09/03/2023
ALLA RICERCA DEI GIORNALI (E DEI LETTORI) PERDUTI
l'editoriale del direttore Pierandrea Vanni
“Perché non siete in edicola?” chiede un abbonato al quale ST arriva spesso in ritardo. La prima risposta a caldo potrebbe essere: “Trovarla una edicola aperta”. La seconda, meno impulsiva, dovrebbe ricordare i tentativi fatti nel passato con l’abbinamento a un quotidiano toscano, lasciato cadere da quest’ultimo nonostante i buoni risultati, e i contatti con alcuni canali distributivi, rimasti tali o con esiti deludenti, forse perché siamo un piccolo giornale e di nicchia.
Ma ST è ancor meno di un microcosmo nel mondo dell’editoria. Il problema vero è la crisi cronica della stampa cartacea quotidiana alla quale si accompagna quella di molti periodici. Così chiudono le edicole, ci sono paesi che ne sono rimasti sprovvisti, nelle città come Firenze è difficile comprare un giornale il pomeriggio (alla stazione di Santa Maria Novella non ci sono più giornalai ma solo uno spazio per la stampa in una nota libreria) e l’emorragia continua, inesorabile. Fare l’edicolante, un’attività che spesso si tramandava di padre in figlio, non è più remunerativo.
Dopo aver scoperto, spesso in ritardo, i giornali on line a pagamento, gli editori soprattutto dei quotidiani sembrano rassegnati e comunque interessati solo ai prepensionamenti oltre alla cassa integrazione e ai contratti di solidarietà. Se le redazioni si svuotano non solo nei numeri ma anche nella qualità poco importa. Dopo aver quasi estinto anche grazie alle innovazioni tecnologiche i poligrafici, qualche editore magari spera di fare giornali senza giornalisti. Siamo a meno di un milione di copie di quotidiani vendute ogni giorno. Venti anni fa eravamo a cinque milioni di copie e sembravano poche. Gli editori hanno dunque le loro attenuanti ma hanno reagito alla crisi con una sorta di rassegnato disinteresse. Hanno forse provato a investire nella qualità e a sostenere con iniziative adeguate il valore è l’importanza della carta stampata pur in una informazione multimediale? Anche i giornalisti hanno le loro responsabilità. Spesso troppo autoreferenziali, attenti a fare un giornale che magari piace più a loro che ai lettori. Per non parlare degli autogol che in diversi casi hanno minato la credibilità e l’autonomia dalla politica e dalla finanza e di un’informazione ben più urlata che ragionata. Edicole che chiudono, agenzie di distribuzione spesso in difficoltà, giornalisti demotivati e preoccupati per il loro futuro (quelli non prepensionati), pubblicità in calo, lettori che se ne vanno. E la colpa non è solo dei social con la loro informazione dilatata e deformata. Le fake news trovano immeritata credibilità ma i social hanno anche il merito di aver ampliato, e molto, il perimetro dell’informazione e della comunicazione.
Non conoscono crisi solo le apparizioni televisive di direttori, condirettori e vicedirettori di quotidiani. Qualcuno vanta anche tre presenze nello stesso giorno fra RAI, Mediaset e LA7. Fosse solo per questo parametro la credibilità della carta stampata sembrerebbe alta, purtroppo non è così. Troppo pessimismo, troppa nostalgia per in passato che non può certo tornare? È possibile. Probabilmente la ricerca dei giornali e dei lettori perduti è una chimera, anche perché molti dei diretti interessati non ci credono o non ci provano. Finiremo per dover rendere l’onore delle armi alla carta stampata, magari con il magone in gola e con la certezza che non sarà un bel momento per nessuno, soprattutto per chi crede che concetti come pluralismo, libertà e qualità dell’informazione sono patrimonio di una società non appiattita.
ℹ️&🛒Edizioni Medicea Firenze
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