La Parola

La Parola La Rivista di Cultura Politica in Romagna Perché se non
gliela dà il partito, questa voce, non gliela dà nessuno».

La Parola è una rivista di cultura politica che, da più di 30 anni, fa di democrazia, libertà, uguaglianza, solidarietà i suoi principi di riferimento, nel confronto fra le diverse anime della sinistra sociale e politica presenti nel territorio romagnolo.


«Primo compito di un partito che vuole rifare l'Italia e far

e
l'Europa è dare voce ai senza parola. (Mario Tronti)


Sono grandi e urgenti i compiti che stanno davanti a coloro che vedono nella politica e nei partiti lo strumento per costruire una società più giusta e più libera per tutti, senza esclusioni. Perchè se qualcuno viene escluso, si infrange anche la giustizia "degli altri", non si chiama più giustizia. Questo è il ruolo che da decenni, senza stancarsi, La Parola tenta di svolgere tra ragione critica e dialogo: guardare criticamente, non lasciar perdere, non rinunciare, non cedere all’esistente. Le parole – e tanto più La Parola - non cambiano il mondo, ma possono cambiare le persone, il loro punto di vista, lo sguardo, la loro spinta a riconoscere e cambiare quel che non va.

UN ATTO DI ASCOLTO VEROFinalmente qualcuno l’ha detto. Come coda secondaria di un discorso su tutt’altro argomento, ma l...
30/08/2024

UN ATTO DI ASCOLTO VERO

Finalmente qualcuno l’ha detto. Come coda secondaria di un discorso su tutt’altro argomento, ma l’ha detto. Maurizio De Giovanni, interpellato in quanto giallista sulla misteriosa morte della ragazza accoltellata nel bergamasco, osserva che i delitti che riscuotono molta attenzione sono quelli che riguardano persone “belle”, come quelle del naufragio dello yacht Bayesian così tanto più presente sui giornali e in tivù rispetto ai molti morti nel Mediterraneo.

Viene in mente – come fa a non ve**re in mente? – il confronto tra naufraghi tanto lontani eppure tutti, lì, nello stesso mare; ma dirlo diventa difficile, bisogna trovare le parole del rispetto perché non è morta meno tragicamente o solo un po’ morta la figlia di appena 18 anni del proprietario ricco, bello, forse fin lì perfino fortunato.
Poi, qualcuno l’ha detto, finalmente, nel contesto di un discorso puramente analitico, senza secondi intenti. Allora possiamo dirlo anche noi in un discorso invece pieno di intenti ma senza alcuno sciacallaggio rivendicativo.
Non è lo sfruttamento scandalistico che serve, ma un atto di vero ascolto. Ascoltare la pena che hanno espresso coloro che hanno recuperato il corpo della diciottenne Hanna «che doveva vivere ancora tutta la sua vita», e poi ascoltare anche l’atto del pensiero, la rappresentazione mentale che deve per forza seguire, che non può essere scansata.
Qui usano un robot che va in profondità a cercarli. Degli “altri” non sappiamo non solo il nome, ma nemmeno i numeri. Quanti sono i diciottenni, i sedicenni, i bambini, i ragazzi, le donne incinta che nessuno cerca? Che nessuno più chiama per nome?
Qui temono che la grande quantità di carburante possa inquinare il mare. Per gli “altri” no. Ne hanno così poco di carburante che a volte restano addirittura in mezzo al mare perché è esaurito. Non per questo inquineranno il mare. Non riescono a inquinare nemmeno i nostri pensieri, i pensieri di tanti.

L'ONERE DELLA PROVA (ANZI, DEL RAGIONAMENTO)Veniamo tutti al mondo così. Totalmente inermi e ignari, a occhi chiusi, sen...
25/08/2024

L'ONERE DELLA PROVA (ANZI, DEL RAGIONAMENTO)

