13/12/2024
«AIUTARLI A CASA LORO»
Sull’ultimo numero della Parola, il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della diocesi di Kotido in Uganda, spiega nel dettaglio il progetto. Si tratta di un lavoro lungo e strutturato, studiato e realizzato sul posto, per tentare di dare una prospettiva possibile agli abitanti della zona più povera di quel Paese nell’Africa centro-orientale. Comprare un trattore per lavorare la terra: questo è l’obiettivo.
Perché “aiutarli a casa loro” lo sanno – almeno un po’ – fare non quelli che li lasciano morire annegati per calcolo – “calcolando” che vietare i salvataggi scoraggi le partenze – ma “gli altri”. Gli altri vanno e provano a comprare un trattore.
La parola sostiene il pranzo di raccolta fondi sabato 21 dicembre alle Cucine popolari
DAI KALASHNIKOV AI TRATTORI
Il Nord-Karamoja è una delle aree più remote dell’Uganda. Una volta arrivati a Kampala si procede verso Est e, dopo aver combattuto con il traffico ininterrotto di Mukono e con le ombre della foresta di Mabira, si giunge a Jinja ed alle sorgenti del Nilo Bianco. Da Jinja si va a tutta verso Nord Est per oltre 6 ore fino a quando non si inizia a salire ed intravedere le catene montuose di Abim e, più ad Est il monte Toror. Una volta passate le montagne e saliti sull’altopiano si apre una vasta savana e si è accolti da un sole rovente e vaste mandrie di bestiame controllati da bambini o giovani guerrieri (karachunas). Si è arrivati nel Nord della Karamoja.
La Karamoja è una terra con grandi potenzialità e grandi problematiche di natura climatica, socioeconomica e securitaria. È la regione più sottosviluppata del Paese con elevati tassi di povertà (66%) e insicurezza alimentare (75%), disoccupazione (80% tra I giovani) e analfabetismo (94% per le donne e 88% tra gli uomini). Fin dai tempi coloniali è stata caratterizzata da elevati livelli di insicurezza che hanno la preso la forma di razzie di bestiame intertribali. Dopo la caduta del regime di Amin nel 1979, con l’esercito allo sbando, I guerrieri Karimojong riuscirono ad impossessarsi di migliaia di Kalashnikovs. Questo fece peggiorare esponenzialmente la situazione securitaria della regione, che venne marcata come una “no-go zone” fino alla fine del primo decennio 2000 quando, grazie agli sforzi congiunti delle comunità locali, della Chiesa, del Governo e ONG si riuscì a raggiungere una pace relativa durata fino a 2019.
Durante questo periodo le promesse di sviluppo non furono mantenute e, nonostante miliardi di euro investiti dal Governo e da donatori direttamente o tramite ONG, le cause dell’insicurezza (povertà, insicurezza alimentare e la facilità nel reperire armi provenienti dal Kenya e dal Sud Sudan) non sono furono seriamente affrontate né tantomeno risolte. La persistenza di queste cause creò una situazione di perenne fragilità che, pronta a conflagrare in ogni momento, esplose nel 2019/2020 in linea con la crisi climatica e globale. I livelli di insicurezza e razzia iniziarono ad aumentare e, a causa della risposta lenta ed inefficiente dell’esercito ugandese e degli organismi governativi e non governativi, sfuggì di mano facendo sprofondare la regione in una crisi di oltre 4 anni. Migliaia sono stati uccisi, feriti ed abusati durante razzie ed imboscate e centinaia di migliaia capi di bestiame sono stati razziati, con un impatto umano e socioeconomico elevatissimo.
In questo contesto, il Dipartimento di Giustizia e Pace di Kotido (JPD-K), attivo nelle 4 regioni del Nord Karamoja, le più insicure e dimenticate, ha tentato un approccio diverso. Ci siamo iniziati ad avvicinare ai guerrieri uno ad uno, inizialmente andando a passare del tempo nei villaggi, stando a stretto contatto con le comunità senza parlare della questione “sicurezza” ma costruendo relazioni. Così, a poco a poco, le persone hanno iniziato ad aprirsi e siamo riusciti ad instaurare un legame con alcuni guerrieri non ancora disarmati. Dopo averne convinti una decina, questi ultimi, una volta restituite le armi, hanno chiesto di essere supportati per promuovere la pace nelle loro comunità. Troppi avevano perso la vita. Così abbiamo iniziato il nostro cammino viaggiando in tutti gli angoli del Nord-Karamoja dialogando con centinaia di guerrieri, spesso armati, nella boscaglia all’ombra delle acacie. Il canto del fucile è diventato sempre più remoto mano a mano che I karachunas hanno deciso di abandonare I fucili anche favoriti dall’amnistia presidenziale garantita dal Giugno 2023.
Sebbene siano stati fatti molti progressi e la maggior parte dei fucili ora tacciono, rimane un grosso problema. Durante il processo di disarmo il governo ed I politici locali hanno promesso il mondo: “sviluppo”, “animali”, livelihoods”, “mai più povertà”. Nessuna di esse è stata mantenuta creando un’aspettativa senza fine, ma soprattutto grande frustrazione tra I guerrieri, che si stanno sentendo traditi ed abbandonati. Questo è estremamente preoccupante. Esperienze simili in Africa orientale e in tutto il mondo dimostrano come ex combattenti che non trovano modi pacifici per guadagnarsi da vivere e non vengono reinseriti nella società hanno una probabilità esponenzialmente più alta di riprendere le armi. Tenendo conto di questo problema, JPD-K ha tentato di supportare la reintegrazione socioeconomica dei guerrieri prima con finanziamenti non vincolati e poi con il supporto della ONG italiana Mondo Aperto Onlus. Ad oggi il Dipartimento sostiene 18 gruppi di guerrieri per un totale di 540 ex-combattenti, arando, tra le altre cose, oltre 200 acri di terra.
Le difficoltà sono state e sono molte tra cui i tentativi di strumentalizzazione e politicizzazione del processo di pace, che peggioreranno inevitabilmente con le elezioni presidenziali e la vastità dei bisogni dei giovani ex combattenti. Migliaia, ufficialmente 1,170, giovani hanno restituito le armi, tuttavia solamente una frazione è supportata. Né il governo ne altre ONG hanno iniziato interventi volti a promuovere la loro reintegrazione. Il Dipartimento ha tentato di allargare questo supporto ma possiamo contare solo su un trattore reso disponibile dalla Diocesi di Kotido, di cui facciamo parte. Un trattore vecchio, portato dai Comboniani oltre ventina di anni fa, che si rompe a ripetizione costringendoci a rallentare il processo di aratura e coltivazione rendendolo poco compatibile con i periodi delle piogge e compromettendo i raccolti. Attualmente è proprio questo il problema principale – trovare supporto per la sostituzione del trattore così da permetterci di continuare la reintegrazione degli ex combattenti.
La situazione rimane fragile ed instabile. Se le alternative al fucile che abbiamo cercato di dare dovessero interrompersi è probabile che gli ex-combattenti tornino alle armi e alle razzie. Quando non puoi nutrire te stesso, tua moglie o i tuoi figli, l’unica alternativa alla morte è chiara – tornare alle armi.
Nicola Carradori, Coordinatore
Dipartimento di Giustizia e Pace Kotido, Uganda