La Parola

La Parola La Rivista di Cultura Politica in Romagna da più di trent'anni

La Parola è una rivista di cultura politica che, da più di 30 anni, fa di democrazia, libertà, uguaglianza, solidarietà i suoi principi di riferimento, nel confronto fra le diverse anime della sinistra sociale e politica presenti nel territorio romagnolo.


«Primo compito di un partito che vuole rifare l'Italia e far

e
l'Europa è dare voce ai senza parola. Perché se non
gliela dà il partito, questa voce, non gliela dà nessuno». (Mario Tronti)


Sono grandi e urgenti i compiti che stanno davanti a coloro che vedono nella politica e nei partiti lo strumento per costruire una società più giusta e più libera per tutti, senza esclusioni. Perchè se qualcuno viene escluso, si infrange anche la giustizia "degli altri", non si chiama più giustizia. Questo è il ruolo che da decenni, senza stancarsi, La Parola tenta di svolgere tra ragione critica e dialogo: guardare criticamente, non lasciar perdere, non rinunciare, non cedere all’esistente. Le parole – e tanto più La Parola - non cambiano il mondo, ma possono cambiare le persone, il loro punto di vista, lo sguardo, la loro spinta a riconoscere e cambiare quel che non va.

«La prima madre del genere umano era stata creata a somiglianza dell’etere poiché come l’etere contiene in sé le stelle ...
08/03/2025

«La prima madre del genere umano era stata creata a somiglianza dell’etere poiché come l’etere contiene in sé le stelle intere. […] E ogni femmina è come una finestra ed è ventosa»
(Ildegarda di Bingen 1098-1179, Cause e cura delle infermità)

Il firmamento di Galla Placidia, Ravenna

FATTI COSÌ. CIOÈ MALEPerò anche la storia che loro “sono fatti così”, come dice il solito Bo****no a cui, nei momenti cr...
01/03/2025

FATTI COSÌ. CIOÈ MALE

Però anche la storia che loro “sono fatti così”, come dice il solito Bo****no a cui, nei momenti cruciali, manca sempre l’aggettivo giusto (“Eh la Meloni si sa, lei è così”, “Trump è fatto così, Trum fa Trump”) o come oggi scrive Daniele Capezzone editorialista di Libero (“i soliti giornaloni che si scagliano sempre contro Trump cattivo perché Bruxelles e le cancellerie avevano già il bersaglio su cui scaricare tutto"), questa storia stufa! È già aria fritta irrancidita.
Sì, Trump è fatto così: è un orribile essere vivente.

Certo, non è tutto qui, no; ma lui sì, è un orribile essere vivente. Poi si può cominciare a dire tutto il resto, che è tanto ma non attenua il punto di partenza.

MA CHI SARANNO?A proposito dell’imbrattamento dei muri della nostra sede universitaria, pensi e ripensi, ti chiedi chi, ...
21/02/2025

MA CHI SARANNO?

A proposito dell’imbrattamento dei muri della nostra sede universitaria, pensi e ripensi, ti chiedi chi, quali, come siano gli autori, che faccia abbiano, cosa pensino davvero. Si ha l’istinto di escludere che siano studenti di quella stessa università, abitanti di quella “casa” di studio, la sede di ingegneria. Si può frequentare l’università e sporcarne così i muri? In effetti si può, ahinoi. Il punto è se, arrivati all’università, si è diventati o no capaci di ascoltare «la voce dei libri» come la chiamava Ezio Raimondi, o se si è rimasti ancora del tutto sordi e refrattari.
Se si tratta di studenti, sarebbero studenti che hanno imboccato una strada fallimentare per loro stessi. Chi farebbe costruire qualcosa a un ingegnere che non sa articolare un pensiero dicendo "io"? Saprebbero in effetti spiegare come funzionano davvero i vaccini a mRNA? E in quali casi vengono utilizzati? E saprebbero spiegare perché mai gridano sequenze di parole non pensate da loro stessi, come ripetitori di astrusi suoni?
Oppure non sono studenti. E allora sono persone che si sono autoescluse da quella che sempre Raimondi chiamava «grazia riflessiva», una disposizione che supera anche la frequentazione dei libri, e che è l’unica forza di convivenza che ci salva dalla solitudine rabbiosa e ci tira fuori dalla caverna di stupidi atti primitivi e irriflessi.

