04/11/2024
Utero in affitto.
Gestante senza nome?
Non è che ci siamo p***e qualcosa?
Chiamatela Gpa, Gravidanza per altri, Utero in affitto, chiamatela come volete! Ma i recenti fatti che hanno visto coinvolta una ventottenne argentina, una coppia italiana e una creatura che non ha certo scelto di diventare oggetto di una transazione, rappresentano per noi un ulteriore giro di boa nella caduta di attenzione di alcune persone, tra cui molte donne, verso lo sfruttamento delle donne.
In questi giorni giornali, politici e commentatori hanno parlato molto della coppia, un po’ della bambina, zero o quasi della donna, quantomeno della sua condizione; come se le vittime fossero i due italiani e lei fosse solo un ‘’accessorio’’ presente per caso nella vicenda.
Eppure lei incarna sicuramente la posizione della sfruttata. Una donna giovane, povera, con una figlia da mantenere, che ha già venduto gli ovuli e adesso, come molte altre sfortunate del suo quartiere, ha venduto la sua capacità procreativa. Una situazione che avrebbe dovuto far pensare quanti cianciano di libere scelte, di volontarietà e garanzie per le surrogate.
Abbiamo seguito diverse pagine, letto un numero infinito di commenti, ma tra i sostenitori della pratica della GPA, non abbiamo visto riflessioni sulla gravità del caso, bensì colto una spinta alla normalizzazione dello sfruttamento, come se i mantra spesso usati per giustificare la pratica (giusta regolamentazione, tranquillità economica della gestante, scelta libera, solo rimborsi, ecc) fossero stati velocemente sostituiti dall’indifferenza verso la specifica situazione.
Ci è balenato un pensiero: e se l’assenza del nome di questa donna celasse qualcosa di più di una tutela della privacy?
Se rivelasse una maschera buttata, il superamento della necessità di farsi degli scrupoli? E l’altra, la gestante, la donna, fosse finalmente definita per ciò che la gpa l’ha fatta diventare: un corpo di servizio, uno strumento di produzione, una macchina.
Avete mai chiamato per nome una macchina?