Veniamo tutti al mondo così. Totalmente inermi e ignari, a occhi chiusi, senza neanche sapere dove siamo capitati, in quale buco del pianeta siamo emersi dall’ ”altro mondo” da cui proveniamo, senza neanche la possibilità di ti**re il primo respiro se qualcuno non ci prende e non ci posa dentro la vita. E dopo qualche ora è già successo tutto. Il nuovo nato non ha ancora imparato ad attaccarsi al seno, non ha ancora espulso le sue prime feci che ha già un nome suo proprio, scelto dagli altri, con cui lo chiameranno tutti per sempre, ed è già entrato a far parte, senza nessun merito e nessuna colpa, di una specie di alveare più o meno vasto di esseri della stessa specie. E il suo nome è già scritto nei grossi registri che stanno nella stanza di un palazzo che si chiama Municipio dove scrivono i nomi di tutti i nuovi nati. Che bellissima invenzione.
Ecco come siamo diventati cittadini cesenati (o forlivesi, o milanesi, o trapanesi) e italiani. (Chissà se nella stessa maniera potremo diventare cittadini del mondo). Così. Per un diritto-dato-di-fatto che non abbiamo chiesto, che non abbiamo nemmeno desiderato, che non abbiamo guadagnato, che non abbiamo meritato, che non era in agenda (né il sindaco del
Comune né l’Ufficiale dell’Anagrafe di certo sapevano della nostra imminente venuta al mondo).
Così, allo stesso modo, anche i nuovi nati dei capi mafiosi più incalliti, degli evasori fiscali più cinici e menefreghisti, dei politici corrotti che camminano sopra i principi che dovrebbero onorare. Tutti costoro di un simile modello di vita saranno esempio vivente agli occhi dei loro figli, i quali – se vorranno imparare ad amare e integrarsi, loro sì, nei valori della nostra Costituzione – dovranno fare una lunga e difficile strada di consapevolezza, civile e umana.
Tutti cittadini così. Tutti allo stesso modo. Ma alcuni no. Perché no?
Sono Salvini, Lollobrigida, Fedriga, Meloni, tutti i piccoli ripetitori sparsi qua e là a dover spiegare perché no. L’onere della prova, come si dice, è a carico loro. A carico loro certificare quale «afflato d’amore» per il loro Paese provassero, loro, tra una poppata e l’altra (e anche amore-de-che, esattamente), e a carico loro anche raccontare la quota di “integrazione” rilevata nel loro primo vagito della fame, o nel rigurgitino di latte.
A loro l'onere del ragionamento.

VA’ PU A CAPÌ, ANCHE STAVOLTA…Viene un avvilimento dell’intelligenza e poi anche del cuore a leggere le nuove Indicazion...
10/08/2024

VA’ PU A CAPÌ, ANCHE STAVOLTA…

Viene un avvilimento dell’intelligenza e poi anche del cuore a leggere le nuove Indicazioni per l’Educazione civica presentate due giorni fa da Valditara. In questo caso, è vero, l’avvilimento del cuore non è il primo movimento come spesso accade: qui viene dopo, alla fine di una attenta lettura che abbia scovato e riconosciuto tutti i perfidi “inganni linguistici” disseminati qua e là.
Come la riga, una – una riga su una novantina – che dice: «Si intende anche favorire l’integrazione degli studenti stranieri». E questo è tutto per quel milione di studenti che nel 7,2 per cento delle scuole in Italia arriva al 30 per cento degli alunni (secondo i dati dello stesso Ministero). E poi quell’ “anche” cosa vorrà dire? Le parole sono intenzioni. Dopo il pezzo grosso raccattiamo anche questi. Un osso anche a loro, valà.
“Ma bisogna inserire la frase nel suo contesto!” È proprio dentro al contesto dell’intero periodo che da quella riga sprizza tutto il veleno della distrazione, della noncuranza (forse anche della ignoranza del problema vero: tanto uno studia quel che gli interessa) verso quel milione di studenti. E l’ “integrazione”? Vorrà dire assorbire? Dissimulare? Assimilare? Rendere simili? Conoscere? Riconoscere? Ci avranno pensato? Le parole sono intenzioni.

E la «promozione dell’educazione finanziaria e assicurativa», tanto per stare solo agli inganni più sguaiati? E l’educazione «al risparmio e alla pianificazione previdenziale»?!? (fatevi una assicurazione, ragazzi, perché lo Stato non può mica pagarvi tutte le cure per le malattie, o darvi la pensione grazie ai VOSTRI contributi versati. Non è mica il vostro Bancomat, come un ministro ha ricordato agli alluvionati che chiedevano i rimborsi promessi e giurati). Che colpo al cuore della Scuola. Che colpo al cuore del cuore di uno Stato democratico.

Ma dove l’avvilimento mentale e sentimentale diventa scatto di rabbia furibonda è di fronte alla esaltazione, fatta anche in modo grossolano, della «iniziativa privata come strumento di crescita economica per creare benessere e vincere le sacche di povertà». Ma privata secondo quali regole e fini (anche qui la nostra Costituzione dice qualcosa in proposito)? Il benessere di chi? Di quanti? Dentro quali controlli? Vostra legge è la libertà… E poi, proclama il Ministro, «Noi non facciamo operazioni di tipo ideologico». Infatti. Infatti che l’iniziativa privata sia “la” via, l’unica che consente di creare universale benessere non è ideologia, ma dato di natura, frutto di “osservazioni scientifiche”, come l’acqua che quando piove cade in giù.
Del resto cosa serve per «affrontare le sfide e le trasformazioni sociali attuali»? «La cultura d’impresa». Lo sanno tutti. È pura osservazione sociologica. Tanto che gli ospedali, le Scuole, le Rsa, la Previdenza sociale, tutto va verso l’azienda. Ma dentro «la cultura d’impresa» tu entri come consumatore. E come consumatore finisci. Altro che “Persona”.
E le sacche di povertà in aumento da dove saranno venute fuori, con tutta questa iniziativa privata che sta divorando tutto per creare benessere e libertà? Da quale modello economico? Che siano gli inevitabili scarti della libera produzione? Va’ pu a capì, anche stavolta...
Però non sembra Educazione civica.

