24/12/2011
IR FAVATI DI CRESPINA ... E IR CEPPO DI NATALE
Oggi siamo 'onfusi da tutte le feste che ci sono durante tutto l'anno. Ne hanno inventate di 'otte e di crude. Quella degli innamorati, delle mamme, dei nonni, degli zii, dei triscugini ... Tutto per consumà sempre di più e ora che ci ri è anche un po' di miseria, pur di 'omprà quarcosa si và a prende anche que' troiai che arrivan dalla cina. E' l'ora di falla finita !
Ora che siamo vicini ar Natale bisognerebbe rimette apposto le rotelle del cervello e riscoprì quali sono le vere feste. Se per un bimbo è festa tutti i giorni questo bimbo non avrà più feste e sarà sempre triste. Invece per noi che non si 'onosceva feste e regali, quando s'arrivava sotto Natale la gioia ci riempiva i cuori anche se, tutto sommato, c'era po'o da stà contenti. Eh sì perché un c'era ne arbero di natale, ne babbo natale che veniva a portà i regali, ne aifòn, aipàd, aipòd, aifùn, icsbocs, pleistèscion e compagnia briscola. Per i più piccini c'era un regalino, che era sempre quarcosa di fatto in casa, si diceva che l'aveva portato "ir ciu'ìno" o, direttamente, "Gesu bambino". Trottole, bamboline di stoffa riempite colla paglia, strombole*, berrettini, fucilini a gommini, passatìne co' fiori, carrettini colle ròte di legno ... bastava veramente po'o per strappare un sorriso sincero a bimbo.
Sinceri erano anche gli auguri che si davano agli altri, non era quarcosa di dovuto, ma era fatto davvero col cuore, e tutti, anche chi un ci credeva, la vigilia di Natale, sentiva ir bisogno d'andà alla messa per incontrare le persone per scambiare un saluto, un gesto, una stretta di mano. Era bello vedere questo momento di vera festa e, spesso, anche di riconciliazione, dove le relazioni avevano un valore profondo senza opportunismo ed ipocrisia. Come ar solito, poi, fòri della chiesa c'era sempre ir Favati di Crespina che, cor cappotto bono addosso, animava la serata passando dal discorzo serio alla battuta, dal saluto ai notabili der paese a quello fatto a quarche bimbotta per rimedià anche quarche bacio, all'occhiate date alle sposotte vispe, mentre a tutti diceva: "hai visto ??? ... anche 'uest'anno è nato un maschio !!!"
In quella notte i vecchi e i bimbi rimanevano a casa, tutti riuniti intorno al fo'olare, che era l'unica sorgente di luce e di calore, mentre le massaie preparavano il desinare per il giorno dopo. Il piatto forte era ir brodo di 'appone*, arricchito dar collo ripieno di macinato e ova lesse, che andava fatto bollì per tante ore e che ci faceva gustare dei sapori ormai scomparsi.
Ar camino tutti stavano coll'orecchi ritti perché quando si sarebbe sentito ir doppio delle campane della lontanissima chiesa, che indicava che era più o meno mezzanotte, ir ceppo di natale andava buttato sur fo'o. Ir ceppo era un pezzo di legno bello grosso, spesso una radice vera e propria, che veniva inciso con dei disegni, con i cuoricini degli innamorati, con i simboli di auspicio e di speranza per il prossimo anno, adornato dai fiocchini di cencio e di foglio e di disegnini dei bimbi, e che serviva a mantenere calda la notte di natale, dare alla casa un'aggiunta di calore non consueta e un momento di colore e di luce alla festa ... l'arbero di natale colle lucìne a intermittenza non esisteva ancora.
Sempre a mezzanotte con uno stoppìno si prendeva ir fo'o dar ceppo, si accendeva il lumino della 'apannuccia* e si metteva ir personaggio principale nella mangiatoia. Le statuine venivano fatte dai bimbi colla midolla der pane, farina e acqua, e per falle durà fino a befana, quando arrivavano i remmàgi, bisognava mette intorno ar presepe le trappoline per i topi, altrimenti un arrivavano nemmeno a santostefano; la borraccìna*, che sembrava velluto, veniva presa nelle fosse, con i legni si faceva le montagne e la grotta e tutto era fatto a mano compreso i fogli con le stelline per il cielo.
La mattina di Natale, approfittando del calore der ceppo, i bimbi venivano lavati in cucina con l'acqua carda der paiolo, venivano ri'ambiati* e preparati per la festa. Le massaie finivano di fa dammangià e l'òmini si ri'ambiavano dopo aver fatto tutti i lavori quotidiani e avé governato le bestie ... eh si, perché la 'ampagna un conosce Natale !!!
E un si onosceva nemmeno lo sciampagne, ma c'era il vino dorce e ir vino santo der nostro, un c'erano ne i panettoni e ne i pandori industriali, ma i dorci fatti in casa dalle massaie e, quando c'era quarche sòrdo in più per comprà i 'anditi e la frutta secca, facevano i 'avallucci e ir panforte, sennò: ... dimorti fi'i secchi e noci !!!
Ora, anch'io voglio fare a tutti un augurio sincero di serenità e di pace vera, non solo per il giorno di Natale, con la speranza che ognuno di noi possa mettere, in questo mondo, il proprio tassello, per quanto piccolo esso sia, al posto giusto e vi saluto senza fare nessuna battuta perché, mi sembra ammé, di 'uesti tempi, ... ci sia po'o da ride !!! ... Auguri, gente !!!