La Parola

La Parola La Rivista di Cultura Politica in Romagna da più di trent'anni

La Parola è una rivista di cultura politica che, da più di 30 anni, fa di democrazia, libertà, uguaglianza, solidarietà i suoi principi di riferimento, nel confronto fra le diverse anime della sinistra sociale e politica presenti nel territorio romagnolo.


«Primo compito di un partito che vuole rifare l'Italia e far

e
l'Europa è dare voce ai senza parola. Perché se non
gliela dà il partito, questa voce, non gliela dà nessuno». (Mario Tronti)


Sono grandi e urgenti i compiti che stanno davanti a coloro che vedono nella politica e nei partiti lo strumento per costruire una società più giusta e più libera per tutti, senza esclusioni. Perchè se qualcuno viene escluso, si infrange anche la giustizia "degli altri", non si chiama più giustizia. Questo è il ruolo che da decenni, senza stancarsi, La Parola tenta di svolgere tra ragione critica e dialogo: guardare criticamente, non lasciar perdere, non rinunciare, non cedere all’esistente. Le parole – e tanto più La Parola - non cambiano il mondo, ma possono cambiare le persone, il loro punto di vista, lo sguardo, la loro spinta a riconoscere e cambiare quel che non va.

IL ‘DIPLOMA’ DI BERSANI…Come si allineano bene le parole quando la visione è chiara. Filano nel discorso come le rotaie ...
14/12/2024

IL ‘DIPLOMA’ DI BERSANI…

Come si allineano bene le parole quando la visione è chiara. Filano nel discorso come le rotaie di un binario che si sa dove porta. Basta seguire il binario.
«Sinistra e progresso non sono parole intercambiabili. Nei secoli bui quando non c’era il progresso, abbiamo bruciato alcune migliaia di streghe. Nel Novecento, il secolo del grande progresso, abbiamo bruciato sei milioni di ebrei. Non è il progresso che risolve, è la piega che dai al progresso. La sinistra è una piega del progresso: cioè il progresso al servizio dell’uguaglianza» (Pierluigi Bersani)

«AIUTARLI A CASA LORO»Sull’ultimo numero della Parola, il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della diocesi d...
13/12/2024

«AIUTARLI A CASA LORO»

Sull’ultimo numero della Parola, il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della diocesi di Kotido in Uganda, spiega nel dettaglio il progetto. Si tratta di un lavoro lungo e strutturato, studiato e realizzato sul posto, per tentare di dare una prospettiva possibile agli abitanti della zona più povera di quel Paese nell’Africa centro-orientale. Comprare un trattore per lavorare la terra: questo è l’obiettivo.
Perché “aiutarli a casa loro” lo sanno – almeno un po’ – fare non quelli che li lasciano morire annegati per calcolo – “calcolando” che vietare i salvataggi scoraggi le partenze – ma “gli altri”. Gli altri vanno e provano a comprare un trattore.
La parola sostiene il pranzo di raccolta fondi sabato 21 dicembre alle Cucine popolari