SONO LE 10 E 25. VA' PU A CAPÌMeloni: «La strage di Bologna è uno degli eventi più drammatici della storia nazionale» «c...
02/08/2024

SONO LE 10 E 25. VA' PU A CAPÌ

Meloni: «La strage di Bologna è uno degli eventi più drammatici della storia nazionale» «che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste»
Larussa: «Un vile attentato che le sentenze hanno attribuito a una matrice neofascista».
Le sentenze attribuiscono. Hanno il vizio di attribuire. Le sentenze… Va’ pu a capì.

Viene da pensare a una scenetta comica, se non fosse che la materia è una tragedia ancora incandescente: e cioè che la sera prima si siano telefonati: Come diciamo? Come fai a non dire fascista? Ci sono le sentenze. Va be’, diamo la colpa a loro, alle sentenze...
Cioè proprio non ce la fanno.

Invece Salvini, che è un cuore spensierato, va ancora più leggero: «Una ferita profonda nel cuore dell'Italia e degli italiani che rimane aperta ancora oggi». Un colore che sta bene con tutto. Riciclabile anche per terremoti, alluvioni, cataclismi generali…

Nella reticenza, nella ambiguità più sottile e luciferina stanno la perfidia e la disonestà assai meglio che nella aperta proclamazione.

Se volessero vedere (ma a loro non importa niente di questo volere) com’è fatta la chiarezza di un pensiero diritto e non piegato, che leggano tre righe di Zuppi. «Gli autori fascisti della strage volevano terrorizzare per dividere e invece la reazione è stata la solidarietà». «Ricordare la strage di Bologna ci fa vivere in maniera più consapevole e responsabile», «ci ha reso più sensibili a tanti altri dolori», e capaci di ascoltare «le parole di una madre israeliana: “non voglio che il mio dolore crei altro dolore”. Se venisse ascoltata...».
Se venisse ascoltato...

È troppa estate, è troppo caldo, ti lamenti di questo clima sfatto che sembra prefigurare il disfacimento del mondo, ti ...
28/07/2024

È troppa estate, è troppo caldo, ti lamenti di questo clima sfatto che sembra prefigurare il disfacimento del mondo, ti sembra di non poterne più, vuoi andare o vai in vacanza, cerchi un posto vivibile, per un po’ dimentichi il disfacimento avanzante, e poi una sera, in sottofondo, mentre fai altro, senti una voce che esce dalla la tv e che perfora la tua distrazione: bombardamento a Gaza su una scuola (ma ancora? ma un altro?) dove si erano rifugiati un po’ di quelli che sono rimasti senza casa, senza cibo, senza un lavoro, forse senza famiglia. Trenta morti… chissà quanti bambini… chissà di quale madre… nell’acqua sporca il virus della poliomielite… adesso devono spostarsi ancora… diarrea, epatite… E la paura, quanti feriti farà la paura… vaccini pronti, sì, ma ci vuole un cessate il fuoco per garantire la distribuzione. Ah già, perché non fanno passare neanche gli aiuti umanitari…

È come una brutale aggressione, non nuova ma improvvisa. Un coltello che ti arriva da dietro. Ma ancora? Ancora così? Netanyahu ha preventivamente pronta la motivazione: magari dentro quella scuola c’erano degli appartenenti ad Hamas. Formidabile: spiegazione che spiega tutti i bombardamenti, passati e futuri, ovunque, su tutti, sempre.
Ma in che pianeta siamo caduti? E i Paesi potenti del mondo, quelli che potrebbero fare o smettere di fare, le democrazie, i “valori occidentali”? Come siamo orrendi anche noi.
Vogliamo continuare a dire che Israele va difesa perché è stata attaccata, perché è l’unica democrazia in quella parte di mondo?

Ma chi è questo Netanyahu? Come sarà fatto dentro la testa? Che maestri avrà avuto? È uno di quei gelidi signori medievali che, a capo di eserciti e sicari, andavano avanti finché non avevano sterminato tutti? O una maschera d’uomo che finge di ignorare che tutto questo è acido incendiario, benzina, legna da ardere sul terrorismo?
È così lungimirante che manderà addirittura una delegazione a Roma per le trattative, la prossima settimana. Lunedì? Martedì o mercoledì, vedremo, che fretta c’è?

