano nella città delle piccole patrie, molti non si re-inseriscono in quella di appartenenza, abitano altrove, hanno aperto un B&B nell’appartamento grande che gli ha lasciato la madre, la zia, la nonna – a Roma sono le donne a possedere le case – se la cavano discretamente, ti dicono io sto qui ma sono di Magliana, di Torre Spaccata, del Tufello, di Rebibbia, a Rebibbia non c’è molto da fare, dicono Rebibbia, Tormarancia, come se pronunciassero il nome di città autonome e a sé stanti, distinte le une dalle altre, cosa che effettivamente sono.

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Con la riproposta del Meridiano Mondadori di tutti i racconti (a cura e con un saggio introduttivo di Gigliola Nocera, t...
13/01/2025

Con la riproposta del Meridiano Mondadori di tutti i racconti (a cura e con un saggio introduttivo di Gigliola Nocera, traduzione di Riccardo Duranti), è giunta l’ora di dirlo: Raymond Carver è stato un massimalista. Nessuno come lui ha esagerato nell’arte della diminuzione. Volendosi dotare di una griglia interpretativa italiana, si potrebbe dire che il suo stile più che minimale è povero, alludendo alla definizione di “arte povera” coniata da Germano Celant: che utilizza, per le proprie opere, materiali non raffinati, grezzi. Considerando che il materiale dello scrittore è prima di tutto la lingua, Raymond Carver ha strabiliato nel ridurla ai minimi termini – dalla monotonia lessicale alla polverizzazione della sintassi. Che cosa sono tutte quelle frasi sprovviste di subordinate se non strabiliante “arte povera”?

Non ho bisogno di stare tranquilla.L’inedito di Valentina Maini lo trovate sul sito.
12/01/2025

Non ho bisogno di stare tranquilla.
L’inedito di Valentina Maini lo trovate sul sito.

Quasi cinque anni ci separano dalla pandemia. A me pare uno scherzo. Se penso alla mia vita mi sembra non sia accaduto n...
10/01/2025

Quasi cinque anni ci separano dalla pandemia. A me pare uno scherzo. Se penso alla mia vita mi sembra non sia accaduto nulla. La mia traiettoria ha inanellato tutte le esperienze – lavori, case, amori, malattie, morti – che ha fatto la gente della mia età, del mio genere, della mia estrazione sociale. Se penso ai fatti del mondo accumulo elenchi di eventi, ma ho vissuto senza accorgermene.

L’ultima volta mi ha risvegliato la pubblicazione, a distanza di dieci anni, di Farla finita con Eddy Bellegueule di Édouard Louis, nella nuova traduzione di Annalisa Romani per La nave di Teseo. Era uno scrittore giovane, che in virtù di questa gioventù usava la vita contro la letteratura, e lo è rimasto: Louis sembra impermeabile al tempo e il tempo sembra impermeabile a Louis, ma il libro è ristampato in un mondo diverso.
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È evidente come il dialetto stia diventando sempre più presente nella discografia italiana, distaccandosi dai canoni più...
09/01/2025

È evidente come il dialetto stia diventando sempre più presente nella discografia italiana, distaccandosi dai canoni più legati al folk e alle musiche tradizionali per aprirsi a generi che vanno dal cantautorato alla musica più sperimentale. Nonostante esistano scene musicali da sempre legate al dialetto (Napoli è uno degli esempi più importanti, e i riconoscimenti degli anni scorsi agli Almamegretta e agli ’A67 non ne sono che la dimostrazione), ora in zone molto diverse d’Italia la lingua locale diventa il mezzo di espressione preferito, per lavori anche molto ambiziosi e dal suono contemporaneo.

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«Longhi fu il solo morto che vegliai» confessa Gianfranco Contini a Ludovica Ripa di Meana nel magnifico libro Diligenza...
08/01/2025

«Longhi fu il solo morto che vegliai» confessa Gianfranco Contini a Ludovica Ripa di Meana nel magnifico libro Diligenza e voluttà. Ludovica Ripa di Meana interroga Gianfranco Contini (Mondadori, 1989). Non poteva mancare nelle pagine di questa biografia raccontata in prima persona, “libro singolarissimo”, un capitolo dedicato al grande amico Roberto Longhi. Contini, all’epoca dell’intervista era già segnato dall’ictus che lo colpì nel 1970, proprio l’anno della morte di Longhi. Sollecitato dalle domande di questa sorta di “autobiografa d’altri”, Contini si lascia andare ai ricordi... [continua sul sito]

Il conte Ugolino divorò o no i suoi figli? O meglio, Dante volle suggerirci che lo fece oppure no? Jorge Luis Borges ded...
07/01/2025

Il conte Ugolino divorò o no i suoi figli? O meglio, Dante volle suggerirci che lo fece oppure no? Jorge Luis Borges dedicò alla questione un breve scritto intitolato Il falso problema di Ugolino, poi raccolto nel volume Nove saggi danteschi. L’episodio della Commedia di cui stiamo parlando è notissimo: nel trentatreesimo canto dell’Inferno Dante sta attraversando il nono girone, dove sono puniti i traditori, e si imbatte in Ugolino, conficcato nel ghiaccio ed eternamente intento a rodere coi denti il cranio del suo grande nemico Ruggero degli Ubaldini. Il conte racconta la sua triste storia: rinchiuso in una cella da Ruggero insieme ai quattro figli, li vede spirare uno dopo l’altro; la rievocazione si chiude con un verso celebre: «Poscia, più che ’l dolor poté ’l digiuno».

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Perché oggi si continua a leggere e ristampare Scerbanenco e non, che so, Betocchi o Bigiaretti? Evidentemente lo scritt...
06/01/2025

Perché oggi si continua a leggere e ristampare Scerbanenco e non, che so, Betocchi o Bigiaretti? Evidentemente lo scrittore nato a Kyiv nel 1911 e morto a Milano nel 1969 riesce ancora a parlare ai lettori e a essere una fonte di ispirazione. L’etichetta di “padre del noir italiano”, in questo senso, gli garantisce un culto duraturo, dal momento che il noir, da qualche decennio, sembra uno dei pochi generi in grado di soddisfare l’esigenza di intrattenimento del lettore senza rinunciare a prestigio culturale, correttezza politica e rilevanza sociologica.

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L’inedito di Raffaele Donnarumma, illustrato da Simone Giaiacopi, è online.
05/01/2025

L’inedito di Raffaele Donnarumma, illustrato da Simone Giaiacopi, è online.

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Salita Di Santa Caterina 2/17c
Genova
16123

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