«LA DEMOCRAZIA E IL SACRO PRINCIPIO CHE IL POPOLO CONTA» Se vuoi fare una critica filologica, davvero aderente a quel ch...
18/02/2025

«LA DEMOCRAZIA E IL SACRO PRINCIPIO CHE IL POPOLO CONTA»

Se vuoi fare una critica filologica, davvero aderente a quel che davvero ha detto, vai a leggere ben bene questo famoso discorso di Vance a Monaco. Non ci si deve accontentare del resoconto di altri, dei riassunti del telegiornale. Bisogna fare le cose per bene, partire dalle sue parole.
Ma le sue parole, non c’è niente da fare, sono veramente così. Torni indietro e rileggi, ma sono così. Dopo i convenevoli smancerosi sulla città di Monaco che lui ama tanto, Vance si lancia nell’elogio della democrazia («non si deve solo parlare dei valori democratici, bisogna viverli») e della libertà (ma la libertà di chi? di fare che cosa? dove?), perché «non si può costringere le persone a pensare, a sentire o a credere a qualcosa».
Parla del nostro, di noi europei, «regresso dei diritti di coscienza» (ma cosa sarà per lui, per Musk, per Trump la coscienza?). Però per fortuna «l’America si concentra sulle aree del mondo che sono in grave pericolo» (ad esempio Gaza?) perché non si possono «ignorare le persone, ignorare le loro preoccupazioni o escludere le persone dal processo politico» (come gli Ucraini dalle trattative? Ma loro, è vero, sono piccoli, il Capo parla solo coi Grandi).

E così lui, il Vice-capo, il suo Capo, tutto il nuovo regime americano che hanno fatto delle fake news, come le chiamano proprio loro, orrende bufale pompate e divulgate a suon di milioni di dollari che a loro non mancano, lo stile distintivo della loro campagna elettorale, vengono a spiegare all’Europa che «non si può costringere il pensiero delle persone». Magari se Musk ci dà – anche a noi – un milione di dollari al giorno per 15 giorni ci possiamo pensare…

Alla lettura però si sovrappongono foto mentali che smentiscono il discorso e gettano su quelle parole la luce sinistra e dolorosa di una colossale menzogna. Si vede con gli occhi della mente il fiume di gente che “torna a casa” nel nord di Gaza, come hanno titolato i giornali. Ma quale casa, si vorrebbe sapere dal governo americano complice della strage di cose e uomini. Eppure quei poveretti appaiono in qualche modo perfino contenti perché tornano nella loro terra, così privi di tutto come sono, privati di mariti, figli, bambini morti, scuole e ospedali, privati anche degli aiuti umanitari che Israele fa passare col contagocce, tradendo i patti. Giusto perché, come si legge in questo discorso tanto applaudito, «non si possono ignorare le persone e le loro preoccupazioni».
È per questo, infatti, è per «il sacro principio che la voce del popolo conta» che il simil-adolescente borioso e sbruffone che gioca a monopoli col mondo li deporterà tutti in Giordania, in Arabia, o in Egitto – si vedrà chi offre di più – per fare una novella Costa Azzurra. E Netanyhau, lui che comanda il popolo della terra promessa, che della “propria terra” ha fatto il mito-fantasma che lo ha inseguito per secoli in giro per il mondo, ecco, lui è entusiasta di questo demenziale cinico progetto.

Una cosa tuttavia forse Vance la dice vera: la crisi della nostra coscienza critica. Nessuno di quelli che contano gli ha detto chiaro chiaro: Signor Vance, la smetta di dire queste ingiuriose stupidaggini ché nessuno tanto le crede.