A chi li incalza, non vorranno rispondere ancora che quella terra è la loro perché l’ha detto Dio tremila anni fa. Povero Abramo. Povero Mosè. Povera cultura ebraica così antica e magnifica. Ma dove dovrebbero andare i palestinesi rimasti? Ce lo vogliono dire una volta? Ma niente, tanto li ammazzano tutti, no?

La foto è tratta da Avve**re del 12 ottobre scorso e non è scaduta

IL PIANO "COSIDDETTO"Prendere un bel nome, agitarlo ogni tanto circonfuso di qualche vaga suggestione e il gioco è già f...
18/07/2024

IL PIANO "COSIDDETTO"

Prendere un bel nome, agitarlo ogni tanto circonfuso di qualche vaga suggestione e il gioco è già fatto.
Il giorno che Meloni e Piantedosi tornano da Tripoli, è veramente interessante fare una ricerca in internet sul cosiddetto Piano Mattei. Intanto, quasi ovunque è chiamato proprio così: “il cosiddetto”. Il cosiddetto Piano Mattei.
La bandierina è sventolata dal 2022 da Giorgia Meloni - che ancora non era nemmeno detta Giorgia – la quale la definì «un modello virtuoso di collaborazione e di crescita» coi Paesi africani: belle suggestioni anche queste parole per cir-confondere la bandierina. Ma se insisti a cercare e spulciare, si conferma solo quel poco che si sapeva. Ad esempio che la dotazione iniziale – è proprio lei a dirlo, la signora di governo – è «di oltre 5,5 miliardi di euro, dei quali circa due miliardi e mezzo presi dalle risorse della cooperazione allo sviluppo, e circa 3 miliardi dal Fondo italiano per il clima», istituito – questo lo diciamo noi - alla fine del 2021 dal governo Draghi.
Detto senza cir-confusioni, il Piano Mattei non ha un euro di suo. Però “il cosiddetto” ha un bel nome.

Nel frattempo, proprio una motovedetta regalata (insieme a molti soldi) alla Libia dall’Italia spara su persone che annaspano in acqua.
Nel frattempo «il modello virtuoso» esternalizza: i centri in Albania, sarebbe questa la crescita, mentre si continua a guardare con sguardo basso e corto il gigantesco, ineludibile problema planetario delle migrazioni che ha bisogno di veri piani strutturali, cioè di una visione colta della questione e di un disegno politico che pare non stare davvero a cuore a nessuno, anche perché non si riesce a mettere a fuoco che non è espellendo “loro” che ci occupiamo meglio dei “nostri” poveri. È il contrario.

Intanto, da dove saranno presi i 34 milioni l’anno per la sola gestione (in marzo è già stato pubblicato il bando per l’assegnazione) dei due hotspot e di un Centro di permanenza per il rimpatrio in Albania, che dovevano essere operativi entro il 20 maggio scorso? E i 635 milioni che l’intera operazione dovrebbe costare (secondo il Corriere della Sera)? Dalla cooperazione?
Quanti soldi la Turchia ha avuto dall’Europa per trattenere e non far passare i migranti, secondo una logica da “discarica per rifiuti speciali”?

La signora del governo a Tripoli ha detto che a lei non piace «l’approccio assistenziale alla cooperazione». È vero, sarebbe vero: la politica dovrebbe pensare e lavorare ben più in profondità, ma quei 635 milioni, se li avessero Organizzazioni che hanno a cuore davvero i poveretti del mondo, forse farebbero una miglior fine.

C'è un punto che colpisce, il più radicale, il più difficile ma veramente degno di diventare, questo sì, una bandiera, nel primo discorso in Parlamento del premier laburista Starmer: la necessità della “fine dell’era della politica come messa in scena”.
Volesse il cielo! E soprattutto gli uomini.

Brrr, qualcuno qua in Italia si è spaventato: «Il successo delle sinistre in Francia è un monito che deve essere ben rec...
07/07/2024

Brrr, qualcuno qua in Italia si è spaventato: «Il successo delle sinistre in Francia è un monito che deve essere ben recepito anche da noi».
Recepiamo recepiamo...