DAI KALASHNIKOV AI TRATTORI

Il Nord-Karamoja è una delle aree più remote dell’Uganda. Una volta arrivati a Kampala si procede verso Est e, dopo aver combattuto con il traffico ininterrotto di Mukono e con le ombre della foresta di Mabira, si giunge a Jinja ed alle sorgenti del Nilo Bianco. Da Jinja si va a tutta verso Nord Est per oltre 6 ore fino a quando non si inizia a salire ed intravedere le catene montuose di Abim e, più ad Est il monte Toror. Una volta passate le montagne e saliti sull’altopiano si apre una vasta savana e si è accolti da un sole rovente e vaste mandrie di bestiame controllati da bambini o giovani guerrieri (karachunas). Si è arrivati nel Nord della Karamoja.
La Karamoja è una terra con grandi potenzialità e grandi problematiche di natura climatica, socioeconomica e securitaria. È la regione più sottosviluppata del Paese con elevati tassi di povertà (66%) e insicurezza alimentare (75%), disoccupazione (80% tra I giovani) e analfabetismo (94% per le donne e 88% tra gli uomini). Fin dai tempi coloniali è stata caratterizzata da elevati livelli di insicurezza che hanno la preso la forma di razzie di bestiame intertribali. Dopo la caduta del regime di Amin nel 1979, con l’esercito allo sbando, I guerrieri Karimojong riuscirono ad impossessarsi di migliaia di Kalashnikovs. Questo fece peggiorare esponenzialmente la situazione securitaria della regione, che venne marcata come una “no-go zone” fino alla fine del primo decennio 2000 quando, grazie agli sforzi congiunti delle comunità locali, della Chiesa, del Governo e ONG si riuscì a raggiungere una pace relativa durata fino a 2019.
Durante questo periodo le promesse di sviluppo non furono mantenute e, nonostante miliardi di euro investiti dal Governo e da donatori direttamente o tramite ONG, le cause dell’insicurezza (povertà, insicurezza alimentare e la facilità nel reperire armi provenienti dal Kenya e dal Sud Sudan) non sono furono seriamente affrontate né tantomeno risolte. La persistenza di queste cause creò una situazione di perenne fragilità che, pronta a conflagrare in ogni momento, esplose nel 2019/2020 in linea con la crisi climatica e globale. I livelli di insicurezza e razzia iniziarono ad aumentare e, a causa della risposta lenta ed inefficiente dell’esercito ugandese e degli organismi governativi e non governativi, sfuggì di mano facendo sprofondare la regione in una crisi di oltre 4 anni. Migliaia sono stati uccisi, feriti ed abusati durante razzie ed imboscate e centinaia di migliaia capi di bestiame sono stati razziati, con un impatto umano e socioeconomico elevatissimo.
In questo contesto, il Dipartimento di Giustizia e Pace di Kotido (JPD-K), attivo nelle 4 regioni del Nord Karamoja, le più insicure e dimenticate, ha tentato un approccio diverso. Ci siamo iniziati ad avvicinare ai guerrieri uno ad uno, inizialmente andando a passare del tempo nei villaggi, stando a stretto contatto con le comunità senza parlare della questione “sicurezza” ma costruendo relazioni. Così, a poco a poco, le persone hanno iniziato ad aprirsi e siamo riusciti ad instaurare un legame con alcuni guerrieri non ancora disarmati. Dopo averne convinti una decina, questi ultimi, una volta restituite le armi, hanno chiesto di essere supportati per promuovere la pace nelle loro comunità. Troppi avevano perso la vita. Così abbiamo iniziato il nostro cammino viaggiando in tutti gli angoli del Nord-Karamoja dialogando con centinaia di guerrieri, spesso armati, nella boscaglia all’ombra delle acacie. Il canto del fucile è diventato sempre più remoto mano a mano che I karachunas hanno deciso di abandonare I fucili anche favoriti dall’amnistia presidenziale garantita dal Giugno 2023.
Sebbene siano stati fatti molti progressi e la maggior parte dei fucili ora tacciono, rimane un grosso problema. Durante il processo di disarmo il governo ed I politici locali hanno promesso il mondo: “sviluppo”, “animali”, livelihoods”, “mai più povertà”. Nessuna di esse è stata mantenuta creando un’aspettativa senza fine, ma soprattutto grande frustrazione tra I guerrieri, che si stanno sentendo traditi ed abbandonati. Questo è estremamente preoccupante. Esperienze simili in Africa orientale e in tutto il mondo dimostrano come ex combattenti che non trovano modi pacifici per guadagnarsi da vivere e non vengono reinseriti nella società hanno una probabilità esponenzialmente più alta di riprendere le armi. Tenendo conto di questo problema, JPD-K ha tentato di supportare la reintegrazione socioeconomica dei guerrieri prima con finanziamenti non vincolati e poi con il supporto della ONG italiana Mondo Aperto Onlus. Ad oggi il Dipartimento sostiene 18 gruppi di guerrieri per un totale di 540 ex-combattenti, arando, tra le altre cose, oltre 200 acri di terra.
Le difficoltà sono state e sono molte tra cui i tentativi di strumentalizzazione e politicizzazione del processo di pace, che peggioreranno inevitabilmente con le elezioni presidenziali e la vastità dei bisogni dei giovani ex combattenti. Migliaia, ufficialmente 1,170, giovani hanno restituito le armi, tuttavia solamente una frazione è supportata. Né il governo ne altre ONG hanno iniziato interventi volti a promuovere la loro reintegrazione. Il Dipartimento ha tentato di allargare questo supporto ma possiamo contare solo su un trattore reso disponibile dalla Diocesi di Kotido, di cui facciamo parte. Un trattore vecchio, portato dai Comboniani oltre ventina di anni fa, che si rompe a ripetizione costringendoci a rallentare il processo di aratura e coltivazione rendendolo poco compatibile con i periodi delle piogge e compromettendo i raccolti. Attualmente è proprio questo il problema principale – trovare supporto per la sostituzione del trattore così da permetterci di continuare la reintegrazione degli ex combattenti.
La situazione rimane fragile ed instabile. Se le alternative al fucile che abbiamo cercato di dare dovessero interrompersi è probabile che gli ex-combattenti tornino alle armi e alle razzie. Quando non puoi nutrire te stesso, tua moglie o i tuoi figli, l’unica alternativa alla morte è chiara – tornare alle armi.