LA PAROLA PROMUOVE E PARTECIPALa parola promuove e partecipa al presidio di domani a Cesena in Piazza del popolo contro ...
07/02/2025

LA PAROLA PROMUOVE E PARTECIPA

La parola promuove e partecipa al presidio di domani a Cesena in Piazza del popolo contro il cosiddetto decreto sicurezza. Cosiddetto, sì, perché quale reale sicurezza ne provenga sarebbe faccenda da scandagliare davvero con mente calma, senza quei furori repressivi che annientano una razionale visione delle dinamiche sociali e che non sono altro che gli ultimi cascami di una triste ventata autoritaria.

È un presidio, sì, perché vanno presidiate innanzi tutto le parole, a partire dal loro uso e significato, reale e fittizio: il significato reale di libertà, protesta, diritto di opporsi, valori occidentali, “soggetti pericolosi”, e magari anche “globo terraqueo”.

Con molto affetto e rimpianto ricordiamo Aldo Tortorella. Tante volte è venuto a Cesena, tante volte ha scritto per noi,...
06/02/2025

Con molto affetto e rimpianto ricordiamo Aldo Tortorella. Tante volte è venuto a Cesena, tante volte ha scritto per noi, proprio lui, per un piccolo giornale come il nostro: ci chiamava «gli amici della Parola».
Questa notte ci ha lasciato ma noi non lasceremo perdere le sue parole, la forza della sua lezione.

Platone può essere davvero per tutti. Domenica scorsa, la seconda delle lezioni organizzate dalla nostra Associazione La...
04/02/2025

Platone può essere davvero per tutti.
Domenica scorsa, la seconda delle lezioni organizzate dalla nostra Associazione La parola, in collaborazione con la Biblioteca Malatestiana e tenute dal professor Riccardo Caporali, ha fatto un’altra volta il pieno di presenze.
Neanche il Palazzo del Ridotto (benché più grande dell’aula magna della Malatestiana), è riuscito ad accogliere tutti quelli che avrebbero voluto esserci.
Dispiace per gli esclusi e tuttavia bisogna dire che è un bel vedere. In tempi così inclini allo slogan urlato senza un pensiero, alla morta chiacchiera propagandistica e pubblicitaria, è bello vedere tante persone richiamate dal discorso filosofico, dalla parola ragionata. E si può perfino pensare che forse questo è anche un’espressione della nostra città, della sua vitalità umana e civica che non cede alla brutalità e sceglie la pazienza della riflessione: ecco perché verrebbe da ringraziare tutti i presenti.

Le prossime due domeniche, 9 e 16 febbraio, sempre al Palazzo del Ridotto alle 16, ci saranno le ultime due lezioni.

Visto il gran numero di partecipanti, Platone deve cambiare aula: purtroppo lascia l’aula magna della Biblioteca Malates...
31/01/2025

Visto il gran numero di partecipanti, Platone deve cambiare aula: purtroppo lascia l’aula magna della Biblioteca Malatestiana per il Palazzo del Ridotto (di fronte alla biblioteca), sempre domenica alla stessa ora.

LE CICATRICI DELLA STORIAQuest’anno sono 80 anni. C’è ancora qualcuno di loro. Era verso mezzogiorno quando, nel campo d...
27/01/2025

LE CICATRICI DELLA STORIA

Quest’anno sono 80 anni. C’è ancora qualcuno di loro.
Era verso mezzogiorno quando, nel campo di Monowitz, Primo Levi e l’amico Charles vedono arrivare quattro soldati a cavallo. Avevano appena rovesciato nella neve il corpo di un compagno perché la fossa dei cadaveri era piena.
Ma non è solo per loro la memoria, l’inchino alla loro esistenza che ha resistito ed è andata avanti nonostante tutto.
La memoria è tanta vita che ci riguarda, che non possiamo abbandonare alle ortiche del passato remoto e ci portiamo appresso, ma la memoria agisce su domani non su ieri.
Per noi, per domani ricordiamo tutto il dolore, il sangue, i corpi nelle fosse, la privazione di aria, la negazione di vita, l’indecenza umana, la cicatrice della storia che il 27 gennaio presentifica.