NOME STRANIERO, DIFFICILE DA PRONUNCIAREÈ già scivolato fuori dalle pagine dei giornali, il povero Satnam Singh. Non abb...
29/06/2024

NOME STRANIERO, DIFFICILE DA PRONUNCIARE

È già scivolato fuori dalle pagine dei giornali, il povero Satnam Singh. Non abbiamo fatto neanche in tempo ad imparare il suo nome, perché è difficile, è straniero. Diciamo “il bracciante indiano morto”. Chissà come l’ha chiamato Antonello, lui col suo aristocratico nome, quando l’ha scaricato col suo braccio davanti a casa.
Abbiamo sentito a un telegiornale: pare che la linea di difesa scelta dagli avvocati sia quella di dare la colpa al caporalato. «Dovevamo fare quello che ci dicevano i caporali, prendere a lavorare chi volevano loro, se no non ci portavano più nessuno e i nostri prodotti marcivano a terra».
Deve essere ben difficile anche per avvocati scaltri trovare una scappatoia difensiva in un caso del genere. Però avrebbero fatto meglio a scegliere la via dell’infermità. Non mentale, no; ma umana, civica. Ci appelliamo alla clemenza della corte per insufficienza umana, per infermità civica.
Poi si scopre anche che l’Agrilovato è ufficialmente, nominalmente, in qualche incomprensibile modo (un modo che qualcuno dovrebbe spiegare), una cooperativa. Cooperativa. Aggravante non da poco, offesa mortale per un nome e un ordinamento che andrebbe tutelato oltre che onorato (e ulteriore aggravante di un altro mancato controllo).

Alla fine, il nome difficile da pronunciare, il nome straniero, non è quello di Satnam, ma l’altro: quello di un disgraziato così accecato e menomato dalla logica del guadagno costi-quel-che-costi che non sa vederne nemmeno gli orrori estremi, fino al punto che può scaricare un bracciante morente insieme al suo braccio come scarti della produzione.

DOMANI LA PAROLA PARTECIPA al presidio promosso dalle Cucine popolari di Cesena

Difficile individuare il punto invisibile e magnifico in cui un diritto scende così in profondità che si allarga, si dis...
08/06/2024

Difficile individuare il punto invisibile e magnifico in cui un diritto scende così in profondità che si allarga, si dispiega e diventa un dovere: vivere, andare a scuola, votare…
(poi resta solo da scegliere chi quel doveroso diritto l’ha prima consentito aprendo la strada anche per noi, poi onorato sempre, senza tanti giri di parole)

I CAPETTI STIZZOSIHai presente il capetto stizzoso coi sottoposti ma pronto a dire, senza esitare neanche un po’, tutto ...
06/06/2024

I CAPETTI STIZZOSI

Hai presente il capetto stizzoso coi sottoposti ma pronto a dire, senza esitare neanche un po’, tutto quello che gli dicono di dire?
Bignami, che di nome fa Galeazzo e ama le feste in maschera, chissà se al naturale è davvero così, ma certo la parte gli viene bene.
Gli alluvionati sono stati alluvionati per colpa del Pd; anzi, per fare una analisi precisa – perché lui ci tiene alla precisione – per colpa di un «ideologismo ambientalista». Hai presente l’ideologismo? Ecco, se poi è anche ambientalista è un disastro (alluvionale).
E nell'impagabile video il viceministro snocciola una fila di numerini, ma troppo, troppo in fretta per ragionarci sopra. «Abbiamo già stanziato 4 miliardi e mezzo…» e va a raffica. Si fermi un attimo, viceministro. È un anno che usate il feticcio dello Stanziamento. “Stan-zia-re” cosa vuol dire esattamente secondo lei? Assegnare, regalare, dare in contanti, distribuire?
E per questi alluvionati che continuano ancora a rompere con i rimborsi per i beni mobili (in effetti, viceministro, è un anno che rompono, un intero lungo anno, pensi lei) 6000 euro sono pronti. Pronti come? dove? Quando? Deve essere solo varata la norma, dice lei. Dunque, calmi.
6000 euro forfettari, dice sempre lei. Ci spieghi cosa intende con forfettari. Forse vuol dire “per adesso”, “come anticipo”… O vuol dire "solo" 6000 con un pressappoco che ignora del tutto chi ha perduto tutto? Tutto, viceministro, per essere precisi come piace a lei, significherebbe letti, materassi, cucina, frigo, lavatrice, armadi, abiti, libri…
Ma del resto cosa possono volere questi alluvionati per «ideologismo ambientalista»? Un indennizzo al cento per cento come aveva dichiarato qualche volta la sua Superiora Meloni? Ma era così per dire, non diceva mica sul serio!
E adesso buoni e zitti, alluvionati, perché a chi continua a fare polemica «loro lo dicono con franchezza: sono pronti anche a non darglieli». Per dispetto. Oh.
Nel video non si vede, ma Bignami, mentre lo diceva, doveva ba***re il piedino a terra.