Nicola Carradori, Coordinatore
Dipartimento di Giustizia e Pace Kotido, Uganda

LE GHIANDE DI GRAMSCIÈ appena arrivato su Netflix Il treno dei bambini, così chi l’ha perso al cinema può vedere questa ...
09/12/2024

LE GHIANDE DI GRAMSCI

È appena arrivato su Netflix Il treno dei bambini, così chi l’ha perso al cinema può vedere questa delizia di film. O anche rivedere, ché la merita tutta una seconda visione. È uno dei rari casi in cui il film non è peggiore del libro da cui è tratto.
È un film forte e delicato, bellissimo, e non per una questione “ideologica” come si dice adesso per ogni sciocchezza. Quando si vuole attaccare qualcosa senza argomenti si tira fuori l’ideologia, che dovrebbero tuttavia spiegarci bene: che cosa intendono con questa parola i signori a corto di argomenti?
Sì, qui si vede una bella pagina del comunismo italiano, così bella che ti chiedi come avranno fatto le donne dell’UDI a pensarlo. Si ha tutto il tempo di dirselo mentre via via scorrono i sottotitoli durante i dialoghi e compare il nome di chi parla: Amerigo, Derna, maestra, ma spesso “donna comunista”. Donna comunista: ecco, dunque il comunismo in Italia è (stato) questo…

Ma Cristina Comencini racconta con finezza e senza reticenze. Non occulta le lacerazioni che quella iniziativa avrà in certi casi provocato. Inevitabile, del resto: i buchi non scompaiono neanche quando provi a riempirli.
Ci sono tante scene da salvare e non dimenticare per i più disparati motivi. Ad esempio, la notte che Amerigo si sveglia di colpo, è spaventato, non riesce a riaddormentarsi e chiede alla Derna di leggergli qualcosa. Ma lei non ha libri per bambini, lei non ci sa fare coi bambini, dice; anzi, non era nemmeno lei la “mamma del nord” che doveva accogliere Amerigo che le tocca un po’ per caso, un po’ per forza. Ha solo "La storia del sindacato in Italia", e si mette a leggergli una pagina di questa improbabile favola. Che funziona benissimo come rassicurazione: la calma, la sicurezza di poter chiudere gli occhi è la voce della mamma. Anzi, la voce di chi parla “per noi” è la voce della mamma di chiunque essa sia.
Il giorno che Amerigo torna a casa arrabbiato e infelice perché a scuola i compagni lo maltrattano – è un bambino straniero, immigrato, “che puzza” – Derna gli fa fare il bagno ma intanto gli parla: «Non devi ascoltarli. In quella classe c’è molta ignoranza. Ogni ghianda può diventare quercia anche se la maggior parte andrà in pasto ai maiali; lo dice Gramsci»
A pensarci bene, c’era un modo migliore di consolare un bambino maltrattato senza condannare per sempre chi lo maltratta? Ogni ghianda…

LE FRITTELLE D’ARIA FRITTA E RIFRITTAGianni Fagnoli, ancor prima di essere una delle penne più brillanti del nostro gior...
06/12/2024

LE FRITTELLE D’ARIA FRITTA E RIFRITTA

Gianni Fagnoli, ancor prima di essere una delle penne più brillanti del nostro giornale, è un contadino. "Libero contadino" si definisce. Sulle colline di Rocca san Casciano, con una fatica fisica e uno sforzo di immaginazione che oggi non è frequente incontrare, ha rimesso a coltura un podere abbandonato da decenni. L’alluvione dello scorso anno in due giorni gli ha distrutto anni e anni di lavoro. Ecco perché non sopporta più le frittelle d’aria ormai irrancidita che continuano a circolare sugli aiuti che gli alluvionati avrebbero GIÀ avuto, sui ristori che sarebbero lì lì per arrivare a tutti, totalmente, generosamente, basta chiedere, sui miracoli promessi da chi continua a passare sulle passerelle friggendo aria fritta e rifritta.