PLATONE PER TUTTIQuattro lezioni per chi di filosofia non sa niente e vuole saperne qualcosa
25/01/2025

PLATONE PER TUTTI

Quattro lezioni per chi di filosofia non sa niente e vuole saperne qualcosa

IL POTERE DI FARE INFURIARE UN IMPERATORE«Un tempo tutti siamo stati stranieri qui». In nessun Paese, in nessun posto de...
24/01/2025

IL POTERE DI FARE INFURIARE UN IMPERATORE

«Un tempo tutti siamo stati stranieri qui».
In nessun Paese, in nessun posto del mondo, è più vero e aderente alla storia.
Ci voleva una donna, dai modi pacatissimi, membro di una chiesa minoritaria, fuori dal fantasmagorico circo del giorno della incoronazione, per dire questa e altre due o tre verità così semplici ed evidenti che hanno il potere di far infuriare l’imperatore. E spento il trionfale caos, se cerchi un punto di consistenza e di senso, tornano in mente più le parole di lei che quelle dell’imperatore.
Lui la chiama la “cosiddetta vescova”, la accusa di essere stata “sgradevole”. Sgradevole, dice il cosiddetto re per diritto divino che ha fatto della più volgare, boriosa protervia il proprio stile.

Ma chissà che significato hanno per lui le parole. Il suo è il vocabolario di una lingua straniera intraducibile.

L'ITALIA FUORI DALL'ORBE TERRAQUEOQuando il pensiero è stanco del circo orrendo di Washington e prova a ritirarsi, torna...
23/01/2025

L'ITALIA FUORI DALL'ORBE TERRAQUEO

Quando il pensiero è stanco del circo orrendo di Washington e prova a ritirarsi, torna a casa e trova l’aereo di Stato che riporta in Libia-paese-sicuro l’indecente generale ricercato dalla Corte penale internazionale.
La vergogna è davvero senza confini, copre «tutto l’orbe terraqueo», ma non arriva a lambire l’Italia, né Nordio ex magistrato (!) che stava valutando alla ricerca del cavillo, né la Capa che sta ancora studiando cosa dire, come fa sempre, fingendo di crederci, stupita dello stupore altrui.
Possono stare così clamorosamente, così comodamente seduti su tanta indegnità politica e umana?
Possono.

ALTRO CHE ALBANIA. CI BASTA L'ITALIAQuando un intellettuale trova le parole di tutti, e dice le parole di tutti, per tut...
14/01/2025

ALTRO CHE ALBANIA. CI BASTA L'ITALIA

Quando un intellettuale trova le parole di tutti, e dice le parole di tutti, per tutti. Semplici, senza ghirigori, senza il sottofondo in cui si nasconde altro da quel che si dice. La chiarezza non ha bisogno di decorazioni.
Neanche il verboso Bo****no ha saputo rispondere. Troppo difficile per lui la chiarezza.

«Il buon immigrato. Il buon immigrato integrato. Ma ci rendiamo conto di come parliamo? È la capanna dello zio Tom? Un immigrato? L’integrato? È uno che non spacca le vetrine. Come un buon danese non spacca le vetrine e che poi non si integra manco per niente.
Non si integra? Dove mi integro? Io dove sto voglio cambiare dove sto, non integrarmi dove sto. Dove devo integrarmi? In questo mondo devo integrarmi? A Gaza, in Ucraina, in questo mondo mi integro? In Italia mi integro? Con due milioni di famiglie che sono sotto un reddito da fame? In Italia mi integro? Io in Italia lotto per cambiare ‘sto paese. E mi auguro che anche gli immigrati facciano lo stesso. Vengano qui e lottino con me per cambiare ‘sto paese» (Massimo Cacciari)

28/12/2024

L'esercito d'occupazione israeliano bombarda l'ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaz e deporta medici e pazienti

Natività.
25/12/2024

Natività.

Questa bambina è morta assiderata, oggi, in una tenda a Khan Younis.
Si chiama Silla Al-Faseeh.