Nella foto, esempio di una stanza di una casa forfettariamente alluvionata

LA CROCE DEL LORO NOMESono immagini da fissare ben bene, da studiare con tutta la forza immaginativa che consente di leg...
02/06/2024

LA CROCE DEL LORO NOME

Sono immagini da fissare ben bene, da studiare con tutta la forza immaginativa che consente di leggerle a fondo, da contemplare con mente meravigliata e grata. Quanti furono gli analfabeti che andarono a votare in quella domenica di giugno? Quanti quelli che fecero la stessa croce, uguale uguale, che apponevano come firma? E quante tra le donne? L’analfabetismo (o il semi-analfabetismo) tra le donne era più alto, naturalmente, ovviamente (l’avevano spiegato a lungo che le donne non avevano bisogno di sapere tanto). Ma andarono nella stessa percentuale dei maschi. Di certo chiedendosi tutti, uomini e donne, come si sarebbe fatto di lì in poi. Tutto era ignoto. Come quando si nasce e non si sa come si fa, eppure nasciamo senza sapere come si fa.

Che piccolo impegno oggi per noi che siamo gli eredi di tanto tesoro. Che piccolo impegno, rispetto al loro, prendere in mano il loro testimone e portarlo un po’ più avanti, oltre la soglia del seggio a cui ci hanno condotto, verso un Paese e un mondo dove la politica sia il punto almeno di riparazione, di correzione, se non di sovversione di rapporti sociali feroci che disonorano la specie a cui apparteniamo. Noi che possiamo scrivere per intero il nostro nome possiamo prendere il testimone e vincere lo sconforto per quel che vediamo ovunque intorno a noi, vicino e lontano.

TROVARE UNA MINIERAIeri sera a Cesena c’era Bersani. È sempre un piacere della mente e del cuore ascoltare le sue parole...
25/05/2024

TROVARE UNA MINIERA

Ieri sera a Cesena c’era Bersani. È sempre un piacere della mente e del cuore ascoltare le sue parole che non sono mai ripetizione di parole di altri. Sentirlo raccontare cosa disse Berlinguer a lui e ai giovani della sua generazione che contestavano tutto: «Entrate e cambiateci».
Sentirlo ricordare come e dove è stata la miniera delle idee e delle opere che tanto hanno fatto crescere la qualità della vita non solo nella nostra regione (diventata una delle più civili e ricche del Paese e d’Europa), ma anche la vita di tutti gli italiani: era qui, qui è stata la miniera della forza ideale e pratica di una Sinistra che, governando una regione, ha aperto strade che poi hanno fatto avanzare tutto il Paese.
Le scuole dell’infanzia, ad esempio, non sono state pensate da Roma, ma qui, impiantate qui quando ancora non esisteva nessuna legge nazionale, eppure qualcuno andò a vedere come facevano in Svezia; i Consorzi Socio Sanitari sono stati un’invenzione della nostra regione per provare a mettere mano alle assurde disparità delle varie “mutue” per poi arrivare alla rivoluzione del Servizio Sanitario Nazionale; fu un ex partigiano comunista divenuto assessore a “smontare” il grande manicomio di Colorno e le tristi vergognose condizioni dei ricoverati (i «Matti da slegare» di Bellocchio e Agosti) nei primi anni Settanta, con una visione e una decisione inaudita che precede e prepara la legge nazionale.
Amministratori che hanno pensato e fatto. Così si è costruita e coltivata la democrazia: attuando conquiste che poi sono diventate generali aprendo l'orizzonte per tutti.

Bersani ci ha ricordato questa alta tradizione politica della Sinistra: ci ha ricordato che è stato con questo governo delle cose e degli uomini che la Sinistra ha coltivato il senso civico, politico, umano delle nostre città, perché «i valori sono una forza materiale». Che bella dichiarazione di materialismo autenticamente valoriale. Altro che Dio-patria-famiglia.

Ma erano altri tempi. Ma Berlinguer è morto da un pezzo. Ma Bersani ormai è vecchio... (ma poi quando sarà che un maestro diventa vecchio?)
Sì, ora sta a quelli venuti dopo. A quelli venuti dopo, capire. Inventare il gesto e la strada. Ascoltare i maestri per imparare, perché dai maestri non si deve copiare il gesto ma imparare l'arte.