Ma quanti, quanti sul nostro Appennino, quanti nelle nostre campagne sono nella stessa situazione? Come si fa – se si è in buona fede – a smentire questi dati?
Nell’intervista Fagnoli racconta e spiega.
«La richiesta dei ristori non è una questione meramente privata ed “egoistica”. Il sostegno agli agricoltori riguarda il governo idrogeologico del territorio. Io sono riuscito a rimanere in piedi semplicemente grazie al soccorso di privati cittadini che mi hanno dato una mano. Altrimenti avrei chiuso baracca»

Ecco perché domani a Faenza bisogna andarci. Una decina di associazioni organizzano o partecipano. La parola c’è.
https://www.youtube.com/live/NHcqImaeud4?si=emSoSKX47VDs0V12

I POETI DELLA PROPRIA UTOPIASauro Mattarelli, nel suo singolare libro I lumini del 9 febbraio, cita un passo di Camillo ...
05/12/2024

I POETI DELLA PROPRIA UTOPIA

Sauro Mattarelli, nel suo singolare libro I lumini del 9 febbraio, cita un passo di Camillo Berneri, un anarchico di inizio Novecento.
«Mazzini è il poeta della sua utopia, che vive nella lotta politica come la superstizione vuole che la salamandra viva nel fuoco. […] È vincitore perché è stato vinto. Non è l’uomo politico ma è l’uomo della polis»
A volte si sovrappone quel che si legge alle figure che si vedono intorno. Un uomo della polis? Due o tre, forse. Ma non sono loro che adesso decidono. E le donne che decidono? Ma per ca**tà. Nessuna utopia. Nessuna poetessa, soprattutto

LA GIUSTA POSOLOGIA «Chi ha esperienza della letteratura si nutre di compassione e di desiderio di giustizia, il suo giu...
01/12/2024

LA GIUSTA POSOLOGIA

«Chi ha esperienza della letteratura si nutre di compassione e di desiderio di giustizia, il suo giudizio è sensibile più di ogni altro alla complessità e all’imponderabile, alle differenze qualitative, alla difficoltà di scegliere e di essere se stessi» (Ezio Raimondi, Un’etica del lettore)

Chi governa un Paese, una città, un piccolo Comune, una organizzazione qualsiasi che decida qualcosa per la vita degli altri avrebbe bisogno di una preventiva e massiccia dose di letteratura, ma per via endovenosa, così agisce meglio, prima, in profondità.
Ma anche qui, non è mica questione di quantità. Anche su un libro solo, adeguatamente masticato e digerito, possono avvenire le scoperte. Differenze qualitative, appunto.

PER PIANGERE DI DISPIACERE Anche il compassato Corriere della Sera lo riporta come notizia meritevole di essere data, an...
28/11/2024

PER PIANGERE DI DISPIACERE

Anche il compassato Corriere della Sera lo riporta come notizia meritevole di essere data, anche se solo a pag.11, anche se senza richiami né nel titolo né nel sottotitolo, anche se a fine articolo, sotto il paragrafino intitolato “I cellulari dei migranti”.

Il cosiddetto Decreto flussi (ma che cosa sarà che fa fluire? Che cosa?), approvato alla Camera e ora passato al Senato, tra tutto il resto, «si propone di secretare il contenuto dei contratti pubblici per la cessione di mezzi e materiali a Paesi terzi in modo da rafforzare il controllo delle frontiere e dei flussi migratori». Altro che cellulari dei migranti.
Detto in modo meno compassato, svelando e parlando con la medesima brutalità che di fatto la norma contiene, non vorrebbero più rendere noto quanti milioni verranno dati a Turchia, Tunisia, Libia, per “esternalizzare le frontiere” – come dicono con una invenzione verbale cinica e sgrammaticata –, per fare quelle orrende prigioni che notoriamente violano in modo osceno ((tutti lo sanno, qui sta l’osceno) «i valori dell’Occidente»; oppure quante motovedette vengono regalate per il non-soccorso in mare di persone, individui della nostra stessa specie, che stanno annegando. Del resto le azioni più sporche si fanno di nascosto. Non vogliono pubblicità, perfino quando spendono soldi pubblici.