Post di Mosab Abu Toha

SAREBBE INTERESSANTE SÌ«Sarebbe interessante chiederci che cosa celebri per Natale l’Occidente dalle radici cristiane». ...
24/12/2024

SAREBBE INTERESSANTE SÌ

«Sarebbe interessante chiederci che cosa celebri per Natale l’Occidente dalle radici cristiane». Tocca a un intellettuale laico come Cacciari lanciare una domandina così semplice e insostenibile. Tocca a lui che non gira per le piazze con il rosario da mettere in mostra.
E la domanda si impone – dice sulla Stampa di ieri – per fatti recenti troppo distrattamente derubricati a cronaca politica, come la recente sentenza pro-Salvini. «Anche qui si tratta di intendere». Non si trattava solo di cronaca politica.

Le norme appaiono costantemente in ritardo rispetto all’ordine sempre precario di tutti i processi in atto nella confusa Europa, ma noi – dice Cacciari – pur consapevoli del disordine globale in cui siamo immersi, non siamo esonerati dal «definire orizzonti di senso» e agire dentro una prospettiva coerente. Nel caso delle migrazioni di massa il quadro è chiaro, lui dice: c’è l’immenso spazio dell’Africa sub-sahariana che preme a Nord, sommandosi agli effetti delle guerre medio-orientali, e un’Europa in profonda crisi non sa affrontare la situazione e le trasformazioni globali in atto, per una debacle etica e culturale.
E allora? Comunque sia, con la coscienza di tutte le difficoltà e contraddizioni, «prima di tutto, a prescindere da tutto, dobbiamo aiutare chi sulla nostra strada troviamo a terra massacrato o annega nel nostro mare».

Al cospetto di un discorso così, che ha tutta la chiarezza di una posizione limpida che non cela altri disegni, ridicoli fini personali, interessi propagandistici di una piccola parte, risalta l’opacità e la tristezza cinica delle parole che i nostri governanti proprio nello stesso giorno, proprio sulle stesse pagine, hanno pronunciato: avanti col progetto Albania, che lì sarà la geniale soluzione italiana per dire (nel modo più forbito, più costoso e ingannevole): Non partite ché le traversate sono pericolose, più comodo per tutti che restiate a casa vostra (Tajani: «andremo avanti per contrastare i trafficanti di esseri umani»; Piantedosi: «La linea dura sui migranti la chiedono gli elettori». Ma come si fa?).
Il fatto è che «non si avverte più vergogna nell’affermare che la propria politica consiste nel non volere che si dia aiuto a chi annega».

Oggi Cacciari sul Corriere ritorna sulle medesime parole, ma il Corriere le mette solo a pag. 9, dopo tutte le “accelerazioni sull’Albania” e “l’Europa con noi”. «Se uno giace come morto per strada devi soccorrerlo, se ha fame dargli da mangiare, se è n**o, vestirlo. Fine.»

Buon Natale a chi sa ancora provare vergogna, a chi, distanziandosi da quello stagno paludoso, sa scegliere poche parole diritte e taglienti come lama di coltello. Fine.

IL ‘DIPLOMA’ DI BERSANI…Come si allineano bene le parole quando la visione è chiara. Filano nel discorso come le rotaie ...
14/12/2024

IL ‘DIPLOMA’ DI BERSANI…

Come si allineano bene le parole quando la visione è chiara. Filano nel discorso come le rotaie di un binario che si sa dove porta. Basta seguire il binario.
«Sinistra e progresso non sono parole intercambiabili. Nei secoli bui quando non c’era il progresso, abbiamo bruciato alcune migliaia di streghe. Nel Novecento, il secolo del grande progresso, abbiamo bruciato sei milioni di ebrei. Non è il progresso che risolve, è la piega che dai al progresso. La sinistra è una piega del progresso: cioè il progresso al servizio dell’uguaglianza» (Pierluigi Bersani)

«AIUTARLI A CASA LORO»Sull’ultimo numero della Parola, il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della diocesi d...
13/12/2024

«AIUTARLI A CASA LORO»