Anche in questi giorni, ancora, nelle bacheche funebri, ci sono ancora questi manifesti. Ma non abbiamo niente di nuovo ...
19/05/2024

Anche in questi giorni, ancora, nelle bacheche funebri, ci sono ancora questi manifesti. Ma non abbiamo niente di nuovo da dire sul tema

LA STORIA NON È UN SALAME

In questi giorni si vedono nelle bacheche funebri manifesti come questo. Anonimi concittadini che stampano «in proprio» manifesti funebri perché «non dimenticano». Invece dimenticano eccome. Hanno dimenticato moltissimo. Tutto l’essenziale. Hanno dimenticato che a seminare, coltivare, teorizzare, praticare odio (e nemmeno solo “politico”, ma anche razziale e ideologico) sono stati esattamente coloro sulla scia dei quali ora si collocano.
Non ci fregano col loro appello alla pietà. Studino meglio, se vogliono almeno essere interlocutori accettabili, loro che non dimenticano. Studino chi aveva voluto la guerra senza pietà per un sogno di spietata potenza, chi senza pietà aveva odiato e mandato a morte tanti (concittadini anche loro) solo perché ebrei, chi aveva ucciso un uomo neanche quarantenne padre di due figli perché si chiamava Matteotti. Anche lì non c’era mica nessuna guerra, se non la loro, senza pietà.
Studiare, ma bene, a partire dalla battuta del grande storico: la storia non è un salame che si può tagliare a fette e prendere solo quelle che ci fanno comodo.

SOTTO IL PILONE DELLE CUCINEE così ieri, nella sede di Vivere il Tempo a San Mauro, dopo un anno dal Grande Diluvio, dop...
12/05/2024

SOTTO IL PILONE DELLE CUCINE

E così ieri, nella sede di Vivere il Tempo a San Mauro, dopo un anno dal Grande Diluvio, dopo due anni dall’apertura, le Cucine Popolari di Cesena si sono presentate in formato libro.
Dare da mangiare a chi ha fame. C’è un principio invincibile e convincente nell’impalcatura che regge questa impresa: la semplicità. Dare da mangiare a chi ha fame (ma nel modo che si usa in casa). E la semplicità, se è presa sul serio, è davvero un principio chiarificatore e ordinatore, che sa assegnare il posto giusto alle cose.
In questo Elena Baredi è un po’ avvantaggiata perché fa la maestra, mestiere privilegiato, per la fascia di età privilegiata per ogni insegnante: la parte nuova dell’umanità, i bambini. Il maestro deve ricorrentemente ricominciare dall’inizio, le letterine dell’alfabeto, la vocale… E ricominciare dall’inizio riporta al “principio” delle cose, cioè alla loro vera ragion d’essere. La ragion d’essere delle Cucine ha quella semplicità dell’alfabeto che dovrebbe presiedere e comandare ogni agire collettivo.

Ma il principio più semplice e alto di ogni atto che riguardi una comunità, una città, un intero Paese, non abbiamo mica bisogno di inventarlo. Ci hanno già pensato quelli prima di noi: noi dovremmo solo essere capaci di ereditarlo e impararlo. I Cesenati, senza saperlo, lo custodiscono addirittura sotto terra, sotto «il pilone angolare di ostro-levante» del nostro Teatro (cioè, guardando la facciata, quello posteriore di sinistra).
L’antico verbale della cerimonia di posa della prima pietra il 15 agosto 1843 dice che lì, sottoterra, c’è «un tubo di piombo coperto da forte cassa di legno» che custodisce una pergamena. E nella pergamena c’è scritto che quel teatro fu edificato in modo «che leghi d’amore le future generazioni alla presente».
Un legame d’amore che leghi le future generazioni a noi. Non è questa, non dovrebbe essere questa la ragion d’essere di ogni scelta pubblica, politica, di ogni decisione che riguarda una comunità, di ogni fare e disfare, di ogni costruire o demolire? Il pensiero di potere-dovere meritare l’amore delle future generazioni non dovrebbe stare sotto il pilone di ogni Municipio, Scuola, ospedale, istituzione? Cosicché, quando saremo ritornati niente, pura archeologia per studiosi curiosi, potremmo avere, chissà, se non l’amore, la gratitudine delle future generazioni come filo che ci tiene dentro la vita.
Le Cucine Popolari, coloro che le tengono in piedi, chi ha covato l’idea (perché prima di ogni fare ci vuole un’idea), i tanti che mandano avanti l’impresa, quelli che lavano i padelloni, preparano copricapi con fiocchi fantasiosi per le cuoche, sbucciano le patate, servono a tavola con gentilezza, inventano piatti belli si sono già attirati la gratitudine dei vivi di questa città, ma è sicuro che gliene riconosceranno anche coloro che verranno dopo (questo sì che è il vero indice di bontà di una decisione!), coloro che verranno dopo questo asfittico tempo così strozzato dal totalitarismo della merce e del mercato. E questa gratitudine sarà la piccola immortalità per tutti coloro che vi hanno lavorato.

