04/09/2024
Breve racconto estivo.
La scuola per me è sempre stata un incubo. Un vero inferno.
Ho odiato l’asilo, l’elementari, le medie e le superiori.
Avevo sempre ottimi voti e all’asilo ero considerata una sorta di bambina prodigio, raggiungendo con largo anticipo tutte le tappe dello sviluppo.
Ricordo che mi annoiavo sempre, che mi sentivo totalmente aliena al contesto, non capivo gli altri e loro non capivano me, ma soprattutto qualsiasi cosa mi venisse spiegata (tranne forse filosofia) la vivevo come un’immensa perdita di tempo.
Le superiori poi sono state un incubo al limite dell’horror.
Posso dire di non conservare nessun ricordo piacevole di quei 5 lunghi anni, di averli detestati quegli e di esserne uscita diciamo “indenne” solo per miracolo, tra note, sospensioni, litigi, invii dalla preside, dagli psicologi, da un’assistente sociale molto dolce e crisi esistenziali varie.
Tra i ricordi peggiori, un professore di Italiano, una persona orribile che si divertiva a raccontare durante le lezioni e nei dettagli le sue battute di caccia.
Io già a 16 anni ero vegetariana (poi vegana fino ai 38 anni) e soprattutto sono sempre stata animalista essendo cresciuta in compagnia più degli animali che dei pari o delle persone in generale.
Feci presente che i suoi racconti mi facevano stare male, ma lui rabbiosamente e beceramente, com’è tipico di quella gentaglia che va a caccia, mi redarguiva con dei grugniti dandomi della rompi co****ni e tacciandomi come ipersensibile che non capiva il vero spirito della sua infame pratica.
Era un uomo molto violento.
Basterebbe effettivamente osservare le sue “passioni” per capire la sua natura.
Ma oltre a quelle, a rivelare la sua indole iraconda e prepotente c’erano molti altri fatti…
Quando bevevamo in classe, ci toglieva la bottiglia d’acqua di mano e la lanciava dalla finestra.
Ce la strappava di mano con veemenza, e letteralmente la scaranteva giù senza pensare nè al fatto che a noi serviva quell’acqua stando sedute sei ore su un banco, nè all’inquinamento che produceva quel cretino, ma nemmeno al fatto che di sotto c’era il cortile di un asilo. La sua motivazione? Non dovevamo distrarci. E non dovevamo bere.
Vallo dire a 30 adolescenti fissate con la cellulite.
Non solo.
Più di una volte diede sfogo ai suoi bassi istinti lanciando diari e libri addosso a noi ( per sua fortuna o per suo saggio intuito primordiale, mai addosso a me)
Succedesse oggi una cosa del genere, verrebbe immediatamente sospeso, ma negli anni 80/90 i bambini e gli adolescenti contavano meno degli animali a cui questo bruto sparava nei boschi.
Avevano tutte paura di lui.
Tranne io, ovviamente, che sono sempre stata una vera ribelle, una che sentiva l’autenticità delle cose, e che non si piegava nemmeno con le botte ( e si che ne ho prese non poche).
A una nostra compagna venne l’alopecia da stress, un’altra aveva dei mancamenti ogni volta che lui entrava in classe, un’altra ancora si infilava il va**um sotto la lingua durante le sue lezioni….ma nessuna osava rispondergli o quanto meno contrapporsi a quei gesti folli.
Un giorno la bidella passó per dirci che qualcuno aveva telefonato perché c’era una bom*a.
Ora, per ca**tà, lo sanno anche i sassi che sono telefonate fatte per evitare compiti in classe e interrogazioni: un tempo questi scherzi erano all’ordine del giorno: se c’era uno che stava male e rimaneva a casa sotto le coperte, lo costringevamo praticamente a telefonare e dire che c’era questa bo@ba.
Bei tempi! Quando era facile beffarsi del sistema, che nel nostro piccolo era quella scuola persecutrice.
Fallo ora e ti ritrovi arrestato per simulazione di attentato o che so io.
Insomma la bidella passa con una circolare dicendo che dovevamo assolutamente evacuare quell’edificio già di per sé fatiscente e pericolante che bastava far cadere una penna per far tremare tre file di banchi.
In quel momento noi stavamo facendo il compito in classe su Leopardi. Tutte assorte, sudate, in religioso silenzio. Silenzio rotto dalla circolare consegnata dalla bidella.