E alla fine, «per piangere di dispiacere», come ci diceva Carlo Galli, basta ascoltare questo magnifico discorso di Gianni Cuperlo alla Camera, lucidamente pensare quelle parole che commuovono, sì, ma perché ragionano, mettono in sequenza dati, fatti, intenzioni, come sa fare solo chi sa guardare, non solo in superficie, ma dentro le cose che una suicida pratica politica finge di ignorare, mandandole al macero insieme ai “nostri valori”, quelli della tradizione più alta, della cultura europea più avanzata.
https://www.facebook.com/share/v/s8q1icRDUkeg4yqG/

NON CHIEDONO E NON CREDONO. E SI FA SUBITO SERA25 novembre. Ma sì, lo sappiamo: istituire una “giornata per” da parte de...
25/11/2024

NON CHIEDONO E NON CREDONO. E SI FA SUBITO SERA

25 novembre. Ma sì, lo sappiamo: istituire una “giornata per” da parte delle grandi Organizzazioni internazionali è un’iniziativa di forza simbolica che deve trovare la sua forza pratica nei vari Paesi, nei governi, nei ministri.

Noi purtroppo abbiamo qualche ministro (e non solo l’ultimo della fila, ma anche il Primo, e non solo maschi) che nel giorno della “festa comandata” assolve il precetto di dar l’aria di ricordarsene. Tanto è subito sera anche quel giorno. Ma, appena fatta sera, chi può credere a quelle loro tre parole spiegazzate, visto che non studiano nemmeno i dati raccolti e pubblicati non solo dall’ISTAT, ma addirittura dalla Commissione parlamentare bicamerale dove esattamente i loro “nominati” hanno le mani in pasta? Non chiedono e non credono nemmeno a loro. Così, non è ancora finita la “giornata per”, e ricominciano a dire sciocchezze su numeri e concetti, piegano la forma e i dati del problema a loro piacimento, parlano con i modi, i toni, le immagini, le parole che sono precisamente il frutto della malapianta da estirpare se si vuole diffondere una convivenza di gentile rispetto per tutti. Tutti.
«Mi daranno della razzista ma c'è maggiore incidenza degli immigrati negli stupri». Ecco, è già sera anche per la prima Presidente del Consiglio donna.

(L’Ansa li ha pubblicati già due giorni fa, ma lei non crederà neanche ai dati EURES, proprio su questo).

MANCA LA SOSTANZA: INSOMMA NON SONO CAPACI «Al conservatorismo di Fratelli d’Italia manca la sostanza storico-nazionale ...
24/11/2024

MANCA LA SOSTANZA: INSOMMA NON SONO CAPACI

«Al conservatorismo di Fratelli d’Italia manca la sostanza storico-nazionale da conservare e da difendere dalle minacce.
Vogliono coprire lo spettro della continuità culturale a partire da Dante (in pratica, sfruttando le occasioni offerte dai centenari), ma in realtà sanno dire poco perfino sul Risorgimento, sulla Destra storica, sul compromesso tra Nord e Sud – quello sì conservatore – su cui l’unità d’Italia si è fondata, non sanno fornire una valutazione a tutto tondo del fascismo, di un filosofo come Gentile, della vera cultura di destra europea.
Non si vede la capacità di farsi carico di una tradizione, e quindi questo conservatorismo è l’invenzione verbale di chi non sa che cosa conservare, quale continuità istituire e quali discontinuità marcare, quale senso dare alla storia d’Italia.
Quello che viene veramente conservato è lo status quo della disuguaglianza, del risentimento e del particolarismo degli interessi»

Carlo Galli, Biblioteca Malatestiana, 22 novembre 2024

«Per piangere di dispiacere bisogna leggere gli atti parlamentari della Costituente. Vedere che cosa è un ceto politico,...
23/11/2024

«Per piangere di dispiacere bisogna leggere gli atti parlamentari della Costituente. Vedere che cosa è un ceto politico, e capire come è il ceto politco di oggi»

Carlo Galli, Biblioteca Malatestiana, 22 novembre 2024

MA CI DICA, PROFESSOR GALLI…«Il successo di Fratelli d’Italia smentisce alcune analisi politologiche: la fine della dist...
21/11/2024

MA CI DICA, PROFESSOR GALLI…

«Il successo di Fratelli d’Italia smentisce alcune analisi politologiche: la fine della distinzione tra destra e sinistra, la fine dei partiti organizzati, la fine delle ideologie»

«Il senso del libro è la critica realistica, cioè lo sforzo di portare a evidenza le coordinate fondamentali della politica di FdI, e quindi anche le sue duplicità, o interne contraddizioni»

«FdI non è il fascismo del XXI secolo, ma è la destra del XXI secolo»