Nella foto, Giampaolo Castagnoli che intervista Elena Baredi, Oriana Casadei attuale presidente delle Cucine

POVERI DINOSAURI (e noi)Neanche stavolta il ministro dell’Istruzione e del Merito l’ha detta giusta. Vuole sapere perché...
09/05/2024

POVERI DINOSAURI (e noi)

Neanche stavolta il ministro dell’Istruzione e del Merito l’ha detta giusta. Vuole sapere perché mai far studiare i dinosauri ai bambini in terza elementare, mostrando di non sapere, tra parentesi, quale passione hanno in realtà i bambini di quell’età per i dinosauri. Ma lui vuole sapere a che cosa serve. A tante cose serve, come alcuni non-ministri dell’Istruzione hanno cercato di spiegarle, ministro Valditara. Per esempio, potremmo aggiungere alle tante ragioni, serve anche solo per cominciare a imparare pian piano quanto è lungo il tempo che ci precede nella lunga carovana della vita. Ma c’è una risposta ben più radicale e iniziale che chi si occupa di scuola dovrebbe conoscere e praticare.
Sicuramente, ministro, anche a lei qualche insegnante con la passione dell’ "inutile" avrà raccontato la vecchia parabola del flauto di Socrate, su cui il filosofo si esercitava mentre già gli preparavano la cicuta. Ma a che cosa mai poteva servirgli? A imparare quella melodia prima di morire, rispose lui. Cioè a niente, secondo lei.
Se l’aveva dimenticato, ministro, ripassi ben bene l’apologo, si dia il tempo necessario per correggere e trasformare la sua domanda sbagliata nella domanda giusta: ma chi l’ha detto che tutto deve “servire” a qualche cosa? Questa sì che sarebbe una bella domanda! E poi “servirebbe” anche a fare il Ministro dell’Istruzione in modo più confacente alla natura vera della Scuola: imparare per imparare a essere se stessi, cittadini forti, consapevoli, liberi per quel che consente un mondo così asservito alla ragione economica, mercatile, commerciale, che fa di ogni cosa (e quante volte anche di ogni persona) una merce.

Il garofano rosso del Primo maggio! Non chiede, no, di “metterci la faccia”, cioè la pura apparenza, ma la testa, la men...
01/05/2024

Il garofano rosso del Primo maggio! Non chiede, no, di “metterci la faccia”, cioè la pura apparenza, ma la testa, la mente, la forza di un’intenzione: quella di stare da una parte, e vedere il mondo da quel punto di vista.

AB URBE CONDITAC’è stato un ventennio della nostra storia in cui la festa del primo maggio era stata abolita, risucchiat...
30/04/2024

AB URBE CONDITA

C’è stato un ventennio della nostra storia in cui la festa del primo maggio era stata abolita, risucchiata e assorbita dentro la festa del 21 aprile: natale di Roma-festa del lavoro.
Siccome il 21 aprile “Giorgia” (Giorgia Meloni detta Giorgia) ha già festeggiato il natale di Roma («2777 anni di storia della Città Eterna», così, col conteggio esatto esatto, e anche con le maiuscole, che sembra il titolo di uno di quei temi che facevano fare agli alunni, e poi mandavano a Roma i più esaltanti) potremmo aspettarci che domani Giorgia Meloni detta Giorgia festeggi ben bene il Primo maggio, festa dei lavoratori. Non del lavoro, dei lavoratori. Soprattutto quelli “invisibili” che lavorano in condizioni diventate via via negli ultimi anni sempre più servili e indegne, in ogni parte del mondo, e anche in Italia, e anche in Emilia Romagna.

26/04/2024
MEMORIA E FORTEZZE Non solo la dimenticanza – come recita la citazione della poetessa adesso in voga – ma ancor più la m...
24/04/2024

MEMORIA E FORTEZZE

Non solo la dimenticanza – come recita la citazione della poetessa adesso in voga – ma ancor più la memoria è un bel prodigio della mente, un altro mondo nel mondo. Ci sono, sul piano privato, certi pianeti del ricordo che ci girano intorno tutta la vita. Ma c’è anche una memoria pubblica, comune, socialmente condivisa, piena di figure viventi e voci. Questa memoria non è solo un contenitore ma una scelta, una inclinazione, un’opera costruita e ancora in costruzione. Una fortezza.

Però ci sono i finti “smemorati” (finti, perché invece coltivano volentieri un’ “altra” memoria). Sono quelli che sul 25 aprile non sanno dire altro se non che “è di tutti”. È-di-tutti, ripetono col tono di chi vuol sottrarre qualcosa a qualcuno perché in realtà vogliono che non sia di nessuno.
Lì è il punto pruriginoso, fastidioso.

Non riescono a pensare che il ritorno a certi cippi della memoria non è il ritorno in un cimitero, ma una disposizione orientativa, una direzione. Ad esempio quella del 25 aprile 1945. Il nostro 25 aprile.

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