Sull’ultimo numero della Parola, il coordinatore del Dipartimento Giustizia e Pace della diocesi di Kotido in Uganda, spiega nel dettaglio il progetto. Si tratta di un lavoro lungo e strutturato, studiato e realizzato sul posto, per tentare di dare una prospettiva possibile agli abitanti della zona più povera di quel Paese nell’Africa centro-orientale. Comprare un trattore per lavorare la terra: questo è l’obiettivo.
Perché “aiutarli a casa loro” lo sanno – almeno un po’ – fare non quelli che li lasciano morire annegati per calcolo – “calcolando” che vietare i salvataggi scoraggi le partenze – ma “gli altri”. Gli altri vanno e provano a comprare un trattore.
La parola sostiene il pranzo di raccolta fondi sabato 21 dicembre alle Cucine popolari

DAI KALASHNIKOV AI TRATTORI

Il Nord-Karamoja è una delle aree più remote dell’Uganda. Una volta arrivati a Kampala si procede verso Est e, dopo aver combattuto con il traffico ininterrotto di Mukono e con le ombre della foresta di Mabira, si giunge a Jinja ed alle sorgenti del Nilo Bianco. Da Jinja si va a tutta verso Nord Est per oltre 6 ore fino a quando non si inizia a salire ed intravedere le catene montuose di Abim e, più ad Est il monte Toror. Una volta passate le montagne e saliti sull’altopiano si apre una vasta savana e si è accolti da un sole rovente e vaste mandrie di bestiame controllati da bambini o giovani guerrieri (karachunas). Si è arrivati nel Nord della Karamoja.
La Karamoja è una terra con grandi potenzialità e grandi problematiche di natura climatica, socioeconomica e securitaria. È la regione più sottosviluppata del Paese con elevati tassi di povertà (66%) e insicurezza alimentare (75%), disoccupazione (80% tra I giovani) e analfabetismo (94% per le donne e 88% tra gli uomini). Fin dai tempi coloniali è stata caratterizzata da elevati livelli di insicurezza che hanno la preso la forma di razzie di bestiame intertribali. Dopo la caduta del regime di Amin nel 1979, con l’esercito allo sbando, I guerrieri Karimojong riuscirono ad impossessarsi di migliaia di Kalashnikovs. Questo fece peggiorare esponenzialmente la situazione securitaria della regione, che venne marcata come una “no-go zone” fino alla fine del primo decennio 2000 quando, grazie agli sforzi congiunti delle comunità locali, della Chiesa, del Governo e ONG si riuscì a raggiungere una pace relativa durata fino a 2019.
Durante questo periodo le promesse di sviluppo non furono mantenute e, nonostante miliardi di euro investiti dal Governo e da donatori direttamente o tramite ONG, le cause dell’insicurezza (povertà, insicurezza alimentare e la facilità nel reperire armi provenienti dal Kenya e dal Sud Sudan) non sono furono seriamente affrontate né tantomeno risolte. La persistenza di queste cause creò una situazione di perenne fragilità che, pronta a conflagrare in ogni momento, esplose nel 2019/2020 in linea con la crisi climatica e globale. I livelli di insicurezza e razzia iniziarono ad aumentare e, a causa della risposta lenta ed inefficiente dell’esercito ugandese e degli organismi governativi e non governativi, sfuggì di mano facendo sprofondare la regione in una crisi di oltre 4 anni. Migliaia sono stati uccisi, feriti ed abusati durante razzie ed imboscate e centinaia di migliaia capi di bestiame sono stati razziati, con un impatto umano e socioeconomico elevatissimo.