«L’anticomunismo non è, e non può essere, fondativo della repubblica democratica alla pari dell’antifascimo, poiché, semplicemente, non lo è stato»

20/11/2024
C’È UN POSTO IN ITALIAC’è un posto in Italia dove i livelli di benessere relativo sono più alti della media nazionale. M...
13/11/2024

C’È UN POSTO IN ITALIA

C’è un posto in Italia dove i livelli di benessere relativo sono più alti della media nazionale. Ma non solo: sono più alti anche della media europea.
L’Istat da una decina di anni elabora e pubblica dati relativi alle regioni italiane raccogliendo indicazioni assai più ampie del puro gelido PIL che può anche mentire: ci sono voci come istruzione, rapporto tra lavoro e tempi di vita, aspettativa di vita, salute e servizi. E addirittura per due indicatori non futili – “Istruzione e formazione” e “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita” – quel posto (che sarebbe l’Emilia Romagna) è più avanti anche della ricca popolosa Lombardia (che ha il doppio della popolazione emiliano-romagnola), la più ricca da sempre col suo vantaggio storico per lo meno dai tempi del riformismo illuministico della imperatrice Maria Teresa.

Tra tutti, il dato più simpatico è che facciamo anche più brevetti della Lombardia. Inventiamo, creiamo. Del resto si sa che anche la creatività è lastricata di banalità, perché non discende dalle nuvole soavi ma sale dal basso, dalle vite dei singoli e delle comunità, dagli incontri, dalle scuole.

Ma insomma, se uno studia e confronta le varie voci delle tabelle ISTAT sulle regioni, alla fine dovrà pur chiedersi come e perché. Come mai l’Emilia Romagna ha questi requisiti di benessere, tra i più alti in Italia e in Europa, così chiaramente quantificati? Sarà per una migliore esposizione alla luce solare, la composizione delle rocce, una favorevole congiunzione astrale? Oppure perché i nostri “tratti genetici” rappresentano bene l’italianità, come direbbe un grossolano tizio troppo sgarbato per ragionare bene? O sarà per merito di coloro che da più di mezzo secolo insistentemente la governano? A meno che non si voglia davvero credere che le cose si muovono da sole, si costruiscono e crescono indipendentemente da chi le fa. O addirittura nonostante chi le fa.

Le vecchie varie “mutue”, con quei trattamenti assurdamente dispari tra le varie categorie, sono state superate dal Servizio Sanitario Nazionale sulla strada aperta dai Consorzi Socio Sanitari inventati qui. Le scuole dell’infanzia, l’idea che per l’infanzia si possa, si debba pensare, concretamente fare una vera scuola studiata bene se si vuol provare a ba***re almeno un po’ le discriminazioni dall’inizio, non sono state pensate a Roma, ma qui, quando non esisteva nessuna legge nazionale.
Qui si sono aperte strade che hanno poi portato avanti tutto il Paese, cioè tutte le “persone”, quelle esistenti nella prosaica dura esistenza quotidiana. Enunciare «la difesa della persona» come se si trattasse di un Ente metafisico in contrapposizione a quel che finora per “le persone” si è fatto in Emilia Romagna è proprio una propaganda di parole. Altisonante petizione (e anzi, ri-petizione ormai stanca) che vuol suonare solenne e rischia invece di cadere a terra come una formula senza forza perché di proposito ignora quel che il governo delle cose, delle città, delle scuole, dei manicomi (il primo orrendo istituto a essere smantellato con le sue oscene condizioni è stato a Colorno) ha fatto per i bambini, le donne, gli uomini nella nostra regione.

Certo, dopo, per tutti, amici e avversari, per tutti quelli venuti dopo è facilissimo criticare il modo o le realizzazioni troppo timide: facile quando una conquista è in qualche modo messa al sicuro.
Del resto, che non viviamo nel paradiso terrestre lo sappiamo, figuriamoci. Questa sciocca presuntuosa credenza ce la attribuiscono solo gli interlocutori in malafede.
In realtà siamo anche più bravi di loro, di quelli che vorrebbero “liberarci” da questa storia, a vedere i difetti, le attese contraddette, i ritardi, le mancanze, perché abbiamo una formazione e una tradizione politica che più limpidamente di ogni altra mette sotto la luce gli angoli bui di casa, i gradini più bassi della scala, gli ultimi della fila. Quante cose da correggere o rifare, quante ancora da pensare. Eppure.
Eppure vadano i nostri aspiranti liberatori a studiare quelle interessanti paginette ISTAT

CAPITO???Quei giudici devono andarsene?!? E perché mai? Per ordine di chi?«L'Italia è un grande Paese democratico e devo...
13/11/2024

CAPITO???