Lo ricordo benissimo:
“ allora chi esce prenderà l’insufficienza in automatico” abbaió brontolo (che anche per altezza era simile ad uno dei sette nani di Biancaneve).
“ eh no professore” rispondo io mentre già preparavo la mia roba per scendere in cortile “ non è mica facoltativo l’invito! Se la prende lei la responsabilità della nostra eventuale morte?! E poi anche se fosse di certo non voglio morire per fare il compito su Leopardi”
Risposi serenamente e fermamente.
Inutile dire che il gregge composto dalle mie compagne rimase appollaiato a testa bassa senza emettere un suono, ma alcune, ispirate dal mio gesto, si alzarono in piedi in segno di cooperazione col mio agire.
“ se uscite prendete l’insufficienza!” Tuono brontolo battendo i pugni sul tavolo, arrossendo vistosamente con quei suoi porri che sembravano semafori infuocati!
“Io prendo l’insufficienza se me la merito, ma intanto esco”
E con me uscirono altre 5,6 ragazze semi sveglie, ma non del tutto sveglie perchè senza il mio richiamo sarebbero rimaste a belare dietro il buon pastore.
Tornai che avevo scritto un bellissimo tema di dissertazione e analisi sulla famosa pallosissima poesia “a Silvia”.
Glielo consegnai.
Lui nemmeno mi guardò in faccia.
Appena prese il compito, tenendo la testa bassa, ringhió “hai sicuramente copiato: fuori in cortile chi ti controllava?!”
“Me stessa. Io so scrivere e non ho bisogno di copiare così come non ho bisogno del suo parere per sapere cosa è giusto o sbagliato e trattenere in ostaggio una classe è sicuramente sbagliato. Arrivederci”
Detestavo quell’uomo complessato e arrogante, il tipico essere umano che per guadagnare qualche centimetro di altezza e non parlo solo di quella fisica, deve salire sopra le spalle degli altri.
Ma per fortuna non funziona sempre così. E la vita quando meno te lo aspetti rivela a tutti la tua statura.
Quel povero borghesuccio represso mi diede 6- e da li in poi i miei voti si attestarono sempre su quella valutazione.
Non potevo farci niente io odiavo lui e lui odiava me perché gli sbattevo in faccia la sua reale condizione.
Ricordo che all’ennesimo 5 1/2 una sera uscii e mi drogai pesantemente tanto che dovettero riportarmi a casa (non ricordo chi ne come).
Studiavo, ero impeccabile eppure niente. Questa cosa mi faceva davvero incazzare perché io non mi sento mai impotente, ma con lui mi ci sentivo.
E so bene e per certo che ero talentuosa nello scrivere già al tempo, ma era una lotta impari.
Una lotta che alla fine ho vinto grazie a due fortunati episodi.
Una sera, mentre passeggiavo per corso Cavour col mio fidanzatino di allora, mi fermai al “giardino delle monache” un pub ora chiuso, in cui ti servivano i piatti camminando sui pattini a rotelle; mi piaceva quell’atmosfera americana ma anche il fatto che facessero delle zozzissime crepes che adoravo divorare a tarda notte.
Stavo per entrare quando vedo un uomo e una donna.
“Buonasera professore che ci fa in giro a quest’ora? “ sarà stata l’una passata…
“Ehm, ciao buona sera Crispolti..” balbettó guardandosi intorno…
“Buona sera signora! Sono un’alunna del professore ######x”
Percepisco qualcosa di strano, per qualche secondo l’imbarazzo permea l’aria, ma io dell’imbarazzo e dei silenzi non ho mai avuto timore e così resto ferma, immobile a guardare negli occhi quei due.
Fisso negli occhi il professore “buona notte io vado al pub”
E me ne vado a mangiare la mia crepes.
La primavera stava finendo e ci avvicinavamo alla fine dello strazio scolastico, fine che, peró, rappresentava anche la resa dei conti e dei voti.
Un giorno durante la ricreazione mentre fumavo al bagno contravvenendo come sempre a qualche regola, arrivó la bidella con passo veloce e sguardo spazientito: “innanzitutto non devi fumare al bagno, e secondo ti aspetta il prof ###### in aula 5”
“Digli che Finisco di fumare e arrivo” certo che anch’Io… ero abbastanza terribile.
Mi dico “ma questo che vorrà adesso?”
“Buongiorno Crispolti, siediti” mi fa cenno con la mano di sedermi di fronte a lui in quest’auletta vuota.