In questo contesto, il Dipartimento di Giustizia e Pace di Kotido (JPD-K), attivo nelle 4 regioni del Nord Karamoja, le più insicure e dimenticate, ha tentato un approccio diverso. Ci siamo iniziati ad avvicinare ai guerrieri uno ad uno, inizialmente andando a passare del tempo nei villaggi, stando a stretto contatto con le comunità senza parlare della questione “sicurezza” ma costruendo relazioni. Così, a poco a poco, le persone hanno iniziato ad aprirsi e siamo riusciti ad instaurare un legame con alcuni guerrieri non ancora disarmati. Dopo averne convinti una decina, questi ultimi, una volta restituite le armi, hanno chiesto di essere supportati per promuovere la pace nelle loro comunità. Troppi avevano perso la vita. Così abbiamo iniziato il nostro cammino viaggiando in tutti gli angoli del Nord-Karamoja dialogando con centinaia di guerrieri, spesso armati, nella boscaglia all’ombra delle acacie. Il canto del fucile è diventato sempre più remoto mano a mano che I karachunas hanno deciso di abandonare I fucili anche favoriti dall’amnistia presidenziale garantita dal Giugno 2023.
Sebbene siano stati fatti molti progressi e la maggior parte dei fucili ora tacciono, rimane un grosso problema. Durante il processo di disarmo il governo ed I politici locali hanno promesso il mondo: “sviluppo”, “animali”, livelihoods”, “mai più povertà”. Nessuna di esse è stata mantenuta creando un’aspettativa senza fine, ma soprattutto grande frustrazione tra I guerrieri, che si stanno sentendo traditi ed abbandonati. Questo è estremamente preoccupante. Esperienze simili in Africa orientale e in tutto il mondo dimostrano come ex combattenti che non trovano modi pacifici per guadagnarsi da vivere e non vengono reinseriti nella società hanno una probabilità esponenzialmente più alta di riprendere le armi. Tenendo conto di questo problema, JPD-K ha tentato di supportare la reintegrazione socioeconomica dei guerrieri prima con finanziamenti non vincolati e poi con il supporto della ONG italiana Mondo Aperto Onlus. Ad oggi il Dipartimento sostiene 18 gruppi di guerrieri per un totale di 540 ex-combattenti, arando, tra le altre cose, oltre 200 acri di terra.
Le difficoltà sono state e sono molte tra cui i tentativi di strumentalizzazione e politicizzazione del processo di pace, che peggioreranno inevitabilmente con le elezioni presidenziali e la vastità dei bisogni dei giovani ex combattenti. Migliaia, ufficialmente 1,170, giovani hanno restituito le armi, tuttavia solamente una frazione è supportata. Né il governo ne altre ONG hanno iniziato interventi volti a promuovere la loro reintegrazione. Il Dipartimento ha tentato di allargare questo supporto ma possiamo contare solo su un trattore reso disponibile dalla Diocesi di Kotido, di cui facciamo parte. Un trattore vecchio, portato dai Comboniani oltre ventina di anni fa, che si rompe a ripetizione costringendoci a rallentare il processo di aratura e coltivazione rendendolo poco compatibile con i periodi delle piogge e compromettendo i raccolti. Attualmente è proprio questo il problema principale – trovare supporto per la sostituzione del trattore così da permetterci di continuare la reintegrazione degli ex combattenti.
La situazione rimane fragile ed instabile. Se le alternative al fucile che abbiamo cercato di dare dovessero interrompersi è probabile che gli ex-combattenti tornino alle armi e alle razzie. Quando non puoi nutrire te stesso, tua moglie o i tuoi figli, l’unica alternativa alla morte è chiara – tornare alle armi.

Nicola Carradori, Coordinatore
Dipartimento di Giustizia e Pace Kotido, Uganda

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La Parola è una rivista di cultura politica che, da oltre 30 anni, fa di democrazia, libertà, uguaglianza e solidarietà i suoi temi fondanti, coniugati nel confronto fra le diverse anime della sinistra sociale e politica presenti nel territorio romagnolo. "Primo compito di un partito che vuole rifare l'Italia e fare l'Europa è dare voce ai senza parola. Perché se non gliela dà il partito, questa voce, non gliela dà nessuno". Dunque, seguendo le parole di Mario Tronti, sono grandi i compiti che stanno davanti alle persone che vedono nella politica dei partiti lo strumento per costruire una società più libera e più giusta. Questo ruolo di cerniera fra politica e società, è proprio quello che da anni La Parola tenta di svolgere, nella convinzione che questa sia la strada da percorrere.