Quei giudici devono andarsene?!? E perché mai? Per ordine di chi?
«L'Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che "sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione". Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni»
Capito Elon?

No, in realtà non ha mica capito niente. E ribatte, come fa il teppistello che pesta i piedi quando lo riprendono.

CI SONO CERTI MOSCERINIFa bene alla salute leggere o rileggere certe notiziole. Piero Calamandrei fu uno dei più illustr...
10/11/2024

CI SONO CERTI MOSCERINI

Fa bene alla salute leggere o rileggere certe notiziole.
Piero Calamandrei fu uno dei più illustri fondatori del Partito d’Azione costituitosi nel 1942 nella casa romana del nostro concittadino Federico Comandini (figlio di Ubaldo) e con vita peraltro brevissima: si sciolse infatti nel 1947.
Ma quando pensiamo ai padri nobili della nostra Costituzione, Calamandrei non è il primo nome che ci viene in mente? E quando i politici a corto di eloquenza cercano un modo convincente per chiudere un discorso di circostanza sulla nascita della nostra Repubblica a chi ricorrono se non a Calamandrei?
Bene, il Partito d’Azione di Calamandrei nell’Assemblea Costituente rappresentava meno dell’1,5 per cento.

Che notizia è? Niente, così, un’inezia, una noticina a piè di pagina in un grosso librone, il moscerino che gira molesto intorno all’ippopotamo, però la teniamo a mente. Che fa bene.

LE PAROLE CHE SI IMPUNTANO. EPPURE. NONOSTANTESvegliarsi e scoprire che ha vinto lui, no, non fa un bell’effetto. È una ...
07/11/2024

LE PAROLE CHE SI IMPUNTANO. EPPURE. NONOSTANTE

Svegliarsi e scoprire che ha vinto lui, no, non fa un bell’effetto. È una presa d’atto che affonda non solo la giornata, ma i pensieri. Induce al mutismo. Cosa vuoi dire in un mondo dove ci sono milioni di persone che votano un tizio che dice – e promette di fare – quel che dice e promette lui? Come si deve chiamare la sedicente democrazia dove l’uomo più ricco del mondo (e già l’espressione “uomo più ricco del mondo” graffia come carta vetrata sulle orecchie, e no, non per moralismo pauperista come ribattono sempre gli sciocchi, ma per le ineludibili domande che solleva su un mondo che consente a un tale di avere un capitale ben superiore al bilancio di uno Stato non sottosviluppato), come si chiama, dunque, una democrazia dove l’uomo più ricco del mondo negli ultimi 15 giorni ha regalato un milione di dollari tutti-i-giorni a un sostenitore di Trump. Non è un atto osceno contro la democrazia?
E il nostro Trumpino in sedicesimo? «Vincono il buonsenso, le radici cristiane, libertà di pensiero, lotta contro immigrazione e tasse». Sì sì, soprattutto il buonsenso e le radici cristiane (e ci sono cristiani che ci credono anche).

Eppure, questo giorno di piombo, che installa alla Casa Bianca un pregiudicato che fomenta un colpo di Stato e promette ancora una rivolta se perderà (perché, si sa, le elezioni saranno senza brogli solo se vince lui), offre anche un appiglio per la risalita.
È definitivamente approvata la legge che in Italia, in tutte le regioni dopo la nostra, consente il medico di base ai senza tetto.
E la risalita è spinta anche dal fatto che è approvata al Senato (come già alla Camera) all’unanimità. Non possiamo contarli, ma sappiamo bene che ci sono quelli che non avrebbero voluto approvarla, i senatori e i deputati che giudicano il provvedimento il solito insulso atto buonista della sinistra, che pensano che quei soldi si potevano mettere altrove e così via; insomma i senatori e i deputati che non sono portati, diciamo così, a “pensare” la vita di un senza-tetto, non sono portati a considerare i propri diritti come davvero universali.
La vittoria di Mumolo, Furfaro e tutti coloro che da anni con loro si battono come Avvocati di strada è bella anche per questo: la strada intrapresa ha portato al punto voluto anche quelli che erano poco “portati”, li ha costretti a dire sì perché non avrebbero osato dire no, li ha costretti con quella dolce paziente costrizione che a volte l’evidenza accumula quando è ben rappresentata.
«Sto male, oggi vado dal dottore». Che bella frase per uno che prima non poteva dirla.