Lo sguardo onnipotente e il fare dispotico erano ben repressi sotto un sorriso forzato, tirato e un’espressione quasi supplichevole.
“Senti, hai presente l’altra sera, quando ci siamo incontrati”
Io:” sì in Via cavour passeggiava con sua moglie”
“Non è mia moglie”.
La mia testa in un secondo vede passare davanti la scritta rosso lampeggiante “vittoria! Lei ha vinto al super enalotto! La sua vita è salva!
“Ti prego di non dirlo a nessuno, ma proprio a nessuno, perché Perugia lo sai com’è..: insomma la gente potrebbe ehm farsi delle idee eh, come dire.. strane!”
Ma figuriamoci se io avvertissi una qualche forma di compassione per quell’omuncolo. Zero. Meno di zero. Anzi.
Desideravo proprio trasmettergli energeticamente e con il non detto che avrei molto, molto goduto nello sputtanarlo con tutti quanto meno per vendicare tutti i fagiani che sterminava ogni domenica nel tentativo di esprimere la frustrazione del suo matrimonio infelice e della sua sessualità castrata.
“Ma certo professore. Non diró nulla”
Ma lui conosceva bene la mi indole e sapeva che il mio silenzio avrebbe certamente preteso qualcosa in cambio, e questo perché quando c’è tanto disprezzo tra due esseri, non esistono favori, almeno non gratuiti.
Quindi me ne stetti buona fino al tema successivo, dove ovviamente presi un bell’otto tondo e panciuto.
Chiaro che me lo meritassi, erano i voti di prima che non rispondevano al vero.
Non c’è niente di peggio per un narcisista maligno che qualcuno si faccia beffa delle gesta eroiche che decanta per ingraziarsi “il pubblico”, che in questo caso era la mia classe di giovani ovini.
Lui mi odiava per questo: quando iniziava i suoi sproloqui sulla caccia o contro Dio (che bestemmiava davanti a tutti anche in classe) io mi alzavo e me ne andavo.
Lui urlava: “ vai dalla preside!!” e io alzavo il dito medio, prendevo si*****te e accendino e me ne andavo lasciando pure la porta aperta.
Bei ricordi.
Sono molto orgogliosa di non essere mai in nessun caso stata un ovino passivo e sottomesso.
Amo gli ovini, sia chiaro. Ma no quello a due gambe.
Certo avevo dei modi da teppista, ma ad oggi mi piacciono e li rivendico, non me ne vergogno affatto e anzi li vedo come un atto poetico in contraddizione a quel mondo falso, becero e privo di qualsiasi spinta vitale reale.
Ma aspettate: i più attenti si saranno accorti che i punti di fortuna che costellarono il mio cielo fuorono due.
Agli esami finali fu nominato un commissario esterno proprio per Italiano! Bingo!
Feci un tema sull’evoluzione della donna e della famiglia durante il novecento.
Presi 10.
Ovviamente, dato che in tutte le materie letterarie nonostante i miei dirompenti disagi psichici, gli attacchi di panico, l’ansia, l’abuso di qualsiasi cosa mi capitasse a tiro, le compagnie di delinquenti che mi scarrozzavano in auto, avevo tutti 9 o 10.
Questo era il bello: che non potevano azzittirmi perché nonostante tutto portavo a casa dei risultati pazzeschi e la mia mente era sempre sveglia e attenta persino quando mi addormentavo sul banco ero in grado di rispondere in modo corretto alle domande che mi si ponevano per testare se fossi veramente lì o se dimorassi su un piano astrale…
Quando la scuola finì non volli partecipare nè ai cento giorni, nè all’Ipocrita cena di classe.
Tranne alcune compagne, ma giusto 3,4, schifavo tutte le altre le consideravo bambocce inette, ragazzine incapaci di vivere in un mondo reale e violento come facevo io.
Disprezzavo anche quasi tutti i docenti, inautentici, bugiardi, irrisolti, per lo più ignoranti e sbruffoni.
Sono felice che la scuola sia un lontano ricordo.
Quegli anni orrendi mi hanno sfinito l’anima.
Su tutti quell’essere, che ancora ritengo spregevole, cioè il prof d’italiano.
Ovunque tu sia, buona caccia st***zo.
Leggi e impara a scrivere.
Ho saputo per certo che le corna sono corrisposte.
ClaudiaCrispolti
Tratto da una storia vera.
O forse no.