Ha vinto il pregiudicato. Eppure, nonostante questo, nello stesso giorno ha vinto anche Mumolo. Eppure. Nonostante. Bisogna non dimenticare le parole che si impuntano e combattono.

Marco Furfaro e Antonio Mumolo

BERLINGUER, LA GRANDE AMBIZIONE IN UN SILENZIOAndrea Segre non aveva neanche 8 anni quando è morto Berlinguer. Quindi Be...
02/11/2024

BERLINGUER, LA GRANDE AMBIZIONE IN UN SILENZIO

Andrea Segre non aveva neanche 8 anni quando è morto Berlinguer. Quindi Ber-lin-guer allora sarà stato per lui appena un nome un po’ strano sentito dalla voce del telegiornale nel sottofondo sonoro di casa. Possiamo perciò escludere subito che nel suo film giochi un ruolo quella nostalgia infida che travisa e confonde spesso il ricordo degli anni pieni della giovinezza. Il suo film è uno studio nel senso più alto e originale (etimologico) del termine, pieno di “aspirazione”, l’atto che vuole proprio estrarre un’aria da un luogo.

«Ma è un film molto didascalico!». Sì, è didascalica la precisa fedeltà documentaria che usa molte scene d’archivio; didascalica la meticolosa indicazione del nome reale di ogni personaggio; didascalico perfino il taglio temporale, i cinque anni dal 1973 al 1978. La circostanza della morte, le f***e, le bandiere, le lacrime sarebbero state un piatto succulento per un racconto costruito sul cedimento emozionale, invece vengono con intelligenza tagliate via, come per estrarre dal lavoro il condensato del senso biografico e politico di una vicenda, il gheriglio di una vita e di una storia. Didascalica la decisione di farlo, didascalico tutto. Ma insegnare è il compito necessario e benedetto dei maestri.

Gli addetti ai lavori illustreranno (hanno già illustrato) i motivi della forza di questo film, della bravura di Elio Germano “rinato” Enrico, tutti i motivi per andare a vederlo. Ma ce n’è uno ulteriore, piccolo e ulteriore, che loro non sanno: il silenzio alla fine.
Sempre succede così: svanita l’ultima scena, tutti resistono ancora tre secondi, giusto sul “Regia di… con…”, poi comincia il trambusto, tutti vogliono passare, tutti se ne vanno, ti pestano i piedi. Qui invece cala il silenzio. Scorrono i titoli, gli attori principali, poi quella interminabile scia bianca di nomi che nessuno legge, direttore della fotografia, segretario di edizione, casting, fonico, microfonista, costumista, macchinisti, elettricisti, truccatori… Non si muove nessuno. Nella sala si è fatto un silenzio denso e totale. La gente non si alza. Sarebbe bello vedere, sceneggiare un’ultima inquadratura “extra opera”, vedere cosa avvenga in quel silenzio. Non sappiamo. Ma sarebbe un bel finale vedere se lì (che lì) nel silenzio covano le due battute del comizio che il film verso la fine mette in scena.
«Rapporti di tipo nuovo fondati sulla solidarietà, di questo la gente ha sete».
«Noi andremo avanti con ancora maggiore determinazione, slancio ed audacia».
In un minuto tutta la “didascalia” che serve per un’azione politica, e forse anche per il senso di una vita.

Andrea Segre, "Berlinguer, la grande ambizione", 2024

Indirizzo

Cesena

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando La Parola pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Contatta L'azienda

Invia un messaggio a La Parola:

Condividi

Digitare

Our Story

La Parola è una rivista di cultura politica che, da oltre 30 anni, fa di democrazia, libertà, uguaglianza e solidarietà i suoi temi fondanti, coniugati nel confronto fra le diverse anime della sinistra sociale e politica presenti nel territorio romagnolo. "Primo compito di un partito che vuole rifare l'Italia e fare l'Europa è dare voce ai senza parola. Perché se non gliela dà il partito, questa voce, non gliela dà nessuno". Dunque, seguendo le parole di Mario Tronti, sono grandi i compiti che stanno davanti alle persone che vedono nella politica dei partiti lo strumento per costruire una società più libera e più giusta. Questo ruolo di cerniera fra politica e società, è proprio quello che da anni La Parola tenta di svolgere, nella convinzione che questa sia la strada da percorrere.